Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda

Roberto Amatore
29 Gennaio 2013

Nella fattispecie regolata dalla norma dettata dall'art. 169-bis l. fall. in tema di contratti in corso di esecuzione, non indicando quest'ultima norma un criterio in base al quale parametrare la necessaria autorizzazione del tribunale, deve ritenersi che la predetta autorizzazione giudiziale riguardi una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale, che, peraltro, nel caso del pre-concordato, non è obbligatorio comunicare al Tribunale chiamato ad attendere il deposito del piano.
Massima

Nella fattispecie regolata dalla norma dettata dall'art. 169-bis l. fall. in tema di contratti in corso di esecuzione, non indicando quest'ultima norma un criterio in base al quale parametrare la necessaria autorizzazione del tribunale, deve ritenersi che la predetta autorizzazione giudiziale riguardi una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale, che, peraltro, nel caso del pre-concordato, non è obbligatorio comunicare al Tribunale chiamato ad attendere il deposito del piano.

Il caso

Nella fattispecie regolata dalla norma dettata dall'art. 169-bis l. fall. in tema di contratti in corso di esecuzione, non indicando quest'ultima norma un criterio in base al quale parametrare la necessaria autorizzazione del tribunale, deve ritenersi che la predetta autorizzazione giudiziale riguardi una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale, che, peraltro, nel caso del pre-concordato, non è obbligatorio comunicare al Tribunale chiamato ad attendere il deposito del piano. (massima)

La quaestio facti riguarda, invero, la posizione di un imprenditore il quale, avendo già depositato un ricorso per ottenere la fissazione del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione, richiede l'ulteriore autorizzazione al tribunale per lo scioglimento dal contratto di affitto di ramo di azienda stipulato in precedenza.
Il Tribunale di Salerno - ritenendo implicitamente applicabile l'istituto ora regolato dall'art. 169-bis l. fall. anche al “concordato con riserva” e considerando, come sopra evidenziato, che la autorizzazione giudiziale di cui qui in parola si concretizzi in realtà in una mera presa d'atto del tribunale in ordine all'esercizio del diritto potestativo del debitore di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico - ha autorizzato l'istante a sciogliersi dal contratto di affitto di azienda già stipulato con un soggetto imprenditoriale terzo.

Le questioni giuridiche

Il provvedimento in commento presenta evidenti profili di interesse, atteso che offre lo spunto per approfondire, da un lato, la questione della applicabilità dell'istituto da ultimo introdotto dal legislatore con il c.d. Decreto Sviluppo nell'art. 169-bis l. fall. anche al concordato in bianco o con riserva e, dall'altro, l'ambito di giudizio del tribunale in sede di autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione.
Sul punto, va ricordato che - per quanto concerne il primo profilo tra quelli da ultimo ricordati - le prime pronunce registrate nella giurisprudenza di merito risultano essere dissonanti rispetto alla opzione ermeneutica sposata dal tribunale campano. Ed invero, è stato affermato, diversamente da quanto ritenuto nel pronunciamento qui in esame, che l'imprenditore commerciale che ha depositato domanda di concordato preventivo con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. - mentre può essere autorizzato a sospendere l'esecuzione di contratti in corso - non può, invece, essere autorizzato a sciogliersi da tali contratti, in quanto l'istituto disciplinato dall'art. 169-bis l. fall. può trovare applicazione esclusivamente in presenza di una proposta e di un piano di concordato preventivo già depositati, e ciò sia per ragioni testuali (essendo il richiamo all'art. 161 l. fall. non accompagnato, come in altre fattispecie, dalla espressa estensione anche al sesto comma della citata norma), sia per ragioni razionali e sistematiche, connesse, da un lato, alla estrema incidenza dello scioglimento sullo statuto dell'altro contraente, giustificabile solo se funzionale rispetto ad una effettiva proposta concordataria e, dall'altro lato, alla natura dell'istituto del concordato con riserva, non inquadrabile tout court nella tipologia del concordato preventivo e suscettibile di evolvere anche in accordo di ristrutturazione dei debiti, alla cui disciplina normativa è estraneo l'art. 169-bis l. fall. (così il Trib. di Milano nel verbale del plenum 18 ottobre 2012 contenente le prassi interpretative adottate, richiamato nella news pubblicata da ilFallimentarista; v. anche Trib. Milano, decr. 4 dicembre 2012; Trib. Pistoia, decr. 30 ottobre 2012, rel. est. Pres. D'Amora; nello stesso senso anche Trib. di La Spezia, decr. 25 ottobre 2012, est. Gherardi).
Ebbene, va subito osservato, con riserva di meglio approfondire nel paragrafo successivo l'esame della questione, che, sebbene l'art. 169-bis l. fall., da ultimo introdotto, richiami la possibilità che il debitore possa chiedere l'autorizzazione in discorso nel “ricorso di cui all'art. 161” e dunque anche, a rigore, nel ricorso per la presentazione del cd. concordato con riserva che è pur sempre regolato nel medesimo art. 161 l. fall. comma 6, tuttavia non può essere sottovalutato che, per un verso, il ricorso qui da ultimo menzionato può essere prodromico alla presentazione anche di un accordo di ristrutturazione (al quale è del tutto estranea la disciplina prevista dall'art. 169-bis l. fall., la cui norma riguarda invece il regime autorizzatorio dello scioglimento dei contratti nell'ambito del concordato preventivo) e che, per altro verso, il concordato con riserva non è inquadrabile, a dire il vero, tout court nella tipologia del concordato preventivo del quale non rappresenta né una sottospecie applicativa, né una fase prodromica eventuale, rappresentando al contrario un tertium genus solo sistematicamente avvicinabile al concordato preventivo tradizionalmente inteso.
La seconda questio iuris sopra solo accennata riguarda, invece, l'ambito di estensione del potere esercitabile dal tribunale in sede di autorizzazione allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione.
Ebbene, il Tribunale di Salerno ritiene - con decisione interessante, ma il cui percorso motivazionale si espone, tuttavia, ad un inevitabile approfondimento critico - che, non indicando la norma di cui all'art. 169-bis l. fall. un criterio in base al quale parametrare la necessaria autorizzazione del tribunale, dovrebbe ritenersi che la predetta autorizzazione giudiziale si debba concretizzare in una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale.
Sul punto, va ricordato che - con la disciplina dei contratti in corso di concordato, ora regolata dal più volte menzionato art. 169-bis l. fall. - è stato sostanzialmente ripreso il sistema già introdotto nella legge fallimentare con il nuovo testo dell' art. 72 l. fall. che, come noto, prevede per i rapporti contrattuali in corso (e cioè, per i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti) la facoltà di scelta del curatore tra lo scioglimento ovvero la continuazione del contratto.
Ebbene, la formulazione dell'art. 169-bis l. fall. risulta invero più ampia, in quanto fa riferimento a tutte le fattispecie di contratti in corso senza il riferimento restrittivo, contenuto nell'art. 72 l. fall., ai contratti non ancora eseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti, con la ulteriore conseguenza che nel concordato sono suscettibili di sospensione e scioglimento anche i contratti di durata in tutte le possibili forme (così Inzitari, I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l'art. 169-bis l. fall., in ilFallimentarista; v. anche Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Giuffrè, Milano, 2012, 51 e ss.).
Va aggiunto che, coerentemente con la diversa natura delle due procedure, mentre nel fallimento la sospensione del contratto discende automaticamente dalla dichiarazione di fallimento e spetta al curatore di scegliere tra il subentro nel contratto e lo scioglimento dal medesimo, nella nuova disciplina dettata dall'art. 169-bis l. fall.. spetta ora al debitore il diritto (potestativo) di chiedere lo scioglimento del contratto, mediante istanza da presentarsi al tribunale ovvero al giudice delegato, a seconda che la richiesta sia avanzata prima della designazione del giudice delegato - e cioè, nel tempo intercorrente tra la presentazione della domanda di concordato ed il decreto di ammissione -, oppure successivamente all'ammissione del debitore alla procedura. Orbene, giova ricordare che - coerentemente con la natura della procedura di concordato (la quale non solo non comporta lo spossessamento del debitore, ma è altresì caratterizzata dalla continuazione dell'attività da parte di quest'ultimo, sebbene nei limiti consentiti dai controlli demandati agli organi della procedura e dalla integrazione dei poteri attraverso l'esercizio delle richieste autorizzazioni) -, i contratti che sono in corso di esecuzione di regola non si sciolgono, ma al contrario continuano il loro corso con i conseguenti effetti negoziali per entrambe le parti contraenti (così, Inzitari e Lamanna, ibidem).
In realtà, l'attivazione della procedura di concordato preventivo attribuisce al debitore un “nuovo potere”, e cioè quello di esercitare il diritto potestativo allo scioglimento del contratto, diritto il cui esercizio deve tuttavia essere integrato, per esplicare la sua efficacia negoziale, dalla necessaria autorizzazione del tribunale ovvero del giudice delegato.
Sul punto, non può essere sottaciuto che la scelta di continuare o meno il contratto deve fondarsi essenzialmente sulla valutazione di compatibilità tra il mantenimento del contratto e l'onerosità che tale continuazione comporta. Ed invero, la scelta in un senso ovvero nell'altro può essere giustificata in funzione della conservazione del patrimonio in favore dei creditori o per la continuazione dell'azienda, sempre che tuttavia la stessa sia funzionale e compatibile con gli interessi del ceto creditorio. E va aggiunto che, proprio in ragione di tali valutazioni, il legislatore della riforma ha riconosciuto al debitore la facoltà di chiedere agli stessi organi già sopra indicati anche la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.
Peraltro, anche la giurisprudenza di merito - che si è espressa di recente sul punto qui da ultimo in esame - ha puntualizzato, in modo del tutto condivisibile, che l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti, ai sensi dell'art. 169-bis, l. fall., può essere concessa solo a condizione che essa faccia prevedere una migliore riuscita del concordato preventivo nell'interesse della massa dei creditori, a nulla rilevando - in assenza di tale condizione - che lo scioglimento sia necessario ai fini della proponibilità o della fattibilità del concordato (così, Trib. di La Spezia, decr. 25 ottobre 2012, cit. supra).
Si individua, così, conformante alla ratio ispiratrice della norma in commento, la esigenza di rendere l'esercizio del diritto potestativo allo scioglimento del contratto in corso da parte del debitore conforme e compatibile con gli interessi dei creditori, alla cui salvaguardia è per l'appunto prevista normativamente la necessità della integrazione della detta potestà risolutoria unilaterale con l'autorizzazione del tribunale ovvero del giudice delegato.
Se le superiori considerazioni sono esatte, allora non sembra convincente, a parere di chi scrive, l'affermazione - contenuta nel provvedimento in commento - secondo la quale la autorizzazione giudiziale qui in discorso dovrebbe concretizzarsi in una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale, che, peraltro, nel caso del pre-concordato, non sarebbe obbligatorio comunicare al tribunale chiamato ad attendere il deposito del piano.

Osservazioni

Sulla base delle premesse e delle osservazioni sopra svolte, sembra di poter concludere nel senso che sono due i nodi interpretativi da sciogliere in ordine ad una corretta interpretazione del nuovo istituto regolato dall'art. 169-bis l. fall. e la cui rilevanza discende direttamente dalla lettura del provvedimento indicato in epigrafe, e cioè, da un lato, l'applicabilità dell'esercizio del diritto potestativo del debitore diretto allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione anche al c.d. concordato con riserva (e cioè, anche alla ipotesi in cui l'imprenditore si sia limitato a depositare un ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. con riserva di presentare proposta, piano e documentazione nel termine fissato dal giudice, e dunque prima della effettiva presentazione del concordato preventivo) e, dall'altro, quale sia l'ambito di intervento giudiziale del tribunale all'atto di autorizzare lo scioglimento dal contratto da parte del debitore.
Ebbene, non può essere negato che sia il tenore testuale della norma, che ulteriori indici di interpretazione sistematica dell'art. 169-bis l. fall. facciano ritenere preferibile l'opzione ermeneutica per la quale deve ritenersi inapplicabile la norma contenuta nell'articolo da ultimo ricordato alla procedura preliminare regolata dall'art. 161, comma 6, l. fall.
Ed invero, il primo comma dell'art. 169-bis l. fall. dispone ora espressamente che “Il debitore nel ricorso di cui all'art. 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione…”, così evidenziando, per un verso, una mancata estensione della disciplina in esame anche alla diversa ipotesi di cui al comma 6 del medesimo art. 161 (come avviene, invece, puntualmente in altre fattispecie sempre previste nella ultima novella di riforma del diritto fallimentare), e mettendo in luce, per altro verso, che la possibilità di scioglimento dal contratto da parte del debitore riguarda solo il procedimento di concordato preventivo e non già la diversa ipotesi dell'accordo di ristrutturazione di cui all' art. 182-bis l. fall. la cui fattispecie è invece prevista, come ipotesi alternativa al concordato preventivo, all'interno della procedura pre-ammissiva regolata proprio dal su richiamato sesto comma dell'art. 161 l. fall.. Detto diversamente, occorre evidenziare che, se è vero - come appare chiaro dalla piana lettura della norma contenuta nell'art. 169-bis l. fall. - che l'esercizio del diritto potestativo allo scioglimento del contratto è stato limitato dal legislatore alla sola ipotesi del concordato preventivo, allora appare insuperabile l'obiezione della inoperatività del medesimo istituto nel corso della procedura pre-ammissiva regolata dal comma 6 dell'art. 161 l. fall., procedura il cui espletamento può essere prodromico alla presentazione da parte del debitore, in alternativa alla proposta concordataria, di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall. per il quale il legislatore non ha previsto in alcun modo la possibilità per il debitore di sciogliersi (e per il tribunale o giudice delegato di autorizzare lo scioglimento) dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione (v. sul tema Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in ilFallimentarista).
Del resto, va aggiunto che se risultano difficilmente contestabili le superiori considerazioni, per le quali si è affermato con convinzione che l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti, ai sensi dell'art. 169-bis, l. fall., può essere concessa solo a condizione che essa faccia prevedere una migliore riuscita del concordato preventivo nell'interesse della massa dei creditori, allora risulta del pari condivisibile e non contestabile il consequenziale corollario per il quale una tale valutazione di compatibilità tra scioglimento del contratto e superiore interesse del ceto creditorio richiede che l'imprenditore debitore abbia già presentato proposta, piano e documentazione e, cioè, che ci si trovi già nella fase di presentazione del ricorso completo in tutte le sue appendici allegatorie ed informative, e non già ancora nella precedente fase pre-ammissiva di cui all'art. 161, comma 6 (ove il debitore è onerato del deposito dei soli bilanci degli ultimi tre esercizi), giacché solo nella fase di ammissione al concordato preventivo il tribunale - e, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato - può correttamente esercitare quel potere di controllo sopra descritto che sta alla base del rilascio della autorizzazione necessaria ad integrare il diritto potestativo del debitore.
Di ciò è proprio testimone il contenuto del decreto emesso dal Tribunale di Salerno, là dove, nel voler ritenere applicabile il potere autorizzativo del tribunale anche nella fase pre-ammissiva del concordato, conclude poi - proprio in ragione di un evidente deficit informativo fisiologico in questa fase preliminare della procedura - che il detto potere debba limitarsi ad una mera preso d'atto della facoltà di scelta negoziale del debitore.
Se a ciò si aggiunge che in realtà lo scioglimento del contratto determina una estrema incidenza sullo statuto patrimoniale e negoziale dell'altro contraente, giustificabile, cioè, solo se funzionale rispetto ad una effettiva proposta concordataria, allora deve ritenersi che non possa accogliersi una “interpretazione estensiva” dell'istituto in esame anche a ipotesi non espressamente previste dall'art. 169-bis l. fall., con conseguente preferenza per l'opzione ermeneutica che vuole limitare solo al concordato preventivo già presentato la possibilità di applicare l'istituto di cui qui in discussione.
Superato questo primo scoglio interpretativo, deve ritenersi che, al di là del momento in cui il tribunale possa esercitare il suo potere autorizzativo, quest'ultimo non debba limitarsi ad una mera preso d'atto dell'esercizio del diritto potestativo allo scioglimento del contratto ora riconosciuto espressamente dal legislatore in favore del debitore proponente il concordato preventivo, atteso che il tribunale ed il giudice delegato devono svolgere, sulla base delle informazioni già assunte ovvero previe “sommarie informazioni” (previste dal settimo comma dell'art. 161 l. fall.), una penetrante analisi circa la convenienza della scelta negoziale adottata dal debitore, e ciò per salvaguardare i superiori interessi dei creditori, interessi alla cui tutela è proprio indirizzata la presentazione del ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo.
In realtà, il tribunale (ovvero il giudice delegato) devono autorizzare il detto scioglimento solo se convinti dell'opportunità di tale scelta negoziale, con ciò volendo significare che il debitore deve motivare la sua richiesta e inquadrarla nelle prospettive del concordato.
Del resto, diversamente ragionando e seguendo la via interpretativa tracciata dal tribunale campano, dovrebbe tuttavia ammettersi il pericolo che effetti assai dirompenti sui diritti patrimoniali e negoziali altrui (come quelli delle controparti contrattuali interessate dallo scioglimento del contratto) siano affidati alla mera volontà dell'obbligato, come rischia di accadere proprio se non si delimitano rigorosamente l'ambito ed i criteri di applicazione dell'art. 169-bis l. fall. attraverso un severo esercizio del potere autorizzativo previsto da quest'ultima norma.
In realtà, se davvero si trattasse sic e simpliciter di un diritto potestativo del debitore, come tale insindacabile dal Tribunale, allora, da un lato, non si comprenderebbe la funzione dell'autorizzazione giudiziale preventiva e, dall'altro, si porrebbero seri rischi in ordine alla legittimità costituzione della norma in commento.

Conclusioni

In conclusione, può dirsi che, sebbene sia veritiera l'affermazione contenuta nel provvedimento in esame secondo la quale, sul piano letterale, l'art. 169-bis l. fall. - a differenza, ad esempio, del 182-quinquies l. fall. - non indica i criteri di esercizio del potere autorizzativo del tribunale, tuttavia tale ultima obiezione non è sufficiente, a nostro sommesso parere, a superare le sopra esposte considerazioni in ordine alla necessità di un serio e filtrante controllo giudiziale in sede di autorizzazione allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione, giacché, anche in assenza di tale indicazione normativa, il potere autorizzativo del tribunale non deve ritenersi limitato e deve invece espandersi nel senso sopra predicato proprio in ragione di tale assenza di delimitazioni normative del potere di controllo assegnato in via generale al tribunale ovvero al giudice delegato.

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