Nell’opposizione al passivo basta produrre i documenti allegati alla domanda di ammissione, anche senza quest’ultima

14 Gennaio 2013

Secondo la Suprema Corte, si può esaminare il merito dell'opposizione al passivo anche se l'opponente non abbia prodotto nel giudizio di opposizione l'originaria domanda di insinuazione, che pertanto non è nemmeno necessario acquisire d'ufficio. La decisione è stata assunta esaminandosi il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 99, ultimo comma, l. fall., con il quale un istituto di credito insorgeva, fondatamente, avverso il decreto con il quale il Tribunale di Lucca aveva rigettato la sua opposizione al passivo escludendo la scrutinabilità dell'impugnazione per la mancata produzione, appunto, della domanda d'insinuazione.
Il caso

Secondo la Suprema Corte, si può esaminare il merito dell'opposizione al passivo anche se l'opponente non abbia prodotto nel giudizio di opposizione l'originaria domanda di insinuazione, che pertanto non è nemmeno necessario acquisire d'ufficio. La decisione è stata assunta esaminandosi il ricorso per cassazione proposto ai sensi dell'art. 99, ultimo comma, l. fall., con il quale un istituto di credito insorgeva, fondatamente, avverso il decreto con il quale il Tribunale di Lucca aveva rigettato la sua opposizione al passivo escludendo la scrutinabilità dell'impugnazione per la mancata produzione, appunto, della domanda d'insinuazione.

In sintesi, la Suprema Corte afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha ritenuto dapprima necessaria la produzione, nel giudizio di opposizione, della domanda d'ammissione allo stato passivo, e poi ha omesso anche l'esame delle produzioni documentali effettuate dall'opponente.
Il provvedimento si conclude indicando che il ricorso deve essere esaminato nel merito, poiché il Tribunale ootrà valutarlo alla luce dei soli documenti versati in atti (e quindi senza nemmeno acquisire d'ufficio la domanda di ammissione).
Non va, tuttavia, dimenticato che tale soluzione si riferisce ad una fattispecie particolare. Infatti la mancata ammissione era stata determinata dall'errata indicazione della ragione sociale della società fallita, sicchè, secondo la Suprema Corte, il giudice dell'opposizione sarebbe stato “in condizione di riscontrare la sussistenza dell'errore addotto a sostegno dell'opposizione e quindi di pronunciare nel merito", nonostante l'omessa produzione della domanda d'insinuazione.

Le questioni giuridiche e la soluzione

L'ordinanza in commento richiama e specifica i principi enunciati in due significativi precedenti, secondo il primo dei quali (Cass. n. 493/2012) “è fatto onere al creditore opponente, la cui domanda sia stata respinta dal giudice delegato, di produrre anche nel giudizio di opposizione avanti al tribunale la documentazione, già prodotta nel corso della verifica del passivo, a sostegno della propria domanda; ne consegue che, in difetto, al tribunale è precluso l'esame nel merito dell'opposizione, senza poter prendere visione dei documenti non prodotti (come prescritto alla parte, ai sensi dell'art. 99, comma quarto, legge fall., a pena di decadenza), nè può essere disposta una consulenza tecnica su un materiale documentario non agli atti.”
Da correggere, ma solo nell'anno, è il secondo richiamo, da riferirsi all'ordinanza 22711/2010 e non 22711/2011: "il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato - ai sensi dell'art. 99 legge fall., novellato dal d.lgs. n. 169 del 2007 - dal principio dispositivo, come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura contenziosa, per cui il materiale probatorio che lo concerne è quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e 213 cod. proc. civ., ed è solo quel materiale che ha titolo a restare nel processo; tale principio opera sin dalla fase della verifica dei crediti avanti al giudice delegato decidendo tale organo, ex art. 95 legge fall., nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati".
Per completezza espositiva, è opportuno richiamare qui anche un ulteriore precedente, nel quale si era ritenuto che la mancata produzione del provvedimento impugnato non comportasse l'inammissibilità dell'opposizione allo stato passivo. Con l'ordinanza n. 2677/2012, la Cass. ha affermato infatti che “nel regime previsto dal d.lgs. n.169 del 2007, la mancata produzione di copia autentica del provvedimento impugnato non costituisce causa di improcedibilità del giudizio, non trovando applicazione in materia la disciplina di cui all'art. 339 e ss. cod. proc. civ., versandosi in un giudizio diverso da quello ordinario di cognizione e non potendo la predetta opposizione essere qualificata come un appello, pur avendo natura impugnatoria; inoltre, l'art. 99 legge fall., che indica il contenuto del ricorso, non fa riferimento alla predetta allegazione e l'unico richiamo sul punto concerne i documenti che la parte può discrezionalmente sottoporre al giudice”.
Il quadro che emerge dalle decisioni in rassegna contribuisce a puntualizzare una riflessione teorica e pratica in cui sono emerse, all'inizio, posizioni ben diverse, essendosi sostenuto che il mancato deposito della domanda di insinuazione rendesse il giudizio di opposizione: a) inammissibile, b) improcedibile; c) inesaminabile nel merito per impossibilità di verificare la corrispondenza con l'originaria domanda; d) esaminabile nel merito solo se fosse stato possibile dal tenore delle difese delle parti individuare esattamente la domanda originaria (cfr. Mantovani, Le impugnazioni, in L'accertamento del passivo, Assago 2011, a cura di Ferro, Bastia, Nonno, 249).
Nel giudizio ex art. 99 l. fall., in sostanza, non è giustificata la distinzione tra documenti utili a verificare l'ammissibilità dell'opposizione e documenti utili a provare il merito. L'inammissibilità dell'opposizione potrà essere individuata certo per i canonici motivi processuali, ma non potrà essere collegata alla sola mancata produzione della domanda di ammissione allo stato passivo. Anche in assenza di tale documento il Tribunale deve esaminare i merito, senza peraltro la possibilità di acquisire ulteriore documentazione rispetto a quella prodotta contestualmente al ricorso in opposizione.
Tale orientamento della Suprema Corte trova riscontro anche in significativi provvedimenti resi dai Tribunali. Da ultimo, ad esempio, Tribunale di Padova 20 luglio 2012 (in Ilcaso.it, sezione I, 7921, 15.10.2012) ha ritenuto che il mancato deposito del provvedimento impugnato con l'opposizione allo stato passivo non è causa di improcedibilità, né di inammissibilità del gravame, poiché le cause di definizione in rito del procedimento hanno carattere tassativo e le norme dettate dal codice di procedura civile in tema di appello non sono applicabili in via analogica allo speciale procedimento di opposizione allo stato passivo.
Nella giurisprudenza di merito è poi frequente l'affermazione secondo cui non sarebbe acquisibile nel giudizio di opposizione, tanto d'ufficio, quanto su istanza di parte, la domanda di ammissione al passivo e i documenti a suo tempo depositati a suo conforto, trattandosi di documenti idonei a fornire la prova della pretesa azionata che avrebbero potuto e dovuto essere depositati unitamente al ricorso in opposizione (cfr. Trib. Treviso, 6 luglio 2011, in IlFallimentarista, 22.03.12 con nota dello scrivente, “Aspetti del principio dispositivo nella formazione dello stato passivo”). Infatti, come già osservato, parte ricorrente ha ora anche l'onere, a pena di decadenza, non solo di effettuare nell'atto introduttivo una compiuta enunciazione della pretesa, ma anche di indicare «a pena di decadenza», i mezzi di prova e i «documenti prodotti», il che significa che gli stessi devono essere inderogabilmente fisicamente già depositati nella cancelleria.
Pacifica è, comunque la possibilità per tutte le parti di depositare entro i termini prescritti dall'art. 99 l. fall. anche ulteriori documenti rispetto a quelli prodotti nel corso della verifica dello stato passivo.

Le questioni aperte

La soluzione adottata dalla Suprema Corte convince sotto l'aspetto dell'ammissibilità, perché la mancata produzione sia della domanda di ammissione allo stato passivo, che del provvedimento di parziale o totale diniego non possono portare automaticamente all'esclusione del diritto di credito senza, appunto, procedere alla sua verifica alla luce dei soli documenti in atti. Tuttavia non convince del tutto sotto un altro aspetto. Se, infatti, come si afferma, il giudizio di opposizione allo stato passivo ha natura impugnatoria, è ragionevole chiedersi come il Tribunale possa accertare, in assenza del documento nel quale è consacrata la domanda originaria (specie in caso di contumacia della curatela), che da essa non sia diversa quella formulata poi con l'opposizione.
All'uopo valga ricordare un'altra significativa decisione della Suprema Corte (Cass. n. 15702 del 15 luglio 2011), secondo cui il momento nel quale si cristallizza la domanda è quello del deposito da parte del curatore del progetto di stato passivo. In tale precedente si afferma che la domanda di insinuazione presentata senza specifica richiesta del privilegio non può essere integrata mediante ulteriore atto successivo al deposito, da parte del curatore, del progetto di stato passivo ex art. 95, comma 2, legge fall., configurando tale richiesta, in fattispecie regolata dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, una mutatio e non una emendatio libelli e derivandone, nella fase sommaria e per la perentorietà dei termini ivi previsti, la considerazione del credito stesso come chirografo. La non sanabilità dell'omissione (o dell'assoluta incertezza) delle ragioni della prelazione implica altresì, da un lato, che lo stesso credito - con la richiesta del privilegio e senza un ritiro della domanda tempestiva - non possa essere insinuato in via tardiva e, dall'altro, il rigetto dell'opposizione allo stato passivo.

Conclusioni

L'indirizzo giurisprudenziale qui descritto conferma la tesi, anche dottrinaria, in base alla quale il principio dispositivo, anche dopo la novella della legge fallimentare, è alla base tanto del procedimento di verifica dello stato passivo, quanto dell'eventuale procedimento di opposizione allo stato passivo. Non a caso, infatti, la norma cardine è il nuovo art. 95, l. fall., il quale prevede espressamente che il giudice delegato decide sulle domande nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Oltre alle sentenze ed ai contributi già indicati nel commento, si vedano: Trib. Roma 24 ottobre 2011, in IlFallimentarista, 28 maggio 2012, con nota di Ravarini, “L'acquisizione d'ufficio, in sede di giudizio d'opposizione, dei documenti posti a corredo dell'istanza di ammissione al passivo”.
Per la dottrina sulla natura e sulla disciplina del giudizio di opposizione cfr. Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Milano, 2006, 362 e ss.; Id., La non contestazione della domanda d'insinuazione o di rivendica/restituzione nella verifica del passivo, in Giur. Comm. 2008, I, 57 e ss.; Nardecchia, Opposizione allo stato passivo, in Le insinuazioni al passivo, a cura di Ferro, Padova, 2005, I, 508; Caiafa, L'accertamento del passivo, in Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare, a cura di Caiafa, 2009; Dimundo e Quatraro, Accertamento del passivo, in Fallimento e altre procedure concorsuali, a cura di Fauceglia e Panzani, Torino 2009, 1077 e 1130.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario