Verifica dei crediti: sospensione feriale dei termini di fissazione dell’adunanza e di presentazione della domanda di insinuazione

Davide Lambicchi
08 Gennaio 2013

Hanno natura processuale e sono pertanto soggetti a sospensione feriale, il termine di fissazione dell'adunanza per l'esame dello stato passivo stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 4, l. fall., ed il termine per la presentazione delle domande di insinuazione stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 5 l. fall. (e ribadito dall'art. 93). Nel caso in cui il tribunale abbia fissato l'udienza per l'esame dello stato passivo senza tenere conto della sospensione feriale, l'applicazione della regola solo al secondo dei due termini potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, qualora essi non abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare la domanda. In tale ipotesi l'udienza anticipatamente fissata dal tribunale dovrà ritenersi automaticamente differita per un numero di giorni corrispondente a quelli di sospensione feriale intercorsi tra la dichiarazione di fallimento e la data fissata per l'adunanza; ove, poi, l'udienza si sia già tenuta, la verifica in fatto della tempestività delle domande di ammissione presentate, ai fini della delibazione sulla chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall., andrà compiuta dal giudice del merito avuto riguardo al termine prorogato.
Massima

Hanno natura processuale e sono pertanto soggetti a sospensione feriale, il termine di fissazione dell'adunanza per l'esame dello stato passivo stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 4, l. fall., ed il termine per la presentazione delle domande di insinuazione stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 5 l. fall. (e ribadito dall'art. 93). Nel caso in cui il tribunale abbia fissato l'udienza per l'esame dello stato passivo senza tenere conto della sospensione feriale, l'applicazione della regola solo al secondo dei due termini potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, qualora essi non abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare la domanda. In tale ipotesi l'udienza anticipatamente fissata dal tribunale dovrà ritenersi automaticamente differita per un numero di giorni corrispondente a quelli di sospensione feriale intercorsi tra la dichiarazione di fallimento e la data fissata per l'adunanza; ove, poi, l'udienza si sia già tenuta, la verifica in fatto della tempestività delle domande di ammissione presentate, ai fini della delibazione sulla chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall., andrà compiuta dal giudice del merito avuto riguardo al termine prorogato.

Il caso

Hanno natura processuale e sono pertanto soggetti a sospensione feriale, il termine di fissazione dell'adunanza per l'esame dello stato passivo stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 4, l. fall., ed il termine per la presentazione delle domande di insinuazione stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 5 l. fall. (e ribadito dall'art. 93). Nel caso in cui il tribunale abbia fissato l'udienza per l'esame dello stato passivo senza tenere conto della sospensione feriale, l'applicazione della regola solo al secondo dei due termini potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, qualora essi non abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare la domanda. In tale ipotesi l'udienza anticipatamente fissata dal tribunale dovrà ritenersi automaticamente differita per un numero di giorni corrispondente a quelli di sospensione feriale intercorsi tra la dichiarazione di fallimento e la data fissata per l'adunanza; ove, poi, l'udienza si sia già tenuta, la verifica in fatto della tempestività delle domande di ammissione presentate, ai fini della delibazione sulla chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall., andrà compiuta dal giudice del merito avuto riguardo al termine prorogato (massima).

Il debitore, dichiarato fallito dal Tribunale di Roma con sentenza del 22 luglio 2009, depositava istanza per la chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall., deducendo che nessun creditore aveva presentato domanda di ammissione al passivo entro il termine previsto dall'art. 93, comma 1, termine che cadeva il giorno 8 settembre 2009 e dunque doveva essere retrodatato al 31 luglio 2009, in quanto soggetto al periodo di sospensione feriale.
L'istanza è stata respinta dal Tribunale e successivamente dalla Corte d'Appello in sede di reclamo. Questa ha rilevato che il termine fissato per la presentazione delle domande di ammissione non ha natura processuale e non è soggetto a sospensione feriale, essendo previsto, a pena di decadenza, per il mero espletamento di un'attività preparatoria alla successiva fase di verifica.
Il decreto è stato impugnato con ricorso per Cassazione per violazione di legge (L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3 del R.D. n. 12 del 1942, artt. 92, 16, 26, 36, 36-bis, 93 e 94 l. fall.). Il ricorrente ha dedotto: che il termine stabilito dall'art. 16 l. fall. per la presentazione delle domande di insinuazione al passivo ha natura processuale, al contrario di quanto erroneamente ritenuto dal giudice a quo; che l'elenco delle controversie non soggette alla sospensione dei termini processuali (a norma del R.D. n. 12/1942 art. 92) è tassativo; che in materia fallimentare le uniche cause comprese in tale elenco sono quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, come è anche confermato dall'art. 36-bis, l. fall., il quale, stabilendo che non sono soggetti alla sospensione i termini processuali di cui ai precedenti artt. 26 e 36, consente di ritenere, a contrariis, che è invece applicabile la sospensione a tutti gli altri procedimenti disciplinati dalla legge; che nel caso di specie il termine per la presentazione delle insinuazioni al passivo, soggetto alla sospensione dei termini feriali, scadeva il 31 luglio 2009, data entro la quale nessun creditore aveva depositato domanda, e pertanto il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall..
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando il provvedimento impugnato e rinviando la causa alla Corte territoriale perché valuti se nel caso, tenuto conto del periodo di sospensione feriale, i creditori del fallimento abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare e depositare le domande di ammissione nel rispetto del termine di cui all'art. 93 l. fall., dovendosi, in caso contrario, escludere la ricorrenza dell'ipotesi di chiusura del fallimento di cui all'art. 118, n. 1.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso deciso dalla suprema Corte poneva principalmente il problema della soggezione a sospensione feriale di due termini del processo di verifica dei crediti: quello per la fissazione dell'adunanza per l'esame dello stato passivo, stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 4, l. fall. (entro centoventi o centottanta giorni dal deposito della sentenza); quello per la presentazione delle domande di insinuazione, stabilito dall'art. 16, comma 1, n. 5 e ribadito dall'art. 93, comma 1, l. fall. (trenta giorni prima dell'adunanza).
La Corte ha ritenuto, con argomentazione condivisibile, che entrambi i termini sono soggetti alla sospensione feriale.
In primo luogo la sentenza rileva che il procedimento di accertamento del passivo prende avvio sin dalla sentenza dichiarativa di fallimento, con la quale il tribunale, da un lato stabilisce la data dell'adunanza da tenersi nel termine perentorio decorrente dal deposito della sentenza stessa e, dall'altro, assegna il termine perentorio per la presentazione delle insinuazioni, decorrente a ritroso dalla data dell'adunanza. Dunque, entrambi i termini in questione appartengono al medesimo procedimento di accertamento del passivo fallimentare. E tale procedimento non è sottratto alla regola generale della sospensione feriale dei termini processuali (dettata dall'art. 1 Legge n. 742/1969) non essendo compreso tra i procedimenti che (ai sensi dell'art. 3 della medesima legge) in via di eccezione alla regola della sospensione sono trattati durante il periodo feriale. Infatti, tra i procedimenti non sospesi, indicati tassativamente nell'art. 92 del R.D. n. 12/1941 sull'ordinamento giudiziario, sono contemplate, in materia fallimentare, solo le cause “relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti” (v. anche Cass. n. 1743/2006; Cass. n. 5985/1997; Cass. n. 10875/1994).
Anche l'art. 36-bis l. fall., introdotto dalla riforma del 2006, stabilendo che non sono soggetti a sospensione feriale i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36, conferma, a contrariis, che rimangono soggetti alla regola generale della sospensione tutti gli altri procedimenti endofallimentari (Cass. n. 2706/09).
In secondo luogo, la Corte afferma l'indubbia natura processuale di entrambi i termini in questione.
Quanto al termine di fissazione dell'adunanza, la pronuncia evidenzia: che la data dell'udienza non è indifferente per i creditori, in quanto rappresenta il giorno da cui decorre il termine a ritroso di trenta giorni entro il quale essi possono depositare le domande tempestive; che anche nel processo di cognizione ordinaria il giudice, fissando un'udienza da cui decorre a ritroso il termine assegnato alla parte per il compimento di un atto, “deve conteggiare 46 giorni in più qualora il periodo di sospensione feriale ricada all'interno del rinvio”; che, negando la natura processuale, si finirebbe per comprimere ingiustamente il diritto alla difesa tecnica, poiché la ratio dell'istituto della sospensione è la necessità assicurare un periodo di riposo agli avvocati anche in funzione di garanzia del diritto alla difesa della parte (C. Cost. n. 380/92).
Quanto al termine di presentazione della domanda di ammissione, la natura processuale non può escludersi (come erroneamente ha fatto il giudice di merito) per il fatto che si tratti di un termine previsto a pena di decadenza e per il mero espletamento di una attività preparatoria alla verifica del credito. La natura decadenziale del termine non ne comporta il carattere sostanziale in quanto, osserva la Corte, alla mancata presentazione della domanda non consegue la perdita del diritto di credito, che potrà ancora essere fatto valere con insinuazione tardiva o, eventualmente, contro il fallito tornato in bonis. D'altro canto la locuzione “termini processuali”, ai fini della sospensione nel periodo feriale, non comprende solo i termini per il compimento degli atti successivi all'introduzione del giudizio, ma anche i termini di decadenza entro i quali il giudizio deve essere proposto, come nel caso dell'impugnazione delle delibere condominiali (C. Cost. n. 49/1990; Cass. n. 6097/1990 e Cass. 22366/2007).
Peraltro, si deve anche escludere che la domanda di ammissione al passivo costituisca una mera attività preparatoria alla successiva fase della verifica: sia perché l'insinuazione produce gli effetti della domanda giudiziale per l'intera durata del fallimento, a mente dell'art. 94; sia per l'indubbia natura giurisdizionale e decisoria del processo di accertamento del passivo, già affermata dalla suprema Corte prima della riforma (Cass. n. 18935/2003) e confermata dalle modifiche introdotte don i decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/2007, che da un lato hanno attribuito al curatore la qualità di vera e propria parte processuale, legittimata a sollevare eccezioni processuali in senso stretto ed a impugnare il decreto di esecutività dello stato passivo e, dall'altro, hanno rafforzato la posizione di terzietà del giudice delegato, che è tenuto al rispetto del principio dispositivo.
Quindi, la Corte conclude affermando che il termine processuale per la presentazione della domanda, che si inserisce in un procedimento endofallimentare soggetto a sospensione feriale introducendovi un subprocedimento contenzioso, è anch'esso soggetto a sospensione.
Il secondo problema che si poneva al vaglio della Corte, una volta che essa aveva ritenuto entrambi i termini in questione soggetti alla sospensione feriale, era quello di stabilire le conseguenze derivanti dall' “errore procedurale compiuto dal giudice(così la sentenza) che abbia fissato l'udienza per l'esame dello stato passivo anticipatamente, senza tenere conto della sospensione, nel caso in cui non risultino depositate insinuazioni nel termine di trenta giorni prima dell'udienza e sia chiesta la chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall.
Il ragionamento della Corte si può riassumere come segue: il termine per la presentazione della domanda, dovendo essere calcolato a ritroso dalla data dell'udienza ed essendo sospeso nel periodo feriale, come si è detto, deve essere retrodatato di ulteriori 46 giorni (Cass. n. 12044/2010); tuttavia, nel caso in cui l'udienza per l'esame dello stato passivo sia stata fissata senza tenere conto della sospensione feriale dei termini di cui all'art. 16, comma 1, nn. 4 e 5, l'applicazione della regola solo al secondo dei due termini potrebbe pregiudicare il diritto di azione dei creditori, qualora essi non abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare la domanda; infatti, seppure la legge stabilisca solo il termine massimo (di 120 o 180 giorni dalla sentenza) entro il quale il tribunale deve fissare l'adunanza, ciò non autorizza a sostenere che tale udienza possa essere fissata in un termine così breve da ridurre a pochi giorni il tempo a disposizione dei creditori per approntare l'insinuazione. In tale ipotesi, afferma la Corte, “non potendosi porre a carico dei creditori incolpevoli l'errore procedurale compiuto dal giudice”, l'udienza anticipatamente fissata dal tribunale dovrà ritenersi automaticamente differita per un numero di giorni corrispondente a quelli di sospensione feriale intercorsi tra la dichiarazione di fallimento e la data fissata per l'adunanza; ove, poi, l'udienza si sia già tenuta (come era avvenuto nel caso di specie) la verifica in fatto della tempestività delle domande di ammissione presentate, ai fini della delibazione sulla chiusura del fallimento ai sensi dell'art. 118, n. 1, l. fall., andrà compiuta dal giudice del merito avuto riguardo al termine prorogato.
La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso, cassato il provvedimento impugnato e rinviato alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, perché valuti se nel caso, tenuto conto del periodo di sospensione feriale, i creditori del fallimento abbiano usufruito di un tempo congruo per approntare e depositare le domande di ammissione al passivo nel rispetto del termine di cui all'art. 93, dovendosi, in caso contrario, escludere la ricorrenza dell'ipotesi di chiusura del fallimento di cui all'art. 118, n. 1, l. fall..

Osservazioni

La sentenza appare pienamente condivisibile, in particolare, per la valorizzazione della stretta relazione esistente tra i due termini processuali in questione e tra gli effetti della sospensione feriale di entrambi, come era richiesto nella singolare fattispecie e come il giudice di merito non aveva invece considerato.
La natura processuale e la conseguente sospensione feriale del termine per la presentazione della domanda di ammissione al passivo, e più in generale la sospensione di tutti i termini del procedimento di verifica dei crediti, erano già state affermate nella vigenza delle norme anteriori alle recenti riforme (Cass. 27 gennaio 2006, n. 1743, cit.; Cass. 3 luglio 1997, n. 5985, cit.; Cass. 17 dicembre 1994, n. 10875, ivi).
Le modifiche apportate alla legge fallimentare, in particolare con l'art. 36-bis, non offrono argomenti a sostegno dell'opposta tesi, ma, piuttosto, confermano la generale applicabilità della sospensione ai termini processuali nel fallimento, salve le eccezioni espressamente previste, come rilevato nella sentenza in esame.
Nondimeno vi sono pronunce recenti di segno opposto (oltre a quelle del Tribunale e della Corte d'Appello di Roma che hanno dato origine alla decisione in esame, si veda Tribunale di Terni, 16 settembre 2010, Dejure).

Le questioni aperte

Una questione che meriterebbe un approfondimento, e che tuttavia esula dai limiti di questo scritto, è quella della soggezione a sospensione feriale del termine per il deposito dell'insinuazione al passivo, quando essa abbia per oggetto crediti di lavoro.
La giurisprudenza prevalente ha affermato che la sospensione feriale, benché applicabile alle controversie aventi per oggetto l'ammissione tardiva dei crediti al passivo, non opera per le insinuazioni riguardanti crediti di lavoro; le quali, pur dovendo essere trattate con il rito fallimentare, sono assoggettate al regime previsto dall'art. 3 Legge 7.10.1969, n. 742, che esclude l'applicabilità della sospensione alle controversie previste dagli artt. 409 e segg. c.p.c., facendo riferimento alla natura specifica della controversia avente ad oggetto un rapporto individuale di lavoro (Cass. Sez. Un. 24 novembre 2009, n. 24665; Cass. n. 1743/2006, cit.).
Mi limito a segnalare due aspetti del problema, come semplici spunti per la riflessione.
Da un lato si potrebbe valutare se le argomentazioni espresse dalla giurisprudenza citata, che si riferisce alla disciplina anteriore alle riforme della legge fallimentare, siano ancora attuali dopo la riforma, con particolare riferimento all'art. 36-bis l. fall., che potrebbe considerarsi come norma speciale rispetto all'art. 3 cit., tenuto conto anche dei limitati effetti endoconcorsuali dell'accertamento del credito, oggi espressamente sanciti dall'art. 96 ultimo comma.
D'altro canto, si potrebbe considerare che le sentenze citate fanno riferimento alle insinuazioni tardive di credito, per le quali operava un rito diverso da quello previsto per le insinuazioni tempestive, mentre per queste ultime, ritenendo che non siano soggette alla sospensione feriale dei termini si avrebbe una compromissione del principio del contraddittorio incrociato oppure una disparità di trattamento tra i creditori.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.