Finanza interinale nel concordato con riserva

06 Dicembre 2012

È generica e quindi inammissibile l'istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti ove manchino gli elementi da cui desumere la ragionevolezza dell'aggravamento dell'esposizione debitoria in funzione del complessivo impianto del piano di concordato in elaborazione, nemmeno delineato nelle sue linee essenziali.
Massima

È generica e quindi inammissibile l'istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti ove manchino gli elementi da cui desumere la ragionevolezza dell'aggravamento dell'esposizione debitoria in funzione del complessivo impianto del piano di concordato in elaborazione, nemmeno delineato nelle sue linee essenziali.

Il caso

È generica e quindi inammissibile l'istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti ove manchino gli elementi da cui desumere la ragionevolezza dell'aggravamento dell'esposizione debitoria in funzione del complessivo impianto del piano di concordato in elaborazione, nemmeno delineato nelle sue linee essenziali (massima).

Dinnanzi al Tribunale di Treviso è stata presentata una domanda di concordato c.d. con riserva ex art. 161, comma 6, l. fall., sulla quale il Tribunale ha provveduto assegnando il termine di 60 giorni per la presentazione del piano, della proposta e dell'ulteriore documentazione, disponendo obblighi informativi periodici.
Con successiva istanza ex art. 182-quinquies, comma 1, l. fall., il debitore ha chiesto di essere autorizzato a contrarre finanziamenti per Euro 1,2 milioni, con riconoscimento di prededucibilità e rilascio di garanzie ipotecarie e pignoratizie. Da quanto si evince dal decreto in commento, l'istanza è stata motivata dall'esigenza di far fronte all'impegno finanziario inerente alla fase iniziale di alcune commesse e di acquisire la liquidità necessaria per la procedura concordataria.
Il Tribunale di Treviso ha dichiarato l'istanza generica e inammissibile, rilevando l'assenza di elementi da cui desumere la “ragionevolezza dell'aggravamento dell'esposizione” debitoria in funzione del complessivo impianto del piano di concordato in elaborazione, impianto in merito al quale il debitore non aveva fornito alcuna indicazione.

La questione giuridica e la soluzione

Il provvedimento in rassegna rappresenta una delle primissime pronunce giurisprudenziali in tema di finanziamenti interinali ai sensi del nuovo articolo 182-quinquies, l. fall., che consente al debitore di chiedere al Tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti, anche garantiti, a condizione che un esperto indipendente, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa fino all'omologazione, ne attesti la funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori. Tali finanziamenti godono del beneficio della prededucibilità, sono esentati dalla revocatoria nell'eventuale successivo fallimento del debitore e beneficiano di un'esenzione dai reati di bancarotta semplice e preferenziale.
La questione giuridica affrontata dal decreto in commento riguarda i presupposti di ammissibilità dell'istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti nel concordato con riserva, con particolare riferimento alla definizione del piano.
Sul punto, anche alla luce dei primi commenti alla nuova disciplina, si registrano diversi orientamenti. Un'interpretazione che valorizzi il dato letterale della norma, e l'impatto innovativo della riforma, porterebbe a concludere che sia sufficiente allegare all'istanza la sola attestazione dell'esperto, avendo il legislatore rimesso a quest'ultimo il compito di valutare se il finanziamento sia funzionale o meno alla migliore soddisfazione dei creditori (coerente con quest'impostazione, seppure con riferimento al pagamento di crediti anteriori in circostanze peculiari, sembrerebbe essere l'orientamento del Tribunale di Piacenza, v. decr. 12 ottobre 2012).
A questa lettura si contrappone nettamente la tesi più restrittiva (cfr. Ambrosini, Linee guida del Tribunale di Milano), che esclude la possibilità di chiedere un'autorizzazione a contrarre finanziamenti sulla base della sola domanda di concordato con riserva e richiede al debitore di allegare all'istanza di autorizzazione non solo l'attestazione dell'esperto, ma anche il piano completo e la proposta di concordato. Tale impostazione, se applicata in maniera rigida, eliminerebbe di fatto gran parte dell'utilità pratica dell'art. 182-quinquies l. fall. Infatti, la produzione del piano e della proposta implica uno stadio di avanzamento prossimo, se non equivalente, a quello richiesto ai fini dell'ammissione, a partire dalla quale l'autorizzazione potrà essere richiesta ex art. 167 l. fall.
Nel mezzo si collocano posizioni più sfumate (cfr. Fabiani) che, cercando di conciliare le esigenze del debitore (o meglio dell'impresa), da un lato, e la tutela degli interessi dei creditori, dall'altro, richiedono che nell'istanza di autorizzazione il debitore fornisca almeno “una sommaria indicazione del piano e della proposta”. Similmente, seppur con riferimento in generale all'autorizzazione di straordinaria amministrazione, altri fanno riferimento alla comunicazione almeno parziale delle intenzioni del debitore (cfr. Panzani). Tali elementi consentirebbero al Tribunale di verificare la coerenza dell'istanza con le intenzioni del debitore. Proprio in questa posizione intermedia sembra collocarsi il decreto in commento.
Infatti, il Tribunale di Treviso afferma che il debitore “non ha fornito indicazione alcuna circa il contenuto del piano in elaborazione” e che il piano di concordato non è stato “nemmeno delineato nelle sue linee essenziali”. Il Tribunale sembra pertanto accogliere la tesi secondo cui l'autorizzazione al finanziamento non può prescindere dall'indicazione almeno delle caratteristiche principali del piano. Allo stesso tempo, tuttavia, sembra potersi evincere che il Tribunale non ritenga necessario che vengano prodotti il vero e proprio piano e la proposta di concordato.

Osservazioni

Come noto, la riforma del concordato preventivo introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. Decreto Sviluppo) intende agevolare la risoluzione della crisi d'impresa e il mantenimento della continuità aziendale o, in alternativa, la liquidazione ordinata del patrimonio del debitore. A tale scopo, la legge facilita l'accesso del debitore in crisi alle protezioni concordatarie consentendo il deposito della domanda di concordato ancora priva del piano e della restante documentazione richiesta per l'ammissione al concordato (da depositarsi entro il successivo termine fissato dal Tribunale).
È stata così creata, tra la domanda e il deposito del piano, una fase interinale (la fase di c.d. pre-concordato) che consente al debitore di preparare il piano e la proposta concordataria (e spesso portare avanti o ultimare il relativo negoziato con i propri creditori) in un regime di protezione e trasparenza. Le possibilità per le aziende italiane di risolvere le situazioni di crisi dipenderanno in maniera significativa da come funzionerà in pratica la fase di pre-concordato.
Elemento chiave per la gestione dell'azienda in tale fase è la disponibilità di finanza detta “interinale”, laddove l'attività ordinaria del debitore non sia in grado di autofinanziarsi. Nella fase di pre-concordato il debitore non potrà ottenere finanziamenti da terzi a meno che non sia in grado di offrire loro adeguata protezione. Il nuovo art. 182-quinquies l. fall. si inserisce in tale contesto, permettendo al debitore di chiedere l'autorizzazione a contrarre finanziamenti nella fase di pre-concordato. La prededucibilità e le esenzioni da revocatoria e responsabilità penale che derivano dall'autorizzazione forniscono ai terzi e al debitore le protezioni necessarie in tale contesto.
In quest'ottica ci si chiede dunque quale debba essere il rapporto tra istanza di autorizzazione a contrarre finanziamenti e presentazione del piano. A tal proposito non sembra tuttavia che si possa arrivare a enucleare un principio unico, valido in ogni caso, dovendosi piuttosto distinguere tra le diverse fattispecie sulle quali il Tribunale può essere chiamato a pronunciarsi.
In molti casi, infatti, la valutazione della funzionalità del finanziamento alla migliore soddisfazione dei creditori prescinde del tutto dalla tipologia e dalle caratteristiche del piano e della proposta. Si pensi, ad esempio, al caso del finanziamento necessario per l'acquisto di merce o per preservare il valore di beni rapidamente deperibili, in entrambi i casi da destinare alla soddisfazione di ordini di acquisto di terzi solvibili: in simili circostanze è chiaro che la natura liquidatoria o con continuità del piano, la capacità della gestione operativa di generare flussi di cassa positivi, la tipologia di interventi previsti sul lato passivo o, ancora, le eventuali dismissioni in programma non avranno, nella maggior parte dei casi, alcuna rilevanza sulla decisione di autorizzare o meno il finanziamento. Consentire all'impresa di acquisire, preservare e monetizzare il valore dei beni (pur al netto della prededuzione) non potrà che accrescere le risorse da destinare ai creditori.
In simili ipotesi, tutt'altro che rare, ciò che rileva davvero ai fini della valutazione del Tribunale non è tanto il rapporto tra istanza e piano, quanto piuttosto:
1) l'ammontare del finanziamento, in relazione non solo alla sua destinazione, ma anche alla complessiva esposizione debitoria pregressa;
2) la misura dell'incremento del livello di soddisfazione dei creditori in caso di autorizzazione o, specularmente, le conseguenze negative per i creditori in caso di mancata autorizzazione; e
3) la ragionevole probabilità che nelle circostanze tale incremento venga realizzato (o che tali conseguenze vengano evitate) grazie alle risorse reperite con il finanziamento. Su questi elementi il debitore dovrà argomentare nell'istanza, supportato dalla relativa attestazione dell'esperto.
In situazioni di particolare urgenza poi gli ammontari per cui si richiede l'autorizzazione potranno essere talmente limitati (in quanto destinati a esigenze immediate di carattere ordinario) e il beneficio per i creditori talmente evidente da rendere l'analisi di cui sopra particolarmente agevole, pur in assenza del piano, riducendo la stessa attestazione dell'esperto a un requisito quasi formale. Si pensi, ad esempio, ai limitati ammontari necessari per pagare le forniture di energia elettrica qualora l'interruzione delle forniture abbia conseguenze irreversibili per il tipo di attività dell'azienda.
Naturalmente vi sono ipotesi in cui, invece, la funzionalità del finanziamento alla migliore soddisfazione dei creditori dipende, in misura più o meno significativa, dalle caratteristiche del piano e della proposta. Questo sarebbe il caso, ad esempio, qualora il finanziamento fosse necessario per realizzare investimenti iniziali con risultati attesi in un orizzonte temporale che oltrepassa il brevissimo periodo o, come nel caso esaminato dal decreto in commento, per far fronte all'impegno finanziario inerente alla fase iniziale di commesse acquisite dal debitore. In tali casi, la valutazione del Tribunale non potrà prescindere dal quadro generale in cui tale intervento si colloca e pertanto dalle caratteristiche del piano e della proposta.
In alcuni casi poi la valutazione potrebbe essere talmente complessa e l'ammontare del finanziamento talmente rilevante da non rendere possibile l'autorizzazione prima della vera e propria ammissione a seguito dell'esame del piano e della proposta e di tutti gli altri elementi richiesti per l'ammissione.
È ben evidente che in tale delicato contesto (come nel caso delle altre autorizzazioni nella fase di pre-concordato) il Tribunale svolge un ruolo chiave, dovendo valutare le effettive possibilità di proteggere il valore dei beni aziendali e/o, in certi casi, di consentire la sopravvivenza stessa dell'impresa in crisi e compararle con l'impatto della prededuzione. In molti casi saranno queste decisioni, prima e più ancora del voto dei creditori, a determinare il risultato finale del procedimento e il destino dell'impresa (e dei suoi creditori e lavoratori). Non pare eccessivo ritenere che buona parte del successo della riforma (e la possibilità che la riforma aiuti il sistema a superare la difficile congiuntura attuale) dipenderà dal modo in cui l'autorità giudiziaria e tutti gli altri soggetti coinvolti (esperti, avvocati, etc.) sapranno gestire e interpretare queste tematiche.
Non a caso infatti il Tribunale di Treviso si esprime in termini di “ragionevolezza dell'aggravamento dell'esposizione” debitoria: un aggravamento, in caso di finanza interinale, ci sarà sempre per definizione, la questione vera - difficile ma ineludibile - è quanto tale aggravamento sia ragionevole nelle circostanze.
In questi delicatissimi passaggi purtroppo non esistono scelte facili, nel senso che gli eccessi di prudenza possono arrecare danno (non solo all'impresa, ma anche ai creditori) tanto quanto la mancanza di prudenza. Sarà quanto mai importante dunque che i Tribunali siano adeguatamente supportati in un compito tanto difficile quanto importante. A tale fine, ad avviso di chi scrive, potranno essere valorizzati due istituti rinvenibili nel sistema.
In primo luogo, il Tribunale potrà nominare uno o più ausiliari al fine di meglio valutare quanto rappresentato dal debitore e attestato dall'esperto (che, anche se indipendente e soggetto a sanzioni penali, resta pur sempre un esperto nominato dalla parte). In assenza del commissario giudiziale (per la cui nomina, anche dopo la riforma, occorre attendere l'ammissione al concordato), gli ausiliari possono svolgere nella fase di pre-concordato una funzione preziosa, a supporto del giudice e a beneficio dei creditori (e dell'impresa).
Si sono già visti esempi in questo senso per quanto riguarda la valutazione delle informazioni periodiche che il Tribunale impone al debitore con il decreto che fissa il termine per l'integrazione della documentazione (si veda Trib. La Spezia 25 settembre 2012 e Trib. Parma 17 ottobre 2012). È infatti chiaro che gli obblighi informativi hanno maggior significatività nella misura in cui il Tribunale dispone delle risorse necessarie per valutare le informazioni prodotte e identificare eventuali anomalie. È altrettanto evidente che, specie in considerazione dei carichi di lavoro, ai Tribunali deve essere consentito di avvalersi di risorse esterne.
Anche per quanto riguarda le delicate valutazioni alla base delle autorizzazioni nella fase di pre-concordato, in primis quelle relative alla finanza interinale, gli ausiliari potrebbero svolgere una funzione preziosa. In tal senso l'utilizzo di ausiliari, ricorrendone i presupposti, rappresenta una soluzione pragmatica ed efficiente a beneficio del procedimento e, in ultima istanza, dei creditori e della tenuta del sistema.
In secondo luogo, la possibilità per il Tribunale, in caso di istanza ex art. 182-quinquies, comma 1, l. fall., di assumere sommarie informazioni potrebbe consentire di coinvolgere in queste delicate decisioni anche il ceto creditorio. Per certi versi stupisce che, nel momento in cui si valutano decisioni così delicate nell'interesse dei creditori, il sistema non preveda espressamente che si dia ascolto ai portatori di tale interesse. Una forma preliminare di contraddittorio tra debitore e creditori offrirebbe al Tribunale una panoramica più completa e imparziale rispetto a un'analisi basata sulla sola prospettazione del debitore supportata dall'attestazione dell'esperto.
Pur in assenza di norme specifiche, nulla vieta che il potere di assumere informazioni sommarie possa dunque essere usato per acquisire dal ceto creditorio elementi valutativi utili. Peraltro, nella maggior parte dei casi, non risulterà possibile assicurare il coinvolgimento di tutti i creditori, nel qual caso si potrà ad esempio procedere a una consultazione per categorie e/o assumere informazioni dai creditori maggiormente significativi per ammontare e ruolo.

Conclusioni

Dal modo in cui gli operatori riusciranno a far funzionare la fase di pre-concordato dipende buona parte del successo della riforma e dell'impatto che questa potrà avere sull'economia. La fase di pre-concordato, con i rischi e le opportunità che ne derivano, richiede una gestione attenta e ragionevole da parte di tutti.
Ciò è vero soprattutto per l'autorizzazione della finanza interinale, che in molti casi rappresenta una condizione imprescindibile per il salvataggio dell'impresa o, a volte, per la possibilità stessa di approntare un piano (si veda lo studio Assonime 4/2012, precedente la riforma, che evidenzia un'estrema difficoltà delle imprese nel reperire finanza interinale, circostanza che giustificherebbe anche l'assoluta prevalenza dell'uso del concordato con finalità liquidatoria). Tale autorizzazione richiede valutazioni molto delicate di bilanciamento tra l'impatto della prededuzione e i benefici che possono derivare dalle attività finanziate, in primis per i creditori. Queste valutazioni tuttavia in molti casi non necessitano di essere inquadrate nel contesto del piano concordatario e in alcuni casi possono anche prescindere dalla tipologia di piano.
In altri casi, come quello su cui è stato chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Treviso, i benefici attesi (presumibilmente nel medio-lungo periodo) dovranno essere valutati alla luce almeno della tipologia di piano e/o delle sue linee essenziali. In altri casi ancora, sarà indispensabile valutare la richiesta di finanza interinale alla luce del piano completo e della proposta concordataria o, addirittura, non sarà possibile autorizzare il finanziamento prima dell'ammissione al concordato.
In buona sostanza, non vi è un principio unico, applicabile in qualunque occasione a prescindere dalle circostanze. Per contro, risulta imprescindibile un'attenta comparazione tra gli ammontari in gioco e i benefici attesi per i creditori (tenuto debito conto della probabilità che tali benefici effettivamente si realizzino). Per tale analisi, a seconda della complessità, il Tribunale potrà avvalersi del contributo tecnico di ausiliari.
Soprattutto è importante che tale comparazione avvenga nel contraddittorio con i portatori degli interessi che la norma intende tutelare, vale a dire i creditori. In mancanza di norme che prevedano espressamente il contraddittorio con i creditori in questa delicata fase valutativa, il Tribunale può comunque coinvolgere gli stessi avvalendosi della facoltà di assumere sommarie informazioni.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sulla nuova disciplina dei finanziamenti interinali: F. Lamanna, Il c.d. Decreto Sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in IlFallimentarista; Id., La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012; Id., La problematica relazione tra “pre-concordato” e “concordato con continuità aziendale” alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in IlFallimentarista; S. Ambrosini, Accordi di ristrutturazione dei debiti e finanziamenti alle imprese in crisi (dalla “miniriforma” del 2005 alla l. 7 agosto 2012, n. 134), Zanichelli, 2012; Id., I finanziamenti bancari alle imprese in crisi nei nuovi articoli 182-quater e 182-quinquies, l. fall., in IlFallimentarista; M. Fabiani, Vademecum per la domanda “prenotativa” di concordato preventivo, in ilcaso.it; L. Panzani, Il concordato in bianco, in IlFallimentarista; P. Vella, L'accrescimento dei controlli giudiziali di merito e degli strumenti protettivi nel nuovo concordato preventivo (dopo la legge n. 134/12), in ilcaso.it; Linee guida Tribunale di Milano (Verbale del Plenum tenuto in data 20 settembre 2012), in IlFallimentarista; Orientamenti ed istruzioni del Tribunale di Monza (Verbale del Plenum tenuto in data 9 ottobre 2012); Assonime, Studio n. 4/2012, Rapporto sull'attuazione della riforma della legge fallimentare e sulle sue più recenti modifiche, Roma, aprile 2012 (precedente al Decreto Sviluppo).
Sul pagamento di creditori anteriori: Trib. Piacenza 12 ottobre 2012 (inedito).
Sulla nomina di ausiliari giudiziali nella fase di pre-concordato: Trib. La Spezia 25 settembre 2012, in ilcaso.it; Trib. Parma 17 ottobre 2012 (inedito).

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