Natura e requisiti dei provvedimenti cautelari o conservativi previsti dall’art. 15, comma 8, l. fall.

29 Novembre 2012

Per la concessione da parte del Tribunale, in sede di istruttoria prefallimentare, di provvedimenti cautelari o conservativi è necessario che l'istante (sia esso il creditore, il P.M. o lo stesso debitore) fornisca la prova dell'esistenza in concreto di entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, non essendo possibile limitarsi ad un generico richiamo ad una situazione di pericolo, con riferimento a fatti dispositivi del patrimonio del debitore già intervenuti.
Massima

Per la concessione da parte del Tribunale, in sede di istruttoria prefallimentare, di provvedimenti cautelari o conservativi è necessario che l'istante (sia esso il creditore, il P.M. o lo stesso debitore) fornisca la prova dell'esistenza in concreto di entrambi i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, non essendo possibile limitarsi ad un generico richiamo ad una situazione di pericolo, con riferimento a fatti dispositivi del patrimonio del debitore già intervenuti.

Il caso

Il Tribunale di Napoli, svolgendo una sintetica, ancorchè puntuale, analisi della natura e dei requisiti necessari per la pronuncia dei provvedimenti previsti dal novellato art. 15, comma 8, l. fall., ha negato nel caso di specie la concessione dell'invocata misura cautelare, sull'assunto che il creditore istante non avrebbe in concreto fornito la prova dell'effettiva esistenza del pericolo causato dal ritardo.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il Tribunale partenopeo, riportandosi al testo della richiamata norma fallimentare, configura i provvedimenti ivi previsti quali vere e proprie misure cautelari, ritenendo ineludibile che per la loro concessione siano ravvisabili entrambi i presupposti:
a) della probabile sussistenza dello stato d'insolvenza e degli altri requisiti ritenuti necessari, a norma degli artt. 1 e 15 l. fall., per la pronuncia del fallimento;
b) del rischio che, nelle more del procedimento prefallimentare, possa essere lesa la capacità produttiva oppure l'integrità fisica e/o giuridica dell'azienda del debitore resistente, per effetto di atti di distrazione dell'attivo patrimoniale o assunzione di nuovi debiti, in maniera tale, in caso di successivo fallimento, da impedire o rendere più difficile (anche sotto il profilo della maggiore onerosità o incertezza) la liquidazione concorsuale.
Esaminando il caso di specie, il Tribunale rileva che la semplice allegazione, da parte dell'istante, del già intervenuto compimento di atti di disposizione del patrimonio (in concreto: vendite immobiliari, costituzione di un trust e iscrizione di ipoteche giudiziali da parte di terzi) non fornisce la richiesta prova del periculum in mora, non ravvisandosi in essi “un contegno in atto” tale da fare presumere che la sua prosecuzione o attuazione possa pregiudicare la concreta fruttuosità dell'invocata sentenza di fallimento e, per questo, rimandando la tutela delle ragioni del ricorrente, all'esercizio, ove concretamente ancora realizzabile, delle misure cautelari comuni previste dal codice di procedura civile.

Osservazioni

La pronuncia in esame può essere ricompresa in quel filone, necessariamente di recente matrice giurisprudenziale (cfr. Trib. Monza, 11 febbraio 2009, in ilcaso.it), che ritiene i provvedimenti cautelari, previsti dal novellato art. 15 l. fall. nell'ambito del procedimento per la dichiarazione di fallimento, riconducibili ai provvedimenti cautelari di natura atipica regolati dall'art. 700 c.p.c.
La similitudine, peraltro, viene riconosciuta solo per quanto attiene la natura cautelare e, conseguentemente, l'individuazione dei presupposti previsti per la loro emanazione, ravvisabili nella contestuale sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Invece, nessuna possibilità di collegamento con i provvedimenti d'urgenza regolamentati dal codice di rito viene ravvisata, sia sotto il profilo procedurale (deve essere, tra l'altro, esclusa la possibilità di reclamo), che in merito alle finalità di tali misure, essendo quelle previste dall'art. 15 l. fall. destinate unicamente a preservare l'istante (che può essere anche lo stesso debitore) da eventuali azioni o omissioni che potrebbero incidere sulla stessa conservazione dei valori di funzionamento dell'azienda o sull'integrità del patrimonio, senza avere la funzione di anticipare e assicurare in via provvisoria gli effetti di una decisione nel merito.
Per tale ragione, il loro contenuto assume i connotati più vari e atipici, sino ad estendersi alla facoltà per il Tribunale di provvedere alla sostituzione dell'imprenditore con un amministratore di tipo giudiziale o l'affiancamento di un custode, in maniera tale da assicurare una gestione conservativa etero-diretta dell'impresa.
Ciò premesso, non pare dubitabile che per documentare l'esistenza del fumus l'istante potrà limitarsi a fornire la prova della probabile sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi previsti dagli artt. 1 e 5 l. fall., per consentire al collegio di valutare l'assoggettabilità del debitore al fallimento e la presenza di indicatori dello stato d'insolvenza.
Il requisito del pericolo nel ritardo dovrà, invece, essere provato non dalla semplice allegazione in astratto di una situazione, appunto, di pericolo derivante dalla paventata situazione di insolvenza del debitore o dal già intervenuto compimento di atti di disposizione del patrimonio, ma dalla documentazione dell'attuale esistenza del rischio che, nelle more del procedimento prefallimentare, possa essere lesa la capacità produttiva e debba, quindi, essere tutelata l'impresa o l'integrità del patrimonio aziendale, al fine di evitare che possano essere conclusi atti di distrazione dell'attivo o assunti nuovi debiti, tali da compromettere, una volta dichiarato il fallimento, la liquidazione concorsuale.
Peraltro, la possibilità di fornire la prova del predetto presupposto non è sempre agevole, considerando che di norma il creditore istante difficilmente può disporre o acquisire le informazioni necessarie, in particolare quando si voglia assumere come indicatore del pericolo la possibilità per il debitore di compiere operazioni o atti non desumibili dalla semplice lettura dei bilanci e che presuppongono una conoscenza della vita dell'impresa “dall'interno”.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Si segnalano, oltre al richiamato provvedimento del Tribunale di Monza: Trib. Prato, 4 febbraio 2011. In dottrina, per una completa rassegna critica del regime dei provvedimenti cautelari: Antonio Caiafa, I provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio e dell'impresa nell'istruttoria prefallimentare”, in Istitutocuratorifallimentari.it. Con riguardo allo specifico argomento della sostituzione cautelare dell'amministratore: Inzitari, Sostituzione cautelare dell'amministratore per l'istruttoria prefallimentare ex art. 15, penultimo comma, L. Fall., in Ilcaso.it.

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