Concordato preventivo e diritto di accesso agli atti della procedura

Valentino Lenoci
18 Luglio 2012

Nella procedura di concordato preventivo il diritto dei creditori ad essere informati ed a partecipare in modo consapevole alle operazioni di voto è garantito ed assicurato dalla relazione che il commissario giudiziale è tenuto a redigere in vista dell'adunanza e proprio l'esistenza di un organo istituzionalmente deputato ad assicurare ai creditori completezza e qualità delle informazioni esclude l'esistenza di un diritto assoluto dei predetti creditori ad avere accesso in modo indiscriminato a qualsivoglia atto del procedimento, dovendo, a tal proposito, ritenersi applicabili, pur in assenza di un rinvio esplicito alle norme, i principi stabiliti dall'art. 90 l. fall. e, con essi, quelli posti dall'art. 33 l. fall., in ordine al potere-dovere del giudice delegato di disporre la segretazione di determinate parti della relazione del curatore, in quanto espressione della necessità, comune anche al concordato, di contemperare in modo ragionevole esigenze di trasparenza, di riservatezza e di tutela degli interessi della procedura in rapporto ad eventuali iniziative dirette al soddisfacimento dei creditori concorrenti.
Massima

Nella procedura di concordato preventivo il diritto dei creditori ad essere informati ed a partecipare in modo consapevole alle operazioni di voto è garantito ed assicurato dalla relazione che il commissario giudiziale è tenuto a redigere in vista dell'adunanza e proprio l'esistenza di un organo istituzionalmente deputato ad assicurare ai creditori completezza e qualità delle informazioni esclude l'esistenza di un diritto assoluto dei predetti creditori ad avere accesso in modo indiscriminato a qualsivoglia atto del procedimento, dovendo, a tal proposito, ritenersi applicabili, pur in assenza di un rinvio esplicito alle norme, i principi stabiliti dall'art. 90 l. fall. e, con essi, quelli posti dall'art. 33 l. fall., in ordine al potere-dovere del giudice delegato di disporre la segretazione di determinate parti della relazione del curatore, in quanto espressione della necessità, comune anche al concordato, di contemperare in modo ragionevole esigenze di trasparenza, di riservatezza e di tutela degli interessi della procedura in rapporto ad eventuali iniziative dirette al soddisfacimento dei creditori concorrenti.

Il caso

La pronuncia del Tribunale di Milano che si riporta affronta, in sede di reclamo ex art. 26 l. fall., il problema del diritto di accesso agli atti della procedura di concordato preventivo da parte dei creditori. In particolare, nella fattispecie in oggetto, un creditore aveva richiesto al giudice delegato di poter prendere visione ed estrarre copia dell'istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo, con tutti i relativi allegati, della memoria di costituzione nel procedimento prefallimentare pendente nei confronti del medesimo debitore, sempre con gli “allegati annessi” e di “tutti gli atti ed allegati documenti relativi alla procedura concorsuale”. Tale richiesta era stata respinta dal G.D., sul presupposto dell'assenza della legittimazione processuale del creditore istante alla consultazione dei documenti richiesti.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il Tribunale, decidendo in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di rigetto della richiesta di accesso agli atti, ha innanzitutto rilevato che, in linea generale, devono applicarsi anche alla procedura di concordato preventivo i principi di cui all'art. 90 l. fall., e che dunque deve essere consentito ai creditori ed ai terzi l'accesso a singoli atti della procedura, ove sussista un loro specifico ed attuale interesse: ciò, in quanto detti principi sono espressione dell'esigenza di contemperare gli interessi dei soggetti coinvolti nella gestione della crisi, con gli interessi propri della procedura e, soprattutto, con gli interessi del debitore, che, nella procedura di concordato preventivo, conserva l'amministrazione dei suoi beni e può proseguire nella gestione dell'impresa, «sicché ricorre un'esigenza di riservatezza attinente alle scelte strategiche e gestionali dell'imprenditore e dei terzi con i quali lo stesso entra in contatto, che un accesso illimitato agli atti del procedimento potrebbe certamente compromettere».
Di qui, appunto, la necessità che tale diritto di accesso non sia indiscriminato, ma che la relativa richiesta venga valutata con particolare prudenza e rigore, tenuto conto dell'interesse del creditore o del terzo sottostante la richiesta di accesso agli atti, e della possibilità, peraltro, per il giudice delegato, di disporre, sulla falsariga di quanto previsto dall'art. 33 l. fall., la segretazione degli atti e dei documenti relativi a possibili profili di responsabilità penale dei soggetti coinvolti nella procedura, ovvero di individuare atti “riservati” e cioè sottratti alla generalità dei creditori, in rapporto ai quali l'interesse dei richiedenti l'accesso deve essere valutato caso per caso.

Osservazioni

La legge fallimentare, nel testo originario, non conteneva una specifica disciplina del diritto di accesso agli atti della procedura da parte del fallito, dei creditori o dei terzi comunque interessati.
La giurisprudenza, tuttavia, aveva in diverse occasioni affermato la sussistenza del diritto alla consultazione degli atti e documenti contenuti nel fascicolo fallimentare, da parte dei soggetti per i quali sussistesse un interesse diretto, concreto ed attuale, da valutarsi da parte del giudice delegato, il cui provvedimento negativo avrebbe potuto formare oggetto di reclamo (in tal senso Cass. 11 dicembre 1987, n. 9717).
Con specifico riferimento alla posizione del fallito, poi, si era affermato che questi non aveva diritto alla libera consultazione del fascicolo fallimentare e degli atti in esso contenuti, e che quindi il rilascio di una copia della relazione del curatore era subordinato al rilascio dell'autorizzazione del giudice delegato (Trib. Roma 1 luglio 1984, in Fall. 1984, 1519).
La riforma della legge fallimentare del 2006 ha finalmente disciplinato il diritto di accesso agli atti della procedura, prevedendo, all'art. 90 l. fall. (come modificato dall'art. 76 D. L.gs n. 5/2006), che «il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione di qualunque atto o documento contenuti nel fascicolo. Analogo diritto, con la sola eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice delegato, spetta anche al fallito» (comma 2). Inoltre, è stato previsto che «gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato» (comma 3).
E' stato quindi riconosciuto un diritto di accesso pressoché generalizzato per i componenti del comitato dei creditori, e questo coerentemente con le nuovi funzioni “gestorie” attribuite a tale organo, che, per poter assumere le proprie determinazioni, deve necessariamente essere messo in grado di conoscere senza problemi lo stato della procedura e gli atti ad essa relativi (si pensi alle funzioni attribuite al comitato dei creditori dall'art. 35 o dall'art. 104-ter, comma 1, l. fall.)
Analogo diritto di accesso ha il fallito, il che si giustifica pienamente con la sua posizione di soggetto “passivo” della procedura, nell'ambito della quale deve poter esercitare il proprio diritto di difesa, con l'eccezione, tuttavia, della relazione del curatore e degli atti che il giudice delegato ha ritenuto di segretare, in quanto contenenti dati “sensibili”, che è opportuno che il fallito o il legale rappresentante della società fallita non conoscano (si pensi, ad es., alla parte della relazione ex art. 33 l. fall. ove vengano evidenziate condotte penalmente rilevanti, o ad atti e/o documenti dai quali emerga la possibilità di esperire azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società fallita).
Per quel che riguarda, invece i creditori ed i terzi, è prevista per essi la possibilità di accesso agli atti e di estrazione di copia, purché ciò risponda ad un loro specifico ed attuale interesse, e, in ogni caso, previa autorizzazione del giudice delegato, il quale deve sentire il curatore. Non sono quindi ammissibili istanze meramente esplorative, dirette a verificare se tra gli atti del fascicolo fallimentare esista qualche atto o documento che possa servire a tutelare i propri diritti, dovendo invece l'atto o il documento essere specificamente indicato nell'istanza, con riferimento all'interesse che l'esame dell'atto intende soddisfare.
Tale disciplina più restrittiva si giustifica con il fatto che i soggetti in questione comunque non sono coinvolti direttamente nella procedura, e quindi occorre effettuare una valutazione caso per caso dell'interesse relativo all'acceso agli atti. Sotto questo profilo, appare interessante il passaggio del provvedimento in esame, laddove, pur riconoscendo (in via analogica o comunque estensiva) l'applicabilità dell'art. 90 l. fall. alla procedura di concordato preventivo, evidenzia comunque come, in tale procedura, il debitore non perda l'amministrazione dei propri beni e possa proseguire nell'attività d'impresa, sicché sussiste anche una esigenza di riservatezza «attinente alle scelte strategiche e gestionali dell'imprenditore e dei terzi con i quali lo stesso entra in contatto che un accesso illimitato agli atti del procedimento potrebbe certamente compromettere».

Le questioni aperte

Uno dei problemi che potrebbe porsi, con riferimento al diritto di accesso agli atti nell'ambito della procedura di concordato preventivo (e che si è posto nel caso in esame), è la configurabilità del diritto in questione in presenza di un credito contestato, mancando, nella procedura in questione, un sub-procedimento di ammissione al passivo, che “cristallizza” la debitoria nell'ambito endoprocedimentale.
In linea di principio, il giudice delegato dovrebbe, in questi casi, effettuare una valutazione sommaria circa la sussistenza o meno del credito, fermo restando che, in ogni caso, la richiesta di accesso non potrà comunque avere carattere meramente esplorativo.
A tal proposito, bene ha fatto il tribunale di Milano a chiarire che la richiesta di accesso agli atti non può comunque essere motivata con il semplice riferimento alle determinazioni da assumere in sede di adunanza dei creditori, posto che, in questi casi, il diritto dei creditori ad essere informati ed a partecipare in modo consapevole alle operazioni di voto è garantito ed assicurato dalla relazione del commissario giudiziale, con la conseguenza che proprio l'esistenza di un organo istituzionalmente deputato ad assicurare ai creditori completezza e qualità delle informazioni esclude l'esistenza di un diritto assoluto dei predetti creditori ad avere accesso in modo indiscriminato a qualsivoglia atto del procedimento.
Con riferimento specifico, poi, al diritto di accesso del comitato dei creditori, che, nel concordato preventivo, viene nominato soltanto nelle ipotesi di concordato con cessione dei beni (art. 182, comma 1 l. fall.), dovrebbe riconoscersi ai suoi componenti il diritto di accesso “ampio” previsto dall'art. 90, comma 2, l. fall., stante le funzioni autorizzatorie e gestorie che vengono attribuite a tale organo anche nella procedura in questione (art. 182, comma 4, l. fall.)

Conclusioni

Il diritto di accesso agli atti della procedura di concordato preventivo, in assenza di disciplina specifica, può dunque essere regolamentato sulla base di quanto previsto dall'art. 90 l. fall., da applicare in via analogica, e pur con i contemperamenti del caso, tenuto conto delle specificità proprie della procedura in questione, e delle differenze rispetto al fallimento (conservazione dell'amministrazione dei beni da parte del debitore, possibilità di prosecuzione dell'attività d'impresa, mancanza di un procedimento di verificazione dello stato passivo).
Naturalmente toccherà agli organi della procedura valutare, caso per caso, la sussistenza di un interesse «specifico ed attuale» all'accesso agli atti ed all'estrazione di copia, che dovrà escludersi allorquando la richiesta di accesso avrà carattere meramente esplorativo.
Il provvedimento del giudice delegato è in ogni caso reclamabile ex artt. 26 e 164 l. fall., vertendosi pur sempre in tema di diritti soggettivi (diritto di accesso agli atti della procedura).

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Non risultano precedenti editi sull'art. 90 l. fall., come modificato dall'art. 76 D. Lgs. n. 5/2006. Per la normativa ante riforma, che, come detto, non conteneva una norma specifica in tema di accesso agli atti della procedura, si segnala Cass. 15 gennaio 1979, n. 297, secondo la quale “La consultazione od estrazione di copie di atti del fascicolo fallimentare, che non siano per loro natura destinati alla pubblicazione, e sempreché non ricorrano specifiche posizioni tutelate nell'ambito della procedura concorsuale, non integra un diritto di ogni soggetto interessato, ma postula una specifica autorizzazione del giudice delegato (o del tribunale fallimentare in sede di reclamo), alla stregua della sua discrezionale valutazione degli interessi del procedimento fallimentare. Questo principio non soffre deroga con riguardo alla relazione del curatore, atto di natura riservata, per il caso in cui una copia sia richiesta da un terzo, estraneo al fallimento, sottoposto a procedimento penale per fatti evidenziati da detta relazione, atteso che i diritti di tale terzo, ivi compreso quello di difesa, sussistono e sono tutelabili solo nell'ambito del processo penale a suo carico”. Non sono mancate, tuttavia, pronunce che hanno riconosciuto il diritto, in ogni caso, del fallito o del legale rappresentante della società fallita a consultare tutti gli atti del fascicolo del fallimento, salvo quelli concernente la sua responsabilità del mala gestione e quelli oggetto di rapporto penale (Trib. Genova 11 agosto 1985, in Fall., 1986, 1381). Per una motivata tesi restrittiva Trib. Monza, 28 maggio 1996, in Fall., 1996, 1133.
Il provvedimento del tribunale che decide in sede di reclamo avverso il decreto del giudice delegato in tema di accesso agli atti della procedura è comunque un provvedimento privo del carattere di definitività e decisorietà, tenuto conto del fatto che l'esercizio del diritto di accesso al fascicolo fallimentare non risulta da esso inciso in maniera definitiva, non potendo escludersi che l'interessato riproponga la sua domanda, alla quale non è opponibile alcuna preclusione da giudicato, con più precisa ed adeguata motivazione che consenta non solo l'identificazione degli atti che si intendono visionare, ma anche la valutazione del concreto interesse che ne giustifica la consultazione (Cass., sez. un., 10 maggio 2001, n. 181, che ha ritenuto, per tale motivo, inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che decide in sede di reclamo).
L'accesso alla relazione del curatore ex art. 33 l. fall. è disciplinato dallo stesso articolo, che consente, al comma 4, la possibilità per il giudice delegato di disporre la segretazione (oltre che delle parti relative alla sfera personale del fallito, anche) delle parti della relazione riguardanti la responsabilità penale del fallito e di terzi e le azioni che il curatore intende proporre, qualora possano comportare l'adozione di misure cautelari (il che è ovvio, tenuto conto delle esigenze di segretezza che si pongono nelle ipotesi di indagini penali, e di salvaguardia dell'effettività dei provvedimenti cautelari, ove richiesti).
L'art. 86 l. fall., invece, disciplina la consultazione delle scritture contabili.
In dottrina, tra gli altri, P.G. Demarchi, Fallimento e altre procedure concorsuali, Milano, 2009, 133 ss.; M. Ferro (a cura di), La legge fallimentare, II ed., Padova, 2011, 1005 ss.

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