Leasing: ammissione del credito del concedente prima che il bene sia nuovamente collocato sul mercato

Davide Lambicchi
29 Giugno 2012

In caso di fallimento dell'utilizzatore e scioglimento del contratto di leasing, quando il bene non sia ancora stato ricollocato sul mercato, il credito della società di leasing può essere ammesso al passivo in via condizionata, per un importo pari alla somma delle rate scadute e non pagate, dei relativi interessi anche di mora fino al fallimento, e dell'eventuale differenza tra il credito per capitale residuo - tale dovendosi intendere il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva al fallimento - ed il minor valore di collocazione del bene sul mercato.
Massima

In caso di fallimento dell'utilizzatore e scioglimento del contratto di leasing, quando il bene non sia ancora stato ricollocato sul mercato, il credito della società di leasing può essere ammesso al passivo in via condizionata, per un importo pari alla somma delle rate scadute e non pagate, dei relativi interessi anche di mora fino al fallimento, e dell'eventuale differenza tra il credito per capitale residuo - tale dovendosi intendere il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva al fallimento - ed il minor valore di collocazione del bene sul mercato.

Il caso

Una società di leasing ha chiesto l'ammissione al passivo in via chirografaria del credito di € 566.119,37 (di cui € 109.028,93 per canoni scaduti ed interessi di mora, € 457.090,44 per canoni a scadere) e contestualmente ha formulato istanza di rivendica del bene immobile oggetto del contratto, riservandosi di detrarre il valore realizzato dalla vendita del bene dall'importo ammesso.

Il giudice delegato ha accolto la domanda di rivendica ed ha ammesso il credito per i canoni scaduti di € 105.765,98, mentre per i canoni a scadere, quantificato il credito residuo in linea capitale in € 457.555,67, ne ha dichiarato la compensazione con il maggior credito del fallimento alla luce del presumibile valore di realizzo dell'immobile.
La società di leasing ha proposto opposizione allo stato passivo contestando la fondatezza della compensazione e deducendo che l'art. 72-quater l. fall. prevede l'ammissione dell'intero credito con riserva di detrazione della somma effettivamente ricavata dalla ricollocazione del bene sul mercato.
Il fallimento si è costituito ed ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato, evidenziando che esso risulta più favorevole per l'opponente rispetto alla soluzione, condivisa da una parte della dottrina e della giurisprudenza, secondo la quale sarebbe inammissibile l'insinuazione del credito residuo in linea capitale prima della effettiva ricollocazione del bene sul mercato.
Prima della decisione della causa è intervenuta la vendita del bene al prezzo di € 760.000,00.
Il Collegio, dopo avere rimesso la causa in istruttoria ed esperito un ulteriore tentativo di conciliazione con esito negativo, ha rigettato l'opposizione, rilevando che “l'immobile è stato venduto nelle more del giudizio ... per un importo superiore al credito per capitale residuo (quote capitale delle rate non ancora scadute alla data del fallimento) ... per cui la ricorrente, tenuta alla restituzione al curatore della differenza, ha diritto di partecipare al concorso per il credito chirografario, già ammesso, ... relativo alla somma delle rate scadute e non pagate prima del fallimento, e dei relativi interessi di mora fino al fallimento”.


Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso deciso dal Tribunale di Milano poneva il problema delle modalità di accertamento del credito del concedente, prima che sia avvenuta la nuova collocazione del bene sul mercato.
Sebbene nel corso del giudizio sia intervenuta la vendita del bene, il Tribunale ha affrontato anche in termini generali i vari aspetti della questione fornendo una soluzione articolata che si può riassumere come segue.
I) Il “credito residuo in linea capitale”, che ai sensi dell'art. 72-quater l. fall. la società di leasing può recuperare fuori dal concorso sostanziale, nei limiti di quanto ricavato della nuova collocazione del bene a valore di mercato, è costituito dal capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva al fallimento; invece, la quota capitale delle rate scadute prima del fallimento ha natura di credito concorsuale in quanto “credito anteriore maturato fino alla data del fallimento” e dovrà quindi essere ammessa in via chirografaria, al pari degli interessi maturati fino a quella data e dell'eventuale credito capitale residuo che risulti non soddisfatto con la ricollocazione del bene.
Il decreto si discosta espressamente dal diverso orientamento interpretativo secondo il quale il credito residuo in linea capitale, che può essere recuperato trattenendo il ricavato della nuova collocazione del bene, è pari all'intero capitale originariamente anticipato dalla società di leasing dedotta la quota capitale delle rate incassate prima del fallimento.
II) Di norma, quando la nuova collocazione del bene non risulti ancora effettuata, il “credito vantato alla data del fallimento” che il concedente può insinuare al passivo ai sensi dell'art. 72-quater, comma 3, l. fall., deve essere ammesso in via condizionata per l'importo risultante dal conguaglio previsto dalla norma: se il realizzo sarà maggiore rispetto al credito capitale residuo, il credito ammesso sarà pari alle rate scadute e non pagate prima del fallimento oltre agli interessi maturati a tale data, mentre il credito per capitale residuo risulterà soddisfatto e la società di leasing dovrà versare l'eccedenza al curatore; se invece il realizzo sarà inferiore al credito capitale residuo, il credito ammesso sarà pari alle rate scadute e non pagate prima del fallimento ed agli interessi maturati a tale data (come nella precedente ipotesi) ed al credito per capitale residuo rimasto insoddisfatto.
Ovviamente, il criterio adottato dal Tribunale per quantificare quella parte del credito del concedente che rimane soggetta al concorso sostanziale (cioè il “credito vantato alla data del fallimento” di cui all'art. 72-quater comma 3) riflette il criterio adottato per la quantificazione della restante parte del medesimo credito che è sottratta al concorso sostanziale (cioè il “credito residuo in linea capitale” di cui al secondo comma). Quindi, ritenendo che il credito extra-concorsuale sia costituito dal capitale compreso nelle sole rate scadenti dopo il fallimento, il Tribunale coerentemente afferma che ha natura concorsuale tutto il credito, per capitale ed interessi, relativo alle rate scadute prima del fallimento (oltre all'eventuale capitale residuo rimasto insoddisfatto).
Invece, secondo l'opposto orientamento interpretativo disatteso dalla decisione in esame, ritenendosi che abbia natura extra-concorsuale tutto il credito per capitale residuo - compreso in ogni rata scaduta o meno - si attribuisce natura concorsuale solo al credito per interessi maturati alla data del fallimento (oltre all'eventuale capitale residuo rimasto insoddisfatto).
III) Nel provvedimento di ammissione deve essere necessariamente fissato il termine per verificare l'avveramento della condizione, in quanto la collocazione del bene sul mercato dipende esclusivamente dall'iniziativa della società di leasing ed un indefinito ritardo costituirebbe un impedimento anche per l'accertamento dell'eventuale credito del fallimento, per l'eccedenza della somma ricavata dalla collocazione del bene a valore di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale. Tale termine è stato individuato dal Tribunale in un anno dallo scioglimento del rapporto, per i beni immobili, sulla base del tempo ritenuto ragionevolmente necessario per l'operazione di ricollocazione del bene sul mercato.


Osservazioni

La soluzione adottata dal Tribunale sulla quantificazione del residuo credito in linea capitale, limita il credito recuperabile al di fuori del concorso sostanziale al capitale compreso nelle “sole” rate con scadenza successiva al fallimento. Questo criterio si contrappone all'orientamento secondo il quale il credito residuo in linea capitale, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 72-quater, sarebbe pari all'intero capitale originariamente anticipato dalla società di leasing dedotta la quota capitale delle rate incassate prima del fallimento; pertanto il credito in questione sarebbe costituito dalla quota di capitale compresa sia nelle rate scadute prima del fallimento, rimaste insolute, sia nelle rate con scadenza successiva (Trib. Pordenone 4 novembre 2009, in ilcaso.it; Trib. Udine 10 febbraio 2012, in unijuris.it; MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 395; LA TORRE, Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72-quater l. fall., in il fall., 2008, 293; QUAGLIOTTI, Scioglimento endofallimentare del contratto di leasing: credito regolabile fuori concorso e crediti insinuabili, in il fall., 2010, 816; INZITARI, Leasing nel fallimento: soddisfazione del concedente fuori dal concorso sostanziale e accertamento del credito nel concorso formale, in ilfallimentarista.it).
L'art. 72-quater non precisa a quale momento si debba fare riferimento per individuare il “residuo credito in linea capitale” e non fornisce ulteriori indicazioni.
La decisione in esame, richiamando i principi generali della concorsualità, afferma che viene cristallizzato come credito concorsuale l'intero credito anteriore, cioè “maturato” alla data del fallimento, sia per capitale che per interessi, che deve quindi essere insinuato quale “credito vantato alla data del fallimento” ai sensi dell'art. 72-quater comma 3.
L'altro orientamento valorizza maggiormente la lettera del secondo comma, che non distingue il residuo credito per capitale a seconda che sia maturato prima o dopo il fallimento. Peraltro la scadenza delle rate, anteriore o successiva al fallimento, sembra attenere al momento dell'esigibilità piuttosto che a quello dell'esistenza del credito per capitale, che è sorto interamente prima del fallimento (nel momento in cui la società di leasing ha acquistato il bene e lo ha consegnato all'utilizzatore) e quindi ha interamente natura concorsuale. Ciò nonostante il secondo comma consente che la società di leasing soddisfi tale residuo credito con il ricavato della collocazione del bene e quindi fuori dal concorso sostanziale.
Sulla seconda questione affrontata, ossia l'ammissione condizionata del credito “vantato alla data del fallimento”, quando il bene non sia stato ancora ricollocato sul mercato, il Tribunale ribadisce il proprio orientamento (cfr. Tribunale di Milano 8 luglio 2010, in ilfallimentarista.it) che ritiene non necessaria la preventiva vendita del bene affinché il concedente possa insinuarsi. Tale orientamento si discostava dalle prime decisioni di merito e di legittimità (Trib. Pordenone 4 novembre 2009, in ilcaso.it; Cass.1 marzo 2010, n. 4862, in il fall., 2010, 808) secondo le quali l'insinuazione sarebbe inammissibile prima della nuova allocazione del bene, e viene attualmente condiviso anche dalla più recente giurisprudenza (Cass. 15 luglio 2011, n. 15701, in ilfallimentarista.it, 2012, 6; Trib. Udine 24 febbraio 2012, in unijuris.it).
Sulla terza questione, ossia la fissazione del termine per l'avveramento della condizione, non constano precedenti. La fissazione appare opportuna per evitare che sia impedito l'accertamento dell'eventuale diritto di credito del fallimento derivante dall'applicazione del conguaglio previsto dall'art. 72-quater, comma 2, l. fall..

Le questioni aperte

Il provvedimento in esame non risolve esplicitamente altre questioni. La prima è quella del caso in cui il concedente non intenda vendere il bene.
Poiché non sembra che l'art. 72-quater limiti il diritto di proprietà del concedente imponendogli la vendita del proprio bene, l'interprete si deve domandare se ciò sia indispensabile per l'applicazione della norma.
La dottrina ha osservato che la norma non consente di sindacare la scelta del concedente che voglia eventualmente differire il momento della reimmissione del proprio bene sul mercato, oppure trattenere il bene per sfruttarlo altrimenti (oppure venderlo a prezzo inferiore al valore di mercato) oppure farne qualsiasi altro uso, considerato che si tratta di un bene del quale il concedente non ha mai perso la proprietà, ma solo temporaneamente il possesso. Quindi, in tutti i casi in cui non si provveda alla vendita del bene sarà necessario procedere alla determinazione del suo valore tramite perizia, onde consentire l'attuazione del meccanismo satisfattorio di cui all'art. 72-quater l. fall. (MAFFEI ALBERTI, Op. cit., 395; INZITARI, Il nuovo diritto fallimentare. Commentario diretto da Jorio, 2007, 1195). E in caso di controversia tra il concedente ed il fallimento circa la determinazione degli importi, il curatore potrà domandare con un giudizio ordinario l'accertamento del valore di mercato del bene e il pagamento della differenza risultante a proprio favore dopo l'applicazione del procedimento di conguaglio previsto dalla norma (QUAGLIOTTI, Op. cit., 814; Trib. Pistoia 13 marzo 2008, F. tosc. - Tosc. giur. 2008, 171).
Anche una recente giurisprudenza ritiene che il concedente possa insinuarsi sin da subito al passivo del fallimento per le varie componenti del proprio credito, deducendo il valore di mercato del bene derivante dalla nuova collocazione, “sia per vendita, sia per nuova concessione in leasing, sia infine per allocazione allo stesso concedente” (Trib. Udine 24 febbraio 2012, in unijuris.it).
Autorevole dottrina ritiene che il valore di mercato del bene possa essere determinato in contraddittorio tra la procedura fallimentare ed il concedente, ad esempio attraverso apposita valutazione effettuata in sede di inventario o nel corso dell'istruttoria per verifica del credito o nel corso del giudizio di opposizione (INZITARI, Leasing nel fallimento: soddisfazione del concedente fuori dal concorso sostanziale e accertamento del credito nel concorso formale, in ilfallimentarista.it)
Si può osservare che anche nel caso in cui la vendita sia stata effettuata e sorga controversia sulla congruità dell'importo ricavato dal concedente, il curatore potrà senz'altro chiedere al giudice la nomina di un consulente tecnico che accerti la corrispondenza o meno dell'introito al valore di mercato (MAFFEI ALBERTI, Op. cit., 395). E ciò costituisce un ulteriore valido argomento per ritenere che la stima del valore di mercato del bene sia necessaria e sufficiente per l'applicazione della norma in esame. Mentre l'effettiva vendita del bene, oltre a non essere necessaria perché non è imposta dalla legge al concedente-proprietario, non è neppure sufficiente perché occorre pur sempre accertare che sia effettuata a valori di mercato.

Seconda questione aperta, connessa alla prima, è se sia necessario che il bene venga restituito dalla curatela al concedente nello stato in cui venne consegnato all'utilizzatore.
L'immobile potrebbe essere occupato da un terzo, non avente causa dal fallimento, al momento dello scioglimento del contratto da parte del curatore, il quale offra al concedente la restituzione del bene nello stato in cui si trova.
In base ai criteri interpretativi sopra descritti, si dovrebbe ritenere che l'occupazione dei beni da parte di terzi non precluda alla curatela di esigere il proprio credito, ai sensi dell'art. 72-quater comma 2, così come non precluderebbe l'insinuazione del credito del concedente ai sensi del terzo comma.
Infatti, si è detto che non sembra necessaria la effettiva ricollocazione del bene sul mercato da parte della società di leasing, potendosi effettuare il conguaglio previsto dalla norma sulla base della stima del valore di mercato del bene.
Coerentemente, si dovrebbe anche ritenere che sia sufficiente che venga restituito al concedente il bene immobile, anche se lo stesso si trovi in uno stato di fatto o di diritto diverso da quello iniziale, poiché in ogni caso (tranne quello dell'evizione totale) si tratterà pur sempre di stimare il valore commerciale del bene così come restituito e di confrontarlo poi con il credito dell'opponente, per effettuare il conguaglio previsto dalla norma ed accertare se risulti un credito del fallimento oppure della società di leasing.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 72-quater l. fall. è sufficiente che il bene sia stato restituito alla società di leasing nello stato in cui esso si trovava alla data di fallimento, cioè nel momento in cui retroattivamente si è sciolto il contratto di leasing.
Terza questione aperta è se la norma si applichi anche nel caso di contratto risolto prima del fallimento.
La norma si riferisce al contratto di leasing che sia pendente alla data del fallimento. Tuttavia, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza la norma avrebbe una portata più ampia rispetto ai rapporti pendenti alla data del fallimento e troverebbe applicazione in ogni caso di scioglimento del contratto di leasing, precludendo di fare ancora ricorso alla distinzione tra leasing traslativo e di godimento e, nel primo caso, all'applicazione analogica dell'art. 1526 c.c. che disciplina la vendita a rate con riserva della proprietà.
Si è affermato che l'introduzione di una disposizione che disciplina, sia pure in ambito prettamente concorsuale, gli effetti dello scioglimento del contratto, può fornire una visione unitaria del leasing finanziario e permettere di superare tanto la tradizionale distinzione tra leasing traslativo e leasing di godimento, quanto gli inconvenienti legati all'applicazione analogica delle norme sulla vendita a rate. Si è osservato che, se si continuassero ad applicare analogicamente le norme di diritto comune al leasing traslativo, il concedente finirebbe per ricevere, in caso di scioglimento del contratto in seguito al fallimento dell'utilizzatore, un trattamento migliore di quello che riceverebbe in caso di risoluzione per inadempimento prima del fallimento. Il che non appare logico perché la dichiarazione di fallimento non è mai considerata dalla legge come inadempimento colpevole e perché la procedura concorsuale deve contemperare - equilibrandoli - gli interessi del contraente con quelli degli altri creditori (DE MARCHI, Lo scioglimento del contratto di leasing a causa del fallimento, in Giur. comm., 2008, I, 417; LA TORRE, Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72-quater l. fall., in il fall., 2008, 296). Quindi, secondo questa tesi, nel caso di un contratto risolto prima del fallimento, si dovrà applicare analogicamente l'art. 72-quater l. fall., che disciplina l'unico “caso simile” o “materia analoga” da prendere in considerazione ai fini del ricorso all'analogia iuris ai sensi dell'art. 12, secondo comma, disp. prel. (LA TORRE, Op. cit., 297). In questo senso si è pronunciato anche Trib. Udine 10 febbraio 2010, cit..
Secondo l'opposta tesi l'art. 72-quater l. fall. si limita a regolare dal punto di vista esclusivamente concorsuale la fattispecie del leasing pendente alla data del fallimento, senza alcuna opzione di carattere sistematico sulla qualificazione e la natura di tale contratto atipico. Con la conseguenza che, nel caso del contratto di locazione finanziaria già risolto alla data del fallimento, o per il quale sia comunque pendente l'azione di risoluzione, si deve fare ricorso alla distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, applicando analogicamente l'art. 1526 c.c. qualora ricorra il secondo tipo di contratto, e riconoscendo il diritto del curatore alla restituzione dei canoni pagati dall'utilizzatore fallito, salvo l'obbligo di corrispondere un equo compenso (Trib. Napoli 9 giugno 2010, in ilcaso.it; Trib. Mantova 6 febbraio 2008, ivi; BERSANI, La disciplina del leasing nel fallimento fra interpretazioni giurisprudenziali e nuove norme fallimentari, in il fall., 2009, 308).
Il problema sembra trovare una soluzione pratica per il fatto che i contratti di leasing contengono clausole che riproducono in parte i criteri previsti dall'art. 72-quater, sicché nella maggior parte dei casi si tratterà di valutare la eventuale riduzione della penale contrattuale.

Conclusioni

La pronuncia in esame offre una soluzione articolata e per certi aspetti innovativa di alcuni dei più delicati problemi interpretativi della norma in esame, con una analisi particolarmente dettagliata della fattispecie e dei criteri di calcolo per l'accertamento del credito. Sarà interessante verificare se anche questa decisione darà impulso ad un orientamento condiviso dalla prevalente giurisprudenza, e come verranno risolte le questioni aperte non espressamente affrontate dal Tribunale.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Si rinvia alla giurisprudenza ed alla dottrina citate nel commento: Trib. Pordenone 4 novembre 2009, in ilcaso.it; Trib. Udine 10 febbraio 2012, in unijuris.it; Tribunale di Milano 8 luglio 2010, in ilfallimentarista.it; Trib. Pistoia 13 marzo 2008, in F. tosc. - Tosc. giur. 2008, 171; Cass. 15 luglio 2011, n. 15701; Trib. Udine 24 febbraio 2012, in unijuris.it; Trib. Udine 24 febbraio 2012, in unijuris.it; Trib. Napoli 9 giugno 2010, in ilcaso.it; Trib. Mantova 6 febbraio 2008, ivi. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 395; LA TORRE, Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72-quater l. fall., in il fall., 2008, 293; QUAGLIOTTI, Scioglimento endofallimentare del contratto di leasing: credito regolabile fuori concorso e crediti insinuabili, in Fall., 2010, 816; INZITARI, Leasing nel fallimento: soddisfazione del concedente fuori dal concorso sostanziale e accertamento del credito nel concorso formale, in ilfallimentarista.it; INZITARI, Il nuovo diritto fallimentare. Commentario diretto da Jorio, 2007, 1195; DE MARCHI, Lo scioglimento del contratto di leasing a causa del fallimento, in Giur. comm., 2008, I, 417; LA TORRE, Il leasing finanziario nel fallimento ed il nuovo art. 72-quater l. fall., in il fall., 2008, 296; BERSANI, La disciplina del leasing nel fallimento fra interpretazioni giurisprudenziali e nuove norme fallimentari, in Fall., 2009, 308.

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