La cessione di ramo di azienda: il confine tra scelta gestoria lecita e bancarotta per distrazione

21 Giugno 2012

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la cessione del ramo di azienda quando la perdita della disponibilità del cespite privi l'impresa non soltanto di una porzione di ricchezza, ma anche della capacità di perseguire utilmente l'oggetto sociale.
Massima

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la cessione del ramo di azienda quando la perdita della disponibilità del cespite privi l'impresa non soltanto di una porzione di ricchezza, ma anche della capacità di perseguire utilmente l'oggetto sociale.

Il caso

La Corte di Cassazione esamina, nella sentenza in commento, la ascrivibilità alla fattispecie incriminatrice della bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione della cessione di un ramo di azienda che abbia determinato la paralisi dell'esercizio dell'attività di impresa e la distruzione di ogni possibilità di prosecuzione della stessa.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La sentenza stabilisce un chiaro discrimine tra l'area della illiceità penale e quella dell'esercizio lecito dell'attività di impresa con riferimento alla cessione di ramo di azienda stipulata da una società in seguito dichiarata fallita.
La sentenza afferma che la cessione di beni patrimoniali (ed anche dell'intero compendio aziendale o di parte dello stesso) costituisce un'opzione gestoria legittima qualora sia destinata alla realizzazione delle finalità dell'impresa.
Non sussiste, pertanto, alcun illecito penale ove la cessione sia realizzata per una finalità aziendale e venga conservato, con l'acquisizione del corrispettivo versato dall'acquirente, l'ammontare quantitativo del patrimonio sociale.
Qualora la cessione, invece, deprivi il patrimonio sociale, il contratto integra il delitto di bancarotta patrimoniale per distrazione.
La cessione di azienda che determini non solo la perdita della disponibilità del cespite, privando la società di una porzione di ricchezza, ma anche della capacità di perseguire utilmente l'oggetto sociale si iscrive, pertanto, nel perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice della bancarotta per distrazione.
Nel caso deciso dalla sentenza in commento, ad esempio, la cessione del ramo di azienda comprensivo dei cespiti più facilmente collocabili sul mercato aveva assunto carattere distrattivo in quanto aveva paralizzato l'attività della cedente ed aveva eliminato la possibilità della prosecuzione dell'attività commerciale.
Nel corso del giudizio di merito, infatti, si era accertato che in seguito alla cessione si era posto fine all'attività economica della società, che da quel momento si era limitata soltanto al parziale incasso dei crediti ed al parziale pagamento dei crediti.
Il depauperamento del patrimonio sociale era, pertanto, dimostrato icasticamente dal fatto che all'esito della cessione era residuata un'attività sostanzialmente liquidatoria che poco dopo era sfociata nel fallimento.
Nella motivazione la Corte, peraltro, osserva che la cessione era stata operata in conflitto di interessi, in quanto era intervenuta tra soggetti legati da rapporti contrattuali e parentali.

Osservazioni

La sentenza in commento si pone nell'alveo della giurisprudenza dominante in tema di bancarotta per distrazione.
La giurisprudenza consolidata, invero, adotta una nozione funzionale di distrazione e considera tale la sottrazione dei beni dell'impresa alla garanzia dei creditori che si concreti in atti di disposizione che si pongano in contrasto con la funzionalità o lo scopo dell'impresa.
Il delitto di bancarotta per distrazione è qualificato dalla violazione del vincolo legale che limita ex art. 2740 c.c. la libertà di disposizione dei beni dell'imprenditore e, segnatamente, sanziona la destinazione di tali beni a fini diversi da quelli propri dell'azienda, sottraendoli ai creditori.
La cessione di beni sociali è, pertanto, attività astrattamente legittima e lecita se mira alla realizzazione delle finalità dell'impresa. La liceità della operazione, tuttavia, deve essere accertata in concreto valutando la vicenda negoziale nel suo complesso.
Non sussiste alcun illecito se con la cessione viene realizzata una finalità aziendale, quale ad esempio la raccolta di liquidità in ragione di pendenze debitorie, e viene conservato, con l'acquisizione della controprestazione, l'ammontare quantitativo del patrimonio sociale.
Per converso sarà integrato il delitto di bancarotta per distrazione tutte le volte in cui vi sia un ingiustificato distacco di beni o di attività, con il conseguente depauperamento patrimoniale che si risolve in un danno per la massa dei creditori.

Il discrimine tra scelte imprenditoriali illegittimi e scelte criminose


Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, sono distrattivi gli atti di disposizione patrimoniale a titolo gratuito o privi di una seria contropartita.
L'elemento di differenziazione tra attività lecita ed attività illecita viene, infatti, colto nella natura gratuita o onerosa della cessione, di modo che, nel primo caso, il distacco del bene e dell'attività, senza adeguata contropartita, si risolve in una finalità extra-aziendale, mentre, con l'acquisizione di una controprestazione, viene conservata l'integrità del patrimonio sociale.
Il rapporto sinallagmatico deve ovviamente essere integrale, effettivo e non fittizio, perché, diversamente, la bancarotta per distrazione si configura pienamente nelle ipotesi sia di apparente cessione del bene, occultato a proprio vantaggio dall'imprenditore, sia di apparente acquisizione del corrispettivo, rimasto nella propria o nell'altrui disponibilità e mai entrato nella cassa della società fallita, sia, infine, di acquisizione di un corrispettivo parziale (Cass. 17 maggio 1996, n. 9430).
L'accertamento della consistenza e dell'effettività della controprestazione non è, tuttavia, l'unico criterio adottato dalla giurisprudenza per accertare il carattere distrattivo di un atto di disposizione patrimoniale.
Sono, infatti, considerati parimenti distrattivi i contratti stipulati per fini extrasociali o in previsione del fallimento.
La giurisprudenza costantemente ribadisce che integra gli estremi del delitto di bancarotta per distrazione il contratto stipulato per fini extrasociali in previsione del fallimento ed allo scopo di trasferire la disponibilità di tutti o dei principali beni aziendali ad altro soggetto giuridico (Cass. 27 novembre 2008, n. 46508, in una ipotesi di locazione dell'azienda; Cass. 28 gennaio 1998 n. 3302).

Conclusioni

La definizione di una condotta come distrattiva non può prescindere da un'attenta valutazione delle modalità dell'operazione nel caso concreto e la verifica della congruità prezzo non esaurisce l'indagine intesa ad acclarare il carattere illecito o meno della operazione di cui si controverte.
Nel caso di specie, infatti, la Corte di Cassazione, pur non motivando espressamente in ordine alla incongruità del corrispettivo versato, afferma il carattere distrattivo dell'operazione negoziale posta in essere dall'amministratore della fallita.
L'operazione concretamente posta in essere non era esclusivamente censurabile sul piano del merito economico, ma si era rivelata obiettivamente dannosa in quanto aveva comportato il distacco, dal complesso aziendale, di cespiti qualitativamente indispensabili per la prosecuzione della attività economica ed una contropartita insufficiente a fronteggiare le passività della cedente.
L'atto di cessione, pertanto, oltre ad essere stato posto in essere in conflitto di interessi, non era sorretto da un riconoscibile interesse sociale, atteso che aveva determinato un obiettivo detrimento patrimoniale e la interruzione di ogni attività imprenditoriale.
La cessione degli assets di maggiore pregio aveva infatti lasciato l'impresa dissestata nella impossibilità di esercitare qualsiasi attività economica ed aveva danneggiato i creditori concorsuali determinando una drastica riduzione del valore di mercato dei beni residui del complesso aziendale.

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