La problematica relazione tra preconcordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del tribunale

Filippo Lamanna
26 Novembre 2012

Tra le principali novità introdotte dal c.d. Decreto Sviluppo (d. l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012) vi sono le due figure del preconcordato e del concordato con continuità aziendale.L'Autore ne esamina i rapporti reciproci, soffermandosi sulla delicata tematica delle autorizzazioni speciali che il debitore deve richiedere al Tribunale per poter compiere determinate attività, come gli atti di straordinaria amministrazione, lo scioglimento o la sospensione dei contratti pendenti, il pagamento di crediti anteriori per prestazioni essenziali, i finanziamenti interinali.
La natura del pre-concordato e la sua problematica compatibilità con le autorizzazioni speciali che può concedere il Tribunale

Il “pre-concordato” (o “concordato con riserva” o “concordato in bianco”, com'è stato finora variabilmente definito nella pratica e dai primi commentatori) e il “concordato con continuità aziendale” sono le due figure particolari di concordato preventivo disciplinate ex novo dal cd. Decreto Sviluppo (

d.l.

n. 83/2012

conv. in

L. n. 134/2012

).

La prima è in effetti del tutto originale per il nostro ordinamento (anche se non lo è in altri, come quello statunitense, dal quale è stata sostanzialmente importata per realizzare le utilità dell'automatic stay previsto dal chapter 11 del codice fallimentare USA), e si traduce - come si evince dall'

art. 161, comma

6

, l.

fall

. - nella possibilità di depositare una domanda di concordato preventivo priva, di fatto, di contenuto, essendo finalizzata solo a chiedere al Tribunale la concessione di un termine (variabile da 60 a 120 gg., e prorogabile per non più di altri 60 gg.) proprio al fine di poter predisporre e poi presentare la vera e propria proposta di concordato, da corredare con quel piano e con quell'altra documentazione (compresa la relazione attestativa dell'esperto) che l'art. 161, comma 2, nel testo originario, esigeva invece che fosse presentata già al momento di deposito del ricorso (è stato peraltro previsto che il ricorrente possa presentare poi entro il termine, al posto della proposta definitiva di concordato, una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

fall

.).

L'utilità che con tale domanda si mira a realizzare è soprattutto quella di poter fruire, per tutto l'arco temporale andante fino alla scadenza del termine concesso dal Tribunale (e con effetto a partire dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese), di un ombrello protettivo contro le aggressioni esecutive dei creditori, le azioni cautelari e l'iscrizione unilaterale di

diritti di prelazione (

art. 168 l.

fall

.) pur in assenza di una proposta di concordato vera e propria, solo in presenza della quale potevano prima scattare comparabili (anche se non identiche) misure protettive.

In definitiva, con tale istituto si paralizza temporaneamente quel potere-dovere del Tribunale di dichiarare inammissibile la proposta che esso sarebbe chiamato ad esercitare ai sensi dell'art. 162, comma 2, in ragione del difetto, appunto, dei presupposti previsti dai commi primo e secondo dell'art. 160, e dai primi quattro commi dell'art. 161, ossia, in sintesi, in ragione della mancanza degli elementi minimi di riconoscibilità di una proposta concordataria valida ed ammissibile, secondo la conformazione tipologica ed i requisiti formali e sostanziali previsti dalle predette norme.

Che si tratti di una paralisi temporanea di questo potere-dovere è dimostrato dal fatto che, a norma dell'art. 161, comma 6, ultimo periodo, se nel termine fissato dal Tribunale il debitore-ricorrente non deposita né una proposta definitiva di concordato (con il corredo documentale di cui s'è detto), né, alternativamente (come pure la norma gli concede di poter fare), un accordo di ristrutturazione dei debiti

ex art. 182-

bis

l.

fall

., “si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo”, ossia il Tribunale procede giustappunto a convocare il debitore per contestargli l'inammissibilità della domanda e procedere poi a dichiararla, dichiarando eventualmente anche il fallimento se sia stata presentata un'istanza o richiesta in tal senso e, ovviamente, se ne sussistano i relativi presupposti.

Il Tribunale può dunque dichiarare inammissibile la domanda per difetto di proposta o per difetti della proposta o della prescritta documentazione, di norma, solo dopo il decorso del termine da esso stesso concesso, essendo rimasto paralizzato, sospeso, tale potere-dovere, durante il suddetto intervallo temporale.

Il che (valutato congiuntamente alla previsione dell'ultimo comma dell'art. 161, laddove, statuendosi che quando pende procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma non può superare i sessanta giorni, s'impone per implicito un immediato non liquet sull'istanza di fallimento) spiega anche perchè una domanda di pre-concordato possa precludere il potere del Tribunale di decidere un'istanza o una richiesta di fallimento (già presentate) ancor prima che sia stata depositata una proposta definitiva di concordato, così anticipandosi quella situazione di pregiudizialità che, di solito, può riconoscersi sussistente solo quando siano contemporaneamente pendenti un procedimento prefallimentare e un procedimento concordatario attivato da una proposta definitiva, ipotesi in cui quest'ultima, quale soluzione alternativa (e preventiva) rispetto al fallimento, esige di essere valutata dal Tribunale prima che esso proceda all'esame dell'istanza o richiesta di fallimento.

È quindi buona regola per il Tribunale, alla luce della situazione di pregiudizialità che immediatamente viene a determinarsi anche per effetto del sopravvenire di una domanda di pre-concordato, disporre la riunione del procedimento pre-fallimentare con quello di pre-concordato, ordinando contestualmente la sospensione della decisione sul primo fino a quando la procedura concordataria non sia completamente definita.

È necessario però ben comprendere la logica sottesa al sopra indicato meccanismo disegnato dal nuovo tessuto normativo: occorre in particolare tener conto del fatto che la regola è sempre quella dell'inammissibilità di una domanda di concordato che non sia corredata da proposta, piano e documentazione di supporto, mentre la sospensione del potere-dovere del Tribunale di dichiarare tale inammissibilità (pur in difetto dei presupposti previsti dalla legge), che scatta in ragione della concessione di termine ex art. 161, comma 6, è, invece, l'eccezione.

Il rapporto logico regola-eccezione impone infatti un'interpretazione ed un'applicazione tendenzialmente restrittive dell'istituto.

Una lettura restrittiva, del resto, non può non giustificarsi anche per il fatto, puro e semplice, che alla concessione di un così grande beneficio, come la prolungata ed anticipata protezione offerta al debitore contro le aggressioni esecutive e cautelari dei suoi creditori insoddisfatti (di norma del tutto legittime), deve necessariamente corrispondere un contrappeso riequilibratore, il quale va ravvisato quanto meno in un'inevitabile limitazione dei poteri gestori del debitore a partire dal deposito della domanda e nel correlato potere di controllo del Tribunale sul loro esercizio, per evitare se non altro le condotte più abusive e pregiudizievoli per i creditori.

Proprio l'

art. 161, comma

7

, l.

fall

. mostra qual è stato al riguardo l'intendimento del Legislatore: pur lasciando al debitore ricorrente il potere di compiere atti di ordinaria amministrazione [sottratti a revocatoria ex art. 67, comma 3, lettera e) e suscettibili di dar vita a crediti prededucibili], ha invece assoggettato a controllo preventivo di carattere autorizzatorio del Tribunale gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, in relazione ai quali, dunque, può senz'altro reputarsi che il debitore subisca, per effetto della presentazione della domanda di pre-concordato, quanto meno uno “spossessamento attenuato”.

La conclusione trova ulteriore conforto nelle altre successive norme che prevedono la necessità di un analogo (anche se non identico) intervento autorizzatorio del Tribunale, in particolare l'art. 169-bis, che disciplina l'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti prendenti, e l'art. 182-quinquies, che disciplina l'autorizzazione a contrarre finanziamenti interinali prededucibili e a pagare in via anticipata crediti anteriori per prestazioni essenziali.

È di queste norme, soprattutto, che conviene qui occuparsi, anche se ve ne sono altre, pure contenenti benefici estremamente importanti, che sono certamente idonee a spiegare rilievo anche in relazione alle domande di pre-concordato, come ad esempio l'art. 69-bis in materia di decadenza dall'azione revocatoria (laddove essa statuisce che, quando alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i periodi di cui agli articoli 64, 65, 67, commi 1 e 2, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, dovendo intendersi per “domanda di concordato” - per l'appunto - anche quella di pre-concordato, giacchè né l'art. 69-bis, né l'art. 161 risultano formulati in modo da differenziare quest'ultima dalla domanda di concordato definitiva quanto ad effetti scaturenti dal ricorso quale atto processuale in sé e per sé considerato); come l'art. 168 in materia di effetti della domanda di concordato (che a sua volta conferma la predetta conclusione, laddove ricollega effetti protettivi alla semplice presentazione, o alla iscrizione presso il Registro delle imprese, del ricorso tout court, anche quanto a retrodatazione degli effetti della domanda per ciò che concerne l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel suddetto Registro); e come l'art. 182-sexies in materia di sospensione delle misure di ricapitalizzazione societaria (sospensione che si verifica a partire “dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo, anche a norma dell'articolo 161, comma 6”).

Su tali norme non ritengo però opportuno soffermarmi in questa sede, in quanto esse sono relative ad istituti ad applicazione automatica, per i quali non è previsto cioè, esplicitamente, quel previo intervento autorizzatorio del Tribunale di cui intendo qui specificamente trattare.

L'art. 182-quinquies presenta poi un profilo di speciale interesse anche perché incrocia la particolare problematica del rapporto intercorrente tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale nel punto in cui disciplina l'autorizzazione dei pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali.

Di conserva la predetta norma evoca anche il problema concernente il se possa già configurarsi la tipologia del “concordato con continuità aziendale”, come delineata dall'art. 186-bis, quando sia proposta una semplice domanda di pre-concordato, e per ciò stesso anche il problema dell'applicazione, in tale ipotesi, dei benefici speciali di cui commi terzo, quarto e quinto di quest'ultimo articolo (non risolubilità dei contratti in corso di esecuzione se non per volontà del debitore e su autorizzazione del Tribunale, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni; inefficacia di eventuali patti contrari; possibilità di continuazione di contratti pubblici e di partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici anche in raggruppamento temporaneo di imprese).

L'autorizzazione al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione

In effetti tutta la tematica delle autorizzazioni “speciali” che il Tribunale è chiamato a valutare se concedere o meno quando sia stata proposta una domanda di pre-concordato si presenta altamente controversa.

Ciò si deve al fatto che il Legislatore del Decreto Sviluppo non ha sistematizzato in modo coerente la figura del pre-concordato all'interno dell'intera disciplina concordataria, specie in rapporto alle altre norme di nuovo conio, il che ha conservato alla suddetta figura varie ed intime contraddizioni, che non sono state sufficientemente metabolizzate a causa del suo trapianto in un corpo normativo di ben diversa natura rispetto a quello d'oltreoceano, restando quindi soggetto a prevedibili fenomeni di rigetto.

Se si procede ad un'analisi, per così dire, stratigrafica delle norme di riferimento, ci si avvede di come si muovano all'interno del pre-concordato disposizioni che hanno un variabile tasso di coerenza con questa figura.

In quest'ottica, l'unica disposizione normativa in tema di autorizzazioni speciali che sembra nascere già correlata coerentemente alla figura del pre-concordato, ed in funzione della stessa, è quella contenuta nel settimo comma dell'art. 161, laddove si prevede che dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore possa compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni.

La parola chiave dell'intera previsione sta nell'aggettivo “urgenti” riferito agli atti di straordinaria amministrazione. Non tutti gli atti aventi carattere “straordinario”, infatti, sono autorizzabili durante il pre-concordato, ma solo quelli urgenti.

La norma ha dunque portata e ratio restrittivi: essa ci fa comprendere che il debitore ricorrente in pre-concordato non può mai compiere atti di straordinaria amministrazione, o meglio, che può porre in essere solo quelli “urgenti” alla condizione che il Tribunale li autorizzi. Di conseguenza non possono mai essere compiuti gli atti di straordinaria amministrazione non urgenti. Essi potranno essere compiuti solo dopo l'ammissione al concordato e sempre che siano poi autorizzati dal Giudice Delegato a norma dell'

art. 167 l.

fall

.

Prima di tale momento gli unici atti di straordinaria amministrazione che possono essere compiuti sono quelli urgenti autorizzati dal Tribunale, perché solo l'urgenza può fungere da causa giustificatrice in una fase in cui nessuno è ancora in grado di sapere quale proposta concordataria verrà presentata e sulla base di quale piano (o se addirittura sarà presentata non una proposta di concordato definitiva, ma invece una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

fall

.).

Naturalmente il Tribunale non è chiamato a valutare solo l'urgenza, che è condizione necessaria, ma non sufficiente ai fini autorizzatorii, occorrendo - per implicite ragioni logiche e sistematiche - anche che l'atto sia utile o quantomeno non dannoso.

Ma se l'atto nemmeno fosse urgente, il suo compimento potrebbe trovare giustificazione solo in relazione ad una programmazione futura, in ragione cioè del suo inserimento nel piano concordatario, ovvero nella sua utilità (o non dannosità) alla stregua di una valutazione positiva compiuta dal Giudice Delegato dopo l'ammissione al concordato, in sede di autorizzazione rilasciata

ex art. 167 l.

fall

. .

L'urgenza spiega coerentemente anche perché in tal caso la legge non preveda la necessità che il debitore, nel chiedere l'autorizzazione, si munisca previamente di speciali relazioni attestative dell'esperto, come invece esige l'art. 182-quinquies per le autorizzazioni ai finanziamenti e ai pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali: non solo, data l'urgenza, mancherebbe verosimilmente il tempo per ottenere tali attestazioni, ma - di norma - nemmeno sarebbe necessaria un'attestazione su un requisito (l'urgenza) che il ricorrente può comprovare semplicemente con documentazione contrattuale o contabile, a prescindere da piani o proposte definitive, che di quell'urgenza non (necessariamente) potrebbero aver tenuto conto.

In ultima analisi, l'autorizzazione in oggetto è coerente, o quanto meno non incompatibile, con quell'assetto di ontologica precarietà che caratterizza una domanda di concordato “in bianco”, giacché le ragioni di urgenza equivalgono ad uno “stato di necessità” quasi sempre imprevedibile, che è allotrio, per definizione, rispetto alle preventive progettazioni contenute in piani o proposte.

Naturalmente il Tribunale è chiamato a valutare con tutta la prudenza e il rigore del caso se autorizzare o meno gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, avvalendosi del potere, espressamente riconosciutogli dalla norma, di assumere sommarie informazioni, tanto più alla luce del fatto che, si ripete, nessuno ancora conosce i contenuti che potranno assumere successivamente proposta e piano concordatari (se ed in quanto siano poi effettivamente presentati).

Ma si tratta comunque di un potere di fatto esercitabile nella sua pienezza, e senza particolari aggiuntive preclusioni né di carattere logico, né di fonte normativa. Anche nel caso in cui, infatti, alla domanda di pre-concordato non faccia seguito la presentazione della proposta definitiva (con ciò che deve farle da corredo), o faccia seguito una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione, il compimento dell'atto urgente che sia già intervenuto nelle more non potrà considerarsi ex se ingiustificato o incompatibile con tale evoluzione processuale, l'urgenza comunque valendo - per quanto già detto - come autonoma causa giustificatrice dell'atto.

L'autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti pendenti

Già più problematico è invece, in progressione, il rapporto tra pre-concordato e potere del Tribunale di autorizzare lo scioglimento dei contratti pendenti ex art. 169-bis.

Secondo tale norma il ricorrente può chiedere l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti pendenti o a sospenderli già subito dopo la presentazione del “ricorso”.

Verosimilmente, però, il legislatore ha disegnato questa norma in un momento o in un contesto nei quali non aveva ancora ben chiaro che essa avrebbe potuto essere applicata, in forza del riferimento generico al “ricorso”, anche al pre-concordato.

Tale ipotesi trova conforto in una duplice considerazione.

Da un lato, infatti, il raffronto con le altre norme sopra ricordate rende evidente che quando il legislatore ha consapevolmente inteso chiarire che il debitore può svolgere istanze autorizzative anche in corso di pre-concordato, ha fatto specifico ed espresso riferimento ad ogni singola tipologia di domanda (ad esempio nell'art. 182-quinquies, comma 1: “1. Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182 bis, comma 1, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182 bis, comma 6, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, …”; analoga specificazione si rinviene nel comma quarto). E nell'art. 169-bis, invece, tale specificazione appunto non è presente.

Dall'altro,

con

tale ultima norma non è stata prevista alcuna specifica attestazione dell'esperto sulle ragioni giustificative e sull'utilità dello scioglimento del contratto (e nettampoco della sua sospensione), il che si pone in contraddizione con le ipotesi in cui un'attestazione specifica è espressamente prevista (finanziamenti e pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali), ancorchè gli atti riferibili a tali ipotesi siano suscettibili di produrre effetti non più rilevanti o più gravi di quelli che conseguono allo scioglimento di un contratto pendente (occorrendo tra l'altro ricordare che nel concordato preventivo la prosecuzione dei contratti è la regola naturale, mentre lo scioglimento una deroga eccezionale, sì che deve sempre valutarsi con somma prudenza l'esito dissolutivo, che ha per di più carattere definitivo, non essendo limitato solo “agli effetti del concorso).

Vero è che nemmeno l'art. 161, comma 7, come abbiamo visto, prevede la necessità di un'attestazione speciale, ma in tal caso il Tribunale deve autorizzare atti di straordinaria amministrazione “urgenti”, laddove il carattere dell'urgenza spiega ex se, come si è detto, la non necessarietà della previa redazione di una relazione attestativa.

Tuttavia, siccome l'art. 169-bis è formulato nel senso che “Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione”, deve concludersi per l'inevitabile estensione della norma, quanto meno in astratto, anche al pre-concordato, visto che, appunto, anch'esso si presenta con ricorso.

Questo però non significa che il Tribunale sia concretamente in grado di valutare a ragion veduta se autorizzare o meno lo scioglimento dai contratti pendenti in una fase anteriore alla presentazione di proposta e piano definitivi.

Sarebbe infatti assurdo decidere per un'autorizzazione produttiva di effetti, che potrebbero essere in ipotesi anche gravemente pregiudizievoli per i terzi contraenti, effetti per di più definitivi, “al buio”, o comunque sulla base di piani non impegnativi, tali dovendo considerarsi anche quelli sommari che fossero presentati dal debitore prima di quelli definitivi, ad usum delphini, ossia proprio per giustificare la richiesta di scioglimento.

Questo, oltre a confermarci nell'idea che probabilmente il legislatore non intendeva estendere la possibilità di scioglimento ai pre-concordati, induce a ritenere comunque che non sia possibile che si realizzi un effetto così impegnativo come lo scioglimento dai contratti pendenti (che potrebbero essere poi in concreto anche assai numerosi) senza che la strategia complessiva emerga da un piano definitivo, lo scioglimento non potendo che essere una parte o clausola del relativo contenuto programmatorio.

Deve tra l'altro osservarsi che se l'art. 169-bis non prevede esplicitamente la sua applicazione anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti, tuttavia essa potrebbe verificarsi comunque di riflesso le volte in cui fosse autorizzato nel corso di un pre-concordato lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione e nel termine assegnato dal Tribunale il debitore ricorrente presentasse, anziché la proposta definitiva di concordato, una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

fall

.. In quest'ipotesi lo scioglimento finirebbe per risultare privo di causa, giacchè la sua ragion d'essere può considerarsi ricollegabile solo alle finalità del concordato preventivo e non certo a quelle degli accordi di ristrutturazione, cui ripugna, in ragione della loro struttura a base negoziale e della loro tendenziale inidoneità a produrre effetti verso i creditori non aderenti, la possibilità di una caducazione dei rapporti pendenti sulla base di valutazioni o impulsi decisorii unilaterali.

Non solo quindi è doveroso che il Tribunale (prima, o il Giudice Delegato poi) disponga sempre previamente l'integrazione del contraddittorio con le controparti contrattuali prima di decidere su richieste di scioglimento dai contratti, ma, di norma, occorrerà anche che siano stati depositati la proposta e il piano definitivi.

Si potrebbe obiettare che, tuttavia, anche la decisione sulla sorte di un contratto pendente può assumere in alcuni casi carattere di urgenza. È vero, ma ciò non basta per giustificare l'autorizzazione allo scioglimento di un contratto pendente anche in corso di pre-concordato, prima che una proposta o un piano definitivi siano stati presentati.

Dinanzi ad una situazione che presenti carattere di urgenza ben potrebbe infatti optarsi per l'alternativa e (per definizione) solo provvisoria soluzione della sospensione del contratto pendente, in attesa che siano presentati proposta e piano definitivi e che sia conseguentemente possibile valutare a ragion veduta l'opportunità ed utilità dello scioglimento e della coerenza di tale esito caducatorio con lo svolgersi del procedimento in senso esclusivamente concordatario (vale a dire accertandosi se il debitore non abbia invece deciso di presentare una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

fall

., rispetto alla quale lo scioglimento sarebbe privo di causa giustificativa).

Sotto tale profilo può anzi ritenersi che abbia anche un significato indicativo sul piano sistematico la considerazione che il termine-base previsto per la sospensione (60 gg.) corrisponde giustappunto al termine-base che il Tribunale può fissare al debitore ricorrente in pre-concordato per la presentazione della documentazione completa.

Una corrispondenza anche in fatto tra questi due termini per evitare che vi sia la scadenza del primo (60 gg. di sospensione) anteriormente alla scadenza del secondo (termine eventualmente maggiore di 60 gg. concesso dal Tribunale per la presentazione del concordato definitivo), con possibile pregiudizio per il debitore o per la massa, si può realizzare eventualmente con lo strumento della proroga (della sospensione).

Naturalmente anche per autorizzare la sospensione dei contratti pendenti occorre l'immediata disponibilità di informazioni adeguate anche sulla probabile evoluzione della procedura concordataria, ma in tal caso potrà trattarsi anche solo di proposte e piani meramente abbozzati e non definitivi, laddove invece, quando si tratta di istanze di scioglimento, è obiettivamente necessaria la già intervenuta presentazione di quelli definitivi.

Altrettanto naturale che in quest'ultima ipotesi il debitore debba nella stessa proposta e nel piano inserire l'importo dell'indennizzo che reputa di dover riconoscere al terzo contraente sub specie di credito concorsuale (come dovrà fare analogamente se, dopo proposta e piano, lo stesso debitore chieda l'autorizzazione ad una semplice sospensione), eventualmente con gli opportuni accantonamenti prudenziali e con l'ovvio condizionamento al placet del Tribunale sull'istanza autorizzatoria.

Il credito in questione, infatti, quale credito concorsuale, va equiparato agli altri crediti dello stesso tipo, e dunque deve essere inserito - come quelli - necessariamente nel piano, il che risolve in senso negativo la questione, che già si è posta tra i primi commentatori, del se il Tribunale fallimentare o il Giudice Delegato debbano o possano o meno provvedere essi stessi alla liquidazione dell'indennizzo, se del caso contestualmente al rilascio dell'autorizzazione. In realtà essi, a ben vedere, non sono chiamati a liquidare alcunché, perché è il debitore ricorrente il soggetto tenuto a rappresentare il suddetto credito nel piano, in quanto credito trattato come concorsuale, nella misura da lui ritenuta più congruente, mentre il Giudice Delegato potrà decidere del quantum di tale credito solo ai fini del voto.

Chiaro che se il terzo contraente non sia poi soddisfatto dell'appostazione fatta dal debitore nel piano a titolo di credito concorsuale per indennizzo, o del provvedimento del Giudice Delegato reso ai fini del voto, potrà poi naturalmente adire, nel primo caso, il giudice ordinario competente, o nel secondo contestare la decisione del Giudice Delegato in sede di reclamo o anche in sede di opposizione all'omologa (fatta salva la necessaria prova di resistenza).

Il suddetto credito, peraltro, che ha una sua autonoma natura e una causa indennitaria, proprio per tale carattere non segue il rango del credito principale e va quindi collocato sempre al chirografo.

Peraltro, quando l'autorizzazione sia data in corso di pre-concordato, e dunque sia di norma un'autorizzazione alla semplice sospensione del contratto pendente in attesa della definitiva formulazione e presentazione di proposta e piano, la questione della quantificazione dell'indennizzo per la sospensione e dell'inserimento di tale credito concorsuale nel piano ancora non si pone, ma si porrà solo se, e nel momento in cui, esso sarà presentato.

L'autorizzazione a contrarre finanziamenti interinali

Ancor più problematica è la decisione che il Tribunale è chiamato ad assumere quando il debitore chieda di essere autorizzato a contrarre finanziamenti interinali.

Tale richiesta può essere formulata per qualunque tipo di concordato, sia di natura liquidatoria che con continuità aziendale, giacchè l'art. 182-

quinquies

non limita tale possibilità solo a quest'ultimo.

Tale norma dunque statuisce, con riguardo ad ogni tipo di domanda presentata dal debitore (domanda di pre-concordato o di ammissione al concordato; domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione o proposta di accordo), la possibilità di chiedere al tribunale l'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili se un professionista designato dal debitore e in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, comma 3, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

La norma disciplina dunque i soli finanziamenti interinali, ossia quelli “erogati” (o meglio erogandi) dopo la presentazione del ricorso, ma prima dell'omologa.

Come tali, essi sono sempre soggetti ad autonoma e preventiva autorizzazione del Tribunale, autorizzazione che determina sia la “legittimità” dei finanziamenti (se non autorizzati non possono essere effettuati), sia un conseguente regime di favore (sono prededucibili, non soggetti a inefficacia ex art. 167 o a revoca ex art. 67, e non sono punibili sub specie di bancarotta come previsto dall'art. 217-bis).

È però richiesta un'attestazione speciale dell'esperto, il quale, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, deve certificare che i finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

Tale attestazione è aggiuntiva rispetto a quella generale che riguarda la fattibilità del concordato preventivo quando quest'ultima deve essere presentata a sua volta, il che si verifica nei casi in cui il debitore presenti direttamente la domanda di ammissione al concordato preventivo o la domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione (caso in cui la relazione attestativa sulla fattibilità dev'essere completa ed analitica); o quando presenti una proposta di accordo ex art. 182-bis, comma 6 (laddove invece è comunque richiesta una attestazione, seppure solo sommaria).

L'attestazione è sempre aggiuntiva, ma conserva però un carattere del tutto autonomo, nel caso in cui il debitore chieda di essere autorizzato a contrarre finanziamenti proponendo un pre-concordato. In quest'ipotesi, infatti, l'attestazione speciale è richiesta senza che al tempo stesso debba essere presentata la relazione attestativa sulla fattibilità, visto che ancora manca un piano che possa essere attestato.

Superfluo osservare che la cognizione del Tribunale ha di conseguenza la massima ampiezza quando sia presentata direttamente la domanda di ammissione al concordato preventivo o la domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione, poiché allora è richiesta sia una relazione attestativa sulla fattibilità completa ed analitica, sia l'attestazione speciale con cui, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, l'esperto attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. In ogni caso il Tribunale può assumere sommarie informazioni

.

Il Tribunale fruisce invece di una cognizione di ampiezza semi-plena quando sia presentata una semplice proposta di accordo ex art. 182-bis, comma 6, essendo allora richiesta una solo sommaria relazione attestativa sulla fattibilità, che a sua volta andrà accompagnata anche dalla suddetta attestazione speciale relativa ai finanziamenti. Resta fermo, naturalmente, il potere di assumere sommarie informazioni. In questo caso, vale la pena di aggiungere, non è configurabile un nesso di incompatibilità futura, simile a quello già considerato nel caso dello scioglimento dei contratti pendenti, qualora nel termine assegnato dal Tribunale il ricorrente non depositi gli accordi di ristrutturazione definitivi, ma una proposta di concordato preventivo come consente, in via reciproca, l'art. 182-bis, ult. comma. Infatti i finanziamenti interinali possono considerarsi, e sono anzi espressamente considerati dall'art. 182-quinquies, compatibili sia con il concordato (o pre-concordato) che con gli accordi di ristrutturazione (oltre che con i pre-accordi).

La cognizione è infine di ampiezza minima quando venga proposta una domanda di pre-concordato, poiché in questo caso manca per definizione una relazione attestativa sulla fattibilità e il Tribunale potrà quindi disporre solo dell'attestazione speciale sulla funzionalità dei finanziamenti, fermo ancora una volta il potere di assumere sommarie informazioni.

In quest'ultimo caso il Tribunale dovrà allora giocoforza assumere un atteggiamento estremamente prudenziale.

D'altra parte, è anche assai difficile, in concreto, che un esperto possa seriamente verificare il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, e attestare inoltre che i finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori (attestazione di per sé assai difficile anche in presenza di concordati definitivi), se non dispone di un piano che sia non solo definitivo e impegnativo, ma anche analitico. Del resto proprio e solo un piano siffatto consente di verificare il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, e nessun altro documento equipollente.

Qualora dunque l'esperto si spinga imprudentemente a redigere attestazioni di questo tipo in mancanza di piani, correrà il serio rischio di incorrere nel reato di cui all'

art. 236-

bis

l.

fall

. (Falso in attestazioni e relazioni), se e per la parte in cui certifichi la verità di dati informativi che poi siano contraddetti alla scadenza del termine, non potendo contare sulla certezza che poi il debitore presenterà un piano e una proposta identici a quelli che abbia prima sottoposto all'esperto in una fase ancora germinale.

È pertanto logico attendersi che i Tribunali assai difficilmente autorizzeranno tali finanziamenti nei pre-concordati; le relative istanze potranno essere esaminate con un accettabile grado di concretezza solo quando sia stata sciolta la riserva di successiva produzione di proposte e piani corredati dall'analitica relazione attestativa sulla fattibilità.

Vero è che l'art. 182-quinquies, comma 2, prevede che l'autorizzazione possa riguardare anche finanziamenti non ancora oggetto di trattative, ma è da ritenere che ciò non sposti sensibilmente i termini del problema. Infatti si esige che comunque i finanziamenti debbano essere individuati per tipologia ed entità e ciò implica che, sia pure con tale più ridotta indicazione, debbano sempre e comunque essere già contemplati nei piani, non potendo negarsi che essi siano necessariamente parte del relativo contenuto. Il fatto che si preveda che le trattative non necessariamente debbano essere già iniziate o completate non incide su tale evidenza, poiché si tratta di condizione che, a sua volta, non impedisce la formazione del piano con la previsione dei finanziamenti in oggetto.

La mancanza di un piano osta dunque ad una valutazione completa e seria degli effetti dei finanziamenti, e ciò induce a ritenere, appunto, che solo quando e se la proposta e il piano definitivi siano presentati con il corredo dell'analitica relazione attestativa sulla fattibilità, il Tribunale possa pronunciarsi a ragion veduta sull'istanza di autorizzazione.

Parzialmente diverso è il caso, come si è detto, in cui venga presentata una proposta di accordo

ex art. 182-

bis

, comma

6

, l.

fall

., poiché allora si dispone anche di un piano quanto meno sommario e di una sommaria relazione attestativa sulla fattibilità, sì che, da un lato, anche i finanziamenti dovranno essere contemplati nella prima e, dall'altro, l'attestatore dovrà esprimersi anche sulla funzionalità dei finanziamenti stessi nella relazione attestativa sulla fattibilità, oltre che nell'attestazione speciale (quale dichiarazione concettualmente autonoma).

La norma esige che l'esperto verifichi il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, ma non oltre. Pertanto non occorre che sia attestata la funzionalità fino a tutto l'orizzonte temporale post-omologa, ma occorre comunque che almeno vi sia contezza dell'utilità-funzionalità fino all'omologa, data la natura interinale di tali finanziamenti.

Diverso ancora è il caso in cui sia invece presentata direttamente la domanda di ammissione al concordato preventivo o la domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione, poiché se è vero che la norma non distingue, e quindi anche in tal caso si limita a richiedere che l'esperto verifichi il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, è altrettanto innegabile che il piano è in tal caso ormai definitivo e non avrebbe senso limitare l'indagine sugli effetti dei finanziamenti alla sola data dell'omologa senza estenderla anche fino all'orizzonte temporale di riferimento del piano nella misura in cui l'orizzonte temporale abbia una sua rilevanza ed attendibile concretezza e se, ed in quanto, i finanziamenti abbiano comunque attitudine ad incidere anche sulla fase esecutiva (post-omologa).

L'autorizzazione ad effettuare pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali nei concordati preventivi con continuità aziendale

Se i casi di autorizzazione speciale finora considerati presentano un elevato grado di problematicità, il picco si raggiunge quando l'autorizzazione abbia ad oggetto, nei (soli) concordati preventivi con continuità aziendale, i pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali a norma dell'art. 182-

quinquies

, comma 4 (disposizione che, ai sensi del quinto comma, trova applicazione anche quando sia presentata una domanda di omologa di accordi di ristrutturazione con continuità aziendale

ex art. 182-

bis

l.

fall

.).

Tale norma statuisce che “Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161 comma 6, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, comma 3, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”.

Il quarto comma dell'art. 182-

quinquies

è dunque esplicito (come del resto lo è il primo comma) nell'estendere la possibilità di autorizzazione anche al pre-concordato, ma tale estensione si rivela sostanzialmente inapplicabile per l'operare di una invalicabile aporia normativa.

Infatti, in tanto la disciplina autorizzatoria in parola potrebbe trovare applicazione, in quanto fosse configurabile un concordato con continuità aziendale anche sub specie di pre-concordato, ma ciò è del tutto impossibile alla stregua di quanto disposto dall'altra norma-presupposto, l'art. 186-bis, comma 1, che definisce in generale la fattispecie del concordato con continuità aziendale.

In forza di tale norma, infatti, si ha concordato con continuità aziendale solo in presenza di tre specifiche condizioni, ossia quando:

  1. il piano

    di concordato preveda la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione;

  2. il piano

    contenga anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

  3. la relazione del professionista di cui all'articolo 161, comma 3, attesti che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Non esiste dunque un concordato che possa definirsi con continuità aziendale in mancanza di una o più di tali condizioni, le quali però mancano tutte in caso di pre-concordato, poiché quest'ultimo, come tale, presuppone in re ipsa che non venga subito depositato un piano, e quindi a maggior ragione non è possibile che sussista la previsione, formalizzata nel piano, della prosecuzione dell'attività d'impresa, né un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi inserita in detto piano, né, infine, un'attestazione basata proprio sul piano, che certifichi che la prosecuzione dell'attività d'impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

Qualunque idea si abbia, di conseguenza, sulla natura e sulle finalità dell'

art. 186-

bis

, comma

1

, l.

fall

., da intendersi vuoi quale norma meramente definitoria di fattispecie, vuoi quale norma prescrittiva, non può dubitarsi comunque del fatto che, prima del deposito di un piano definitivo (che abbia per di più le già dette caratteristiche formali e sostanziali), non sia minimamente configurabile un concordato con continuità aziendale.

Ciò evidentemente non significa che un imprenditore che proponga un pre-concordato non possa continuare in via di fatto l'attività d'impresa dopo aver depositato il relativo ricorso.

Potrà infatti certamente proseguire la sua attività, provvisoriamente o nella prospettiva della successiva presentazione di un concordato con continuità aziendale, e fruire se del caso, e in ogni caso, dell'effetto di sospensione delle norme in tema di ricapitalizzazione societaria ex art. 182-sexies; potrà poi anche compiere motu proprio gli atti di ordinaria amministrazione, oltre che quelli di straordinaria amministrazione se urgenti e se autorizzati dal Tribunale, e allo stesso modo potrà ottenere eventuali finanziamenti interinali prededucibili in presenza di una previa autorizzazione del medesimo organo.

È invece escluso che questa prosecuzione provvisoria abbia rilievo, in corso di pre-concordato, al fine di rendere già configurabile e riconoscibile in atto la fattispecie “concordato con continuità aziendale”, la quale esiste solo quando, e a partire da quando, il ricorrente depositi una proposta e un piano definitivi con i requisiti e con il corredo documentale e attestativo di cui s'è già detto.

Di conseguenza, anche se l'imprenditore ricorrente in pre-concordato di fatto prosegua la sua attività d'impresa nel corso dell'intervallo temporale compreso nel termine assegnato dal Tribunale, non potrà pretendere che il Tribunale autorizzi il pagamento di crediti anteriori per prestazioni essenziali, non essendo di già configurabile quel presupposto (concordato con continuità aziendale) cui si ricollega la possibilità di autorizzare tale pagamento, e non avendo rilievo una qualunque mera indicazione ideativa o una qualunque progettualità programmatoria coltivata ed attualmente esternata dal debitore a cui egli pretenda di attribuire il contenuto del piano che dovrebbe depositare solo successivamente.

La descritta aporia normativa tra l'art. 182-

quinquies,

da una parte, e gli artt. 161, comma 6, e 186-bis, dall'altra, è dunque incomponibile, rendendo di fatto inapplicabile la prima norma in parte de qua.

Più semplicemente, i pagamenti di crediti anteriori potranno essere autorizzati solo dopo la presentazione di proposte e piani definitivi che consentano di configurare un concordato con continuità aziendale, e nel ricorso delle condizioni di legge strettamente intese.

In tal caso, peraltro, l'autorizzazione potrà riguardare solo il tempo (il pagamento viene anticipato temporalmente rispetto ai riparti), ma non l'importo.

Quest'ultimo va invece indicato dal debitore nel suo piano, trattandosi di crediti concorsuali, e quindi non necessariamente sarà integrale.

Lo sarà se come tale sia previsto dalla legge (privilegiati capienti) o dal piano/proposta, nel qual caso si tratterà di fatto della previsione di una classe di prededucibili, esclusi conseguentemente dal voto.

Qualora si preveda un pagamento uguale agli altri chirografi, invece, non potrà considerarsi formata una classe nemmeno ai fini del trattamento e nemmeno di fatto. Resterà quindi esercitabile per intero il diritto di voto.

Ove il pagamento sia invece non integrale, ma comunque migliore di quello riservato agli altri creditori chirografari, il voto si eserciterà comunque (si tratterà di fatto e per implicito di una classe sia ai fini del trattamento che del voto, con conseguente potere di controllo del Tribunale sulla corretta formazione delle classi).

In tutti questi casi, dunque, mentre il Tribunale può autorizzare il pagamento anticipato (dei crediti anteriori per prestazioni essenziali), è il piano/proposta che prevede l'entità della soddisfazione riservata al creditore beneficato, e il Tribunale deve come al solito valutare solo se non vi sia stato errore o abuso nella formazione delle classi.

Ne consegue in ogni caso, come detto, che per valutare che tipo di pagamento può essere effettuato, occorre sempre l'immediata produzione del piano/proposta definitivi con eventuale suddivisione in classi, anche perché il pagamento anticipato di crediti anteriori va autorizzato con le modalità quantitative che riguardano i crediti di pari rango o classe secondo le previsioni del piano.

Finanziamenti interinali per il pagamento di crediti anteriori

Può darsi anche il caso che, ove l'impresa manchi già da subito di una sufficiente liquidità, l'autorizzazione a contrarre gli stessi finanziamenti interinali venga da essa richiesta per poter provvedere poi a pagare crediti anteriori relativi a prestazioni essenziali. In tal caso la giustificazione causale del finanziamento deriva, ai fini autorizzatori, dalla stessa giustificazione causale che sta alla base del pagamento dei crediti relativi a prestazioni essenziali.

Fatte salve le indicazioni limitative di cui sopra circa i criteri e le condizioni prudenziali con cui il Tribunale valuta le istanze di autorizzazione secondo la casistica relativa a ciascuna domanda di pre-concordato o concordato, di inibitoria sulla base di pre-accordi o di omologa di accordi, deve osservarsi anzitutto che anche la particolare fattispecie di finanziamento in esame finirà per poter riguardare solo i casi di continuità aziendale, poiché solo allora è possibile chiedere l'autorizzazione finalizzata ad effettuare tali pagamenti anteriori.

Ebbene, se i finanziamenti servono per pagare crediti anteriori, l'effetto finale è che un creditore si surrogherà poi con l'altro, ossia il finanziatore si surrogherà nella posizione del creditore anteriore. L'importante è però che il creditore anteriore da pagare sia, secondo il piano, titolare del medesimo diritto al trattamento di cui può godere il finanziatore, per evitare che vi sia una indebita duplicazione di benefici lesivi della par condicio.

Così, ad esempio, posta la integrale prededucibilità del finanziamento richiesto per poter pagare un credito anteriore, occorrerà, in caso di finanziamento che acceda ad accordi di ristrutturazione dei debiti, che il creditore anteriore sia un creditore estraneo, avendo in tal caso il diritto ad ottenere un pagamento del 100%, ovvero un creditore che, secondo una testuale previsione degli accordi, abbia diritto ad un analogo trattamento; nel concordato preventivo, che egli sia un privilegiato da pagare al 100% o un chirografario inserito in una classe avente diritto a tale analogo trattamento.

Ciò rende utile l'avvertenza che se, invece, il creditore anteriore da soddisfare avesse titolo ad essere pagato, secondo il piano, in una percentuale minore del 100%, il finanziamento potrebbe essere autorizzato solo nella misura in cui vada a coprire tale percentuale, per la quale andrà a godere poi della prededucibilità, ma non per un importo maggiore: non si potrà cioè chiedere di essere autorizzati a contrarre un finanziamento prededucibile per Euro 1.000 onde poter pagare un credito anteriore relativo a prestazioni essenziali di cui il piano preveda una soddisfazione in misura pari ad Euro 800. In tal caso, infatti, vi sarebbe una contraddizione tra la giustificazione causale del finanziamento (e della prededucibilità ad esso attribuibile) e il trattamento riservato al credito da soddisfare con il finanziamento stesso, di talché se l'autorizzazione fosse data, il finanziatore godrebbe della prededucibilità anche per il differenziale di 200, benchè tale importo non sia destinato a pagare crediti per prestazioni essenziali.

Il pre-concordato e la possibilità di perdurante prosecuzione o di stipulazione di contratti pubblici e di inefficacia dei patti contrari

L'ultimo profilo da considerare è quello relativo all'applicabilità, in caso di pre-concordato, dei benefici

speciali di cui commi terzo, quarto e quinto dell'art. 186-bis, che tale norma

circoscrive ancora una volta ai soli concordati preventivi con continuità aziendale

(non risolubilità dei contratti in corso di esecuzione se non per volontà del debitore e su autorizzazione del Tribunale, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni; inefficacia di eventuali patti contrari; possibilità di continuazione di contratti pubblici e di partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici anche in raggruppamento temporaneo di imprese).

Come già detto sopra, la fattispecie concordato con continuità aziendale non è legalmente configurabile in caso di pre-concordato, e pertanto i predetti benefici non potranno essere subito applicati.

Occorrerà allora, nelle ipotesi in cui un'impresa abbia interesse a proseguire contratti pubblici o comunque contratti con la pubblica amministrazione (o a partecipare ex novo - specie se vi siano ragioni di urgenza - a procedure di assegnazione di contratti pubblici), non presentare una domanda di pre-concordato, ma semmai già da subito una proposta ed un piano definitivi, che siano tali da rendere immediatamente riconoscibile un concordato con continuità aziendale.

Prima di tale momento, infatti, il Tribunale non potrebbe considerare sussistente nemmeno virtualmente tale tipologia di concordato, e lo stesso esperto non potrebbe, ai fini della continuazione dei contratti pubblici, attestarne la conformità al piano, visto che mancherebbe del tutto quest'ultimo.

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