Inassoggettabilità al fallimento degli enti pubblici

05 Giugno 2012

Non è assoggettabile a fallimento un Consorzio che riveste la qualifica di Ente Pubblico Economico ex art. 31 D. Lgs. n. 267/2000 e che persegue finalità pubblicistiche.
Massima

Non è assoggettabile a fallimento un Consorzio che riveste la qualifica di Ente Pubblico Economico ex art. 31 D. Lgs. n. 267/2000 e che persegue finalità pubblicistiche.

Il caso

Avanti al Tribunale di Bari veniva presentato ricorso per la dichiarazione di fallimento del Consorzio T.P.P. ed il Collegio, sulla base della qualifica di Ente Pubblico Economico ex art. 31 D. Lgs. n. 267/2000 del Consorzio, e rilevate le finalità pubblicistiche da questo perseguite, ha ritenuto applicabile l'esenzione di cui all'art. 1 l. fall..

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso portato all'attenzione del Tribunale di Bari poneva il problema dell'applicabilità o meno dell'esenzione di cui all'art. 1 l. fall. ad un Consorzio qualificato come Ente Pubblico Economico, questione cui viene data soluzione positiva. La decisione dichiara di aderire al diffuso orientamento formatosi in giurisprudenza con riferimento alle c.d. “società in mano pubblica”, ovvero a quegli enti che rivestono formalmente la qualifica di società commerciali, ma che in concreto, per le particolari modalità, caratteristiche e finalità dell'attività esercitata, debbono ritenersi enti pubblici economici in senso sostanziale. Per queste ipotesi, l'orientamento richiamato ritiene che, a prescindere dalla “forma” assunta dall'ente, si debba accertare in concreto quale sia il tipo di attività esercitata dando rilievo all'esistenza o meno di alcuni indici sintomatici della natura pubblicistica dell'ente, quali: la tipologia dello stesso, il carattere strumentale delle società rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche, l'esercizio di poteri autoritativi delegati dalla p.a., l'esistenza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, l'utilizzo di risorse pubbliche nell'esercizio dell'impresa. Sulla base di tale principio il Tribunale di Bari, analizzando lo statuto del Consorzio del quale veniva chiesto il fallimento, ha rilevato l'esistenza di quegli indici sintomatici della natura pubblicistica dell'ente poiché lo statuto: a) individua la tipologia del consorzio come ente pubblico economico e la sua composizione (al Consorzio possono aderire in qualità di soci solo enti pubblici territoriali); b) individua le finalità dell'ente strumentali al perseguimento di interessi di carattere pubblicistico propri degli enti pubblici territoriali che ne sono soci (il Consorzio promuove e sostiene la diffusione delle attività di spettacolo dal vivo in Puglia), e le modalità di perseguimento di tali finalità (non a fini di lucro); c) prevede l'utilizzazione di risorse pubbliche sia sotto il profilo della composizione del capitale (costituito da una quota di adesione annuale per abitante da parte degli enti territoriali soci), sia sotto il profilo di ripianamento delle perdite (esse devono essere necessariamente riassorbite entro l'esercizio successivo al loro accertamento mediante versamento di quote aggiuntive da parte dei soci); d) introduce una disciplina derogatoria rispetto allo schema societario sia per quel che attiene alla obbligatoria natura dei soci (solo enti pubblici territoriali), sia per le modalità di determinazione della misura di partecipazione di ciascun socio (quota di adesione per abitante), sia per l'obbligatoria destinazione dell'eventuale attivo (destinato non alla ripartizione tra soci, ma all'implementazione dell'attività istituzionale del Consorzio). Conseguentemente, a fronte di tali molteplici indici rivelatori ed in mancanza di prove in senso contrario che dimostrino la divergenza dell'attività esercitata rispetto a quanto indicato nello statuto, il Tribunale ha rigettato l'istanza di fallimento.

Conclusioni

La questione della qualificazione di un soggetto come pubblico o privato, al fine di stabilire se esso sia o meno assoggettabile a procedura concorsuale, è stata recentemente affrontata da alcune decisioni di merito le quali l'hanno unanimemente risolta basandosi su una valutazione di prevalenza della sostanza rispetto alla forma giuridica esteriore. Tale orientamento, nato con riferimento alle c.d. “società in mano pubblica”, segue un metodo sostanzialistico che, rinunciando alla pretesa di qualificazione astratta della società a partecipazione pubblica, si propone di individuare la disciplina applicabile all'ente valutandone l'attività concretamente svolta. In quest'ottica, la Corte d'Appello di Torino ha recentemente sancito la natura sostanzialmente privata di un ente formalmente pubblico: nella specie si trattava di un consorzio costituito ai sensi dell'art. 31 D. Lgs. n. 26/2000 tra enti pubblici, la cui gestione era ispirata a criteri imprenditoriali e di economicità ed era stato dotato di autonomia gestionale, finanziaria, contabile e patrimoniale rispetto agli enti partecipanti. Secondo l'orientamento richiamato anche dalla decisione qui pubblicata la ratio dell'inassoggettabilità al fallimento degli enti pubblici si fonda sull'incompatibilità della procedura concorsuale, che è caratterizzata da un'esecuzione generale sul patrimonio del debitore e collettiva dell'intero ceto creditorio, con l'ordinaria attività di tali enti con conseguente sostituzione degli organi fallimentari a quelli politici di gestione, comportando un'inammissibile interferenza giudiziaria sulla sovranità dell'ente e dei suoi organi e con il pregiudizio causato dagli effetti dello spossessamento del debitore e dalla cessazione dell'attività d'impresa sulla continuativa e regolare esecuzione del servizio pubblico rispondente alla realizzazione degli interessi generali. Pertanto, ove la lesione di tali interessi, riconducibili al carattere necessario dell'attività degli enti pubblici rispetto alla tutela delle finalità pubbliche, non si verifichi, non è configurabile una preclusione all'applicazione delle norme concorsuali.
In conclusione, oggi appare pacifico che l'esclusione dal fallimento andrà limitata ai soli casi in cui l'attività dell'ente sia strettamente funzionale al perseguimento di interessi pubblici, evitando indebite estensioni dell'area di esenzione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sullo specifico argomento si segnalano alcune recenti decisioni giurisprudenziali: Trib. Santa Maria Capua Vetere, 9 gennaio 2009, in Fall., 2009, 713; App. Napoli, 15 luglio 2009, in Fall., 2010, 690; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 22 luglio 2009, in Fall., 2010, 690; App. Torino, 15 febbraio 2010, in Fall., 2010, 689. In dottrina alcuni cenni alla problematica in oggetto si rinvengono nelle note di commento alle sentenze prima citate: D'Attorre, Le società in mano pubblica possono fallire?, in Fall., 2009, 715; D'Attorre, Società in mano pubblica e fallimento: una terza via è possibile, in Fall., 2010, 691. La norma che disciplina la tematica è l'art. 1 l.f..

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