Sull’opponibilità al fallimento degli atti di cessione di crediti futuri ed eventuali

29 Maggio 2012

È inopponibile al fallimento del cedente la cessione di crediti futuri, ove questi siano anche eventuali (pertanto non identificati, né identificabili in tutti i necessari elementi soggettivi e oggettivi), qualora non sia avvenuta la notifica della cessione (o l'accettazione del debitore ceduto) in data anteriore alla dichiarazione di fallimento e comunque successivamente al momento in cui il credito, soltanto eventuale al momento della cessione, sia venuto ad esistenza.
Massima

È inopponibile al fallimento del cedente la cessione di crediti futuri, ove questi siano anche eventuali (pertanto non identificati, né identificabili in tutti i necessari elementi soggettivi e oggettivi), qualora non sia avvenuta la notifica della cessione (o l'accettazione del debitore ceduto) in data anteriore alla dichiarazione di fallimento e comunque successivamente al momento in cui il credito, soltanto eventuale al momento della cessione, sia venuto ad esistenza.

Il caso

Le decisioni del Tribunale di Pescara sono state pronunciate nell'ambito di due giudizi analoghi di opposizione di terzo all'esecuzione instaurati dall'istituto bancario cessionario dei crediti oggetto di pignoramento, per la dichiarazione dell'illegittimità e dell'inefficacia del pignoramento in quanto successivo alla notifica degli atti di cessione di credito. Intervenuto il fallimento del debitore, la Curatela si è costituita in giudizio sollevando l'eccezione di nullità e, in ogni caso, di inefficacia e inopponibilità delle cessioni per indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto dei contratti di cessione.

Con riferimento alla stessa procedura fallimentare, il Tribunale di Chieti ha invece deciso nella causa instaurata in origine dalla Società fallita (e poi riassunta nei confronti del Fallimento) per l'accertamento del credito per le prestazioni eseguite. L'istituto bancario cessionario dei crediti oggetto della domanda è intervenuto nel giudizio, sollevando la questione relativa alla titolarità dei crediti.

La questione giuridica

La questione giuridica esaminata dai due Tribunali è la medesima e riguarda l'opponibilità al fallimento del debitore cedente degli atti di cessione in massa di crediti d'impresa posti in essere nell'ambito di un rapporto di factoring. Nella fattispecie in esame, gli atti di cessione contenevano l'indicazione del debitore e, con riferimento all'individuazione dei crediti ceduti, soltanto indicazione di periodi temporali di emissione delle fatture “per prestazioni”, senza alcuna ulteriore specificazione. In altri termini, come rilevato dal Tribunale in tutte le decisioni riportate, il tenore letterale degli atti non consentiva di evincere quali fossero la fonte e il contenuto delle “prestazioni” (in gran parte future rispetto alla data di stipulazione degli atti stessi) i cui corrispettivi erano stati ceduti.
Sulla base degli elementi fattuali appena esposti, il Tribunale dapprima ha escluso la sussistenza dei requisiti per l'opponibilità delle cessioni ai sensi dell'art. 5, L. n. 52/1991 (non essendo stata fornita la prova della data certa del pagamento, anche parziale, del corrispettivo della cessione), per poi esaminare la questione dell'opponibilità ai terzi in relazione alla data certa della notificazione o dell'accettazione anteriori alla dichiarazione di fallimento (ex art. 1256 c.c. e art. 2914, n. 2, c.c.).
Richiamando gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, il Tribunale, rilevato che il riconoscimento dell'opponibilità della cessione ricollegata alla notificazione o accettazione di un atto non idoneo all'individuazione dei crediti stessi contrasterebbe con la ratio degli artt. 1265 e 2914, n. 2, c.c., ha statuito che, per poter opporre al fallimento del cedente la cessione di crediti futuri sia necessario non solo che i crediti, sorti dopo il perfezionamento della cessione, siano comunque anteriori al fallimento e che prima di tale data siano divenuti esigibili, ma anche che siano stati singolarmente notificati o accettati dal debitore con atto avente data certa.
Nella fattispecie in esame non sussistevano elementi che consentissero l'individuazione dei crediti ceduti, in quanto negli atti di cessione non vi era l'indicazione dell'accordo o degli accordi contrattuali (già stipulati o da stipulare), né della tipologia delle prestazioni dalle quali i crediti sarebbero sorti, sicché si versava in un'ipotesi di cessione di crediti non identificati in tutti gli elementi oggettivi e soggettivi, ovvero di omessa specificazione nell'atto di cessione di tutti gli elementi necessari per l'individuazione dei crediti ceduti (e in particolare dello specifico e già esistente rapporto che ne costituisca la fonte). Di conseguenza, il Tribunale ha statuito che l'opponibilità degli atti di cessione al fallimento richiedesse che la notificazione e l'accettazione del debitore ceduto fossero non soltanto anteriori al fallimento, ma anche posteriori al momento in cui il credito, sino ad allora solo eventuale, fosse venuto ad esistenza, divenendo in tal modo individuabile.
In conclusione, il Tribunale ha dichiarato l'inopponibilità al Fallimento degli atti di cessione in massa di crediti non solo futuri, ma anche eventuali, in quanto non determinabili, in mancanza della prova certa del pagamento anche parziale del corrispettivo delle cessioni, nonché di singole notificazioni o accettazioni successive all'insorgenza dei crediti, ma anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Osservazioni

Le decisioni in esame hanno risolto la questione giuridica sul piano dell'opponibilità ai terzi delle cessioni in massa di crediti futuri ed eventuali, senza esaminare il tema della validità ed efficacia delle cessioni (questione sollevata dalla Curatela, la quale aveva eccepito anche l'invalidità e inefficacia degli atti di cessione in relazione all'indeterminatezza e indeterminabilità dell'oggetto dei contratti, in relazione all'esigenza di tutela dei creditori a fronte di operazioni poste in essere al solo scopo di determinare lo svuotamento del patrimonio dell'impresa poi fallita).
I due Tribunali, tanto quello di Pescara quanto quello di Chieti, hanno senza esitazione applicato i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione, a partire dalla sentenza n. 9997 del 14 novembre 1996, con la quale si era statuito che, ai fini dell'opponibilità ai terzi (ossia al creditore pignorante o al fallimento del cedente) della cessione di crediti futuri, è necessario non soltanto che i crediti, sorti dopo il perfezionamento della cessione, siano comunque anteriori al pignoramento o al fallimento e che prima di tale data siano divenuti esigibili, ma anche che siano stati singolarmente notificati o accettati dal debitore con atto avente data certa.
La decisione appena menzionata aveva dato luogo ad alcune perplessità in dottrina (in quanto fondata su considerazioni relative all'efficacia obbligatoria della cessione - la quale attiene agli effetti del contratto inter partes, e non all'opponibilità dell'atto nei confronti dei terzi -, con l'affermazione che l'opponibilità della cessione presupponesse il verificarsi dell'effetto traslativo del diritto, che si determina con il sorgere del credito, essendo necessaria la notifica dei singoli crediti venuti ad esistenza; cfr. MACARIO, Trasferimento del credito futuro ed efficacia verso i terzi: lo stato dell'arte (di giudicare), in Riv. dir. privato, 2001, 437; TROIANO, La cessione di crediti futuri, Padova, 1999, 522 ss.), venendo successivamente rielaborata, in un certo senso, e affinata da una successiva pronuncia della Suprema Corte, assai pregevole per l'equilibrio della decisione e gli argomenti spesi nella motivazione (sentenza n. 15141 del 26 ottobre 2002), alla quale pure hanno fatto riferimento le pronunce abruzzesi in esame, uniformandosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione.
Per meglio comprendere la motivazione delle decisioni in esame, occorre ripercorrere i passaggi salienti di quest'ultima sentenza della Suprema Corte, la quale ha evidenziato che, ai fini dell'opponibilità ai terzi della cessione del credito futuro, assume rilievo la distinzione fra crediti eventuali in astratto, ossia aleatori, e crediti eventuali in concreto.
Con riferimento a questi ultimi, ossia crediti futuri, ma probabili perché nascenti da un unico rapporto base (nella fattispecie esaminata dalla Cassazione si trattava di crediti di lavoro), l'atto di cessione, perfetto ab initio pur se con effetto reale differito, può essere assimilato alla cessione del credito attuale e quindi è opponibile ai terzi (creditore pignoranti o fallimento) se notificato al debitore, già identificato grazie al rapporto base, o da questi accettato, prima del pignoramento (o del fallimento). Tale affermazione risponde alle esigenze di semplificazione nella circolazione dei crediti, in quanto, come evidenziato dalla Suprema Corte, per i crediti periodici, spesso con scadenze mensili, costringere il cedente ad effettuare la notificazione al ceduto nel momento di maturazione di ogni singolo rateo significherebbe imporgli un onere particolarmente gravoso ed inutile.
Tuttavia, per evitare che la prevalenza sul pignoramento dell'atto di cessione (tempestivamente notificato al debitore ceduto o da questi accettato) determini la sostanziale sottrazione dei crediti alla garanzia patrimoniale, consentendo comportamenti in frode ai creditori, la prevalenza della cessione non può essere illimitata nel tempo, sicché la Cassazione ha ritenuto di applicare la limitazione temporale del triennio (ex art. 2918 c.c.) per l'opponibilità ai terzi della cessione dei crediti futuri (eventuali in concreto).
Invece, per quanto riguarda i crediti soltanto eventuali ed aleatori, la maggiore incertezza di essi, ossia dell'effetto traslativo della cessione, ha indotto il giudice di legittimità ad affermare che la cessione sia opponibile al creditore pignorante (o al fallimento) solo se i crediti stessi siano divenuti esigibili e vi sia stata la notificazione o l'accettazione del singolo credito venuto ad esistenza prima del pignoramento (o del fallimento). Tale affermazione non contrasta con la disciplina speciale della cessione in massa dei crediti d'impresa di cui alla L. n. 52/1991, la quale stabilisce che l'efficacia della cessione riguardo ai creditori del cedente non è necessariamente subordinata alla preventiva notificazione ai debitori, bensì alla prova del pagamento del corrispettivo della cessione (art. 5).
Nella fattispecie in esame i crediti ceduti rientravano in quest'ultima categoria, in mancanza di qualsivoglia elemento che consentisse l'individuazione dei crediti stessi, sicché il Tribunale, uniformandosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione, ha dichiarato l'inopponibilità al fallimento delle cessioni di credito, avendo rilevato la mancanza della prova certa del pagamento anche parziale del corrispettivo delle cessioni (ex art. 5 L. n. 52/1991), nonché delle singole notificazioni o accettazioni successive all'insorgenza dei crediti, ma anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Conclusioni

Le sentenze in esame si sono uniformate al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di opponibilità al fallimento delle cessioni di crediti futuri e, in particolare, al principio di diritto enunciato dalla Cassazione con la sentenza n. 15141 del 26 ottobre 2002. Tale principio, il quale costituisce una precisazione e un ridimensionamento di quanto statuito dalla precedente sentenza n. 9997 del 14 novembre 1996, appare corretto anche in termini di cd. giustizia sostanziale, in quanto consente di contemperare i diversi interessi in gioco.
Più precisamente, la Cassazione ha precisato che il principio secondo il quale, ai fini dell'opponibilità al fallimento della cessione dei crediti futuri, occorre (non soltanto la notifica al debitore ceduto dell'atto di cessione in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, ma anche) la notifica dei singoli crediti ceduti appena venuti ad esistenza, si applica soltanto ai crediti futuri ed eventuali (ossia non determinati né determinabili, in mancanza dell'indicazione dei criteri per l'individuazione del rapporto sottostante). Il principio non trova applicazione per i crediti futuri che sorgano sulla base di rapporti predeterminati nelle loro caratteristiche fondamentali, essendo pertanto probabile la loro insorgenza; in tale ipotesi, gli atti di cessione sono opponibili al fallimento, qualora siano stati notificati in data anteriore alla dichiarazione di fallimento, ma soltanto entro il limite temporale del triennio, al fine di evitare comportamenti opportunistici del debitore, con la sottrazione del proprio patrimonio in pregiudizio ai creditori.
Con riferimento al regime dell'inopponibilità degli atti di cessione dei crediti futuri ed eventuali, è evidente che l'impostazione indicata dalla Cassazione e seguita dalle decisioni in esame consente di tutelare, da una parte, gli interessi dei terzi, e in particolare, dei creditori, evitando che l'impresa in crisi disponga del proprio patrimonio determinandone lo svuotamento con la cessione di “tutti” i crediti futuri; dall'altra parte, la tutela del cessionario, che abbia effettivamente finanziato l'impresa con il pagamento del corrispettivo della cessione, è garantita dalla disciplina speciale della cessione in massa dei crediti d'impresa, la quale consente l'opponibilità ai terzi della cessione ove sia fornita la prova del pagamento del corrispettivo della cessione con atto avente data certa.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Le norme di riferimento sono l'art. 45 l.fall.; gli artt. 1256, 2914 e 2918 c.c.; gli artt. 548 e 549 c.p.c.; l'art. 5 L. n. 52/1991.
Si rinvia per la giurisprudenza alle sentenze citate nel commento: Cass. 14 novembre 1996, n. 9997, in Giust. civ., 1997, I,1879, e in Fallimento, 1997, 787, con nota di Badini Confalonieri, nonché in Giur. it., 1997, I, 1, 1558, e in Nuova giur. civ. commentata, 1998, I, 24 con nota di Scorza; Cass. sez. lav., 26 ottobre 2002, n. 15141, in Foro it., 2003, I, 498 con nota di Scoditti. Cfr. anche Cass. 14 aprile 2010, n. 8961, in Diritto & Giustizia, 2010; Cass. 14 marzo 2006, n. 5516, in Giust. civ. Mass., 2006, 3; Trib. Milano 12 gennaio 2009, in Riv. dottori comm., 2009, 3, 601 (s.m.).
Per il tema in generale cfr. in dottrina: Fusco, Il credito e la sua incedibilità alla luce del decreto Bersani, in Giust. civ., 2010, II, 415; De Santis, La cessione dei credito futuro nell'evoluzione giurisprudenziale, in Dir. e prat. soc., 2005, 16; Vocaturo, Libera cedibilità dei crediti, anche futuri, in Riv. notariato, 2002, 439; Galletti, Cartolarizzazione dei crediti, in Enc. dir., Annali, II, 2, 2008, 205; Malavasi, Cessione del credito: opponibilità dell'eccezione relativa al rilascio di una dichiarazione liberatoria al debitore ceduto e tutela dei diritti del cessionario, in Il civilista, 2009, 73; Carbone, Brevi osservazioni in tema di opponibilità della cessione di credito al fallimento del cedente, in Nuova giur. civ. commentata, 1992, I, 673; Costanza, Cessione di crediti d'impresa e opponibilità al fallimento, in Fallimento, 2004, 764; Finardi, Cessione di crediti futuri e procedure concorsuali minori, in Fallimento, 2000, 1263; Cremonini, Voltattorni, Il fallimento del cedente nella disciplina della cessione dei crediti di impresa, in Giur. it., 2004, 2228, Bozza, L'opponibilita' al fallimento del cedente della cessione dei crediti attuata in precedenza, in Fallimento, 1988, 1052; Di Mundo, L'opponibilita' delle cessioni di credito al fallimento, in Riv. it. leasing, 1994, II, 13; Aprile, Opponibilità al fallimento della cessione "pro solvendo" di credito futuro: un'interessante fattispecie in tema di appalto, in Fallimento, 2001, 293; Ruggeri, Opponibilità della cessione di credito nelle procedure concorsuali, in Fallimento, 1992, 932; Landolfi, Cessioni del credito compiute prima della dichiarazione di fallimento, in Fallimento, 2006, 330.

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