Speciale Decreto Sviluppo - La nuova disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo

18 Settembre 2012

Colmando una precedente lacuna normativa, il c.d. Decreto Sviluppo, convertito con legge n. 134/2012, introduce una disciplina specifica dei contratti pendenti nel concordato preventivo, allo scopo di favorire l'utilizzo di quest'ultimo istituto, anche nell'ottica della continuità aziendale.L'Autore si sofferma, quindi, sulle novità che riguardano il debitore, il quale può richiedere l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso, alla data di presentazione della domanda di concordato; può richiedere la sospensione del contratto per un periodo non superiore a sessanta giorni, prorogabili una sola volta e, infine, in caso di concordato con continuità, può farsi autorizzare al pagamento dei crediti anteriori, se un professionista attesta che tali prestazioni sono essenziali alla prosecuzione dell'attività e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori.
Una premessa. La disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo ante Decreto Sviluppo

La riforma del diritto fallimentare nella sua varietà di interventi non aveva toccato sinora la disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, tema che era quindi privo di un'apposita regolamentazione.

Come è noto, l'orientamento pressoché unanime in dottrina e giurisprudenza tendeva ad escludere l'applicabilità degli

artt.

72 ss

.

l. fall

. ai contratti pendenti nel concordato preventivo, prevalendo la funzione conservativa di questa procedura testimoniata dallo spossessamento attenuato dell'imprenditore. Di conseguenza i rapporti pendenti continuavano ad essere eseguiti fuori dal concorso senza alcuna necessità di autorizzazione del giudice delegato.

Una tale soluzione, ineccepibile in linea di principio, è entrata però in crisi con l'affermarsi delle procedure concordatarie e con il conseguente insorgere di una serie di dubbi e quesiti legati non solo alla mancanza di una apposita disciplina in materia, ma anche a specifiche esigenze che la prassi aveva fatto affiorare. Restavano così aperti una serie di quesiti e problemi quali, fra gli altri, ad esempio, il trattamento nei contratti di durata dei debiti pregressi e di quelli sorti successivamente alla presentazione della domanda concordataria, gli effetti di una risoluzione contrattuale discendente da una espressa clausola risolutiva oppure da una previsione del piano concordatario, il carattere scindibile o inscindibile del contratto e l'applicabilità o meno del secondo comma dell'

art.

111 l.

f

all

..

Si comprende così perché nella logica emergenziale che coinvolge la nostra economia, il Governo, nell'ambito di una serie di misure volte ad incentivare la crescita e lo sviluppo del Paese, abbia voluto dedicare una parte della sua attenzione al diritto fallimentare e in particolare alle procedure alternative al fallimento cercando di venire incontro ad alcune esigenze che la prassi aveva evidenziato e, fra esse, a quelle relative appunto ai contratti pendenti nel concordato.

Vediamo dunque in quali termini.

Il decreto Sviluppo e le novità in tema di contratti pendenti nel concordato

Le novità introdotte dal decreto in tema di contratti pendenti nel concordato riguardano la possibilità di richiedere lo scioglimento o la sospensione dei contratti pendenti, o, ancora, a certe condizioni, di ottenere l'autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori. Regole particolari riguardano poi i contratti in corso con le pubbliche amministrazioni per i quali l'apertura della procedura non determina, sia pure a certe condizioni, lo scioglimento del contratto.

Lasciata al momento da parte quest'ultima fattispecie, quanto allo scioglimento del contratto la norma prevede che il debitore nel ricorso possa richiedere al Tribunale l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso alla data di presentazione della domanda; analoga richiesta può essere rivolta al giudice delegato dopo il decreto di ammissione. Oltre allo scioglimento il debitore può anche richiedere la sospensione del contratto per un periodo non superiore a sessanta giorni prorogabili per una sola volta. Anche se la norma non lo dice, è da ritenersi che quest'ultima richiesta vada rivolta al Tribunale o al giudice delegato a seconda che sia intervenuto o meno il decreto di ammissione.

Qualora l'autorizzazione venga concessa, il terzo contraente avrà diritto ad un indennizzo pari al danno conseguente al mancato adempimento, credito - stabilisce la norma - da considerarsi anteriore al concordato e quindi da pagarsi in moneta concordataria. Nulla si dice in ordine a chi competa la determinazione dell'indennizzo. Nel silenzio della legge è quindi da ritenersi che, in assenza di accordo fra le parti, essa spetti all'ordinaria autorità giudiziaria o agli arbitri, atteso che espressamente il decreto prevede che lo scioglimento del contratto non si estende alla eventuale clausola compromissoria contenuta nel contratto. E' peraltro evidente che ove debba instaurarsi un contenzioso diretto a stabilire l'entità dell'indennizzo, si verrebbe a condizionare pesantemente la durata della procedura e la determinazione della percentuale riconosciuta ai creditori sicché è facile prevedere che tali autorizzazioni saranno concesse per lo più in presenza di un preaccordo fra contraenti in ordine all'entità dell'indennizzo o, come nel caso del leasing, quando contrattualmente sono già prestabilite le modalità di calcolo dell'indennizzo.

In ogni caso - precisa ancora la norma - l'autorizzazione per lo scioglimento o la sospensione del contratto non può essere richiesta per i contratti di lavoro subordinato e per i contratti di cui all'art. 72, comma 8 (preliminare di vendita di immobile trascritto), e 80, comma 1 (fallimento del locatore nella locazione di immobili).

Sempre in tema di contratti in corso va infine segnalata una deroga alla regola generale secondo cui i crediti maturati anteriormente alla domanda subiscono la falcidia concordataria. Viene infatti statuito che, qualora la domanda di ammissione riguardi un concordato prevedente la continuità aziendale, è possibile richiedere al Tribunale (e quindi la richiesta deve essere contenuta nella domanda di concordato) l'autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori qualora il professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, attesti che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Attestazione che non è necessaria qualora il pagamento avvenga attraverso l'apporto di nuove risorse finanziarie senza obbligo di restituzione o con obbligo postergato alla soddisfazione dei creditori.

Segue. Qualche considerazione generale

Le norme sopra illustrate non valgono certo a rispondere a tutti i vari quesiti e dubbi sorti in tema di rapporti pendenti nel concordato preventivo, né con ogni verosimiglianza intendevano porsi questo obiettivo.

Il provvedimento in questione ha infatti finalità più circoscritte, mirando a venire incontro a particolari esigenze che la prassi dei tribunali fallimentari ha fatto affiorare. Con specifico riguardo al concordato, esso intende cercare di favorire l'utilizzo di questo istituto disincagliandolo da alcuni ostacoli che ne compromettevano la fruibilità. In questo senso il provvedimento non ha quindi ambizioni di riforma organica, ma, in una logica di piccoli passi, facendo tesoro dell'esperienza accumulata nella prassi, mira a migliorare e potenziare lo strumento concordatario in una logica deflattiva del ruolo del fallimento, ma anche di favore verso la conservazione dell'attività imprenditoriale.

Sotto questo punto di vista il decreto è senz'altro da salutare positivamente, né poteva essere diversamente avendo fatto tesoro, attraverso la commissione di esperti appositamente istituita, dell'esperienza degli attori più qualificati in questo campo.

In specie in questo quadro desta particolare interesse l'attenzione verso il c.d. concordato in continuità e la possibilità di “favorire” alcuni creditori rispetto ad altri.

Dunque un altro “colpo”, è il caso di dire, al totem della par condicio creditorum. Un “colpo”, va subito aggiunto, ineludibile se si vuole “liberare” il concordato da logiche veramente liquidatorie. La misura in questione, infatti, non fa che recepire quella che è una necessità evidente per una impresa in crisi che vuole “salvare” la sua continuità aziendale. Se non si garantisce, ad esempio, il pagamento dei debiti pregressi del fornitore della materia prima per un'impresa di trasformazione, non si può certo pensare di poter garantire la continuazione dell'attività. Si tratta quindi di una scelta obbligata se si vuole salvaguardare anche attraverso il concordato la continuità aziendale senza dover passare, ad esempio, attraverso l'istituto dell'affitto d'azienda. Scelta che, se si vuole, fa il paio con quell'altra disposizione, anch'essa una novità, che, con riguardo agli accordi di ristrutturazione dei debiti, consente al debitore, previa autorizzazione del Tribunale, il pagamento non soggetto a revocatoria dei crediti anteriori.

Non è detto che attraverso questo tipo di intervento si riesca a “smuovere” il concordato da logiche essenzialmente liquidatorie, dipendendo un tale esito anche e soprattutto dalle condizioni generali del mercato, ma in ogni caso esso rappresenta una svolta degna del massimo apprezzamento.

Apprezzamento che non può mancare anche per quelle altre misure concernenti lo scioglimento e la sospensione dei contratti, misure che mirano a facilitare la proposta concordataria.

Si pensi a questo riguardo al caso in cui la domanda di concordato presupponga la risoluzione di una serie di contratti di leasing. Se in passato si poteva discutere - e si discuteva - se il credito risarcitorio dovesse essere riconosciuto in moneta concordataria o in prededuzione, ora la legge dà una risposta certa, restando semmai solo incerto, come si è detto, il tema della quantificazione del danno in assenza di accordo fra le parti. Analoghe osservazioni si possono fare per altre tipologie di contratti di durata, quali ad esempio la somministrazione e l'assicurazione. In tutti questi casi, ma il discorso può coinvolgere anche il contratto d'appalto ove il regolamento contrattuale dia autonoma rilevanza alle singole prestazioni, la richiesta autorizzazione di scioglimento conferisce certezza giuridica in ordine alla natura concorsuale della somma dovuta a titolo di indennizzo. Il che non è cosa da poco.

Continua invece ad essere in parte aperto il tema della sorte dei crediti pregressi in caso di continuazione del contratto. La qual questione non è anch'essa di poco conto ove si consideri che in tema di assicurazione per i ratei di premio scaduti prima dell'inizio della procedura la Cassazione si è espressa in passato in termini contrapposti, ritenendo alternativamente che essi devono essere pagati integralmente o sottoposti alla falcidia; e ancora simili oscillazioni si sono registrate per il contratto di somministrazione anche se da ultimo sembra prevalere la tesi della scindibilità delle prestazioni e quindi la sottoponibilità alla falcidia dei crediti pregressi. Scindibilità che si tende a riconoscere anche nel conto corrente e nello stesso appalto ove esso sia disciplinato avendo riguardo alle singole prestazioni, con il risultato che i crediti pregressi anche in tal caso subiranno la falcidia concordataria.

In tutte queste fattispecie, dunque, forse un contributo di certezza non avrebbe guastato. Ed è qui forse il limite più evidente di questo provvedimento.

Da anni la

legge fallimentare

è infatti un cantiere aperto, segno che l'adattamento della riforma alla realtà economica sottostante è più difficile del previsto. E' possibile che questa logica di piccoli passi sia l'unico modo possibile di procedere in materia, ma forse una maggiore organicità degli interventi sarebbe opportuna. Ma è probabile che in questi tempi di transizione è chiedere troppo.

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