Speciale Decreto Sviluppo-bis - La liquidazione del patrimonio del debitore in sovraindebitamento

Luigi Amerigo Bottai
21 Dicembre 2012

Colmando una lacuna della precedente normativa (l. n. 3/2012), il c.d. Decreto Sviluppo-bis ha espressamente previsto l'istituto della liquidazione dei beni del debitore, come autonoma procedura, aperta su domanda del debitore, oltre che come conseguenza della conversione della procedura di composizione della crisi, nei casi tassativi, previsti dall'art. 14-ter, di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore.L'Autore analizza, dunque, i caratteri essenziali e distintivi della liquidazione.
Cenni sulla genesi e la finalità della liquidazione del patrimonio del debitore civile

La

legge n. 3 del 2012

, nella sua previgente versione - ora sostituita dalla

L. 17 dicembre 2012, n. 221

, di conversione con modifiche del

D.L. 18 ottobre 2012 n. 179

, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Suppl. ord., del 18 dicembre 2012, applicabile alle procedure instaurate dal trentesimo giorno successivo alla data della sua entrata in vigore (v. art. 18, comma, 2, del D.L.) -, non contemplava la liquidazione, se non come fase esecutiva dell'accordo di composizione omologato (cfr. art. 13 previg.): veniva così a mancare la disciplina di tutte le fattispecie originate dall'annullamento, risoluzione, revoca o cessazione degli effetti degli accordi (cfr. art. 14 previg.) e rimaneva altresì preclusa l'ipotesi di volontario ricorso del debitore alla liquidazione dei suoi beni quale modalità alternativa (o residuale) di sistemazione del proprio eccessivo indebitamento. Il sistema complessivo appariva, dunque, sbilanciato e privo della soluzione statisticamente più utilizzabile.

La nuova legge provvede a colmare tale lacuna e soprattutto esplicita e realizza al suo interno l'obiettivo cui tendeva già l'intera riforma, vale a dire la possibilità di esdebitazione della persona fisica per la parte non soddisfatta dei propri debiti (art. 14-terdecies); effetto ricavabile, nelle procedure alternative, solo in virtù dell'adesione maggioritaria (60%) dei creditori all'accordo di composizione con relativa omologazione (art. 12, comma 3) ovvero per l'avvenuta omologa del piano del consumatore (art. 12-ter, comma 2).

L'ispirazione legislativa di fondo, dettata – com'è noto - dalla mutata sensibilità sociale per la sorte degli individui più deboli in nome della solidarietà (

art. 2 Cost.

) e del loro opportuno reinserimento nei mercati (c.d. fresh start), mira infatti a porre rimedio al c.d.

sovraindebitamento “passivo” (o incolpevole), derivante cioè da fattori traumatici o congiunturali imprevedibili – quale l'attuale crisi economica mondiale e del debito pubblico italiano, in particolare - e indipendenti dalla volontà del soggetto (ad es. malattie, separazione personale, deprezzamento di beni di proprietà), che hanno ridotto le fonti di reddito e determinato, come estrema conseguenza a livello macroeconomico, la contrazione della produzione industriale, con i rilevanti effetti recessivi sulla crescita e l'occupazione che quotidianamente constatiamo. Il sovraindebitamento “attivo”, viceversa, riconducibile per lo più a scelte incaute del consumatore, viene invece sanzionato espressamente con il diniego dell'esdebitazione.

La normativa precedente, tuttavia, non ha dato alcun risultato positivo e l'impossibilità di raggiungere un accordo con i creditori costringeva il debitore ad assoggettarsi alle procedure esecutive tradizionali (la cui deflazione è un'altra finalità della legge), senza gli effetti favorevoli – per il ceto creditorio – i) dell'universalità, ossia del coinvolgimento ordinato dell'intero patrimonio nella procedura, e ii) della tutela della par condicio, propri del fallimento.

Né da ciò il debitore civile poteva ritrarre il beneficio della liberazione dei debiti (discharge), rimanendo obbligato per il residuo incapiente.

In tale prospettiva l'intervento dell'

art. 18 del D.L. n. 179/2012

ha apportato una significativa opera di incentivazione (o, se si vuole, di protezione sociale ed economica) per il debitore, i cui tratti salienti passiamo ad analizzare partitamente.

Caratteri essenziali e distintivi della liquidazione patrimoniale

L'istituto della liquidazione dei beni, inserito negli

artt. da 14-

ter

a

14-

terdecies

della L. n. 3/2012

, è disciplinato sulla falsariga dell'analoga fase del fallimento – seppur con rilevanti scostamenti – e con l'aggiunta del subprocedimento di accertamento del passivo, ma senza specifica menzione della fase di ripartizione.

Prima di passare in rassegna le norme in discorso sul procedimento è opportuno soffermare l'attenzione sui principi cardine contenuti nella Sezione Seconda (“Liquidazione del patrimonio”) del Capo II della legge.

Per quanto attiene alla legittimazione attiva, il primo comma dell'art. 14-ter enuncia, anzitutto, come la scelta di procedere alla liquidazione sia rimessa: 1) al debitore, “in alternativa alla proposta per la composizione della crisi”, salvo poi rilevare, dal successivo art. 14-quater, come 2) anche ciascun creditore possa chiedere al giudice “la conversione della procedura di composizione della crisi di cui alla Sezione prima in quella di liquidazione del patrimonio nell'ipotesi di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore ai sensi dell'art. 14-bis, comma 2, lett. a)”, ossia per atti di frode (cfr.

art.

173 l

.

f

all

.). La conversione della procedura è disposta 3) d'ufficio, infine, allorché il debitore non esegua integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste nell'ACC, i pagamenti alle amministrazioni pubbliche e agli enti di previdenza (art. 11, comma 5), ovvero nei casi di revoca dell'ACC o degli effetti del piano omologato del consumatore per il compimento di atti fraudolenti in pregiudizio dei creditori (art. 14-bis), ovvero ancora in ipotesi di risoluzione dell'ACC o di cessazione degli effetti dell'omologa del piano “ove determinati da cause imputabili al debitore” (art. 14-quater).

Quanto all'oggetto della liquidazione, essa deve riguardare “tutti i beni” del debitore, non potendo costui mantenere alcun diritto al di fuori di quelli previsti dall'art. 14-ter, comma 6 (in analogia con l'

art.

46 l

.

f

all

., ma qui i beni e diritti di natura strettamente personale sono liquidabili). Persino “I beni sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione di cui all'articolo 14-ter costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei beni medesimi”. Ciò implica che la durata minima della procedura sarà di almeno 4 anni (artt. 14-quinquies, comma 4, e 14-novies, comma 5), allo scopo di impedire strumentali utilizzi del procedimento; tuttavia siffatta imposizione di un termine dilatorio, in difetto di concreti elementi circa il possibile occultamento o distrazione di beni, non sembra rispondere al canone della ragionevolezza per giunta alla luce della raccomandazione dell'ultimo periodo del primo comma dell'art. 14-novies (“Il programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura”).

L'effetto giuridico dello spossessamento del debitore civile o del consumatore – assoluta novità di sistema - appare di notevole impatto concettuale, atteso che, ai sensi dell'art. 14-quinquies, comma 2, lett. e), il giudice nel decreto di apertura della procedura “

ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore ad utilizzare alcuni di essi”. ‘Sì gravosa precauzione non figura neppure nel fallimento.

Peraltro, in assenza delle disposizioni di cui agli

artt. 42,

44

e

51 l

.

f

all

., le pur analoghe previsioni contenute nell'art. 14-novies, comma 2 (il liquidatore ha l'amministrazione dei beni da liquidare) e nell'art. 14-quinquies, comma 2, lett. b) [il decreto di apertura della liquidazione – non la legge in via automatica (judicial stay) - dispone che fino all'omologa (recte, fino alla chiusura della procedura) non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive o cautelari, né acquisiti diritti di prelazione, a pena di nullità], nonché in difetto di esplicita legittimazione ad esperire azioni revocatorie (cfr. art. 14-decies), l'equiparazione con gli effetti del fallimento sul debitore e sugli atti pregiudizievoli ai creditori non possono ritenersi perfettamente sovrapponibili: come illustrato dal primo autorevole Commentatore della riforma (Panzani, La nuova disciplina del sovraindebitamento dopo il

D.L. 18 ottobre 2012, n. 179

, in

ilFallimentarista.it

), “si determina una forma di spossessamento attenuato del debitore, ridotta rispetto a quella stabilita in caso di fallimento”.

Anche con riguardo al passivo il relativo accertamento ricalca quello della liquidazione coatta amministrativa: formato il progetto di stato passivo sulla base delle domande pervenute (sulla scorta dell'inventario e dell'elenco dei creditori), il liquidatore lo comunica agli interessati, i quali avranno 15 giorni per formulare osservazioni; in mancanza o in ipotesi di condivisione dei rilievi, è il liquidatore ad approvare lo stato passivo (art. 14-octies, comma 2). Solo in caso di opposizioni “non superabili” con il procedimento appena cennato, il liquidatore “rimette gli atti al giudice” affinché dirima i conflitti. Quid iuris se il liquidatore omette di riferire al giudice? Né risultano prescritti termini per tale incombente. Soprattutto nulla è detto circa i creditori tardivi: che sorte avranno?

In ogni caso, la disciplina innovativa appena delineata apre la discussione sul tema della concorsualità presente nel procedimento. Essa - sistema di regole sostanziali e processuali avente la funzione di disciplinare ed ordinare il conflitto tra creditori generato dalla crisi – si potrebbe atteggiare diversamente nella crisi d'impresa e nel sovraindebitamento del debitore civile o del consumatore, perché sotto il primo profilo (dell'impresa) rileva la duplice dimensione dell'attività (commerciale) e dell'organizzazione (di mezzi e persone) e l'aspetto finanziario assume un ruolo ed una posizione centrale, anche nel momento patologico della crisi (Cfr. F. Di Marzio, Una procedura per gli accordi in rimedio del sovraindebitamento, in

ilFallimentarista.it;

V. De Sensi,

Il sovraindebitamento del debitore civile

, Luiss-Ceradi, ottobre 2012)

; mentre nel campo dei rapporti civilistici “non vi sono valori organizzativi da salvaguardare e, quindi, non vi sono remore ad intraprendere le azioni esecutive”, i pagamenti del debitore non sono travolti dalla revocatoria, né si corrono rischi penali (G. Terranova, Composizione della crisi da sovraindebitamento, numero monografico de Il Civilista, 2012, 8). Ma le peculiarità normative presenti nella liquidazione patrimoniale introdotta con il D.L. n. 179 sembrano riconducibili allo schema della concorsualità, la quale – come rileva un attento Osservatore (C. Cecchella, La composizione della crisi da sovraindebitamento nella

legge n. 3 del 2012)

- giunge in tal guisa a conquistare nuovi lidi “coinvolgendo l'intero spettro del rapporto obbligatorio, qualunque ne sia il soggetto. Ormai la disciplina tende all'unità e al rilievo universale della concorsualità, in quanto il concorso si è rivelato come il più opportuno strumento per la liquidazione del patrimonio del debitore e per la valorizzazione della garanzia patrimoniale, escludendo l'azione frammentata e atomistica dei creditori”.

La fase e le norme che regolano la predisposizione del programma di liquidazione sono affini a quelle fallimentari e non sollevano incompatibilità di sistema: l'unica differenza, peraltro sostanziale, è che qui il piano di liquidazione non dev'essere approvato dal giudice né dai creditori, ma soltanto comunicato a debitore e creditori e depositato in cancelleria. Al pari, è da ritenere, di ogni variazione apportata al programma (v. Trib. Roma, 28.4.2009). Tuttavia, quis custodiet custodes?

Trovano applicazione i principi di competitività nelle procedure di vendita, previa stima e massima diffusione pubblicitaria, propri del fallimento. Per quanto concerne i crediti, si incontra una previsione che i pratici considerano del tutto avulsa dalla realtà: “Il

liquidatore cede i crediti, anche se oggetto di contestazione, dei quali non è probabile l'incasso nei quattro anni successivi al deposito della domanda” (art. 14-novies, comma 2). Non v'è chi non veda come l'obbligo di cessione produca un'automatica riduzione del prezzo.

Una fase decisiva che avrebbe dovuto essere inserita nella procedura è quella del rendiconto di gestione da parte del liquidatore: come in tutte le attività gestorie di beni altrui, anche qui il debitore ha diritto di controllare il modo di amministrare e disporre dei suoi beni e di averne il conto alla fine della liquidazione, così come previsto anche nell'

art. 1983 c.c.

. Si consideri, poi, che i compensi per i liquidatori non sono più così esigui come parevano nella prima versione della

legge n. 3/12

, determinandosi oggi secondo i parametri dei compensi per i curatori (

D.M. 25.1.2012, n. 30

) ridotti del 40% (art. 15, comma 9).

Da ultimo, un breve accenno alla questione della prededuzione, parificata al trattamento fallimentare: l'art. 14-duodecies al 2° comma riproduce il combinato disposto del 2° comma degli

artt. 111

e

111-

bis

l.

f

all

. (“I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione o di uno dei procedimenti di cui alla precedente sezione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”). Nessun richiamo, invece, alle norme in tema di ripartizione dell'attivo, di talché qualche difficoltà operativa al momento della distribuzione potrà porsi, stante anche l'abituale “resistenza” dei curatori nell'eseguire periodicamente i piani di riparto prescritti dagli

artt. 110-113 l.

f

all

.

I creditori non sembrano dotati di idonei strumenti di coercizione nei confronti del liquidatore inerte.

Illustrazione sintetica del procedimento

A fini descrittivi pare utile agevolare la consultazione dell'articolato, riportando in forma schematica lo svolgimento dell'attività disciplinata dalla Sezione seconda del Capo II della

Legge n. 3/12

.

All'art.14-ter, rubricato “Liquidazione dei beni”, si enuncia l'alternativa alla proposta per la composizione della crisi del debitore civile – anche consumatore - che non abbia fatto ricorso, negli ultimi 5 anni, ad uno dei procedimenti fin qui menzionati (ACC., piano del consumatore, liquidazione).

La domanda di liquidazione si presenta al Tribunale ove ha sede o residenza il debitore e deve essere corredata da:

  • elenco

    di tutti i creditori con l'indicazione delle somme dovute, di tutti i beni del debitore e degli eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni, corredati della dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni e dell'attestazione sulla fattibilità del piano (quale, ndr ?), nonché l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia (da indicare con certificato dello stato di famiglia). Il debitore che sia imprenditore (non fallibile) deposita altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi con dichiarazione di conformità all'originale;

  • inventario

    di tutti i beni del debitore;

  • particolareggiata relazione dell'organismo di composizione della crisi (OCC, comma 3), che verosimilmente sarà il medesimo futuro liquidatore, su:

    1. le cause dell'indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell'assumere volontariamente le obbligazioni;

    2. le ragioni dell'incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;

    3. il resoconto sulla solvibilità del debitore negli ultimi cinque anni;

    4. eventuali atti del debitore impugnati dai creditori;

    5. il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo.

E' sancita l'inammissibilità della domanda se la documentazione non consente di ricostruire compiutamente la situazione economico-patrimoniale del debitore (comma 5).

Altra norma importante è il 7° comma, per cui il deposito della domanda -analogamente al fallimento - sospende il corso degli interessi, salvo che per i crediti privilegiati o garantiti.

All'art. 14-quatersi prevede, come sopra anticipato, la possibilità di conversione della procedura di composizione in liquidazione nell'ipotesi di annullamento dell'accordo o di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore, in caso di revoca o risoluzione dell'accordo, di cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore.

Art. 14-quinquies.

Il giudice, previa verifica dei presupposti, dichiara aperta la procedura di liquidazione con decreto soggetto a reclamo al Collegio (Tribunale) ex

artt. 737 ss. c.p.c.

:

  • nomina il liquidatore (individuato fra i soggetti dotati dei requisiti per l'incarico di curatore);

  • dispone che, a pena di nullità, per tutta la durata della procedura non possano iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari o acquisirsi di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore;

  • stabilisce idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto;

  • ordina la trascrizione del decreto presso le Conservatorie interessate e la consegna o rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione;

  • fissa i limiti dei crediti aventi carattere alimentare, degli stipendi, pensioni, salari e di ciò che il debitore guadagna con la sua attività per il mantenimento suo e della sua famiglia.

Il comma 3 equipara il decreto di apertura all'atto di pignoramento, per gli effetti degli

artt. 2913 ss. c.c.

Seguono le disposizioni relative a:

Art. 14-sexies

: inventario dei beni da redigersi a cura del liquidatore e comunicazione ai creditori (e ai titolari di diritti reali e personali su cose in possesso del debitore) della possibilità di presentare domanda di “partecipazione alla liquidazione” entro una certa data. Se un creditore non vi rientra (magari perché pretermesso), la norma tace. Sarebbe grave dedurne l'esclusione dal concorso, perché non prevista dalla legge. Più plausibile pare la soluzione di predisporre successivi stati passivi “tardivi”, alla stregua del fallimento.

La domanda di partecipazione alla liquidazione (art. 14-septies) è proposta con ricorso – curiosamente rivolto ad un soggetto privato, anziché all'ufficio giudiziario - contenente i requisiti ivi elencati e i documenti dimostrativi.

Art. 14-octies

: per la formazione del passivo (art.14-octies) si è anticipato come esso sia predisposto dal liquidatore e comunicato agli interessati assegnando un termine di 15 giorni per eventuali osservazioni. Se le contestazioni sono insuperabili il liquidatore rimette gli atti al giudice. Il provvedimento giudiziale è reclamabile al tribunale a mente degli

artt. 737 ss. cpc

(in quanto compatibili).

L'art. 14-noviesdisciplina la fase della Liquidazione vera e propria.

Entro trenta giorni dalla conclusione dell'inventario il liquidatore elabora un programma di liquidazione, che comunica al debitore e ai creditori e deposita presso la cancelleria del giudice. Non è regolata l'evenienza di opposizioni di taluni creditori o di terzi. L'eventuale conflitto dovrebbe, comunque, poter essere rimesso al giudice, atteso che il 2° comma prescrive che il liquidatore, prima del completamento delle operazioni di vendita, informi dell'esito delle procedure il debitore, i creditori e il giudice. Questi può sempre sospendere gli atti esecutivi del piano liquidatorio, qualora si appalesino gravi e giustificati motivi.

Il liquidatore ha l'amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione e può subentrare nelle procedure espropriative pendenti su beni del debitore (2° comma).

Nell'ambito delle operazioni di vendita è previsto che le stesse debbano essere effettuate tramite “procedure competitive”, se del caso avvalendosi di soggetti specializzati, con stime effettuate da operatori esperti e assicurando adeguate forme di pubblicità e la massima informazione e partecipazione degli interessati.

Lo svincolo delle somme e la cancellazione di ogni formalità pregiudizievole (iscrizioni, trascrizioni, pesi, ecc.) sono ordinati dal giudice previa verifica della conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione (3° comma).

Art. 14-decies

: il liquidatore esercita ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio da liquidare, compreso il recupero crediti.

Riguardo ai beni sopravvenuti nei quattro anni dalla domanda (art. 14-undecies) si stabilisce che essi costituiscono oggetto della stessa, dedotte le passività incontrate (al pari del fallimento, art. 42 cpv.); mentre i creditori aventi causa o titolo posteriori alla pubblicizzazione del decreto di apertura non possono agire sul patrimonio destinato ai concorrenti nella liquidazione (art. 14-duodecies).

L'art. 14-terdeciesè relativo, infine, all'esdebitazione. Si pretende una forte dose di meritevolezza, dato il notevole beneficio accordabile. Il debitore persona fisica (consumatore o imprenditore agricolo) è liberato dai debiti residui nei confronti dei creditori per titolo o causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del capo II rimasti insoddisfatti, a condizione che:

  1. abbia cooperato al regolare ed efficace svolgimento della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utili, nonché

  2. adoperandosi per il proficuo e celere svolgimento delle operazioni;

  3. non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda;

  4. non sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno dei reati previsti dall'art. 16;

  5. abbia svolto, nei 4 anni della procedura, un'attività produttiva di reddito adeguata alle proprie competenze e alla situazione di mercato o, in ogni caso, abbia cercato un'occupazione e non rifiutato, senza giustificato motivo, proposte di impiego;

  6. siano stati soddisfatti, almeno in parte, i creditori per titolo e causa anteriore al decreto di apertura della liquidazione.

Per il 2° comma l'esdebitazione è esclusa:

  1. quando il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali;

  2. quando il debitore, nei cinque anni precedenti l'apertura della liquidazione o nel corso della stessa, ha posto in essere atti in frode ai creditori, pagamenti o altri atti dispositivi del proprio patrimonio, ovvero simulazione di titoli di prelazione, allo scopo di favorire alcuni creditori a danno di altri.

Comma 3. L'esdebitazione non opera:

  1. per i debiti derivanti da obblighi di mantenimento e alimentari;

  2. per i debiti da risarcimento danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché per le sanzioni penali ed amministrative che non siano accessorie a debiti estinti;

  3. per i debiti fiscali che, pur essendo anteriori al decreto di apertura, sono stati accertati in seguito per la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Norma di iniquo favore per l'erario.

Il giudice, con decreto adottato su ricorso del debitore interessato, presentato entro l'anno dalla chiusura della liquidazione, sentiti i creditori non integralmente soddisfatti e verificate le condizioni di cui ai commi 1 e 2, dichiara inesigibili nei suoi confronti i crediti non integralmente soddisfatti. Tali creditori possono proporre reclamo al tribunale ai sensi dell'

art. 739 c.p.c.

Il provvedimento di esdebitazione è revocabile in ogni momento, su istanza dei creditori, se risulta che è stato concesso ricorrendo l'ipotesi del comma 2, lettera b) o il compimento di atti fraudolenti. Si applicano, in quanto compatibili, gli

art. 737 ss. c.p.c.

All'art. 16 sono previste sanzioni penali (reclusione da sei mesi a due anni e multa da 1.000 a 50.000 euro) per il debitore che - per quanto attiene alla liquidazione - “al fine di ottenere l'accesso alle procedure di cui alle sezioni prima e seconda del presente capo, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile; ovvero “omette l'indicazione di beni nell'inventario di cui all'articolo 14-ter, comma 3”.

Anche il componente dell'OCC, ovvero il professionista di cui all'articolo 15, comma 9, che rende false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella relazione di cui agli articoli 9, comma 3-bis, 12, comma 1 e 14-ter, comma 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

Considerazioni finali

Dalle suesposte considerazioni discende la constatazione che da oggi l'Italia entra nel novero dei Paesi ove

la cancellazione dei debiti residui sarà teoricamente consentita; tuttavia è ipotizzabile che solo un contenuto numero di debitori la otterrà concretamente, stanti le stringenti condizioni stabilite dalla legge per la concessione. Ma nel nostro contesto economico, caratterizzato da un'eccessiva deresponsabilizzazione del mercato del credito – primo artefice dell'indebitamento fuori controllo di famiglie e imprese -, da volumi crescenti di prestiti al consumo e da una ristretta rete di protezione sociale, risulta rilevante la possibilità di bilanciamento ora offerta, che può mettere queste categorie di soggetti nelle condizioni di affrontare le situazioni di sovraindebitamento recuperando un ruolo attivo nel mercato.

Se però la legge consente al debitore di liberarsi dai debiti non soddisfatti, essa in sostanza gli garantisce una copertura assicurativa, a spese dei creditori, contro il rischio di insolvenza. La legge, dunque, sposta in modo definitivo il costo dell'insolvenza sulle spalle dei creditori. Il fresh start si sostanzia, allora, nella concessione di una sorta di responsabilità limitata alle persone fisiche (

D. Porrini,

Il sovraindebitamento delle famiglie: un'analisi di economia e diritto

)

.

In molti Stati evoluti il beneficio di questa libertà viene considerato superiore al costo economico per il sistema del credito; da noi, per ragioni a tutti note ed evidenti, c'è da temere che accada l'inverso, nel qual caso la conseguenza sarà il naufragio della legge appena varata.

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