Stato dell'arte su nomina e poteri liquidatore e altri organi di direzione e controllo nel concordato con cessione di beni

19 Gennaio 2012

Si analizza la figura del liquidatore giudiziale e degli altri organi di direzione controllo nel concordato con cessione di beni (commissario giudiziale e giudice delegato). L'autore muove dall'esame della norma di cui all'art. 182 l. fall., nel testo ante e postriforma della legge fallimentare soffermandosi poi sulle modifiche apportate da ultimo dal d.lgs. n. 169 del 2007. Particolare attenzione è inoltre dedicata al dibattito dottrinario relativamente alla natura cogente o derogabile di tale disposizione normativa e agli orientamenti della giurisprudenza di merito e di legittimità sul punto.
L'art. 182 l. fall. fino al d.lgs. 169 del 2007

I due primi interventi riformatori della

legge fallimentare

attuati con il d.l. 32 del 2005 ed il

d.lgs. 5

del

2006

avevano lasciato immutato l'

art. 182

l. fall

., che consisteva in un unico scarno comma, e si limitava a prevedere che “se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o più liquidatori ed un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione”.

Prima del

d.lgs. 169 del 2007

era il tribunale a dover determinare le modalità della liquidazione post-concordataria, nominando il liquidatore giudiziale ed i membri del CdC e disciplinando le modalità di realizzo dei beni ceduti ai creditori, senza sostanziali limiti di forma e di sostanza. I due primi interventi sulla

legge fallimentare

, il d.l. 32 del 2005 e il

d.lgs. 5 del 2006

, non erano intervenuti sull'art. 182.

Vi era peraltro un acceso dibattito in giurisprudenza sulla possibilità di integrare le lacune della disciplina disposta dal tribunale utilizzando le norme dettate per la procedura fallimentare, risolto in senso positivo da

Cass. S

S

.U

U

. 19506

del 20

08

(Fall. 2008, 1934).

Nella vigenza della normativa ante riforma del 2005 prevaleva l'opinione per cui l'

art. 182

l. fall

. avrebbe trovato applicazione solo quando la proposta concordataria non prevedesse altrimenti, ed il debitore era legittimato a proporsi in prima persona o attraverso suoi incaricati per la gestione liquidatoria, determinandone i soggetti e le concrete modalità (Cass. SS.UU. 14083 del 2005 in Fall. 2005, 131, e da ultimo Cass. 5993 del 2011 in Fall. 2011, 949).

Peraltro nel concordato ante riforma la questione aveva scarsa rilevanza, attesi i rigidi presupposti per l'accesso al concordato ed il penetrante potere di sindacato e controllo del tribunale.

Identica è stata l'opzione accolta dall'unica sentenza di legittimità reperita in relazione all'

art. 182

l. fall

. post emanazione del

d

.

lgs. 5 del

2006

, da quest'ultimo non modificato rispetto all'originaria previsione normativa di cui al

r.d.

16 marzo 1942, n. 267

, e ciò proprio in forza della mancata modifica del testo (

Cass. 1345 del 2011

, in Fall. 2011, 533).

Il nuovo art. 182: il liquidatore giudiziale

Il “correttivo” ha lasciato sostanzialmente immutato il primo comma dell'

art. 182

l. fall

., semplicemente sostituendo il riferimento alla sentenza di omologazione con quello al decreto, ora provvedimento conclusivo della fase di omologa, ma ne ha aggiunti altri quattro, regolando compiutamente per la prima volta l'intera fase esecutiva del concordato preventivo.

Ai sensi del nuovo secondo comma, nei limiti della compatibilità, si applicano al liquidatore giudiziale le norme dettate per il curatore fallimentare dagli art. 28 (requisiti per la nomina), 29 (accettazione dell'incarico), 37 (revoca da parte del tribunale), 38 (responsabilità), 39 (compenso), 116 (rendiconto).

Quindi il liquidatore dovrà essere un ragioniere, un dottore commercialista o un avvocato, uno studio associato tra tali professionisti, o un esperto amministratore, direttore o sindaco di una S.p.A. non dovrà versare in nessuna delle situazioni di incompatibilità di cui all'

art. 28

l. fall

. ultimo comma, e dovrà comunicare entro due giorni la sua volontà di accettare l'incarico, pena la sostituzione.

Potrà essere revocato dal tribunale su proposta del G.D., del CdC o d'ufficio, con decreto motivato, sentiti il liquidatore ed il comitato dei creditori.

Dovrà assolvere i suoi compiti con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, tenere un registro vidimato da un componente del CdC ed annotarvi giornalmente le singole operazioni contabili; l'azione di responsabilità contro il liquidatore revocato è proposta dal nuovo liquidatore, previa autorizzazione del CdC o del G.D.

Ha diritto al compenso ed al rimborso delle spese anticipate, liquidate con decreto del tribunale, non soggetto a reclamo, ma ricorribile in cassazione, secondo la tariffa fissata dal

d

.

m

. 570

del 19

92

per i curatori, ed in base al solo attivo realizzato (Cass. 1730 del 2004); vanno però segnalate isolate decisioni che hanno ritenuto di dover considerare nella liquidazione del compenso anche il passivo, in base alla considerazione per cui il liquidatore ha almeno in parte anche la gestione del passivo, ad esempio in fase di riparto, ed è passivamente legittimato nelle relative controversie (

Trib. La Spezia 30 gennaio 2006

, pres. Cardino, decreto).

Dovrà presentare il rendiconto finale al G.D., con le modalità di cui all'

art. 116

l. fall

., con successiva fissazione di udienza per il suo esame, e approvazione con decreto del G.D. ove non vi siano contestazioni; in caso contrario le contestazioni verranno risolte dal tribunale in camera di consiglio.

Non viene richiamato l'

art. 30

l. fall

., che qualifica il curatore come pubblico ufficiale, e pertanto il liquidatore non dovrebbe rivestire tale figura, ma dovrebbe essere considerato un mero ausiliario del tribunale che lo ha nominato, con la conseguente sicura inapplicabilità delle norme penali che si riferiscono al pubblico ufficiale, e che presuppongono l'espressa attribuzione normativa di tale qualifica.

L'esatta qualificazione giuridica del liquidatore è in realtà molto controversa, parlandosi talvolta di mandatario dei creditori, ovvero del debitore per il tramite del tribunale e nell'interesse dei creditori, talvolta di coadiutore del tribunale, talvolta di mandatario ex lege (cfr. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla

legge fallimentare

, 1043).

Attualmente, stante la previsione dell'

art. 28

l. fall

., non può essere nominato liquidatore il debitore o il suo legale rappresentante, o un creditore, in quanto in conflitto di interessi.

È altresì diffusa in dottrina l'opinione per cui non potrebbe essere nominato liquidatore il commissario giudiziale, per il conflitto di interessi con il suo ruolo di controllore della esecuzione del concordato, a lui attribuito dall'

art. 185

l. fall

., nonché di soggetto legittimato alla richiesta di annullamento del concordato, ai sensi degli

art. 186

e

138

l. fall

., ove si scopra che è stato dolosamente esagerato il passivo ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo.

Si tratta di tesi opinabile, potendo anche reputarsi che non vi sia conflitto di interessi tra il compito di sorveglianza dell'esecuzione del concordato, alla stregua del piano approvato, unitamente al G.D. ed al CdC, e quello di soggetto incaricato di procedere alla liquidazione dei beni, alla stregua delle regole legali di cui all'

art. 182

l. fall

.; allo stesso modo potrebbe considerarsi non configurabile un conflitto di interessi tra l'incarico di liquidatore ed il dovere di chiedere l'annullamento del concordato in presenza delle condizioni di cui all'

art. 138

l. fall

.

Sta di fatto che alcuni tribunali nominano liquidatore lo stesso commissario, specie ove le operazioni di liquidazione, come spesso avviene, siano di portata limitata, allo scopo di comprimere i costi, e di semplificare la gestione della esecuzione del concordato.

Il comitato dei creditori

Viene nominato dal tribunale con il decreto di omologazione, ed il suo funzionamento è regolamentato dagli

art. 40

e

41

l. fall

. (

art. 182

, comma 3,

l. fall

.); il tribunale provvede anche alla sostituzione dei suoi componenti.

Il CdC nominato dal tribunale, oltre ai generici compiti di vigilanza ed assistenza alla liquidazione, autorizza, ai sensi dell'art. 182, comma 4, le vendite di aziende e rami delle stesse, di beni immobili e mobili registrati, nonché le cessioni di attività e passività dell'azienda e di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, cioè i principali atti della fase liquidatoria.

Va evidenziato che si tratta di un cambiamento radicale rispetto al passato, in cui spesso il tribunale attribuiva al G.D. questi compiti; la scelta è chiaramente quella di valorizzare l'ampia autonomia negoziale attribuita alle parti nel nuovo sistema concordatario.

Le modalità delle vendite post-concordatarie

Il quinto comma dell'

art. 182

l. fall

. prevede l'applicabilità alle vendite post-concordatarie degli

art. da 105

a

108

l. fall

., che regolamentano le vendite fallimentari.

Non è richiamato l'

art. 104-

ter

l. fall

., per cui il liquidatore non dovrà redigere il programma di liquidazione, ma munirsi dell'autorizzazione del CdC prima di procedere ai più importanti atti di liquidazione, come previsto dal precedente quarto comma.

Di conseguenza andrà privilegiata la vendita dell'intero complesso aziendale o in blocco dei suoi rami, beni e rapporti giuridici, e solo ove non sia possibile si procederà all'alienazione separata dei singoli cespiti.

La vendita del complesso aziendale dovrà essere preceduta dalle consultazioni sindacali, con esclusione della responsabilità dell'acquirente per i debiti pregressi.

Le vendite andranno effettuate con procedure competitive, sulla base di stime normalmente già effettuate nelle fasi precedenti della procedura concordataria, ed avvalendosi di adeguate norme di pubblicità.

Natura cogente o derogabile del nuovo art. 182

Come abbiamo visto, fino al c.d. “correttivo” prevaleva in giurisprudenza la tesi per cui l'

art. 182

l. fall

. avrebbe trovato applicazione solo quando la proposta concordataria non prevedesse altrimenti, ed il debitore sarebbe stato legittimato a proporsi in prima persona o attraverso suoi incaricati per la gestione liquidatoria, determinandone i soggetti e le concrete modalità.

Il nuovo ed articolato testo introdotto dal correttivo ha suscitato perplessità e polemiche, perché sembra porsi in aperta contraddizione con la tendenza alla contrattualizzazione del nuovo concordato preventivo, comportando la “fallimentarizzazione” della sua fase esecutiva, con una conseguente compressione dell'autonomia privata nella regolamentazione della crisi d'impresa; si è quindi riaperto un dibattito che sembrava ormai sopito.

Parte della dottrina (FABIANI, Il concordato preventivo, 297; VITIELLO, in Codice commentato del fallimento diretto da Lo Cascio, 1596; PAJARDI–PALUCHOWSKI, Manuale di Diritto fallimentare, 890; MAFFEI ALBERTI, Commentario alla

legge fallimentare

, 1040) ritiene che la riforma non abbia mutato la natura suppletiva e derogabile dell'

art. 182

l. fall

., che sarà applicabile solo nel caso in cui il piano non preveda le modalità della liquidazione, ovvero faccia riferimento alle modalità previste dall'art. 182.

Ove invece la proposta, implicitamente o esplicitamente, escluda l'intervento giudiziale, e predetermini le modalità liquidatorie, il tribunale sarebbe sfornito del potere di nomina degli organi della liquidazione e di determinazione delle altre regole di svolgimento dell'attività, l'art. 182 non sarebbe applicabile, e la liquidazione avverrebbe con le modalità previste dalla proposta.

Tale interpretazione valorizza sul piano sistematico il raccordo con l'

art. 160

l. fall

., che sembra lasciare la volontà del debitore libera di determinare il contenuto del piano, senza ingerenze giudiziali: l'espressione “se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente” viene quindi interpretata come riferita alla fattispecie in cui la proposta concordataria preveda compiutamente le modalità di liquidazione.

In tale ottica il nuovo testo dell'art. 182 non è visto come una compressione dell'autonomia negoziale, ma, al contrario, poiché vengono per la prima volta determinate le modalità della liquidazione giudiziale, come espressione della volontà di limitare gli ampi poteri un tempo attribuiti al tribunale in sede di omologazione. Quindi, da un lato, il tribunale non potrebbe in alcun modo modificare le modalità negoziali della liquidazione, ma al massimo potrebbe intervenire per colmarne le lacune, senza tradirne lo spirito; dall'altro, nel disciplinare la fase di liquidazione, dovrebbe attenersi alle nuove regole legali.

Secondo un diverso e preferibile orientamento, invece, la “fallimentarizzazione” della liquidazione concordataria implica che il tribunale non possa essere espropriato del potere di nomina del liquidatore solo perché il piano ipotizza una diversa soluzione: l'inciso “se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente” andrebbe interpretato come riferito non alla diversa volontà del debitore e dei creditori che hanno approvato il concordato, ma alla concreta necessità di far luogo alla liquidazione dei beni.

Se invece il piano prevedesse una cessione dei beni mediante la loro attribuzione ad un assuntore o ai creditori, ovvero la vendita in blocco di tutte le attività saltando la fase della liquidazione in senso stretto, allora il tribunale non dovrebbe nominare il liquidatore (PACCHI ed altri, in Le riforme della legge fallimentare

, a cura di A. Didone, 1888; BRUNI-D'AMORA, in Concordato preventivo, concordato fallimentare ed accordi di ristrutturazione, a cura di Ferro-Ruggiero-Di Carlo, 243; DI CECCO, La

legge fallimentare dopo la riforma

, a cura di Nigro-Sandulli-Santoro, 2234).

Non si segnalano ancora pronunce di legittimità, ma la giurisprudenza di merito

appare condividere tale secondo orientamento e propendere per la natura inderogabile della norma. Così il Tribunale di Roma, con decreto del 29 luglio 2010 (in Fall. 2011, 225), ha ritenuto inammissibile l'affidamento della liquidazione giudiziale dei beni ceduti allo stesso debitore, anche alla luce del nuovo

art. 182

l. fall

., in quanto la cessio bonorum , ai sensi degli

art. 1979

e

1980 c.c.

, comporta necessariamente la perdita per il debitore del potere di amministrare e disporre dei beni ceduti, sicché alla liquidazione non può provvedere lo stesso debitore.

Viene altresì evidenziato che non è opportuno che gli amministratori o i liquidatori della società debitrice siano incaricati delle operazioni liquidatorie da compiere nell'interesse dei creditori della medesima società, atteso l'irriducibile conflitto di interessi che viene ad insorgere.

Il Tribunale di Milano, con decreto del 28 ottobre 2011 (in ilFallimentarista.it), che dichiara ammissibile il ricorso per concordato preventivo di un'importante Fondazione operante nel settore della sanità privata, affronta espressamente ed approfonditamente la questione, affermando che l'

art. 182, primo comma,

l. fall

., con l'inciso “e non dispone diversamente”, non necessariamente allude alla possibilità che il debitore proponente eserciti jure proprio il potere di effettuare la liquidazione, al contempo privando il tribunale del potere di nomina del liquidatore. Più semplicemente, la norma fa salva la possibilità che la proposta concordataria, pur prevedendo la cessione dei beni, non esiga in concreto lo svolgimento di alcuna attività liquidatoria, come nei numerosi casi in cui, per le più diverse ragioni, spesso motivate dall'urgenza di provvedere o dal rischio di deterioramento dei beni, già tutto è stato liquidato, oppure i beni ceduti non siano che semplici contratti rispetto ai quali l'unica attività da compiere sia la relativa sottoscrizione. Viene altresì evidenziato che l'

art. 182, secondo comma,

l. fall

., rinviando all'

art. 37

l. fall

., prevede espressamente il potere di revoca del liquidatore, che presuppone il potere di nomina, ed infine, sul piano sistematico, che con il c.d. “correttivo” il legislatore ha inserito ben quattro commi nell'

art. 182

l. fall

. ridisegnando una complessiva disciplina della liquidazione dei beni oggetto della cessione che ha carattere marcatamente giudiziale/pubblicistico e natura apparentemente imperativa, e quindi non derogabile, cosicché devono ritenersi venuti meno i dubbi sorti con riferimento alla disciplina previgente.

Il commissario giudiziale

Dopo l'omologazione muta il ruolo del commissario giudiziale, che da organo attivo di gestione della procedura diventa organo di controllo sulla corretta esecuzione del piano concordatario, a tutela degli interessi dei creditori ed in funzione dell'adempimento del concordato, come previsto dall'

art. 185

l. fall

.

Il commissario potrà segnalare ai creditori ogni fatto suscettibile di integrare ipotesi di risoluzione, in quanto adesso solo i creditori possono chiedere la risoluzione.

Potrà invece chiedere al tribunale l'annullamento in caso di dolosa esagerazione del passivo o sottrazione e dissimulazione di una parte rilevante dell'attivo.

Il giudice delegato

Anche il G.D. perde, dopo l'omologa, ogni funzione di gestione attiva della procedura, per assumere funzioni di controllo sulla corretta gestione della fase esecutiva, ed al G.D. il commissario deve riferire ogni fatto dal quale può derivare pregiudizio ai creditori.

Egli quindi sorveglia l'operato del liquidatore e può chiederne al tribunale la revoca, autorizzando il nuovo liquidatore all'esercizio dell'azione di responsabilità; approva il rendiconto del liquidatore o rimette le parti davanti al tribunale in caso di contestazioni; esercita le funzioni del CdC inerte o non costituito, o, in caso d'urgenza, gestisce eventualmente le vendite coattive dei beni ceduti ai creditori ai sensi dell'

art. 107

l. fall

. ove venga scelta tale forma di liquidazione; sospende su istanza di parte la vendita gestita dal liquidatore in presenza di gravi e giustificati motivi ovvero ne impedisce il perfezionamento in caso di prezzo sproporzionato rispetto al valore di mercato; a vendita perfezionata dispone con decreto la cancellazione di trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli.

Avverso i decreti del G.D. sarà possibile il reclamo davanti al tribunale

ex art. 26

l. fall

., per l'espresso richiamo di tale norma da parte dell'

art. 164

l. fall

., ed anche in considerazione dell'avvenuta “fallimentarizzazione” della liquidazione concordataria. Deve invece dubitarsi della possibilità di reclamare davanti al G.D. gli atti del liquidatore, per vizi di legittimità,

ex art. 36

l. fall

., in quanto tale norma non è richiamata per il concordato.

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