Brevi riflessioni economiche sul concordato preventivo in continuità

19 Dicembre 2012

In presenza di una crisi d'impresa, l'operatore si trova di fronte ad un bivio: procedere con la cessazione dell'attività o prevederne la continuità. In questo senso il Legislatore, con il c.d. Decreto Sviluppo, ha modificato la legge fallimentare introducendo una nuova disciplina del concordato preventivo con continuità aziendale.L'Autore analizza questo nuovo istituto, soffermandosi non solo sui presupposti giuridici, ma anche, e soprattutto, sulle condizioni economiche che possono determinare la scelta della continuità rispetto a quella liquidatoria.
Premessa

Le nuove disposizioni in materia di concordato preventivo hanno fissato le regole che disciplinano il cosiddetto concordato in continuità (Lamanna, La

legge fallimentare dopo il “decreto sviluppo”,

Milano, 2012; Quattrocchio, Concordato in continuità e ruolo dell'attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice, in ilFallimentarista.it). Queste regole, introdotte con l'

art. 33 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83

, convertito in

L. 7 agosto

2012, n. 134

, sono entrate in vigore l'11 settembre 2012 e nello specifico hanno introdotto due nuovi articoli nella

legge fallimentare

così rubricati:

  • Art. 186-bis (Concordato con continuità aziendale);

  • Art. 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti).

Ad essi può aggiungersi, peraltro, anche la previsione di cui all'art. 169-bis (Contratti in corso di esecuzione

), anche se tale norma ha applicabilità generale.

Mentre infatti gli artt. 182-quinquies e 186-bis trattano nello specifico le condizioni della continuità, l'art. 169-bis riguarda i rapporti giuridici pendenti che interessano tanto i concordati in continuità, quanto quelli liquidatori. In ogni caso le disposizioni contenute nell'art. 169-bis, come si vedrà in avanti, svolgono un ruolo assai importante nelle condizioni della continuità.

La novella normativa prevede, da un lato, limiti di operatività nella continuità, a tutela dei creditori, ma, dall'altro, opportunità che ne agevolano la fattibilità.

Entrambe le caratteristiche saranno affrontate in questo capitolo dopo aver delineato prima le ragioni economiche che determinano la scelta della continuità rispetto a quella liquidatoria.

Le ragioni economiche e quelle giuridiche del concordato in continuità

Prima ancora di entrare nel merito delle regole giuridiche che disciplinano il concordato in continuità occorre innanzitutto verificare se e quando ricorrono le condizioni economiche perché la scelta abbia una sua valida ragione.

La crisi dell'impresa pone l'operatore davanti al bivio se procedere con la cessazione dell'attività d'impresa o prevederne la continuità. Tale scelta non è esclusiva del concordato preventivo, ma è praticabile, seppure in condizioni difficili, e verificatene le condizioni, anche in caso di fallimento, con l'esercizio provvisorio. A maggior ragione la continuità è nell'uso degli altri strumenti di soluzione della crisi, come il piano di risanamento e gli accordi ristrutturazione dei debiti.

In altre parole lo stato di crisi, e finanche quello di insolvenza, riguardano la condizione del debitore e non influiscono necessariamente in senso preclusivo sulle condizioni della prosecuzione dell'attività di impresa, che invece, in taluni casi oggi meglio precisati dall'ordinamento, potranno persistere.

E' quindi il debitore che non è nelle condizioni di soddisfare le ragioni dei creditori, mentre l'impresa, a determinate condizioni, può avere ancora una sua ragione economica, che, in quanto tale, va salvaguardata.

Il codice civile, di fatto, valorizza più l'imprenditore (

art. 2082 c.c.

) e l'azienda (

art. 2555 c.c.

), che l'impresa. La

legge fallimentare

, invece, a partire dalla riforma del 2006, ha riqualificato l'esercizio dell'impresa individuandone le sue diverse ragioni in modo autonomo rispetto all'imprenditore, e non più in casi del tutto eccezionali, come nel passato era inteso l'esercizio provvisorio.

Tuttavia, questa diversa attenzione della

legge fallimentare

per l'impresa fa fatica a farsi strada, essendo inserita in un contesto contraddittorio di norme che, da un lato, ruotano attorno alla figura dell'imprenditore, quale unico legittimato alla direzione dell'impresa, e, dall'altro, al patrimonio dell'impresa in esercizio che, in primo luogo, dovrebbe soddisfare le ragioni dei creditori e solo in seconda battuta, a certe condizioni, consentire il permanere dell'impresa in capo all'imprenditore.

Ciò va posto in relazione all'assunto economico secondo cui il legame tra l'imprenditore e l'impresa è dato dall'esistenza di un capitale proprio investito e, se questo non è più esistente a causa delle perdite conseguite, l'imprenditore e l'impresa si muovono verso due diversi destini, con diversi problemi da risolvere.

In termini di logica economica la legittimazione dell'imprenditore a disporre di un patrimonio aziendale deriva dall'esistenza del capitale proprio e se questo non esiste potrà servire solo alla soddisfazione dei creditori secondo regole concorsuali. Tale visione contrasta con quella istanza giuridica corriva a tutelare la proprietà come “diritto assoluto”, anche in contrasto con il dettato dell'

art. 42

Cost.

, che attribuisce al diritto di proprietà una funzione sociale, e dell'art. 41 secondo il quale l'iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale. Le previsioni del dettato costituzionale farebbero prevalere le ragioni sociali, e quindi economiche, dell'impresa sul diritto dell'imprenditore di disporre del patrimonio aziendale pur in assenza di condizioni legittimanti.

La contraddizione tra logica economica e giuridica è oggi ancor più accentuata dall'introduzione del nuovo

art. 182-

sexies

l. fall

. che, con il deposito del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo o per l'omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti, sospende gli effetti degli

artt. 2446,

2447,

2482-

bis

e

2482-

ter

c.c.

, riguardanti gli obblighi di ripristino del capitale sociale perduto e le cause di scioglimento della società.

In questo contesto normativo, difficile e contraddittorio, occorre identificare le ragioni economiche dell'impresa autonome e distinte rispetto a quelle dell'imprenditore. L'impresa è un luogo di interazione di risorse umane che, seppure orientate verso interessi diversi, in essa convergono. In questo senso sarebbe più appropriato riferirsi ad un'impresa quale “soggetto economico” costituito non solo dall'imprenditore, ma dai fornitori, dalle banche, dai lavoratori, dai consumatori, dall'Amministrazione statale, dagli Enti previdenziali, perché tutti insieme esercitano diritti e perseguono interessi restando però legati dai rapporti giuridici ed economici che hanno fonte nell'impresa.

La verifica economica della continuità aziendale

Dinanzi ad una crisi d'impresa che pone l'operatore davanti al bivio se procedere con la cessazione dell'attività d'impresa o prevederne la continuità, lo strumento conoscitivo più immediato e accessibile è lo schema di conto economico secondo la classificazione cosiddetta “scalare”, che pone in evidenza la remunerazione dei fattori produttivi.

Lo schema di conto economico “scalare”, adottato da oltre due decenni dal codice civile sostituendo il vecchio schema a sezioni contrapposte, è quello che meglio evidenzia le criticità dell'andamento economico, in quanto distribuisce tra i fattori produttivi (lavoro, materie e capitale) idealmente il valore aggiunto creato nell'esercizio dell'attività di impresa.

Nell'esame diagnostico del conto economico si individuano le evidenze della crisi e partendo da esse si ipotizzano le possibili soluzioni.

Partendo dal “Valore della produzione” e detraendo i costi diretti, quali gli acquisti ed il costo del personale, se il risultato è già negativo le prospettive di continuità sono praticabili solo attraverso interventi sul processo produttivo che interessano tanto il fattore “lavoro”, quanto il fattore “materie”. La causa del margine negativo potrà risiedere negli scarsi ricavi di vendita rispetto alla struttura produttiva o nella scarsa competitività rappresentata dal rapporto dei fattori produttivi Lavoro/Materie.

Nel primo caso, riguardante l'insufficienza dei volumi di vendita, le possibilità di continuità potranno risiedere, oltre che nel ripristino dei volumi sperati, nella ristrutturazione dell'impianto produttivo, ad esempio attraverso la riduzione del personale.

Nel secondo caso, riguardante il rapporto Lavoro/Materie, la soluzione è di carattere tecnologico, perché solo incidendo sul processo produttivo si potranno ottenere migliori risultati con la modifica del rapporto. In altri termini la maggiore efficienza del sistema produttivo deve necessariamente passare attraverso il miglioramento tecnologico del processo.

Quindi, in presenza di margini negativi dopo la detrazione dei costi diretti, le soluzioni della continuità risiedono nella possibilità di aumento dei volumi di vendita o nell'intervento sul processo produttivo modificando il rapporto lavoro/materie.

Si ipotizzi ora, sempre secondo lo schema “scalare”, di individuare i risultati negativi dopo aver contemplato gli oneri finanziari. In tale situazione l'analisi porta a ritenere che i margini positivi del processo non sono sufficienti alla remunerazione dell'intero capitale investito, intendendo questo composto da quello proprio più quello di terzi. L'indagine quindi sulle possibilità della continuità si sposta dall'esame del processo produttivo a quello finanziario. Le ragioni risiederanno nel rapporto capitale proprio/capitale di terzi, quindi nell'insufficienza del primo rispetto al secondo nell'alimentazione del processo produttivo e nel finanziamento del ciclo temporale del capitale circolante netto.

Essendo nota, nel sistema economico italiano, la scarsa componente di capitale proprio rispetto a quello di terzi (banche in particolare), le soluzioni non potranno che risiedere nella modifica di detto rapporto, e quindi nella capacità (e volontà!) dell'imprenditore di immettere capitali propri nell'impresa. Se la strada non è praticabile per mancanza di disponibilità, o volontà, si aprirà la via dell'avvicendamento di nuove figure imprenditoriali in capo all'impresa in sostituzione dell'imprenditore originario (turnaround).

L'analisi della struttura finanziaria dell'impresa porta ad individuare le aree in cui si perde efficienza finanziaria. In particolare, nel cosiddetto ciclo del circolante si rilevano tempi lunghi del ritorno dei flussi finanziari determinati dall'ampiezza temporale del ciclo:

gg durata del Circolante: gg giacenza di magazzino + gg incasso da clienti - gg pagamento debiti a breve.

In assenza di risorse finanziarie sufficienti, il ciclo temporale del circolante è finanziato da banche con anticipazioni e factoring.

Modificare la tempistica del circolante nelle condizioni attuali del sistema può essere considerata mera utopia, ma almeno in linea teorica la questione deve essere quantomeno posta.

Pertanto, in assenza di margini sufficienti a coprire gli oneri finanziari, le soluzioni della continuità risiedono nella modifica del rapporto capitale proprio/capitale di terzi o nella riduzione della durata del ciclo del capitale circolante.

Infine, quando i risultati negativi si riscontrano nella fascia che contempla le componenti straordinarie, le cause sono esogene e quindi non più imputabili alla commistione dei fattori produttivi all'interno dell'impresa.

In questi ultimi periodi è sempre più frequente riscontrare, in imprese ritenute sane, che le perdite sono determinate da mancati incassi di crediti. Si tratta del tanto temuto effetto domino, per cui la crisi di un'impresa provoca a sua volta la crisi di altre imprese, stanti le difficoltà dell'intero sistema dei pagamenti. Le soluzioni di continuità in tali situazioni risiedono nella capacità dell'impresa di penetrare in nuovi mercati non afflitti dalla crisi del sistema dei pagamenti, come ora è il nostro. Soluzioni chimeriche, probabilmente, tenuto conto della bassa competitività delle nostre imprese. Anche l'immissione di nuovi e ulteriori mezzi finanziari per coprire le perdite, in assenza della rimozione delle cause critiche, non pare la scelta economicamente più logica, poiché, in assenza di adeguate contromisure, nel breve tempo quelle risorse verrebbero ugualmente erose.

L'individuazione schematica delle cause della crisi e delle possibili soluzioni deve però, nella pratica, fare i conti con l'insieme delle concause che determinano le perdite e conseguentemente con una pluralità di contromisure utili per contrastare la crisi ed ipotizzare il percorso della continuità.

Le fasi successive alla diagnosi

Una volta identificate le cause della crisi e la disponibilità delle opportunità per accedere alle soluzioni, occorre procedere verso le fasi successive che richiedono un costante e sistematico “monitoraggio” delle condizioni dell'azienda.

Nel concordato preventivo occorre tener conto che l'obiettivo dei creditori è la soddisfazione dei loro crediti, che può essere raggiunto attraverso il risanamento dell'impresa a cui è stata concessa la “continuità”, sia che questo avvenga nell'ambito della stessa impresa, sia che l'azienda sia stata oggetto di cessione o affitto a società terze anche di nuova costituzione.

Nel primo caso l'azienda tornerà, in un arco temporale ragionevole che i creditori avranno accettato, in condizioni di equilibrio finanziario tali da consentirle di riuscire ad eseguire i pagamenti con regolarità. Nel secondo caso i creditori saranno remunerati con il ricavato del corrispettivo della cessione dell'azienda che sarà stata trasferita a terzi.

Secondo il nuovo ordinamento sono infatti considerati concordati in continuità sia la soluzione del risanamento interno che la soluzione della cessione a terzi o del conferimento in una diversa società.

In entrambe le soluzioni occorrerà tenere in considerazione i flussi di cassa generati, che consentiranno la soddisfazione dei creditori nei termini e condizioni proposti nel piano.

Evidentemente l'evoluzione della continuità dovrà essere prospettata in un piano che servirà innanzitutto agli stessi operatori economici per razionalizzare le aspettative di risanamento attraverso un procedimento di analisi preventiva (budget).

Il percorso prospettico porterà all'individuazione dei costi e dei ricavi secondo le nuove potenzialità di cui si potrà tenere conto, che non potranno però prescindere dalla rimozione totale o parziale delle cause della crisi individuate nella fase di diagnosi.

Occorrerà quindi individuare un arco temporale nel quale l'azienda potrà dirsi risanata, di durata ritenuta accettabile dai creditori, al termine del quale essi riusciranno ad avere soddisfazione dei loro crediti alle condizioni concordatarie.

I flussi economici prospettici derivanti dai budget annuali dovranno essere rappresentati in flussi di cassa tenendo conto dei tempi medi di incasso e pagamenti e delle linee di fido disponibili.

I flussi economici verranno quindi rappresentati come flussi finanziari ponendo in evidenza i saldi di cassa all'inizio e alla fine del periodo o sub-periodo considerato.

Il budget economico ed il budget finanziario saranno gli strumenti cognitivi principali degli operatori, e saranno poi riportati nei piani di concordato per il vaglio, prima dell'attestatore, poi degli organi del concordato e dei creditori che dovranno accettare la proposta.

Il risultato finale della prospettazione dovrà rendere un saldo di cassa sufficiente a soddisfare il fabbisogno concordatario.

Il concordato in continuità secondo la riformata legge fallimentare

Come evidenziato in premessa, le modifiche della

legge fallimentare

introdotte nei mesi di giugno e agosto del 2012 che riguardano il concordato in continuità si riassumono nei nuovi articoli 186-bis, 182-quinquies e 169-bis.

Con l'art. 169-bis, che, come già detto, non riguarda necessariamente il concordato in continuità, si regolamentano i contratti in corso di esecuzione. La portata della norma è di rilievo, in quanto consente importanti agevolazioni in ordine alla prosecuzione, sospensione o scioglimento dei contratti in essere.

Infatti è consentito al debitore in concordato tanto lo scioglimento quanto la sospensione del contratto pendente. La vera novità si rinviene al secondo comma, con cui si stabilisce che l'indennizzo riconosciuto al contraente va soddisfatto come credito anteriore al concordato. Con questa previsione l'indennizzo non è più prededucibile, bensì credito da soddisfare con moneta concorsuale. Il valore economico di tale previsione potrà agevolare l'ipotesi di continuità, in quanto la ristrutturazione dell'impresa consentirà di rivedere non solo i contratti passivi, come i contratti di leasing e di somministrazione di forniture, ma anche quelli attivi come gli appalti, la cui prosecuzione potrà essere rivalutata in considerazione del fatto che l'abbandono o la sospensione temporanea comporterà un onere che verrà soddisfatto nei tempi e alle condizioni indicati nel piano di concordato.

Dalla previsione dell'art. 169-bis sono esclusi: le clausole compromissorie, i rapporti di lavoro subordinato, i preliminari di vendita trascritti relativi ad immobili per abitazione e ad uso di impresa e i contratti di locazione (in cui il locatore è chi propone il concordato).

L'art. 186-bis, comma 1, definisce il concordato in continuità come una modalità di adempimento della proposta, rinviando in questo senso all'art. 161, comma 2, lett. e).

Inoltre prevede tanto la prosecuzione dell'attività dell'impresa in capo al debitore quanto la cessione dell'impresa in esercizio o il conferimento della stessa in capo a terzi soggetti. Sempre il primo comma prevede per tali situazioni l'applicazione delle regole contenute nello stesso articolo ed in generale per il concordato preventivo.

Sempre il primo comma considera l'ipotesi che la continuità possa riguardare non necessariamente l'intera azienda, ma solo una parte di essa, prevedendo la liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.

La scelta della continuità comporta che il piano debba contenere un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività dell'impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura.

La domanda che si è subito posta è se l'applicazione di tale obbligo informativo incomba anche in capo ai soggetti terzi che interagiscono con il debitore ricorrente per la circostanza di essere cessionari, affittuari o conferitari dell'azienda.

La risposta dovrebbe essere negativa, in quanto gli effetti del concordato riguardano il debitore e i creditori limitatamente alle loro ragioni di credito, ma non i terzi, salvo espressa previsione legislativa.

A parere di chi scrive, in attesa di eventuali contributi dottrinari e giurisprudenziali al riguardo, gli obblighi informativi riguarderanno solo la posizione del ricorrente e pertanto i costi e i ricavi attesi dovranno essere quelli derivanti dal corrispettivo della cessione o dal valore dei titoli derivante dal conferimento.

In tali casi si ritiene opportuno che il piano sia corroborato dalle informazioni utili a considerare affidabile il contraente nell'adempimento degli obblighi che si assume con la procedura.

Nel caso invece in cui la prosecuzione dell'attività dell'impresa avvenga da parte del debitore, il piano dovrà riportare l'analisi economica previsionale di cui si è trattato nel paragrafo precedente, ritenuta, prima che un obbligo giuridico, un elemento basilare ed imprescindibile di previsione e controllo dell'attività economica. Pertanto i piani dovranno riportare i budget economici e finanziari e le eventuali risorse di nuova finanza con l'indicazione della successiva copertura.

La condizione legale per la continuità è indicata al comma 2, lett. b), ed è la seguente: la prosecuzione dell'attività dell'impresa prevista nel piano deve esserefunzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. La collocazione di tale condizione nella costruzione dell'articolo (ma, come vedremo, è richiamata con la medesima formulazione nell'art. 182-quinquies) non pone in evidenza l'importanza che merita.

La previsione della migliore soddisfazione dei creditori deve interpretarsi in termini comparativi con la prospettiva liquidatoria. Conseguentemente il piano nella sua redazione non potrà prescindere dalla doppia prospettazione: liquidatoria e di continuità, poiché solo dal confronto delle due potrà prospettarsi che la continuità garantisca la migliore soluzione per i creditori.

Tale condizione prioritaria deve essere nello specifico attestata dal professionista incaricato all'attestazione dell'intero piano concordatario.

L'art. 186-bis indica poi le agevolazioni previste per chi opta per la continuità.

Al comma 2, lett. c), si prevede un termine di moratoria pari ad un anno dall'omologazione, se richiesto dal piano, per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che prima del decorrere del termine sia prevista l'alienazione dei beni o diritti su cui sussiste il diritto di prelazione.

Il terzo comma prevede che i contratti in corso di esecuzione, fatta salva la volontà del debitore ex art. 169-bis, non si risolvono per l'effetto dell'apertura della procedura, rendendo espressamente inefficaci eventuali patti contrari. Pertanto le clausole inserite nei contratti che prevedono la risoluzione in caso di procedure concorsuali non avranno effetto per il concordato in continuità . Tale previsione è valida anche per i contratti con le pubbliche amministrazioni. La continuazione di contratti pubblici richiederà però l'attestazione del professionista designato sul fatto che la prosecuzione del contratto è conforme al piano e che il debitore adempirà gli obblighi contrattuali.

Gli effetti di tali benefici, per espressa disposizione del legislatore, si potranno trasferire anche in capo alla società cessionaria o conferitaria dell'azienda per i contratti con essa trasferiti.

L'ammissione al concordato in continuità non impedisce poi la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici a condizione che:

  1. il professionista designato ne attesti la conformità al piano e la capacita di adempiere al contratto;

  2. che un terzo operatore, avente i necessari requisiti per l'affidamento dell'appalto, si impegni a mettere a disposizione le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare qualora l'impresa ausiliata fallisca nel corso dell'esecuzione dell'appalto. L'impresa potrà concorrere anche se è parte di un raggruppamento temporaneo di imprese.

  1. il professionista designato ne attesti la conformità al piano e la capacita di adempiere al contratto;

  2. che un terzo operatore, avente i necessari requisiti per l'affidamento dell'appalto, si impegni a mettere a disposizione le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare qualora l'impresa ausiliata fallisca nel corso dell'esecuzione dell'appalto. L'impresa potrà concorrere anche se è parte di un raggruppamento temporaneo di imprese.

Il venir meno in qualsiasi momento della condizione di fattibilità della continuità, per effetto della cessazione anticipata o del venir meno della condizione principale di miglior soddisfacimento delle ragioni dei creditori (e quindi per il manifestarsi di un danno), comporta la revoca

ex

art. 173 l.

fall

. del concordato preventivo, fatta salva la facoltà del debitore di modificare la domanda.

L'art. 182-quinquies

tratta invece le tematiche dei finanziamenti. In particolare e dei pagamenti di perstazioni essenziali.

In particolare il debitore può essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili se questi sono funzionali al migliore soddisfacimento dei creditori. La condizione, già presa in considerazione nell'art. 186-bis, è ripresa nell'art. 182-quinquies. Essa è una condizione legale, che dovrà essere attestata dal professionista designato a cui è affidata anche la verifica del fabbisogno finanziario fino all'omologazione.

Un'ulteriore facilitazione, sempre consentita condizionatamente all'attestazione della funzionalità al migliore soddisfacimento dei creditori, è data, specificatamente nell'ipotesi di concordato in continuità, dopo le necessaria autorizzazione del tribunale, quanto alla possibilità di pagare creditori anteriori al deposito del ricorso, per prestazioni di beni e servizi essenziali alla prosecuzione dell'attività di impresa. L'attestazione non sarà necessaria se i pagamenti verranno effettuati con nuova finanza senza obbligo di restituzione.

Conclusione e sintesi

Le nuove norme che regolano la continuità possono essere schematizzate come segue.

Viene posto un vincolo legale, che è la funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori.

La condizione è che il vincolo sia attestato dal professionista designato ai sensi dell'

art. 67 l. fa

ll

.

L'obbligo è di dare analitica indicazione dei costi, dei ricavi e delle risorse necessarie a consentire la continuità dell'impresa.

Le agevolazioni si compendiano nella possibilità di moratoria di un anno nel pagamento dei crediti privilegiati, nell'inefficacia delle clausole di risoluzione dei contratti pendenti in casi di procedure concorsuali, nella possibilità di partecipare a gare pubbliche anche con associazioni temporanee di imprese, nella capacità di contrarre finanziamenti prededucibili e pagare creditori anteriori al concordato per prestazioni ritenute essenziali.

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