Brevi note sul rinnovellato articolo 115 l. fall.

22 Maggio 2012

La norma che disciplina le modalità di pagamento ai creditori è stata oggetto di ripetuti ritocchi nelle riforme del 2006 e 2007. Se prima, infatti, l'art. 115 l. fall. si limitava a disporre che il pagamento delle somme assegnate ai creditori, secondo il piano di ripartizione, dovesse avvenire nei modi previsti dal G.D., ora è richiesto anche che le modalità stabilite dal giudice siano tali da assicurare la prova del pagamento stesso.L'Autrice esamina, quindi, le problematiche sottese a questa e alle altre novità, soffermandosi anche sulla disciplina della cessione dei crediti già ammessi.
Premessa

La lettura dell'

art. 115 l.fall.

non pone, a dire il vero, rilevanti problemi di ordine sistematico e/o ricostruttivo. Ciò non di meno, è forse opportuno richiamare l'attenzione su due aspetti che potrebbero costituire, a parere di chi scrive, oggetto di riflessione, al punto che di uno di essi si è interessato di recente il giudice di legittimità.

Come a tutti noto, la norma in discorso è stata fatta oggetto di ritocchi dalle recenti riforme del 2006 e del 2007.

Nella stesura originaria, essa prevedeva che il curatore avrebbe dovuto provvedere al pagamento delle somme assegnate a ciascun creditore dal piano di riparto poi reso esecutivo dal G.D., nei modi stabiliti da quest'ultimo. Con la conseguenza di essere considerata dalla dottrina, per l'evidente carattere di genericità, una norma, per dir così, in bianco (A. Casilli, Sub art. 115, in AA.VV., La legge fallimentare dopo la riforma, Nigro-Sandulli-Santoro (a cura di), Torino, 2010, 1611; A. Trinchi, Subart. 115, in AA.VV., Commentario alla legge fallimentare, Cavallini (diretto da), Milano, 2010, 1296; M. Zoppellari, Sub art. 114, in AA.VV., Il nuovo fallimento, Santangeli (a cura di), Milano, 2006).

La modifica, portata dalla novella, ha preteso, per il medio dell'inciso aggiunto al(l'unico) comma, che i modi di soddisfacimento stabiliti dal G.D. siano tali “da assicurare la prova del pagamento stesso”.

Il testo della norma dopo le riforme del 2006 e del 2007

L'evidenziata mutazione del testo, come si è premesso, pone senz'altro, per un verso, una questione sul piano del diritto delle prove e, per l'altro verso, una questione di intertemporalità della legge.

È, infatti, da rilevare che la norma, laddove richiede espressamente che le modalità stabilite dal giudice delegato debbano essere tali da assicurare la prova del pagamento stesso, assume a diretto destinatario non il curatore, ma il giudice e pone un problema di potenzialità dell'atto, come voluto dal giudice, a provare il pagamento. Si tratta, pertanto, di probatorietà, per dir così, in senso sostanzialee non anche processuale: come dire che il G.D. deve scegliere e individuare forme di atti di pagamento tali da comportare ex se la relativa prova.

Al riguardo, non si può tacere che la portata semantica della novella è stata oggetto di letture diverse: se taluno ha ritenuto modalità idonea ad assicurare la prova dell'avvenuto pagamento anche quella del pagamento in contanti dietro rilascio di una quietanza da parte del creditore, talaltro ha assunto invece che i modi di pagamento debbano essere tali da costituire di per se stessi la prova dell'avvenuto pagamento.

Del resto, parrebbe che, anche nel silenzio della legge previgente, il curatore dovesse in ogni caso eseguire il pagamento delle somme assegnate ai creditori secondo modalità idonee a fornire ex se la prova dell'avvenuto pagamento, e ad evitare, di conseguenza, la responsabilità indotta dalle normali regole di diligenza del mandatario, qual è colui che amministra, come nel caso di specie, somme e beni non di sua proprietà.

Si capisce, pertanto, che, se non si dà alla riforma il portato sopra attribuitole, ne resta incomprensibile la ratio.

La disciplina della cessione dei crediti già ammessi

Da soggiungere che la riforma ha contemplato, con il secondo comma aggiunto al testo originario della norma, la disciplina della cessione dei crediti già ammessi.

Nel silenzio della legge previgente due erano gli orientamenti giurisprudenziale. L'uno, quasi totalitario (

Cass. 19 giugno 2008, n. 16669

; ma anche

Cass. 26 luglio 2002, n. 11038

), secondo il quale il cessionario del credito avrebbe avuto l'onere di depositare un ricorso tardivo ai sensi e per gli effetti dell'

art. 101 l. fall

. per l'insinuazione del credito, così che il G.D. potesse verificare l'effettività della cessione rispetto al fallimento. Al riguardo, si argomentava che la cessione del credito, importando, come noto, una modifica soggettiva del rapporto obbligatorio, comportava una modifica soggettiva nello stato passivo del fallimento che, in quanto tale, sarebbe dovuta passare per la cruna degli organi fallimentari. Per tale via, quindi, la tutela del diritto di credito - già ammesso al passivo e successivamente ceduto - poteva essere richiesta dal cessionario non già con la mera notificazione al fallimento dell'avvenuta cessione, bensì mediante l'insinuazione tardiva ai sensi dell'

art.

101 l

. fall

.

L'altro orientamento, invece, del tutto minoritario, riteneva che la dichiarazione congiunta del cedente e del cessionario fosse presupposto sufficiente per la modifica dello stato passivo già predisposto (G. Lo Cascio, Obbligo del cessionario di credito di proporre l'insinuazione tardiva di cui all'art. 101 l. fall., in Giust. civ., 1992, 939).

Come a tutti noto, il legislatore della riforma, privilegiando l'esigenza di celerità a quella di certezza, ha recepito tale ultimo orientamento, richiedendo, come rilevato, l'esistenza delle sole sottoscrizioni autentiche del cedente e del cessionario, attestanti per l'appunto l'avvenuta cessione. Per tale via, si è pervenuti alla cd. semplificazione della procedura di opponibilità della cessione al fallimento. Al punto che si ritiene sufficiente la mera comunicazione - operata con qualsiasi mezzo idoneo a portare a conoscenza del fallimento l'intervenuta cessione - e non si richiede la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario. La norma nulla dispone circa il termine entro il quale deve avvenire siffatta comunicazione al curatore. Tanto che sembrerebbe corretto ritenere, tuttavia, che la comunicazione debba essere eseguita tempestivamente, e comunque prima dell'esecuzione del pagamento (GROSSI, Subart. 115, in La riforma della legge fallimentare, Milano, 2008, 1062).

La questione dell'applicazione della legge nel tempo

Come pure anticipato in limine, la lettura del secondo comma della norma pone un ulteriore problema sul piano dell'intertemporalità della legge. Si vuol dire della questione circa il se, il testo rinnovellato, possa trovare applicazione anche alle procedure concorsuali iniziate anteriormente all'entrata in vigore delle ‘novelle'.

Il connotato prettamente processuale dell'attività disciplinata dal vigente

art.

115 l

. fall

. indurrebbe a ritenere che anche le procedure iniziate sotto l'impero della normativa previgente si informino ai principi di cui alla norma novellata di cui all'art. 115, per la nota regola, per l'appunto di ordine processuale, tempus regit actum.

In questa sede sia consentito soltanto precisare che sia il provvedimento del Giudice delegato, sia l'attività, per dir così, attuativa dell'organo gestorio partecipano di una procedura - alla cui natura non è dato neppure accennare - e per questa via assumono la connotazione e il rango di atti procedimentali, melius, processuali. Con la conseguenza che la legge (processuale) applicabile è quella, e soltanto quella, vigente al momento del compimento dell'atto stesso e dunque quella vigente. Anche quando si tratti di atti componenti la struttura di un procedimento iniziato sotto il vigore della legge previgente.

Nel contesto sistematico così delimitato pare inserirsi anche la più recente giurisprudenza di legittimità (

Cass. 15 luglio 2011, n. 15660

, in Giust. civ., 2011, 10, I, 2283 che ha cassato

Trib. Pavia 14 ottobre 2009

), la quale, pur senza prendere posizione sull'applicabilità della nuova norma in virtù del noto principio tempus regit actum, predica l'applicazione del rinnovellato

art. 115 l. fall

. anche alle procedure aperte anteriormente alla data di entrata in vigore delle novelle sull'assunto che, con riferimento ai rapporti fra i creditori, nel concorso nulla viene a modificarsi. Tanto più che il pagamento con surrogazione ha il limitato effetto di soddisfare il creditore originario senza liberare il debitore, con la conseguenza che il rapporto obbligatorio non si estingue ed il solvens si sostituisce al creditore originario subentrando nel medesimo rapporto, sì che il credito mantiene il suo carattere concorsuale, senza che per effetto della successione nella titolarità dello stesso si determini danno per i creditori: il pagamento del creditore principale non viene effettuato con denaro della massa, ma - nella specie - del fidejussore e nel concorso nulla viene a modificarsi per quanto concerne i rapporti fra i creditori (

Cass., 11 settembre 2007, n. 19097

).

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