Speciale Decreto Sviluppo - I limiti alla disciplina societaria sulla perdita di capitale

03 Agosto 2012

L'art. 182-sexies l. fall., introdotto dal “Decreto Sviluppo”, prevede una deroga alla disciplina societaria disponendo che, a seguito del deposito di una domanda di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, non trovano applicazione le norme relative alla riduzione “nominale” del capitale della società in crisi e al verificarsi della causa di scioglimento.Il legislatore ha, così, disciplinato i rapporti tra la situazione di crisi societaria e l'apertura di una procedura concorsuale.L'Autore si concentra sulla ratio dell'intervento riformatore e sul suo ambito di applicazione, esaminando anche la sorte delle norme di diritto civile poste a tutela del patrimonio sociale, in relazione alla proposizione di una domanda di concordato, o di accordo di ristrutturazione dei debiti, proposta dalla società con capitale in perdita.
Il nuovo art. 182-sexies l. fall. e gli orientamenti precedenti

L'art. 33 del “Decreto Sviluppo” ha introdotto ex novo l'

art. 182-

sexies

l. fall

., rubricato “Riduzione o perdita del capitale della società in crisi”, in base al quale “Dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo, anche a norma dell'articolo 161, sesto comma, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis ovvero della proposta di accordo a norma del sesto comma dello stesso articolo e sino all'omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4, e 2545-duodecies c.c. Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione dell'

articolo 2486 del codice civile

”.

Per meglio comprendere la rilevanza e le concrete possibilità di utilizzazione delle nuove norme, occorre premettere alcuni brevi cenni sulla disciplina societaria di “diritto comune”.

La normativa societaria prevede, in estrema sintesi, che, quando per effetto di perdite il capitale sociale si sia ridotto di almeno un terzo, gli amministratori devono convocare senza indugio l'assemblea per gli opportuni provvedimenti

(artt. 2446

e

2482-

bis

c.c.

).

Se le perdite sono superiori ad un terzo ed hanno ridotto il capitale sociale al di sotto del minimo legale, ai soci spetta la scelta di decidere se provvedere alla ricapitalizzazione o lasciare che la società si sciolga (salva la possibilità di deliberare la trasformazione). La perdita del capitale sociale, alla quale i soci non rimedino attraverso una ricapitalizzazione, opera come causa di scioglimento ed impedisce la continuazione dell'attività economica, potendosi compiere soltanto gli atti necessari ai fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale.

Secondo l'opinione prevalente, anche se di recente oggetto di alcune revisioni critiche, le norme sulla riduzione del capitale per perdite sarebbero poste a tutela dei creditori sociali, in coerenza alla funzione, propria pur se non esclusiva, assolta dal capitale sociale (

Vedi, per tutti, Nobili, Spolidoro

, La riduzione di capitale, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, 6, Torino, 1993, 202 ss.; contra, vedi, di recente,

De Luca

, Le riduzioni del capitale sociale, in La nuova s.r.l., a cura di Bione, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia, diretto da Galgano, Padova, 2012, 6 ss. del dattiloscritto consultato grazie alla cortesia dell'A.; più in generale, sulla funzione del capitale sociale, vedi, in posizioni contrapposte, E

nriques, Macey

, Raccolta di capitale di rischio e tutela dei creditori: una critica radicale alle regole europee sul capitale sociale, in Riv. soc., 2002, 78; D

enozza

, A che serve il capitale?, in Giur. comm., 2002, I, 585; M

iola

, Il sistema del capitale sociale e le prospettive di riforma nel diritto europeo delle società di capitali, in Riv. soc., 2005, 1199.)

.

La perdita del capitale costituisce un indice della crisi economica

che attraversa la società, ma non si identifica con lo stato di insolvenza (

Stanghellini

, Le crisi di impresa fra diritto ed economia, Bologna, 2007, 145)

. Pur se le nozioni di perdita del capitale sociale e di insolvenza si differenziano, può tuttavia accadere che una società con capitale sociale interamente perduto venga sottoposta ad una procedura concorsuale. Ciò sia perché lo stato di insolvenza può “affiancare” la perdita del capitale sociale, così potendosi aprire la procedura fallimentare, sia perché il presupposto oggettivo della procedura di concordato preventivo (e dell'accordo di ristrutturazione dei debiti

ex

art. 182-

bis

l. fall

.) è la più ampia nozione di stato di crisi.

Si è posta, pertanto, l'esigenza di verificare se, e con quali limiti, le norme di diritto societario sulla riduzione “nominale” del capitale sociale possano trovare applicazione con riferimento alle società sottoposte a concordato preventivo.

Nel sistema previgente, autorevole dottrina che si era occupata dal tema aveva sostenuto che, durante la procedura di concordato, non trovano applicazione le norme degli

artt. 2446

e

2447 c.c.

, perché, anche se la società prosegue l'esercizio dell'impresa, la tutela dei creditori è assicurata non più dal capitale sociale, ma dai controlli che l'autorità giudiziaria ed il commissario esercitano sull'attività.

Tale orientamento andava verificato nel sistema novellato, sia con riferimento al concordato preventivo, sia, soprattutto, con riferimento al nuovo istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti

ex

art. 182-

bis

l. fall

.

Con particolare riguardo a questi ultimi, per i quali la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del debitore costituisce la regola (ferma restando la legittimità di accordi basati su piani meramente liquidatori), gli argomenti esposti, contrari all'operatività delle norme sul capitale sociale, non potevano essere utilmente invocati, attesa la mancanza di poteri di vigilanza e controllo sulla gestione della società da parte del tribunale o di organi di nomina giudiziaria.

A ciò si aggiunga, sia con riferimento ai concordati che agli accordi di ristrutturazione, che, pur potendosi affermare l'inesistenza di un obbligo di “ricapitalizzazione”, trovava comunque applicazione la norma dell'

art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.

, con conseguente scioglimento di tutti i rapporti contrattuali che prevedono, per regola legale o convenzionale, lo stato di liquidazione di una delle parti quale causa di risoluzione. Il tutto con il rischio che la risoluzione di detti contratti potesse pregiudicare il tentativo di continuazione dell'impresa da parte della società e senza la possibilità di essere tutelati da norme come quelle dettate dall'

art. 72, comma 6, l. fall

. in caso di fallimento.

Di recente, pertanto, l'opportunità di prevedere norme specifiche in tema di rapporti tra concordato preventivo e capitale sociale era stata sottolineata da Assonime, secondo la quale: “Si dovrebbe, infine, prevedere una sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione previsti dal codice civile in caso di perdite del capitale sociale, a condizione che gli amministratori si attivino tempestivamente a tutela dei creditori e che al termine del concordato la società risulti nuovamente dotata del capitale minimo legale

”.

La ratio dell'intervento riformatore

E' stato notato che l'intervento legislativo consente di superare le perplessità manifestate in precedenza circa l'ammissibilità di concordati preventivi con continuità dell'impresa, proposti da società con capitale sociale “perduto” ed in mancanza di una sua reintegrazione in un momento anteriore rispetto all'accesso alla procedura (

Lamanna

, Il c.d. Decreto Sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilFallimentarista.it, 33)

.

Una società può essere ammessa alla procedura di concordato preventivo

, sia di liquidazione che con continuità, anche se abbia interamente perso il capitale sociale ed anche se il piano di concordato preveda espressamente la prosecuzione dell'attività imprenditoriale. Allo stesso modo, l'integrale perdita del capitale sociale non impedisce alla società di depositare istanza per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e di continuare ad operare regolarmente fino al momento della omologazione dell'accordo stesso.

Per effetto della riforma, può ora affermarsi che, in presenza di una “crisi” manifestatasi anche attraverso la perdita del capitale sociale, l'intervento può essere di due tipi: una soluzione societaria che passa attraverso l'aumento di capitale sociale; una soluzione concorsuale (in senso lato) che passa attraverso il deposito di un ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Ambedue le strade, per quanto differenziate, consentono di evitare l'apertura della fase dei liquidazione e condividono l'analoga funzione di tutela dei creditori sociali.

L'ambito di applicazione

La deroga all'applicazione delle norme sulla riduzione “nominale” del capitale sociale e sul verificarsi della causa di scioglimento opera a partire dal momento del deposito del ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche nella forma semplificata prevista dal novellato

art. 161, comma 6, l. fall

., o dal momento del deposito della domanda per l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o della proposta di accordo ai sensi dell'

art. 182-

bis

, comma 6, l. fall

.

Per effetto di tali depositi, gli amministratori riprendono il potere-dovere di gestire l'impresa societaria in modo non esclusivamente conservativo, trattandosi di amministrare una società che non si trova più in uno stato di liquidazione. Alle limitazioni di diritto societario vengono in questa fase a sostituirsi le limitazioni che conseguono al deposito del ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo o, nel caso di accordo di ristrutturazione, l'obbligo di garantire una gestione coerente con le previsioni dell'accordo e del piano sottoposto all'omologazione del tribunale.

La norma ha cura di precisare che, fino al momento del deposito, continua a trovare applicazione l'

art. 2486 c.c.

e, quindi, permane l'obbligo a carico degli amministratori di gestire la società ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale. Allo stesso modo, è da ritenersi che, anteriormente rispetto alla richiesta di accesso al concordato o di omologa dell'accordo, troveranno applicazione le altre norme di tutela del patrimonio sociale e dei creditori. Pertanto, gli amministratori dovranno senza indugio accertare il verificarsi della causa di scioglimento per la riduzione del capitale sociale al disotto del minimo legale e procedere all'iscrizione nel registro delle imprese.

Resta da verificare quale sia la conseguenza dell'intervenuto deposito del ricorso di concordato o del ricorso per l'omologazione di accordo di ristrutturazione che avvenga in data successiva all'iscrizione nel registro delle imprese dell'intervenuta causa di scioglimento della società per riduzione del capitale sociale al disotto del minimo legale. Sul punto, possono ipotizzarsi due distinte situazioni. Se l'accesso alla procedura concorsuale (o l'omologa dell'accordo di ristrutturazione) viene chiesto prima della nomina del liquidatore o dei liquidatori, la sospensione della causa di scioglimento determinerà il venir meno dell'obbligo di procedere alla nomina dei liquidatori stessi e rimuoverà, altresì, i limiti all'operare degli amministratori posti dall'

art. 2486 c.c.

. Se, invece, l'accesso alla procedura verrà chiesto dopo l'intervenuta nomina dei liquidatori, tale nomina resterà ferma, così come i poteri, gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori dettati dalla legge, dallo statuto o dalla deliberazione di nomina. Nondimeno, potendosi in qualche modo parificare l'inoperatività della causa di scioglimento alla fattispecie della “eliminazione della causa di scioglimento”, la società potrà revocare lo stato di liquidazione ai sensi dell'

art.

2487-

ter

, comma 1, c.c.

Pur dopo il deposito del ricorso continua a trovare applicazione l'

art. 2446, comma 1, c.c.

, nelle S.p.A., e l'

art. 2482-

bis

, commi 1, 2 e 3, c.c.

, nelle s

.r.l.. Resta fermo, quindi, l'obbligo per gli amministratori, quando risulta che il capitale sia diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, di convocare senza indugio l'assemblea per gli opportuni provvedimenti, di sottoporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società e di dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione.

I problemi aperti

Dopo il passaggio in giudicato del decreto di omologazione del concordato preventivo trovano nuovamente piena applicazione le norme in tema di riduzione del capitale sociale per perdite, di obblighi degli amministratori e di operatività della causa di scioglimento. In tal caso, se la società vuole evitare di incorrere nella causa di scioglimento, sarà necessario provvedere ad attivare tempestivamente i “rimedi societari” previsti per il caso di perdite; durante la procedura di concordato la società può continuare ad operare (se previsto nel piano) pur in mancanza del capitale minimo, ma tale possibilità cessa con il venir meno della procedura. Analoghe considerazioni possono ripetersi con riferimento all'accordo di ristrutturazione

ex

art. 182-

bis

l. fall

., per quale il passaggio in giudicato del decreto di omologazione rappresenterà il momento della reviviscenza piena delle norme sul capitale minimo.

L'obbligo di rispettare le previsioni in tema di capitale sociale minimo non potrebbe essere legittimamente pretermesso o sospeso da una condizione del piano di concordato che preveda la facoltà per la società debitrice di continuare ad operare, in deroga agli artt. 2484, n. 4, 2545-duodecies e 2486 c.c., dopo l'omologazione e per tutto il tempo della esecuzione. Per vero, il piano di concordato, approvato dalla maggioranza dei creditori ed omologato dal Tribunale è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura (

art. 184, comma 1, l. fall

.), ma non può pregiudicare le posizioni e gli interessi di eventuali creditori successivi al decreto. Proprio tale situazione si verificherebbe laddove il piano di concordato prevedesse la facoltà per la società di operare sul mercato senza il capitale minimo, ledendosi in tal modo le ragioni dei creditori sociali e dei terzi tutelati dalle norme in materia di riduzione del capitale sociale per perdite. D'altra parte, la deroga all'operare delle norme societarie può operare nei casi previsti dalla legge e non pare esservi spazio per allargarne il campo di operatività.

Può tuttavia accadere che, per effetto della possibile sopravvenienza attiva che deriva dall'esdebitazione concordataria (o dall'accordo di ristrutturazione) (

Guerrera

, Soluzioni concordatarie delle crisi e riorganizzazioni societarie, in Autonomia negoziale e crisi d'impresa a cura di F. Di Marzio e F. Macario, Milano, 2011, 601)

la perdita sia stata riassorbita e non vi sia più la necessità di procedere alla copertura della stessa.

Resta ferma, ovviamente, la possibilità che, già durante la procedura di concordato, la società possa deliberare un aumento di capitale, anche al fine di procedere alla copertura integrale delle perdite. La norma in esame determina una sospensione dell'obbligo di procedere alla ricapitalizzazione durante la procedura, ma non sopprime certo la facoltà di procedervi, tanto più se l'operazione è parte del piano di concordato proposto o dell'accordo di ristrutturazione di cui si chiede l'omologa.

Pur in mancanza di un'espressa previsione legislativa (auspicabile in sede di conversione), è da ritenersi che le norme di diritto societario trovino nuovamente piena applicazione anche a seguito del decreto di inammissibilità della proposta di concordato ai sensi dell'

art. 162 l. fall

., del decreto di revoca dell'ammissione ai sensi dell'

art. 173 l. fall

. e del decreto di inammissibilità per mancato raggiungimento delle maggioranze ai sensi dell'

art. 179 l. fall

.. Allo stesso modo in cui la deroga alle norme societarie viene meno per effetto della chiusura “fisiologica” del concordato con l'omologazione, così essa cesserà per effetto della mancata apertura o chiusura “patologica” della procedura.

Stesse considerazioni valgono per l'ipotesi dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, ove il momento conclusivo è rappresentato, alternativamente, dal decreto di omologazione o dal decreto di rigetto dell'omologazione. Nel caso di deposito di una proposta di accordo ai sensi dell'

art. 182-

bis

, comma 6, l. fall

., la sospensione delle norme di diritto societario cesserà nel caso in cui il tribunale rigetti l'istanza di sospensione delle azioni esecutive oppure nel caso in cui, concessa la sospensiva, il debitore non depositi entro il termine concesso l'accordo di ristrutturazione e la relazione del professionista.

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