Speciale Decreto Sviluppo - Un primo commento alle “misure urgenti per la crescita del paese” e alla revisione della l. fall.

06 Settembre 2012

Il recente intervento normativo apportato alla legge fallimentare, attraverso il c.d. “Decreto Sviluppo” , ha riguardato, in primo luogo, la disciplina del concordato preventivo - introducendo, tra le altre cose, il concordato in continuità, nell'ottica di favorire la continuità aziendale - ma anche la disciplina del piano attestato di risanamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti.L'Autore si sofferma, quindi, sugli articoli oggetto di modifica e su quelli introdotti ex novo.
Premessa

Il decreto Sviluppo contiene una fitta serie di modificazioni alla

legge fallimentare

e ad altre disposizioni sempre collegate alle procedure concorsuali; in particolare, l'intervento normativo ha riguardato il piano attestato di risanamento, il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti.

L'intervento investe soprattutto il concordato preventivo con due novità di grandissimo momento, costituite dalla possibilità di introdurre la domanda di concordato senza l'usuale corredo documentale e la relazione del professionista e in difetto della stessa proposta; nonché il nuovo istituto del concordato preventivo con continuità aziendale; meno evidenti, ma assai importanti, sono anche le modifiche apportate all'impianto degli accordi.

In termini generali un dubbio di costituzionalità è doveroso: esso deriva dalla previsione del terzo comma dell'art. 33 del decreto legge nel quale si stabilisce che le modificazioni apportate agli istituti della

legge fallimentare

non entrano immediatamente in vigore, bensì “si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi… introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione… nonché ai piani… elaborati successivamente al predetto termine”.

Ora, considerato che il presupposto per la decretazione d'urgenza, a norma dell'

art. 77 della Costituzione

, è la ricorrenza di “casi straordinari di necessità e d'urgenza” (comma 2), è discutibile che possa considerarsi compatibile con la decretazione d'urgenza la previsione di una vacatio legis tendenzialmente superiore ai tre mesi (i.e. sessanta giorni per la conversione; trenta giorni dall'entrata in vigore della legge, supponendo che questa abbia una vacatio legis inesistente).

Fra l'altro, non si capisce perché siano state posticipate quanto all'applicazione le norme relative alla modifica della disciplina del piano, del concordato e degli accordi, mentre i commi 4 e 5, relativi, rispettivamente, alle sopravvenienze attive (anche per riduzioni di debiti negli accordi) e alle perdite su crediti (e gli uni e le altre sia in relazione al concordato che agli accordi) seguono il regime generale dell'immediata efficacia il giorno stesso della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Modificazioni in tema di piano attestato

L'

art. 67, comma

3

, lettera d), l. fall

. è modificato fondamentalmente in relazione alla precisazione normativa dell'indipendenza dell'attestatore.

Più nel dettaglio, la norma modificata:

a)

espressamente prevede che il professionista è “designato dal debitore”; l'interpretazione pacifica in dottrina e consolidata nella prassi giurisprudenziale (dopo un'iniziale presa di posizione in senso difforme, per analogia con le disposizioni in tema di operazioni societarie straordinarie) era già consolidata nel senso che il professionista non fosse nominato dall'autorità giudiziaria (si osservava, fra l'altro, che nulla la norma disponeva e, soprattutto, che la norma in tema di attestatore nel concordato fallimentare -

art.

124 l

. fall

. -, viceversa, espressamente attribuiva al giudice il potere di nomina);

b)

se il chiarimento sub a) non fa che confermare un indirizzo già consolidato, maggiore novità presenta la precisazione esplicita del nuovo testo dell'art. 67, lettera d), secondo cui “il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento…”; è notevole che la norma (con ciò aderendo alle osservazioni della migliore dottrina) abbia ritenuto di dover precisare che l'indipendenza va predicata non solo con riguardo al debitore, ma anche con riferimento ai creditori e, più in generale, a coloro che - pur non essendo creditori - abbiano interesse all'operazione di cui al piano (si pensi ad acquirenti di beni di cui è prevista la dismissione, ovvero a finanziatori);

c)

ulteriormente, la norma precisa che il professionista deve avere i requisiti previsti dall'

art. 2399 c.c.

(dettato - ricordiamo - in tema di sindaci delle società per azioni) e che non deve aver prestato la sua opera (di lavoro subordinato o autonomo) in favore del debitore, ovvero aver ricoperto incarichi negli organi di amministrazione e di controllo negli ultimi cinque anni

Modificazioni all'art. 161 (“domanda di concordato”)

Le modifiche più rilevanti sono le seguenti:

a)

è chiaramente espresso l'obbligo di depositare, assieme alla documentazione che già la norma prevedeva, “un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”: la necessità di un piano era considerata implicita sulla base del fatto che l'art. 161, terzo comma, stabiliva che “il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti…” dovevano essere accompagnati dalla relazione del professionista; ma, di fatto, nei commi precedenti di piano non si parlava. Il comma 2 dell'art. 160 stabiliva, invece, che la proposta potesse prevedere il non integrale soddisfacimento dei creditori assistiti da prelazione “purché il piano ne preveda la soddisfazione…” in misura non inferiore a quella altrimenti realizzabile. Anche in tale articolo, peraltro, di piano non si parlava in nessun altro punto.

Quindi la modifica ha una triplice valenza:

  1. innanzi tutto chiarisce che la domanda di concordato deve essere accompagnata da un piano, che, a questo punto, deve ritenersi costituire un documento separato rispetto al ricorso contenente la domanda;

  2. il piano deve indicare analiticamente sia i modi, sia i tempi per l'adempimento della proposta (e, ricordiamo, prima non si stabiliva affatto che cosa s'intendesse per “piano”);

  3. in forza del richiamo operato dall'art. 182-bis all'art. 161, posto che, ora, l'art. 161 contiene anche la lettera e) con la specificazione, tra i documenti da produrre, del piano, se ne ricava che va considerato superato il dibattito circa la necessità di un piano anche negli accordi, con ciò confermandosi quell'indirizzo secondo cui “non c'è piano senza accordo; non c'è accordo senza piano” (La Croce), e così superandosi anche la distinzione affermata da certa giurisprudenza (ad esempio,

    Trib. Roma 20 maggio

    2010

    in Dir. fall. 2011, II, 352) secondo cui il piano industriale sarebbe necessario nel caso in cui gli accordi prevedessero la continuazione dell'attività d'impresa, ma non nel caso di esiti liquidatori.

b)

Una modifica di grandissimo rilievo è rappresentata dall'introduzione, dopo il quinto comma dell'art. 161, di un sesto e di un settimo comma che prevedono la facoltà per l'imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato preventivo riservandosi di presentare la proposta, il piano e i documenti allegati in un termine da assegnarsi ad opera del tribunale, da un minimo di sessanta ad un massimo di centoventi giorni, con possibilità di proroga di tale termine, per giustificati motivi, e per un massimo di ulteriori sessanta giorni.

Tale domanda di concordato con riserva, presenta un vantaggio notevolissimo per il debitore: essa consente, infatti, di poter “aprire l'ombrello” immediatamente, senza dover subire il rischio, nei tempi - come sappiamo - spesso non brevi di predisposizione della domanda di concordato, di redazione del piano, di raccolta dei documenti e di stesura della relazione del professionista, di azioni esecutive e cautelari da parte di creditori che agiscano individualmente, talora pregiudicando o comunque rendendo più difficile la realizzazione del progetto di ristrutturazione.

Tale novità è accompagnata dalla previsione della facoltà per l'imprenditore di presentare, in alternativa alla proposta di concordato preventivo, sempre nello stesso termine assegnato per questa, il ricorso per l'omologazione di accordi. Ciò consente, quindi, il passaggio dall'una all'altra procedura (se si condivide l'opinione che anche gli accordi sono una procedura) e, nel caso in cui sin dall'inizio l'imprenditore ritenga di poter accedere agli accordi, consente una tutela anticipata del patrimonio del debitore alternativa alla fase preventiva di cui all'art. 182-bis, sesto comma, che presenta vantaggi - rispetto a questa - di rapidità (per la proposta di accordi occorre depositare anche la documentazione di cui all'art. 161 e due dichiarazioni, dell'imprenditore e del professionista), nonché un ulteriore vantaggio sotto il profilo di una possibile minore resistenza (si pensi, nel procedimento per la fase preventiva degli accordi, all'obbligo di informativa a tutti i creditori e alla loro possibile opposizione rispetto all'istanza, opposizione che non è prevista per questo istituto, così come non è previsto che i creditori debbano essere informati).

Modificazioni all'art. 168

Facendo verosimilmente tesoro della positiva accoglienza, sul punto, alle disposizioni in materia di accordi, il legislatore ha ampliato l'effetto inibitorio conseguente alla presentazione del ricorso, aggiungendo al divieto di azioni esecutive, anche il divieto di azioni cautelari (già, appunto, previsto dall'art. 182-bis, comma 3).

Ma la modificazione forse più significativa, sotto questo profilo, è rappresentata dall'aggiunta al terzo comma della disposizione secondo cui sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al decreto le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti alla pubblicazione del ricorso nel Registro delle Imprese. Si tratta di un'inefficacia di diritto che costituisce un'evidente ulteriore tutela anticipata del patrimonio del debitore e rispetto alla quale forse occorre chiedersi se tale inefficacia resista all'eventuale mancata omologazione del concordato (si pensi alla proposizione di domande di concordato aventi natura meramente strumentale).

Nuovo art. 169-bis (“contratti in corso di esecuzione”)

La dottrina aveva criticato la lacuna normativa in materia di concordato relativamente alla mancanza di una disciplina dei contratti pendenti.

Il legislatore interviene anche su questo tema stabilendo una regolamentazione in cui viene lasciata, di massima, all'imprenditore la facoltà di sciogliersi dai contratti - con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria - ovvero di essere autorizzato a provocarne la sospensione per un termine massimo di sessanta giorni, prorogabile una sola volta. In caso di scioglimento del contratto, al contraente in bonis è riconosciuto un indennizzo avente natura dichiaratamente risarcitoria e concorsuale. Sono esclusi dal regime anzidetto i rapporti di lavoro subordinato, nonché i rapporti di cui all'art. 72, ottavo comma (preliminari di vendita trascritti relativi a immobili ad uso abitativo) e 80, primo comma (contratto di locazione, in caso di concordato del locatore).

Modificazioni all'art. 182-bis

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti nel 2005 hanno visto la loro disciplina modificata nel 2007 (fondamentalmente con l'introduzione del divieto di azioni esecutive e cautelari, o dell'acquisto di titoli di prelazione); nel 2010 (con l'introduzione dei commi 6, 7 ed 8 dell'art. 182-bis, relativi alla fase preventiva, nonché con l'introduzione dell'art. 182-quater relativo alla prededuzione per taluni finanziamenti e al compenso dell'attestatore, nonché infine all'esenzione dai reati di bancarotta preferenziale e bancarotta semplice, con l'introduzione del nuovo articolo 217-bis); nel 2011 (con il decreto legge 6.7.2011, n. 155, convertito in legge con modificazioni dalla

legge 15.7.2011, n. 111

- c.d. manovra di stabilizzazione

- che all'art. 23 ha espressamente consentito agli imprenditori agricoli - quale che sia la dimensione dell'impresa - di accedere al procedimento di cui all'art. 182-bis) e, ora, nuovamente, nel 2012, modificandosi l'art. 182-bis e mediante altre modifiche, derivanti dal richiamo alla normativa del concordato preventivo.

Per ciò che attiene direttamente all'art. 182-bis, le modifiche introdotte sono quattro:

  1. la norma espressamente stabilisce che la relazione dell'attestatore debba riguardare anche “la veridicità dei dati aziendali”; in effetti, l'indirizzo giurisprudenziale praticamente uniforme e la stragrande parte della dottrina avevano affermato che, pur non essendo previsto dalla norma che l'attestazione dovesse vertere sulla veridicità dei dati contabili, pure doveva ritenersi costituire (per usare una formula giurisprudenziale divenuta tralaticia) “presupposto logico indefettibile” della validità dell'attestazione il previo controllo analitico dell'esattezza dei dati contabili, sulla premessa che non si vede come possa compiersi una seria previsione di realizzabilità di un piano ove non sia controllata l'esattezza dei dati su cui il piano stesso si fonda; ora la norma non solo chiarisce che tali dati vanno attentamente vagliati, ma ricomprende nell'oggetto dell'attestazione la stessa veridicità dei dati in parola, rendendo quindi più stringente l'obbligo di verificazione in capo al professionista;

  2. l'impianto degli accordi si basava sulla distinzione fra creditori aderenti, il cui trattamento si basava sulla contrattazione individuale e quindi sulle pattuizioni raggiunte tra il debitore e i vari creditori aderenti all'accordo, e i creditori non aderenti, detti anche “estranei”, relativamente ai quali la norma espressamente stabiliva che dovesse essere previsto, anche nell'attestazione, che il piano da realizzarsi doveva garantire loro il “regolare pagamento” con ciò intendendosi che essi dovevano essere pagati: 1) per l'intero; 2) secondo i modi e i mezzi pattiziamente convenuti ovvero legalmente dovuti; 3) alle scadenze convenzionali o legali; quindi, nessuna modificazione rispetto al regime ordinario, e cioè rispetto al trattamento che ai creditori estranei il diritto comune riserva, poteva intervenire a seguito degli accordi. Le modifiche introdotte, se pur non rovesciano tale impostazione, ne introducono un limite rispetto all'assolutezza precedente. La modifica sostituisce alla locuzione “regolare pagamento” quella di “integrale pagamento”: gli estranei devono sempre essere pagati per intero né è consentito che la loro soddisfazione intervenga con mezzi o modi diversi rispetto a quelli cui avevano diritto; ma viene introdotta una possibile dilazione del tempo di adempimento: la norma stabilisce ch'essi debbano essere soddisfatti entro centoventi giorni dalla data di omologazione degli accordi se la scadenza dell'obbligazione è anteriore al decreto, ed entro centoventi giorni dalla data dell'originaria scadenza ove questa sia posteriore in origine alla data dell'omologa. Va osservato che, nella Relazione di accompagnamento, si definisce questa modificazione come finalizzata a consentire “al debitore in crisi di poter beneficiare del c.d. scaduto fisiologico”. Varrà la pena di aggiungere che, siccome non è prevista, negli accordi, alcuna sospensione del decorso degli interessi, gli estranei, che pure dovranno subire la dilazione dell'adempimento, godranno comunque del diritto di vedere il loro credito soddisfatto con gli interessi maturati nella dilazione;

  3. nella fase preventiva, oltre al divieto di azioni esecutive e cautelari, la norma dell'art. 182-bis, sesto comma, prevedeva altresì il divieto di acquistare titoli di prelazione non concordati. Tale divieto non vigeva per il procedimento c.d. degli accordi definitivi. Il divieto è quindi stato esteso anche alla fase degli accordi definitivi;

  4. come l'art. 161, sesto comma, di nuova introduzione prevede la possibilità di passare dalla procedura di concordato con riserva agli accordi, così, ora, è previsto che l'imprenditore possa passare dalla fase preventiva degli accordi alla presentazione di una domanda di concordato preventivo (nuovo ottavo comma dell'art. 182-bis).

Nuovo art. 182-quinquies (“finanziamenti e pagamenti in caso di continuità aziendale”)

Nel caso di concordato preventivo (anche ex art. 161, sesto comma), di domanda di omologazione di accordi e di presentazione di ricorso per la fase preventiva degli accordi, il nuovo art. 182-quinquies prevede la possibilità di contrarre finanziamenti assistiti da prededuzione “ai sensi dell'art. 111”, ove ricorra l'autorizzazione del tribunale e in presenza di una attestazione di un professionista abilitato secondo cui “tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori”.

Tali finanziamenti non richiedono particolari ulteriori condizioni; segnatamente non richiedono la continuità dell'attività imprenditoriale.

Invece, nel caso in cui s'intenda eseguire pagamenti di crediti anteriori, sia nel concordato preventivo con continuità aziendale, sia nel caso di accordo o proposta di accordo, occorre che tali pagamenti siano attestati come essenziali per la prosecuzione dell'attività d'impresa e funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori; nel caso di accordi o proposta di accordi, tali pagamenti sono esentati da revocatoria (ma la norma, apparentemente, non sembra concedere tale immunità ai pagamenti in corso di concordato preventivo).

Nuovo art. 182-sexies (“riduzione o perdita del capitale della società in crisi”)

Uno dei problemi delle procedure di ristrutturazione negoziale delle crisi d'impresa era rappresentato dalla speciale disciplina relativa alla perdita o riduzione del capitale nelle società per azioni e nelle società di capitale in genere, con i ben noti obblighi in capo agli amministratori di far sì che il capitale sia ricostituito e con le conseguenti responsabilità, nonché con le conseguenze in ordine allo scioglimento della società.

Al fine di ovviare a tali problemi, il nuovo art. 182-sexies prevede che una serie di norme relative alla riduzione o perdita del capitale della società non si applichi dalla data del deposito della domanda di concordato, anche nel caso di cui all'art. 161, sesto comma, del ricorso per omologazione degli accordi e dell'istanza per la tutela preventiva anticipatoria degli accordi.

Nuovo art. 186-bis (“concordato con continuità aziendale”)

Si tratta di una novità di grandissimo rilievo, pensata per consentire di fatto la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, nonostante la pendenza della domanda di concordato.

La norma prevede che tale istituto ricorra nel caso in cui espressamente il piano di concordato preveda “la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del debitore, la cessazione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione”.

Vanno fatte le seguenti osservazioni:

a)

presupposto per applicazione delle norme relative è la oggettiva continuazione dell'attività imprenditoriale, nel senso che non è necessario che l'attività prosegua in capo all'imprenditore in crisi; la continuità aziendale è riconosciuta anche nel caso in cui l'azienda passi di mano e sia cioè ceduta a terzi anche sotto forma di conferimento in altra società, anche di nuova costituzione;

b)

sussiste continuità aziendale - chiarisce la norma - anche se il piano contempli la liquidazione di alcuni beni “non funzionali all'esercizio dell'impresa”: e ciò è ovviamente perfettamente plausibile, posto che ciò che rileva è la continuazione dell'attività imprenditoriale e, sotto questo profilo, è evidentemente indifferente la cessione degli assets non strategici; questione complessa è peraltro quella di stabilire se si possa parlare di continuità aziendale nel caso in cui il piano contempli una consistente e sostanziale riduzione dell'attività d'impresa - ad esempio, la chiusura di stabilimenti, la cessazione di unità locali, etc. - e l'impresa prosegua soltanto per una parte dell'originaria attività;

c)

quanto alle condizioni per l'omologazione del concordato e la sua previa ammissibilità, la norma stabilisce che il piano deve contenere un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi previsti, nonché delle risorse finanziarie necessarie e - al tempo stesso - che la relazione del professionista deve attestare che la continuità aziendale “è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori” (da ciò dovendosi ricavare che, non diversamente dalla disciplina in tema di liquidazione fallimentare, il primo criterio da seguire è rappresentato dalla soddisfazione dei creditori, e che altre finalità, pur riconosciute, quali la conservazione delle unità produttive e il mantenimento dei livelli occupazionali, in tanto possono essere soddisfatti in quanto non contrastino con la prima esigenza della procedura, che è quella della massima soddisfazione [ovvero, come stabilisce il nuovo art. 186-bis, secondo comma, lettera b), “il miglior soddisfacimento”] dei creditori;

d)

quanto agli effetti, il primo e più rilevante è quello della possibilità - sempre che nel piano ciò sia previsto - di una moratoria fino a un anno dalla data dell'omologazione dei crediti prelatizi (a meno che non sia prevista la liquidazione dei beni gravati da prelazione); ulteriormente, è previsto che l'ammissione al concordato con continuità aziendale non sia ostativa alla partecipazione di procedure di assegnazione di appalti pubblici, a determinate condizioni, nonché a concorsi di lavori pubblici anche in raggruppamenti temporanei d'impresa, purché non sia mandataria; infine, i contratti pendenti in corso non si sciolgono, ed eventuali patti contrari sono inefficaci.

Nuovo art. 236-bis (“falso in attestazioni e relazioni”)

Consapevole che non aveva molto senso prevedere figure di delitto per le false attestazioni nel procedimento di composizione delle crisi da sovraindebitamento e lasciare sguarnita di qualsivoglia sanzione penale la falsa attestazione nel concordato preventivo e negli accordi, il legislatore ha introdotto una previsione penale nel caso di attestazioni contenenti “informazioni false” ovvero nel caso di omissione, nell'attestazione, “di informazioni rilevanti”.

Si tratta, all'evidenza, di un reato doloso, dovendosi peraltro ricordare che in fattispecie quali quelle descritte è certamente plausibile ipotizzare la ricorrenza del dolo eventuale (soprattutto nel caso in cui l'attestatore abbia ampiamente trascurato i controlli circa l'esattezza dei dati aziendali e ne abbia affermato la veridicità).

La norma prevede due aggravanti: una ad effetto comune e una seconda ad effetto speciale. La pena è aumentata nel caso in cui il fatto sia commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto; e se consegue un danno per i creditori, la pena è aumentata fino alla metà.

Modifiche fiscali

Il comma quarto e il comma quinto (dell'art. 33 del decreto legge) introducono modifiche, rispettivamente, al comma quarto dell'art. 88 e al comma quinto dell'art. 101 del Testo Unico sulle Imposte Dirette.

La prima modifica è nel senso di escludere la natura di sopravvenienza attiva per i versamenti a fondo perduto o in conto capitale ovvero per la rinuncia dei soci ai crediti in caso di concordato fallimentare o preventivo; nel caso di accordi, non costituiscono sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'art. 84.

Il comma quinto stabilisce che costituiscono perdite su crediti e sono deducibili ove il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali ovvero abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti.

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