La terzietà dell'attestatore

Enrico Stasi
14 Dicembre 2012

Tra le principali novità introdotte dal c.d. Decreto Sviluppo (d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012) vi è una più approfondita disciplina del professionista attestatore: il legislatore ha, infatti, introdotto nuove ipotesi di attestazione e ha provveduto a specificare i compiti e le responsabilità di ordine penale dell'attestatore, prescrivendo anche gli specifici requisiti di indipendenza che quest'ultimo deve possedere.L'Autore si occupa, quindi, dell'incompatibilità e delle conseguenze, in ambito civile e penale, di attestazioni rese da un professionista non indipendente.
Premessa

Non v'è dubbio che uno degli aspetti più qualificanti della riforma del 2012 sia costituito dalle novità introdotte in tema di “statuto” del professionista attestatore. Ed invero, l'

art. 33 del

d.l.

22 giugno 2012, n. 83

(c.d. “d

ecreto

s

viluppo”), convertito con modificazioni nella

l.

7 agosto 2012, n. 134

, non soltanto ha introdotto nuove ipotesi di attestazione, ma ha anche provveduto, da un lato, a specificare i compiti e le responsabilità di ordine penale dell'attestatore, prevedendo un'apposita figura di reato, e, dall'altro, a prescrivere i requisiti di indipendenza che quest'ultimo deve possedere.

Il nuovo

art. 67,

comma 3,

lett. d), l.

fall

., infatti, dopo avere definitivamente chiarito che la nomina dell'esperto attestatore è riservata, in via esclusiva, al debitore, richiede espressamene che il soggetto da costui prescelto, oltre ad essere iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti soggettivi di professionalità e preparazione tecnica di cui alle lett. a) e b) dell'

art.

28 l

.

fall

. per la funzione di curatore, si trovi in una situazione di indipendenza, vista quale presupposto indispensabile per un corretto esercizio delle funzioni di certificazione previste dalla legge. Ed in tale ottica la disposizione novellata precisa che “il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso il professionista deve essere in possesso dei requisiti dell'

articolo 2399 del codice civile

e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo”.

E' bene subito precisare, al riguardo, che, in virtù del rimando al 3° comma, lett. d), dell'art. 67 cit., le medesime cause impedienti valgono anche per i professionisti stimatori di cui agli

artt. 124,

comma 3

, e 160,

comma 2

, l.

fall

.

D'ora in avanti, per semplicità di esposizione, parlerò del solo attestatore, restando però inteso che analoghe considerazioni valgono anche per lo stimatore.

L'indipendenza e i requisiti di incompatibilità

Ciò premesso, ed iniziando, come mi sembra preferibile, dai requisiti specifici di incompatibilità (trattasi più precisamente di requisiti negativi), la cui presenza configura una presunzione assoluta di mancanza di indipendenza, il richiamo alle disposizioni dettate dall'

art. 2399 c.c.

, ed in particolare alle cause tipiche di incompatibilità sancite dal primo comma lett. a) e b), non pone particolari problemi interpretativi, risultando pacifico che non possono assumere l'incarico di attestatore i soggetti che si trovano nelle condizioni previste dall'

art. 2382 c.c.

, vale a dire gli interdetti, gli inabilitati, i falliti e coloro i quali siano stati condannati ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. Parimenti, non possono svolgere tale funzione il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del debitore o degli amministratori della società debitrice, nonché gli amministratori ed i soggetti legati da rapporti di parentela, coniugio ed affinità entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo.

Analogo divieto sussiste, in virtù di un'interpretazione estensiva della norma, sicuramente consentita anche in presenza di norme eccezionali, per il coniuge, parenti ed affini dei liquidatori.

Meno semplice si presenta, invece, l'esegesi del precetto dettato dalla lett. c) dell'

art. 2399 c.c.

, e ciò in ragione del fatto che la nuova norma fallimentare disciplina essa stessa, in termini parzialmente difformi e assai più severi, alcune delle ipotesi di incompatibilità prese in considerazione dalla norma codicistica. Ed infatti, a differenza di quest'ultima previsione, che parla di rapporti di lavoro e di rapporti continuativi di consulenza e di prestazione d'opera retribuita e che attribuisce rilievo solamente ai rapporti in corso al momento del conferimento dell'incarico, la disposizione della

legge fallimentare

, ricalcando la statuizione contenuta nella lett. c) del terzo comma dell'

art. 148

d.l

gs. n. 58/1998

, oltre a fare più generico riferimento alle prestazioni di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, per un verso non richiede il requisito della continuatività e, per altro verso, dichiara incompatibili anche coloro i quali abbiano reso nei cinque anni precedenti prestazioni professionali, prevedendo quale ulteriore fattore impediente l'assunzione di cariche sociali nella società incaricante.

A parte le differenze terminologiche, da cui non sembra discendere alcuna apprezzabile conseguenza sul piano giuridico, a me pare che una lettura coordinatadei due testi normativi consenta di giungere alla conclusione che non possono assumere l'incarico di attestatore coloro i quali, anche per il tramite di soggetti con cui sono uniti in associazione professionale, prestino o abbiano prestato nei cinque anni precedenti attività di lavoro dipendente o autonomo, anche in via occasionale, in favore dell'impresa nominante o delle società appartenenti al medesimo gruppo, ovvero partecipato agli organi di amministrazione e di controllo delle stesse. Ed alla stessa conclusione mi sembra si debba pervenire, in base all'ultima parte della lett. c) dell'

art. 2399 c.c.

, nel caso in cui il potenziale esperto, o coloro con i quali questi sia unito in associazione professionale, intrattenga, o abbia intrattenuto nei cinque anni precedenti, con l'impresa nominante o con gli altri soggetti dianzi indicati, “altri rapporti di natura patrimoniale” idonei a comprometterne l'autonomia, ove l'aggettivo “altri” sembra doversi interpretare nel senso di rapporti patrimoniali diversi da quelli di lavoro subordinato e autonomo precedentemente indicati (ad esempio: rapporti di finanziamento, rapporti di fornitura di beni di rilevante consistenza economica; rapporti di partecipazione nella società nominante).

Naturalmente, le condizioni che rendono un rapporto patrimoniale in grado di compromettere l'indipendenza dell'esperto dovranno essere accertate caso per caso, non essendo previsto a livello normativo alcun parametro di carattere quantitativo.

Come si è già accennato, il sistema delle incompatibilità si chiude con una previsione di carattere residuale che dichiara incompatibile con la funzione di attestatore chi sia “legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio”.

L'ampia formulazione del precetto consente di assorbire le cause di incompatibilità del revisore sancite dall'

art. 39 del d.

p.r.

n. 99/1998

, ed ora dagli

artt. 10

e

17

d.l

gs. n. 39/2010

, nonché di superare tutte le lacune ed incertezze interpretative insite in un approccio di tipo rigido e formalistico come quello che caratterizza il disposto del primo comma, lett. b), dell'

art. 2399 c.c.

Al riguardo, una prima notazione concerne il fatto che la norma pare attribuire rilievo non soltanto ai rapporti in corso al momento del conferimento dell'incarico, ma pure a quelli esauriti allorché siano ancora in grado di minare l'indipendenza del soggetto designato. Un secondo rilevo riguarda la presenza, nel testo normativo, della congiunzione “e”, che va intesa in senso alternativo e non cumulativo.

Ciò premesso, va subito rilevato come, grazie alla genericità del dettato legislativo, possono ritenersi compresi nella sfera di applicazione del divieto, oltre alle situazioni previste dagli

artt. 51

e

63 c.p.c.

sulle incompatibilità del giudice e del c.t.u

. (LENOCI, Ruolo e responsabilità dell'esperto, in Ifallimentarista.it; LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”

, in Il civilista, Milano, 2012, 15), tutti quei vincoli personali o professionali che, secondo la prevalente dottrina commercialistica, normalmente sfuggono alla portata precettiva dell'

art. 2399 c.c.

, vale a dire le relazioni familiari di mero fatto, nonché i rapporti di amicizia, familiarità, consulenza, anche gratuita, ecc. con l'imprenditore, gli amministratori, lo staff dirigenziale dell'impresa, il socio di controllo o di riferimento persona fisica (e se questa fosse una persona giuridica, con i suoi organi dirigenti). Ed è inoltre possibile ricomprendere, in base al dato testuale della norma, anche i rapporti dello stesso tipo intrattenuti con l'advisor che ha redatto il piano che l'asseveratore deve controllare, nonché con i creditori coinvolti nell'operazione di risanamento.

Anche in questi casi occorrerà verificare l'idoneità in concreto del rapporto ad incidere negativamente sull'indipendenza dell'attestatore, il che implica l'attribuzione all'autorità giudiziaria di penetranti e pervasivi poteri di indagine sulle caratteristiche del rapporto stesso.

A questo punto ci si può domandare se l'incompatibilità sancita dall'

art. 67, lett. d) l.

fall

. per il prestatore di lavoro autonomo, possa estendersi anche all'esperto che, nei cinque anni precedenti, abbia attestato un piano di risanamento predisposto dal debitore incaricante o da altra società del gruppo.

A tale quesito alcuni dei primi commentatori hanno fornito una risposta negativa sulla base del rilievo che l'attività dell'attestatore, ancorché resa nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo, è di per sé svolta in posizione di indipendenza (QUATROCCHIO-RANALLI, Il concordato in continuità e il ruolo dell'”attestatore”: poteri divinatori o applicazione di best practice, in ilFallimentarista.it). A me pare, tuttavia, che tanto la lettera quanto la ratio della disposizione in discorso rendano preferibile la soluzione opposta, salvo si tratti di prestazione resa nell'ambito di un contratto unitario, come nei casi di gruppi di imprese o di relazione integrativa redatta ai sensi dell'

art. 161,

comma 3,

l.

fall

., a seguito di modifiche sostanziali dell'originaria proposta o del piano.

Il rinvio all'

art. 2399 c.c.

, nella sua interezza, comporta l'applicabilità anche della disposizione dettata dal secondo comma in tema di decadenza dalla carica sindacale, con l'ovvia conseguenza che i requisiti di indipendenza (al pari dello status di revisore legale nonché dei requisiti di idoneità tecnica di cui all'

art. 28, lett. a) e b) l.

fall

.), oltre a sussistere nel momento della nomina, debbono permanere per tutta la durata dell'incarico e fino al momento del rilascio dell'attestazione.

Le conseguenze dell'attestazione resa da professionista non indipendente

Il nuovo testo dell'

art. 67,

comma 3,

lett. d), l.

fall

. non indica le conseguenze di un'attestazione resa da un professionista privo dei requisiti di indipendenza.

Al riguardo, va anzitutto precisato che, sia sul piano dei doveri d'informazione propri della deontologia professionale, sia sul piano dei doveri d'informazione nascenti dal principio di buona fede (operante - come è noto - sia in ambito contrattuale che in ambito extracontrattuale (

Cass., 4 maggio 2009, n.10182

)), il professionista ha l'obbligo di comunicare all'impresa nominante le cause di incompatibilità, che non sempre possono essere da essa conosciute o conoscibili. E lo stesso obbligo egli ha (attraverso la relazione di attestazione) nei confronti degli altri soggetti interessati allorché ritenga tali cause inidonee ad influire negativamente sulle sue valutazioni e decida, pertanto, di accettare l'incarico.

Ciò detto, se nessun dubbio si può nutrire sul fatto che l'esperto possa essere chiamato a rispondere civilisticamente per i danni patrimoniali arrecati al soggetto nominante, ai creditori ed ai terzi, più problematico appare, invece, il compito di stabilire a quale tipo di invalidità dia luogo l'attestazione resa da un professionista non indipendente.

Poiché la norma che fissa i requisiti di indipendenza ha - senza alcun dubbio - carattere imperativo, si dovrebbe parlare, alla stregua dei principi generali, di nullità del contratto concluso tra il debitore ed il professionista e, di riflesso, di nullità dell'attestazione da quest'ultimo rilasciata, con l'effetto di rendere annullabili, per vizio del consenso (sub specie di dolo), gli accordi stipulati, ai sensi degli

artt. 67,

comma 3, lett. d), e

182-

bis

l.

fall

., con i creditori ed i terzi in base ad una relazione attestativa viziata. Mentre, allorché l'attestazione viziata abbia ad oggetto il piano di cui all'

art. 160 l.

fall

., penso che si dovrebbe configurare un'ipotesi di inammissibilità della domanda rilevabile d'ufficio dal Tribunale al momento dell'esame del ricorso ovvero, se successivamente scoperta, mediante l'attivazione della procedura

ex art. 173 l.

fall

. ad opera del commissario giudiziale o in sede di omologazione

ex art. 180 l.

fall

.

Infine, dopo l'omologazione, i soli rimedi possibili dovrebbero essere, laddove ricorrano i presupposti sanciti dagli

artt. 186,

137

e

138 l.

fall

., l'annullamento o la risoluzione del concordato.

Profili penali

Resta da spendere qualche parola conclusiva sulla responsabilità penale dell'attestatore, non senza prima rilevare l'incomprensibile esclusione dall'area applicativa dell'

art. 236

-bis

l.

fall

. (salvo il caso di concorso) dell'esperto stimatore di cui agli

artt. 124, comma 3

, e 160,

comma 2

, l.

fall

., a meno di non interpretare tale circostanza come conferma della volontà del legislatore di non attribuire rilevanza penale ai giudizi estimativi dei dati aziendali, ma mi sembra un'ipotesi interpretativa ben poco plausibile.

Ciò chiarito e precisato, vi è da domandarsi se incorra in responsabilità penale

ex art. 236-

bis

l.

fall

. il professionista che nella relazione attestativa dichiari falsamente di non trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità previste dalla lett. d) dell'

art. 67 l.

fall

., ovvero ometta tale informazione, della cui rilevanza, ai fini delle decisioni che il Tribunale, i creditori ed i terzi toccati dal piano debbono assumere, non credo si possa dubitare.

La lettera della legge, che parla - forse troppo genericamente - di “informazioni”, parrebbe suggerire una risposta affermativa; e una simile chiave di lettura potrebbe sembrare finanche coerente con l'intenzione di tutelare non solo il diritto ad un'informazione corretta, ma anche, e prima ancora, l'interesse dello Stato al corretto funzionamento degli istituti di composizione negoziale della crisi. In senso opposto si potrebbe tuttavia sostenere che, nell'ottica dell'art. 236-bis, le informazioni rilevanti siano solamente quelle che provengono dall'impresa nominante e che, ai sensi delle norme ivi menzionate, debbono formare oggetto di attestazione, tra cui non rientrano i requisiti dell'esperto. E per avvalorare questa interpretazione, peraltro in linea con la visione corrente della sanzione penale come extrema ratio, si potrebbe ancora invocare la prescrizione dell'

art. 27

d.l

gs. n. 39/2010

, che attribuisce rilevanza penale soltanto alle falsità contenute nelle relazioni o in altre comunicazioni delle società di revisione aventi ad oggetto la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione.

Ma sarà la prassi a fornire la corretta chiave di lettura dell'

art. 236-bis

l.fall

. per questo verso.

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