Profili critici sulla questione di costituzionalità dell’art. 2752 c.c. sollevata dal Tribunale di Firenze

Francesco Vignoli
26 Ottobre 2012

Va sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 2752, comma 1, c.c. e 23, commi 37 e 40, l. n. 111/2011, laddove prevedono l'applicazione del privilegio al credito per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali e sanzioni, anche se sorti antecedentemente alla entrata in vigore della legge e anche laddove il credito erariale sia stato in precedenza ammesso allo stato passivo divenuto definitivo in chirografo, per contrasto con l'art. 3, commi 1 e 2, Cost. e con l'art. 117 Cost. in combinato disposto con l'art 6 CEDU.
Massima

Va sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 2752, comma 1, c.c. e 23, commi 37 e 40, l. n. 111/2011, laddove prevedono l'applicazione del privilegio al credito per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali e sanzioni, anche se sorti antecedentemente alla entrata in vigore della legge e anche laddove il credito erariale sia stato in precedenza ammesso allo stato passivo divenuto definitivo in chirografo, per contrasto con l'art. 3, commi 1 e 2, Cost. e con l'art. 117 Cost. in combinato disposto con l'art 6 CEDU.

Premessa

A seguito di ordine di deposito del piano di riparto parziale, Equitalia chiedeva la “ricollocazione dei propri crediti ai sensi della legge n. 111/11”, opponendo il rango privilegiato perché attualmente assistito da privilegio generale mobiliare ex art. 2752 c.c..

L'istanza si fondava sulla modifica apportata dall'art. 23 d.l. n. 98/11, convertito con modificazioni nella legge n. 111/11.
La novella prevede l'estensione del privilegio generale sui beni mobili del debitore anche alle sanzioni che assistono le imposte sul reddito e una estensione temporale illimitata. Prima della riforma del 2011, il privilegio assisteva solo l'imposta dovuta per l'anno in corso al tempo del fallimento e per l'anno antecedente e non comprendeva le sanzioni.
Il legislatore dispone che la estensione del privilegio vale anche per i crediti sorti anteriormente alla entrata in vigore della disciplina.

I profili di assunta illegittimità costituzionale

La richiesta dell'agente della riscossione induce il Tribunale di Firenze ad adire il giudice delle leggi.
Pur non essendo costituzionalizzato il divieto di retroattività della legge, salvo per la disposizioni penali di sfavore, sulla scorta di un consolidato orientamento che fa richiamo all'art. 6 CEDU e alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, l'adozione di norme retroattive deve trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza.
Nella fattispecie, ad avviso del giudice rimettente, non sarebbero ravvisabili motivi d'interesse generale preminente tali da giustificare la scelta operata.
Oltre ad essere integrata la violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., il Tribunale ritiene vulnerato il principio di uguaglianza per il godimento da parte dello Stato di una posizione di vantaggio, potendo modificare ex post l'ammissione del proprio credito a svantaggio degli altri creditori già ammessi.

I precedenti della Corte Costituzionale su questioni analoghe

La Corte costituzionale ha già affrontato l'ipotesi di una nuova legge che modifichi il regime dei privilegi.
Più specificamente, la Consulta, con sentenza 12 luglio 1972, n. 129, nello scrutinare la compatibilità alla Carta dell'art. 66 della legge n. 153/69, che modificava il grado del privilegio dei crediti per retribuzioni e indennità dovute a prestatori di lavoro subordinato, ha ammesso l'applicazione della novella anche ai crediti sorti e fatti valere anteriormente alla sua entrata in vigore. A sostegno, ha fatto proprio “l'orientamento divenuto prevalente dopo le decisioni emesse dalla Cassazione” secondo cui “l'approvazione dello stato passivo, non esaurendo la procedura fallimentare, non preclude l'applicazione della nuova disciplina”.
Il giudice delle leggi ha espressamente individuato “due fasi”: l'una, “di verificazione dello stato passivo”, nella quale “l'indagine è limitata alla esistenza delle cause di prelazione in sé considerate, senza alcuna comparazione con i privilegi che assistono i crediti concorrenti”; l'altra, “di ripartizione dell'attivo, in cui si procede invece alla graduazione dei privilegi e alla conseguente reciproca collocazione dei crediti, secondo il grado spettante a ciascuno di essi”.
Va segnalata altresì la pronuncia 28 novembre 1983, n. 285 con cui è stata respinta la questione sollevata con riferimento alle modifiche al codice civile operate dall'art. 15 della legge n. 426/75, sulla base della considerazione che “la giurisprudenza della Cassazione si è consolidata nel senso che il titolare di un credito ammesso al passivo fallimentare come chirografario ha diritto di avvalersi del privilegio istituito successivamente alla formazione dello stato passivo”.
Da quanto sopra si desume che, senza contrastare i parametri costituzionali, i privilegi attribuiti dalla normativa sopravvenuta assistono anche i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, prescindendo dal tempo in cui il credito è stato azionato in sede concorsuale e, quindi, assistono anche i crediti che prima erano chirografari e sono stati ammessi come tali al passivo fallimentare anteriormente approvato.

Conlcusioni

La distinzione di fondo, sopra enunciata, fra verificazione dello stato passivo e ripartizione dell'attivo può costituire punto di riferimento anche ai fini della valutazione della questione sollevata dal Tribunale di Firenze.
Non convincono le censure sottoposte al giudice delle leggi.
L'attribuzione al credito del rango privilegiato rientra nell'ambito di una scelta ampiamente discrezionale del legislatore. La ratio della riforma è ispirata alla esigenza di garantire maggiormente i crediti tributari modificando una disposizione che, da più parti, era stata avvertita come anacronistica e deteriore rispetto alla regolamentazione prevista per gli altri creditori.
La limitazione temporale del privilegio non teneva in considerazione i tempi tecnici strettamente necessari per portare a esecuzione i crediti tributari e la complessità delle relative procedure, anche giurisdizionali.
Giova evidenziare che il provvedimento di approvazione dello stato passivo non esaurisce la procedura fallimentare e non è una decisione equiparabile al giudicato, trattandosi di provvedimento endoprocedimentale esposto alle modifiche normative.
In definitiva, non sembra potersi invocare, con efficacia dirimente ai fini della risoluzione della vicenda, l'aspettativa del creditore, penalizzato dalla riforma, di un più favorevole riparto, in quanto, una volta esercitato il diritto all'ammissione del proprio credito, gli esiti economici cui può dare luogo l'ammissione sono condizionati dalla comparazione con i privilegi che assistono i crediti concorrenti e, sia consentito, da una quantità di variabili, quali ad esempio l'interpositio legislatoris, tali da rendere difficile la configurabilità di diritti quesiti sotto il profilo patrimoniale.

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