Ancora sui poteri del Tribunale in sede di omologazione del concordato preventivo

23 Ottobre 2012

Nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, in assenza di opposizione da parte dei creditori, non rientra nel perimetro di controllo di legittimità demandato al tribunale il potere-dovere di accertare la fattibilità dell'accordo intervenuto tra il debitore proponente e il ceto creditorio, purché quest'ultimo risulti adeguatamente informato sulla situazione aziendale e sulle ragioni di sostegno del piano concordatario. Ne consegue che il tribunale deve limitarsi a prendere atto della scelta consapevole adottata a maggioranza dai creditori, verificando la persistenza delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura e l'assenza di cause di revoca ex art. 173 l. fall.
Massima

Nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, in assenza di opposizione da parte dei creditori, non rientra nel perimetro di controllo di legittimità demandato al tribunale il potere-dovere di accertare la fattibilità dell'accordo intervenuto tra il debitore proponente e il ceto creditorio, purché quest'ultimo risulti adeguatamente informato sulla situazione aziendale e sulle ragioni di sostegno del piano concordatario. Ne consegue che il tribunale deve limitarsi a prendere atto della scelta consapevole adottata a maggioranza dai creditori, verificando la persistenza delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura e l'assenza di cause di revoca ex art. 173 l. fall.

Il credito vantato dal Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai), ex art. 224 D.Lgs. n. 152/06, non ha natura equiparabile ad un tributo indiretto e, dunque, non gode del privilegio speciale di cui all'art. 2758, comma 1, c.c.

Il caso

All'origine delle pronuncia in esame vi era l'opposizione proposta in sede di omologazione di un concordato preventivo da un creditore (Conai), il quale assumeva la natura privilegiata e non chirografaria del proprio credito ex art. 2758 c.c..

Il giudice di primo grado, dopo aver valutato fondate le pretese dell'opponente, procedeva ad esaminare d'ufficio - nel difetto di opposizione sul punto - la questione della fattibilità del concordato, sulla base del combinato disposto degli artt. 180, comma 3, e 173, comma 3, l. fall. e di un recente indirizzo della Suprema Corte, e negava quindi l'omologazione, dichiarando con separata sentenza il fallimento del debitore.
Avverso tali provvedimenti la società debitrice proponeva reclamo. Ad esito del giudizio, la Corte d'Appello di Firenze ha accolto detto reclamo, revocato il fallimento e omologato il concordato preventivo.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso portato all'attenzione della Corte di appello fiorentina poneva due questioni. La prima relativa alla natura del credito vantato dal Conai; la seconda, ai poteri del giudice in sede di omologazione.
Per quanto concerne la prima questione, il collegio giudicante ha rilevato “l'ontologica impossibilità” di ritenere sussistente il privilegio speciale ex art. 2758, comma 1, c.c..
Secondo la Corte d'appello, infatti, pur essendo il Conai concessionario ex lege di un pubblico servizio, la contribuzione pecuniaria che i consorziati sono tenuti a versare allo stesso non ha natura di tributo indiretto dello Stato né natura “paratributaria”. A sostegno di tale decisione sono state richiamate diverse circostanze: la personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro del Consorzio, l'assenza di un controllo da parte della Corte dei Conti, il fatto che il presupposto dell'obbligo contributivo a favore del Conai è costituito dalla cessione dei beni sui quali insisterebbe il privilegio (imballaggi prodotti), nonché la pretesa dello stesso consorzio di assoggettare i contributi all'IVA.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte fiorentina, non potendosi pronunciare sulla possibile applicazione dell'art. 2758, comma 2, c.c., giacché la relativa questione non era stata sollevata in sede di opposizione, ha affermato la collocazione chirografaria dei crediti vantati da Conai. Al contempo, ha rigettato la richiesta dello stesso consorzio di essere inserito tra i “creditori chirografari strategici”, piuttosto che tra “gli altri creditori chirografari”, per assenza di legittimazione, non potendosi l'opponente, che non aveva votato sulla proposta concordataria, includere fra i creditori dissenzienti.
Con riferimento alla seconda questione, la sentenza in commento statuisce che in sede di omologa il giudice non può procedere ad un controllo di legittimità sostanziale, sollevando d'ufficio eccezioni di merito, quale quella di nullità ex art. 1421 c.c. in ragione della totale ed evidente inadeguatezza del piano. Dopo aver verificato la persistenza delle condizioni di ammissibilità alla procedura e l'assenza di cause di revoca ex art. 173 l. fall., il Tribunale deve piuttosto limitarsi a prendere atto della scelta consapevole adottata dai creditori. Sono, infatti, solo questi ultimi che, debitamente informati da una veritiera e trasparente ricostruzione della situazione aziendale, devono valutare se approvare o meno il piano.

Osservazioni

Con la decisione in commento la Corte d'Appello di Firenze è intervenuta su uno dei temi più controversi in materia di concordato preventivo, quello dell'ambito dei poteri del Tribunale in sede di omologazione nel caso di mancata opposizione da parte dei creditori.
Com'è noto, specie dopo l'emanazione del D.Lgs. n. 169/2007, detta questione ha dato origine ad un articolato dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Secondo una ricostruzione interpretativa competerebbe all'Autorità giudiziaria una valutazione in ordine all'attuabilità del piano concordatario (tra le pronunce più recenti si vedano, App. Bologna 15 giugno 2009, in Corr. merito, 2009, 1091; Trib. Tivoli 15 luglio 2009, in Fall., 2010, 857; Trib. Roma 20 febbraio 2008, in Giur. it., 2009, 104). Siffatto orientamento, prevalente nella giurisprudenza di merito, è ispirato all'esigenza di salvaguardare interessi di carattere pubblicistico ed evitare che taluni imprenditori insolventi abusino dello strumento concordatario, ricorrendovi per finalità meramente dilatorie. L'apertura dei giudici di merito è stata, tuttavia, frenata da alcune pronunce della Suprema Corte che, muovendo da un'interpretazione letterale dell'art. 180 l. fall. e dall'ispirazione assertivamente “contrattualistica” della recente riforma fallimentare, hanno individuato il limite dei poteri del giudice nel controllo di legittimità formale sulla regolarità della procedura e sull'esito della votazione (si vedano Cass. 25 ottobre 2010, n. 21860; Cass. 14 febbraio 2011, n. 3586; Cass. 23 giugno 2011, n. 13817 e n. 13818; Cass. 16 settembre 2011 n. 18987, cui aderisce esplicitamente la sentenza in esame. Nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Roma 18 settembre 2010, in Dir. fall., 2011, II, 18; App. Torino 27 gennaio 2010, in Fall., 2010, 497; Trib. Biella 10 febbraio 2011, in Fall., 2011, 806).
L'orientamento giurisprudenziale da ultimo richiamato, accolto da una parte dalla dottrina (si vedano Fabiani, Per la chiarezza delle idee su proposta, piano e domanda di concordato preventivo e riflessi sulla fattibilità, in Fall., 2011, 172 ss.; L.A. Bottai, Il processo di disintermediazione giudiziaria continua, in Fall., 2011, 810 ss.; ma per una visione critica cfr. Bozza, Il sindacato del Tribunale sulla fattibilità del concordato preventivo, in Fall., 2011, 182 ss.), è stato messo in discussione dalla stessa Suprema Corte con la sentenza 15 settembre 2011, n. 18864 (in Corr. giur., 2012, 39, con nota di L. Salvato, Puntualizzazioni della Corte di Cassazione sul potere di controllo del Tribunale nel concordato preventivo). Con questa pronuncia, il Supremo Consesso, recuperando le ragioni di interesse pubblico, ha affermato la necessità che il giudice proceda a un controllo di “legittimità sostanziale” in sede di omologazione al fine di accertare l'esistenza di vizi od omissioni genetici dell'oggetto del concordato, tra i quali rientrano la non fattibilità o impossibilità del piano.
Da tale ultima pronuncia, la sentenza in esame prende le distanze. La Corte d'Appello, infatti, ha ritenuto che tale orientamento tragga origine da un fraintendimento di fondo in merito alla distinzione tra profili genetici e funzionali del negozio. Nel concordato, l'oggetto dell'accordo è costituito dalla promessa del debitore di regolare la crisi e dall'accettazione dei creditori. Oggetto del contratto concordatario è, pertanto, la proposta e non il piano, che invece costituisce lo strumento per l'adempimento del contratto stesso. Proposta e piano, dunque, appartengono a due profili distinti del negozio: l'una a quello genetico, l'altro a quello funzionale. Di conseguenza, la radicale e manifesta inadeguatezza del piano non costituisce vizio genetico, ma è un problema da riservare alla fase esecutiva del concordato e all'iniziativa dei creditori, attraverso il rimedio della risoluzione per inadempimento.

Conclusioni

La sentenza in esame si pone in una posizione di adesione rispetto al prevalente orientamento restrittivo del giudice di legittimità.
Considerata la perdurante incertezza che caratterizza il tema pure nella recente giurisprudenza della Suprema Corte, non può che approvarsi la decisione, adottata dalla prima Sezione della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 27063 del 15 dicembre 2011 (in Corr. giur., 2012, 225, con nota di A. di Majo, La fattibilità del concordato preventivo: legittimità o merito?), di sollecitare al riguardo una pronuncia delle Sezioni Unite.
Il testo dell'art. 180 l. fall., si noti, è stato inciso solo marginalmente dalla L. n. 134/2012 che ha convertito in legge il D.L. n. 83/2012, che pure ha modificato alcune norme chiave del R.D. n. 267/42.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per i riferimenti giurisprudenziali, si rinvia alle decisioni citate nel testo.
La produzione scientifica in materia è assai vasta. Oltre agli autori già citati, tra gli ultimi contributi si vedano; R. Amatore, Il giudizio di fattibilità del piano nel concordato preventivo, in Dir. fall., 2012, I, 104 ss.; G. Canale, Il concordato preventivo a cinque anni dalla riforma, in Giur. comm., 2011, 358 ss.; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 607 ss.; G. Di Cecco, sub Art. 180, in La legge fallimentare dopo la riforma, III, Torino, 2010, 2214 ss.; V. Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 281 ss.; M. Ferro, Il concordato preventivo, l'omologazione e le fasi successive, Bologna, 2010, 1029 ss.; A. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge, Milano, 2009, 1027 ss.; S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato Cottino, Padova, 2008, 121, ss..

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