L'armonizzazione comunitaria della normativa in materia di crisi d'impresa

19 Giugno 2014

La Raccomandazione della Commissione Europea in data 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza detta norme minime in materia di ristrutturazione preventiva delle imprese sane in crisi e di liberazione dai debiti degli imprenditori onesti falliti. Questo documento mira all'armonizzazione della disciplina degli Stati membri in materia di insolvenza; alla promozione dell'imprenditoria, degli investimenti e dell'occupazione; a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. L'attuazione dei principi ivi contenuti costituisce il punto di arrivo di un processo svolto a livello comunitario, all'esito di uno studio aggiornato della situazione normativa degli Stati membri, oltre che sull'esame delle best practices esistenti in materia. Gli Stati membri destinatari della raccomandazione sono invitati ad attuare i principi ivi contenuti entro 12 mesi. La Commissione si riserva di valutare la sua implementazione e l'efficacia delle azioni intraprese entro 18 mesi dalla sua adozione, al fine di comprenderne l'impatto, e al fine di valutare se proporre ulteriori misure per consolidare e rafforzare l'approccio cui si informa. Il presente contributo descrive il contenuto della Raccomandazione e si sofferma sui possibili effetti che essa potrebbe avere sugli accordi raggiunti con tutti i creditori nell'ambito delle procedure di soluzione concordata della crisi di impresa.
Le finalità del diritto della crisi di impresa e gli interventi delle istituzioni comunitarie

Il diritto fallimentare mira ad equilibrare gli interessi dei debitori, dei creditori, degli stakeholders e della società nel suo complesso, sulla base di considerazioni di carattere sociale, politico e di altro tipo, che tengano conto degli obiettivi economici e legali delle procedure di insolvenza. Ciò spiega la necessità di revisioni periodiche (alla luce della evoluzione della società, al fine di consentire una migliore risposta alle attuali esigenze sociali) operate alla luce della valutazione dei cambiamenti sociali percepiti sulla base delle migliori pratiche internazionali, e recepite nei sistemi giuridici nazionali tenendo in considerazione la realtà dei sistemi e la disponibilità di risorse umane e materiali (

Legislative Guide on Insolvency Law

, 2005, 16

).

Come risulta dalla lettura dei documenti riportati nell'allegato A, le istituzioni europee e, fra esse, la Commissione, hanno da tempo riconosciuto come il diritto della crisi di impresa, in particolare, possa contribuire a migliorare il funzionamento del mercato interno, in osservanza di quanto previsto dall'

art. 114 TFUE

; la libera circolazione delle persone, in osservanza di quanto previsto dall'

art. 50 TFUE

; e la più stretta cooperazione civile fra gli Stati membri in materia transfrontaliera, in osservanza dell'

art. 81 TFUE

(

Macrì, Un commento a prima lettura [della raccomandazione 12 marzo 2014], Fall. 2014, 399

). Inoltre, tale ambito del diritto può contribuire a sostenere l'attività economica e consentire la ripresa economica, soprattutto in presenza delle sfide derivanti dalla più grave crisi economica verificatasi da 50 anni. Per tale motivo, anche nell'ambito di una generale strategia di crescita, definita Europa 2020, avente ad oggetto le imprese e, in particolare, le PMI, da tempo è sentita l'opportunità di armonizzare le norme degli Stati membri con riguardo ad alcuni aspetti della disciplina in materia di insolvenza; nonché, di formulare proposte di formazione e di consulenza agli imprenditori.

Il cammino verso l'armonizzazione di alcuni aspetti del diritto della crisi d'impresa

La disciplina fallimentare degli Stati, peraltro, fornisce tuttora soluzioni molto differenti alla crisi di impresa, che creano una notevole incertezza fra gli operatori agiscono a livello internazionale, con particolare riguardo alle condizioni per l'apertura della procedura di insolvenza, alla disciplina dell'insinuazione al passivo e della verifica dei crediti; a certi aspetti nel modo in cui i piani di ristrutturazione sono adottati e al loro contenuto; alle norme relative alle azioni pregiudizievoli per i creditori; alla disciplina dei rapporti pendenti; alle responsabilità degli organi sociali; al tempo necessario per la liberazione del debitore dai debiti (c.d. esdebitazione o discharge).

Per tale motivo, diverse sono le iniziative assunte al fine di favorire l'armonizzazione dei sistemi normativi nazionali, quale, ad esempio, l'adozione dei principi dettati dall'Uncitral (United Nations Commmission on International Trade Law), nella Model Law on Cross-Border Insolvency e nella successiva Legislative Guide (

De Cesari - Montella, Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione italiana. Competenza internazionale e riconoscimento delle decisioni, Milano, 2009, 4 - 5

).

In tale ottica, le istituzioni comunitarie sono consapevoli della necessità di promuovere, da parte degli Stati membri, norme omogenee che possano incentivare lo spirito imprenditoriale, che implica, per definizione, rischi e richiede, agli imprenditori, fiducia in sé, autonomia e una certa disponibilità ad assumerseli avendo la possibilità di poter contare su una normativa che aiuti le società a sopravvivere e incoraggi gli imprenditori a cogliere una seconda opportunità, ove una iniziativa imprenditoriale non abbia un esito favorevole. In tal senso si colloca il progetto di riforma del

Regolamento 1346/2000

, in vigore dal 29 maggio 2002, dedicato ad alcune questioni relative alla procedure di insolvenza che presentano aspetti transfrontalieri, che estende, significativamente, il suo campo di applicazione a procedure di prevenzione che promuovano il salvataggio del debitore economicamente valido e danno una seconda opportunità agli imprenditori; come pure la Raccomandazione che costituisce oggetto del presente articolo.

La Raccomandazione della Commissione Europea del 12 marzo 2014: obiettivi, efficacia giuridica e fondamento

La raccomandazione in data 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza (d'ora in poi anche: la Raccomandazione; si veda anche la news, in questo portale), alla quale sono dedicate le osservazioni che seguono, individua un quadro giuridico unitario per gli Stati membri in materia di quadri di ristrutturazione preventiva delle imprese in crisi e di liberazione dai debiti degli imprenditori falliti (art. 3). La Raccomandazione, emessa ex art. 249 TFUE, non ha natura vincolante, ma invita gli Stati membri a seguire le norme minime ivi contenute (Tesauro, Diritto comunitario, II ed., Padova, 2001, 122), fermo l'obbligo dei giudici nazionali di tenerne conto entro certi limiti, ai fini della soluzione delle controversie loro sottoposte.

La scelta di tale atto comunitario costituisce frutto di un'espressa scelta della Commissione: una procedura interamente armonizzata, infatti, avrebbe comportato difficoltà e tempi di realizzazione; mentre una direttiva che stabilisse standard minimi sulle procedure preventive e sul periodo per la liberazione dai debiti degli imprenditori avrebbe dovuto coordinarsi con le numerose riforme della normativa in materia di insolvenza all'interno degli Stati membri, rendendo necessario un lungo periodo di negoziazioni, senza essere efficace nel breve periodo e consentire di contribuire al superamento della grave crisi finanziaria.

Il documento fa seguito ad una serie di interventi delle istituzioni comunitarie, elencati nell'allegato A al presente articolo, e, da ultimo, alla comunicazione della Commissione del 12 dicembre 2012 denominata “un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza” e alla consultazione dei cittadini degli Stati membri della seconda metà del 2013 sul medesimo tema;

e trova fondamento nelle migliori prassi internazionali; nelle raccomandazioni derivanti da uno studio commissionato dalla Commissione Europea a Insol Europe; nei risultati dell'analisi delle riforme delle normative in materia di ristrutturazione negli Stati membri; le conclusioni delle discussioni nella Commission Group of private experts on insolvency e gli incontri con gli Stati membri; i risultati della ricordata consultazione pubblica del 2013; la dottrina giuridica ed economica.

Finalità e verifica della sua implementazione.

La Raccomandazione vuole affermare un diritto fallimentare moderno in tutti gli Stati membri, che aiuti le società a sopravvivere e incoraggiare gli imprenditori a cogliere una seconda opportunità. In particolare, essa mira a promuovere l'imprenditoria, gli investimenti e l'occupazione; a contribuire a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno (art. 1); a diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; ad aumentare i tassi di recupero del credito; ad eliminare le difficoltà di ristrutturare gruppi transfrontalieri di imprese. In considerazione della necessità di una pronta reazione alla perdurante crisi economica, la Commissione auspica la implementazione degli standard minimi contenuti nella raccomandazione entro 12 mesi dalla sua adozione e, pertanto, entro il 12 marzo 2015; e si riserva di valutare la sua implementazione negli Stati membri e la efficacia delle azioni prese entro 18 mesi dalla sua adozione, al fine di comprendere l'efficacia delle misure raccomandate ed eventuali iniziative ulteriori.

Destinatari delle disposizioni da armonizzare

La raccomandazione è destinata a soggetti differenti, a seconda del contenuto delle norme minime in essa contenute. In particolare, le imprese sane in difficoltà finanziarie sono le principali beneficiarie delle disposizioni in materia di ristrutturazione preventiva; mentre gli imprenditori onesti falliti sono quelli considerati in materia di seconda opportunità.

I principi ivi contenuti, ove vengano recepiti negli Stati membri, sono destinati ad avere un rilevante impatto anche sulle piccole e medie imprese (PMI), in considerazione della loro rilevanza all'interno della Unione Europea e della attuale indisponibilità da parte delle medesime di risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e della impossibilità di beneficiare delle procedure di ristrutturazioni più efficienti in alcuni Stati membri (premessa 13).

La Raccomandazione non trova applicazione alle imprese assicuratrici, agli enti creditizi, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo, alle controparti centrali, ai depositari centrali di titoli e agli altri istituti finanziari soggetti a quadri speciali di risanamento e risoluzione delle crisi in cui le autorità di vigilanza nazionali godono di ampi poteri di intervento; come pure ai consumatori sovraindebitati e al loro fallimento, pur invitando gli Stati membri a valutare la possibilità di applicare i principi contenuti nella Raccomandazione anche ai consumatori, giacché alcuni possono essere rilevanti anche per i consumatori.

La disciplina volta a consentire un quadro giuridico per ristrutturazioni efficaci e precoci di imprese sane in difficoltà finanziarie: obiettivi e vantaggi di un quadro giuridico comune

Come già ricordato, gli Stati membri appartenenti all'Unione Europea disciplinano in maniera differente le procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa. In particolare, in alcuni la ristrutturazione è disciplinata solo al di fuori di procedure giurisdizionali ovvero nell'ambito di procedure di insolvenza; in altri, le procedure di insolvenza precoci sono formali, costose e poco efficaci; in altri ancora è previsto un ampio raggio di possibilità di ristrutturazione, prevalentemente dirette sotto la guida di organi giudiziali e costose; un ultimo gruppo di Stati membri infine, detta procedure ibride, la struttura delle quali può essere migliorata.

La Raccomandazione incoraggia gli Stati membri ad adottare un quadro giuridico idoneo a consentire la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria (art. 1), da affiancare a quella relativo alla liquidazione efficiente delle imprese non meritevoli. Il quadro giuridico suggerito appare idoneo ad aumentare in maniera potenzialmente significativa il numero delle imprese meritevoli di essere ristrutturate; a limitare, sia pure in misura non significativa, il costo del salvataggio delle imprese negli Stati membri con procedure di salvataggio non efficienti; a ridurre il costo delle ristrutturazioni di gruppi transfrontalieri di imprese; a ridurre i costi (di trasferimento e di rappresentanza legale) per i creditori derivanti dal c.d. forum shopping dei debitori; a consentire maggiori percentuali di recupero dei crediti, con riduzione delle perdite finanziarie di creditori e altri stakeholders; a risolvere in maniera facilitata i non performing loans; a ottenere, per le istituzioni finanziarie, effetti sostanzialmente positivi, pur con qualche svantaggio dovuto a minor controllo sui prestiti; a salvare posti di lavoro; a consentire una minore distorsione di decisioni di investimenti; a consentire risparmi significativi a seguito del minor coinvolgimento dei tribunali; ad aumentare l'imprenditorialità, a seguito della riduzione del costo del capitale; e, da ultimo, ad avvantaggiare le autorità fiscali nel recupero del gettito fiscale, nel rispetto dei principi generali di equità fiscale.

Presupposto soggettivo e oggettivo. Ambito di applicazione prevalente

Come già ricordato, il quadro di ristrutturazione preventiva contenuto nella Raccomandazione è destinato a debitori - siano essi persone fisiche o giuridiche - che versano in difficoltà finanziaria e per le quali sussiste una probabilità di insolvenza (art. 5, lett. c).

La Raccomandazione non definisce cosa si intenda per “difficoltà finanziaria” e “probabilità di insolvenza”, lasciando tale compito agli Stati membri. In generale, peraltro, è possibile ritenere che tali condizioni sussistano allorquando il debitore presenti difficoltà finanziarie, ma non si sia ancora verificata la presenza di uno dei requisiti obiettivi che consenta l'apertura di una procedura di insolvenza liquidatoria; ovvero quando il valore dell'attivo (inteso come valore attuale dei flussi finanziari attesi, o valore di mercato dell'attivo) rischi di essere inferiore al valore dei pagamenti promessi ai creditori; e, ove i debiti abbiano scadenza immediata, quando il valore di mercato dell'attivo rischi di essere inferiore al valore nominale del debito (

v. Belcredi, Le soluzioni concordate nella riforma delle procedure concorsuali, in Cipolletta, Micossi, Nardozzi, La riforma della disciplina della crisi di impresa, Confindustria, 2006, reperibile su confindustria.it

).

La Raccomandazione menziona gli accordi volti alla ristrutturazione di imprese sane conclusi con tutti o con alcuni dei creditori anche se, per le ragioni che verranno di seguito specificate, essa è destinata ad avere un impatto maggiore sugli accordi conclusi con tutti i creditori.

La ristrutturazione come strumento per superare le difficoltà finanziarie e le probabilità di insolvenza. Contenuto e negoziazioni dei piani di ristrutturazione

Secondo la Commissione, il superamento della crisi da parte delle imprese sane con le caratteristiche ora ricordate richiede la ristrutturazione e, cioè, “la modifica della composizione delle condizioni o la struttura delle attività e passività delle imprese in difficoltà finanziaria, o una combinazione di questi elementi” (art. 5 lett. b)). A tal fine, le norme contenute nella Raccomandazione richiedono l'approvazione, da parte dei creditori, di “piani di ristrutturazione” idonei a impedire l'insolvenza del debitore e di garantire la redditività dell'impresa, approntati dal debitore e approvati dai creditori. In assenza di ragionevoli prospettive di attuazione e della idoneità ad impedire l'insolvenza del debitore, il debitore non potrà chiedere con successo ed ottenere la sospensione delle azioni esecutive e delle procedure di insolvenza; né, tantomeno, l'omologazione dei piani di ristrutturazione, al fine di renderne vincolanti gli effetti per coloro che non vi abbiano aderito.

Gli Stati membri sono invitati ad indicare il contenuto dei piani di ristrutturazione mediante disposizioni chiare e specifiche, che prevedano che tali piani: (i) indichino i creditori interessati dal piano; la loro posizione in merito al piano; gli effetti della ristrutturazione sui singoli crediti o categorie di crediti; (ii) indichino le condizioni per accedere a nuovi finanziamenti, ove previsti dal piano; (iii) argomentino sulla capacità del piano di impedire l'insolvenza del debitore e di gestire la redditività dell'impresa (art. 15).

Per produrre gli effetti nei confronti dei creditori meglio specificati agli artt. 25 e 26, i piani di ristrutturazione devono essere negoziati fra il debitore e i creditori, con le eventuali agevolazioni o salvaguardie di cui agli artt. 9 lett. a) e b), sulle quali v. infra.

Durante le more della negoziazione, peraltro, la Raccomandazione invita gli Stati membri a consentire al debitore di mantenere il controllo della gestione corrente dell'impresa.

Segue. La disciplina dei nuovi finanziamenti

In considerazione del ruolo centrale che essi rivestono nell'ambito dei piani di ristrutturazione, la Raccomandazione invita gli Stati membri ad adottare una disciplina specifica per i nuovi finanziamenti, necessari per l'attuazione del piano, le condizioni dei quali risultino dal piano (art. 15, lett. c). Rientrano fra tali finanziamenti i nuovi prestiti, la vendita di determinate attività ad opera del debitore e la conversione in capitale dei debiti (art. 27).

I nuovi finanziamenti dovrebbero beneficiare della esenzione da nullità, annullabilità o inopponibilità quali atti pregiudizievoli per la massa dei creditori; mentre i contributori dei medesimi dovrebbero essere esonerati da responsabilità civile e penale relativa al processo di ristrutturazione (art. 28) (

Panzani, The security interests and the crossborder insolvency procedure: the italian discipline, IILR (in corso di pubblicazione)

). A tal fine, i nuovi finanziamenti dovranno essere previsti dal piano di ristrutturazione adottato dai creditori e non dovranno arrecare un indebito pregiudizio per gli interessi dei creditori dissenzienti, da accertare a cura del giudice competente in sede di omologazione del piano di ristrutturazione (art. 22, lett. d e 27).

In caso di successivo accertamento di frode in relazione ai nuovi finanziamenti, gli Stati membri dovrebbero derogare alla tutela dei nuovi finanziamenti ora ricordati.

Il contenimento dell'intervento del giudice e le misure volte ad agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione

Al fine di promuovere l'efficienza e ridurre ritardi e costi, la Raccomandazione ritiene che i quadri nazionali di ristrutturazione preventiva dovrebbero contemplare procedure flessibili che limitino l'intervento del giudice - come definito all'art. 5, lett. d) - ai casi in cui sia necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e di terzi eventuali (premessa 17).

Tale principio consente di comprendere la ragione per la quale la Raccomandazione consente al debitore di avviare il processo di ristrutturazione dell'impresa senza iniziare ufficialmente un'azione in giudizio (art. 8); al giudice di valutare se nominare o meno un mediatore per assistere il debitore e i creditori nel condurre a buon fine i negoziati sul piano di ristrutturazione; ovvero un supervisore, per sorvegliare l'attività del debitore e dei creditori e prendere le misure necessarie per tutelare i legittimi interessi di uno o più creditori o terzi eventuali (art. 9).

Il principio sopra ricordato consente, inoltre, al debitore, pendenti le trattative con tutti i creditori di chiedere al giudice competente di disporre la sospensione delle azioni esecutive individuali, come definita dalla raccomandazione all'art. 5, lett. c), come pure della procedura di insolvenza della quale i creditori abbiano chiesto l'avvio. In tal caso, il debitore dovrà dimostrare di versare in difficoltà finanziaria e che sussiste una probabilità di insolvenza; di avere in corso negoziati con tutti o alcuni creditori, aventi ad oggetto un piano di ristrutturazione avente le caratteristiche e i contenuti sopra indicati e che consenta la ristrutturazione della sua impresa; e che le azioni esecutive e la procedura di insolvenza ora indicate siano idonee a ripercuotersi negativamente sui negoziati e ostacolare le prospettive di ristrutturazione della sua impresa.

Al fine di bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori, il giudice dovrà: (i) inizialmente accordare la sospensione per un periodo non superiore a quattro mesi, rinnovabile, e, comunque, non eccedente i dodici mesi; (ii) revocare il provvedimento di sospensione ove non sia più necessaria per facilitare l'adozione del piano di ristrutturazione. Il potere di revoca ora ricordato induce a valutare se il giudice possa rigettare la richiesta ovvero revocare il provvedimento di sospensione delle azioni esecutive sui beni non richiesti per le azioni descritte nel piano di ristrutturazione, consentendo, in tal modo, ai creditori di aggredire i beni non funzionali alla prosecuzione della attività aziendale, consentendo una più rapida liquidazione, con modalità che consentano la massimizzazione del loro valore e ricorrendo a forme previste per la vendita in sede di esecuzione forzata solo ove strettamente necessario.

L'adozione da parte dei creditori del piano di ristrutturazione proposto dal debitore

il piano di ristrutturazione può interessare tutti o solo alcuni dei creditori, siano essi titolari o meno di una garanzia. Il debitore, in particolare, potrebbe coinvolgere nel piano di ristrutturazione soltanto alcuni creditori, al fine di rendere l'adozione dei piani più efficace (art. 20). In tal caso, peraltro, non troveranno applicazione a tali accordi, ragionevolmente, le previsioni della Raccomandazione relative alla adozione del piano di ristrutturazione, alla omologa del medesimo e agli effetti dei piani di ristrutturazione adottati da tutti i creditori.

Il piano può prevedere l'eventuale suddivisione dei creditori in classi, fermo restando che le classi di creditori dovrebbero distinguere, quantomeno, i titolari di una garanzia rispetto a quelli privi di una garanzia (art. 17).

Grava sul debitore l'obbligo di informare tutti i creditori potenzialmente interessati dai contenuti del piano, siano essi tutti o soltanto determinati tipi (o condizioni) di creditori.

L'adozione e, cioè, l'approvazione del piano di ristrutturazione spetta solo ai creditori interessati. Al fine di garantire la parità delle condizioni, indipendentemente dal luogo in cui si trovano, in presenza di una procedura di voto formale, i creditori dovrebbero essere autorizzati a votare con mezzi di comunicazione a distanza (art. 19). L'adozione del piano di ristrutturazione può avvenire all'unanimità ovvero con il consenso dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti e, in caso di formazione di classi, di ciascuna classe, come prescritta dal diritto nazionale. In presenza di due o più classi di creditori, gli Stati membri dovrebbero consentire l'omologa del piano di ristrutturazione ove sostenuto dalla maggioranza delle classi e tenuto conto della consistenza dei crediti di ciascuna.

A seguito dell'adozione del piano, i creditori interessati e dissenzienti dovrebbero avere il diritto di opporsi e proporre ricorso contro il piano di ristrutturazione, senza che l'opposizione ne sospenda l'attuazione, nell'interesse dei creditori favorevoli che l'abbiano adottato con le maggioranze richieste.

L'omologazione dei piani di ristrutturazione

Al fine di garantire una proporzionalità fra la limitazione dei diritti dei creditori e i benefici per il debitore derivanti della ristrutturazione e di consentire ai creditori l'accesso ad un ricorso effettivo, in piena conformità con la libertà di impresa e il diritto di proprietà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Raccomandazione invita gli Stati membri a richiedere l'omologazione dei piani di ristrutturazione attuati dai creditori a maggioranza ove: (i) il debitore voglia che esso sia vincolante per ogni singolo creditore interessato ed identificato nel piano, con ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti; come pure (ii) nel caso in cui esso preveda nuovi finanziamenti, in considerazione dei ricordati effetti che possono comportare per il soddisfacimento dei creditori. Per le ragioni meglio ricordate all'art. 3.6 che precede, l'omologa non dovrebbe, invece, riguardare i piani di ristrutturazione raggiunti che riguardino solo alcuni creditori.

Le condizioni di omologa vanno indicate nelle norme relative in modo chiaro, nel rispetto di alcune garanzie per i creditori. In particolare: (i) il piano dovrà essere adottato garantendo la tutela degli interessi legittimi dei creditori; (ii) il piano dovrà essere stato notificato a tutti i creditori potenzialmente coinvolti; (iii) la limitazione dei diritti dei creditori dissenzienti non dovrà essere superiore rispetto a quanto essi potrebbero ragionevolmente pretendere in assenza di ristrutturazione, ove l'impresa del debitore fosse liquidata o venduta in regime di continuità aziendale, a seconda del caso (c.d. cram down); (iv) i finanziamenti previsti dal piano di ristrutturazione dovranno essere necessari per attuare il piano e non arrecare un indebito pregiudizio agli interessi dei creditori dissenzienti.

Gli effetti del piano di ristrutturazione

Il piano di ristrutturazione che riguardi tutti i creditori del debitore dovrebbe essere vincolante per la totalità dei medesimi, ove venga adottato alla unanimità dei creditori interessati (art. 28). Ove, invece, sia stato adottato a maggioranza dei creditori e, ove formate, delle classi dei creditori coinvolti, il piano sarà idoneo a vincolare ogni singolo creditore che, per quanto dissenziente, sia interessato e identificato nel medesimo solo a seguito della omologazione da parte del giudice competente.

La disciplina per la promozione di una seconda opportunità per gli imprenditori onesti

Il fallimento di un'impresa costituisce, come già ricordato, un fenomeno fisiologico, spesso conseguenza del rinnovo delle imprese. Esso può verificarsi quando, nella fase di avvio di una impresa, non è possibile assicurarne la redditività; ovvero, superata questa fase, per l'utilizzo di un modello di gestione errato o per errori commessi dagli imprenditori; come pure per ragioni totalmente estranee al controllo degli imprenditori, quali una sequela di pagamenti tardivi o altri problemi oggettivi. I fallimenti per le cause ora indicate sono definiti “onesti” e rappresentano, all'interno dell'Unione Europea, il 96% dei fallimenti.

Il fallimento aziendale comporta una stigmatizzazione per gli imprenditori falliti e per i terzi che con essi vengono in contatto e costituisce un ostacolo all'inizio di nuove attività imprenditoriali e, in generale, allo sviluppo della imprenditorialità. E ciò, nonostante alcuni insuccessi possano costituire una opportunità di apprendimento” per una imprenditorialità più rinforzata, come dimostrato dal fatto che gli imprenditori che iniziano una nuova attività dopo il fallimento hanno percentuali di insuccesso inferiori e affrontano una crescita maggiore delle imprese di nuova costituzione.

In molti paesi dell'Unione Europea il diritto fallimentare riserva un trattamento unitario, senza distinguere se esso sia dovuto o meno a comportamenti fraudolenti, e se la condotta degli imprenditori sia stata onesta e corretta. Per tale motivo, da parecchi anni le istituzioni europee ritengono che la normativa degli Stati membri dovrebbe distinguere chiaramente fra il trattamento giuridico degli imprenditori falliti onesti e quelli disonesti, prevedendo a favore dei primi procedure giudiziarie di fallimento meno onerose, semplificate e con una durata limitata. Ciò spiega perché la Commissione Europea da tempo promuova il rapido ottenimento di una seconda opportunità per gli imprenditori onesti che si sono trovati in stato di insolvenza.

I beneficiari della Raccomandazione

La Raccomandazione invita gli Stati membri ad adottare alcune norme destinate agli imprenditori onesti, ma sfortunati, al fine di limitare gli effetti negativi del fallimento e dare loro una seconda opportunità, salvo il mantenimento o l'introduzione di disposizioni più rigorose, se necessario, per dissuadere gli imprenditori che abbiano agito in modo disonesto o in mala fede, prima o dopo l'apertura della procedura fallimentare; non abbiano aderito ad un piano di rientro o ad altro obbligo giuridico a tutela dei creditori.

La durata massima delle procedure

La Commissione invita gli Stati membri a prevedere una disciplina che consenta la conclusione delle procedure concorsuali o fallimentari entro tre anni. Tale termine decorre, in caso di procedura conclusasi con la liquidazione delle attività del debitore, dalla data in cui il giudice ha deciso sulla domanda di apertura della procedura di fallimento; in caso di procedura comprensiva di un piano di ammortamento, dalla data in cui è iniziata l'attuazione di tale piano (par. 30).

La liberazione automatica dai debiti

Il decorso del termine ora ricordato dovrebbe comportare per il debitore il beneficio automatico della liberazione dai debiti senza obbligo, in linea di principio, di rivolgersi nuovamente al giudice (par. 31). In tal modo si consente la rimozione degli ostacoli di natura legale e amministrativa per ripartire con una nuova attività.

La liberazione dovrebbe riguardare i debiti oggetto di fallimento, ferma la possibilità, per gli Stati membri, di escludere categorie specifiche di debiti, quali quelli derivanti da responsabilità extracontrattuale (par. 33)

Tutela dei mezzi di sostentamento dell'imprenditore

Infine, sempre a tutela di una seconda opportunità, la Raccomandazione invita a mantenere o introdurre disposizioni di tutela dei mezzi di sostentamento dell'imprenditore e della sua famiglia consentendo all'imprenditore di conservare alcune attività (par. 32).

Il possibile impatto della raccomandazione sulla legislazione italiana

Come già ricordato sopra, la Raccomandazione della Commissione Europea trova fondamento, fra l'altro, nella diversa disciplina prevista dagli Stati membri per le ristrutturazioni. Appare, per tale motivo, utile, prima di concludere, valutare, sia pure in via di prima approssimazione, l'impatto che tale raccomandazione potrebbe avere sulla normativa italiana.

Per le ragioni di seguito esposte, la raccomandazione è, a parere dello scrivente, idonea ad avere un impatto meno significativo rispetto a quello che è destinata ad avere in altri Paesi membri.

Il possibile impatto della Raccomandazione sulla normativa italiana in materia di ristrutturazioni

La normativa italiana vigente in materia di ristrutturazioni anticipate, come noto, agevola un approccio negoziale alla crisi di impresa, anteriore alla insolvenza, con tutti o con alcuni i creditori, mediante accordi fondati su piani attestati di risanamento; accordi di ristrutturazione e concordati preventivi in continuità aziendale.

La normativa vigente applicabile agli accordi con tutti i creditori, siano essi consenzienti o dissenzienti, appare in linea con il quadro giuridico proposto dalla Raccomandazione. In particolare:

  1. consente al debitore di formulare una proposta a tutti i creditori che preveda la loro eventuale suddivisione in classi. La possibilità di suddividere i creditori in classi non è espressamente prevista dalla disciplina degli accordi che, di norma, vengono raggiunti con alcuni creditori, quali gli accordi di ristrutturazione del debito e quelli fondati su piani attestati di risanamento. A tal fine, il legislatore italiano, nel valutare l'adozione della raccomandazione, dovrà valutare l'estensione a tali accordi, ove raggiunti con tutti i creditori, di quanto previsto in materia di concordato preventivo;

  2. prevede che la proposta sia fondata su un piano ispirato alla massima flessibilità. Il contenuto del piano, peraltro, è specificamente descritto solo in materia di concordato preventivo in continuità aziendale, agli

    artt. 160

    e

    182-

    sexies

    l. fall

    ., ma non per le altre procedure negoziate di soluzione della crisi di imprese (piani attestati; accordi di ristrutturazione). A tal fine, il legislatore italiano, nel valutare l'adozione della raccomandazione, dovrà valutare l'estensione a tali accordi di quanto previsto in materia di concordato preventivo, ove essi abbiano come destinatari tutti i creditori;

  3. consente al debitore di ottenere la sospensione delle azioni esecutive, sia pure per una durata inferiore a quella massima prevista dalla Raccomandazione, anche prima del raggiungimento di un accordo di ristrutturazione

    ex art. 182-bis l. fall.

    con i creditori, ove sussistano i requisiti di cui al VI co. dell'articolo ora citato. Nulla prevede, invece, con riguardo alle procedure per la dichiarazione di fallimento, per le quali, peraltro, la giurisprudenza è più volte intervenuta in relazione ad accordi di ristrutturazione e di concordati preventivi affermando, di norma, la prevalenza delle procedure negoziate di soluzione della crisi di impresa;

  4. prevede una articolata disciplina dei finanziamenti in esecuzione degli accordi di ristrutturazione raggiunti nell'ambito di una procedura di concordato preventivo ovvero nella procedura

    ex art. 182-

    bis

    l. fall

    ., incentivata anche dalla Raccomandazione. Peraltro, come noto, una espressa disciplina è, altresì, prevista per i finanziamenti in funzione e in occasione di procedure di concordato preventivo in continuità aziendale;

  5. pone obblighi informativi per i creditori maggiori con riguardo alle procedure di concordato preventivo in continuità aziendale, riconducibili anche alle funzioni del commissario giudiziale. Per le altre procedure, ove coinvolgano tutti i creditori, il legislatore italiano potrebbe inserire previsioni specifiche, in linea con quelle previste dalla normativa esistente in materia di concordato preventivo;

  6. stabilisce che l'accordo per superare la crisi di impresa con tutti i creditori, nell'ambito della procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, vincoli anche i creditori dissenzienti solo a seguito dell'omologa da parte del tribunale competente, in linea con quanto previsto dalla Raccomandazione. Con riguardo, invece, all'accordo con alcuni creditori, la normativa italiana non richiede l'intervento del giudice, con riguardo agli accordi fondati su piani attestati di risanamento, mentre lo impone per gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis

    l. fall.

    Ove, come sopra argomentato, le disposizioni relative all'omologa (e agli effetti) dei piani di ristrutturazione adottati non riguardino gli accordi con alcuni creditori, nessuna modifica dovrà essere valutata da parte del legislatore italiano. Ove, invece, la Raccomandazione riguardi anche tali accordi, il legislatore italiano potrà valutare se escludere l'omologa dell'accordo con alcuni creditori, in linea con quanto previsto dalla Raccomandazione.

La normativa italiana, invece, a differenza della Raccomandazione, non distingue fra imprenditori meritevoli e non meritevoli, ferma, peraltro, la possibilità dell'ordinamento di punire gli abusi (

Stanghellini - Belcredi, Chi ha paura del concordato in bianco? In www.lavoce.it, 4 giugno 2013

); non prevede la possibilità del giudice di nominare un mediatore, come invece previsto dalla Raccomandazione. La Raccomandazione può costituire dunque l' occasione per il legislatore italiano per valutare l'eventuale possibilità di disciplinare la nomina di un mediatore e disciplinare le regole di suo funzionamento, anche sulla base di recenti esperienze straniere, e nello spirito delle direttiva comunitaria del 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.

La normativa italiana, inoltre, dispone, a seguito del deposito della domanda di concordato in continuità aziendale, anche ex art. 161,

c

o

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6

,

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.

fall.

, l'automatica sospensione delle azioni esecutive, senza lasciare al debitore la facoltà di chiederla, come invece previsto dalla Raccomandazione in commento. In proposito, l'esperienza pratica induce a ritenere che l'automatica sospensione delle azioni esecutive per effetto del deposito di una domanda di concordato preventivo in continuità aziendale, quantomeno per i beni strumentali alla buona riuscita della ristrutturazione aziendale, sia quanto mai opportuna per una buona riuscita della procedura. La durata della procedura di concordato preventivo prevista dalla legge induce a ritenere, altresì, non rilevante intervenire sulla durata della sospensione delle ricordate azioni esecutive.

Con riguardo, infine, alla nomina di un supervisore, come noto essa non è prevista per gli accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l. fall.

; è obbligatoria in caso di presentazione di domanda di concordato preventivo in continuità aziendale, ed è, invece, facoltativa, in caso di presentazione di domanda

ex art. 161,

comma 6,

l. fall.

, in considerazione della idoneità dei concordati ad incidere sui diritti di tutti i creditori. In proposito, l'esperienza sino a qui maturata in Italia, oltre alle riforme introdotte nel corso del 2013, inducono a ritenere poco realistico che il legislatore italiano possa rendere facoltativa la nomina di un supervisore nell'ambito di procedure di concordato preventivo in continuità aziendale, nonostante l'idoneità di tale misura ad una migliore gestione delle risorse giudiziarie esistenti, in osservanza di quanto emerge dalla Raccomandazione in commento.

Il possibile impatto della Raccomandazione sulla normativa italiana in materia di liberazione dai debiti

Con riguardo, invece, alla disciplina della liberazione dai debiti degli imprenditori persone fisiche, come noto, il legislatore italiano ha fatto numerosi passi avanti al fine di rendere meno penalizzante la dichiarazione di fallimento, in linea con quanto sopra ricordato. In tal senso è la riforma del 2006 della disciplina degli effetti del fallimento per il fallito e della disciplina della esdebitazione.

L'adozione dei principi contenuti nella Raccomandazione dovrebbe portare alla automatica liberazione dai debiti concorsuali non soddisfatti integralmente e indipendentemente dal soddisfacimento, anche parziale, dei creditori concorsuali per gli imprenditori che soddisfino i requisiti di cui all'

art. 142

l. fall

., con conseguente abrogazione del procedimento

ex art. 143

l. fall

.

Va, peraltro, evidenziato che tali modifiche, in linea con quanto indicato nella Raccomandazione, sono, nella prassi, tuttora poco utilizzate, in considerazione della tendenza allo svolgimento della attività di impresa in forma societaria, idonea a depotenziare la disciplina fallimentare della liberazione dai debiti; sia, con riguardo alla disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento, in considerazione di una obiettiva difficoltà e macchinosità della normativa vigente.

Atti comunitari rilevanti

A. Parlamento Europeo

    1. 2013, Proposta di riforma delle norme attuali in materia di insolvenza, a seguito dei risultati della consultazione pubblica su un approccio europeo all'insolvenza;
    2. 15 novembre 2011, Risoluzione contenente raccomandazioni per l'armonizzazione di aspetti specifici delle normative nazionali in materia di insolvenza, comprese le condizioni per l'elaborazione, l'impatto e i contenuti dei piani di risanamento;
    3. 2010, Harmonsation of insolvency law at EU level.

B. Consiglio Europeo

    1. maggio 2011, c.d. Consiglio “competitività”;
    2. 4 maggio 2010, Programma di Stoccolma 2009 - un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini;
    3. 19 / 20 Giugno 2000, sostegno alla Carta Europea per le Piccole Imprese, adottata il 13 Giugno 2000 adottata dal Consiglio degli Affari Generali.

C. Commissione Europea

  1. In generale
      1. 5 luglio - 11 ottobre 2013: consultazione pubblica su un approccio europeo ai casi di insolvenza delle imprese;
      2. 9 gennaio 2013, Comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, denominato “piano d'azione imprenditorialità 2020. Rilanciare lo spirito imprenditoriale in Europa;
      3. 12 dicembre 2012, Comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza, laddove vengono evidenziati i settori nei quali le divergenze fra i diritti fallimentari nazionali rischiano di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente nel mercato interno, osservando che, ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia di società, imprenditori e privati negli ordinamenti degli altri Stati membri e migliorerà l'accesso al credito, che a sua volta fungerà da incentivo agli investimenti;
      4. 3 ottobre 2012, Comunicazione “L'atto per il mercato unico II”. In tale comunicazione viene proposta l'azione chiave di modernizzazione delle norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda opportunità agli imprenditori”, nel quale si annuncia che la Commissione esaminerà le modalità per accrescere l'efficienza del diritto fallimentare nazionale, in modo da creare condizioni di parità per le imprese, gli imprenditori e i privati cittadini nell'ambito del mercato interno;
      5. 23 febbraio 2011, Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Europeo Economico e Sociale e al Comitato delle regioni, Review of the “Small Business Act for Europe”;
      6. 3 marzo 2010, Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Europeo Economico e Sociale e al Comitato delle regioni, Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
      7. 25 giugno 2008, Comunicazione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Europeo Economico e Sociale e al Comitato delle regioni, “Think Small First”. A “Small Business Act for Europe”;
      8. 5 ottobre 2007, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. “Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale. Per una politica volta a promuovere la seconda opportunità. Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione;
      9. 12 dicembre 2006, Comunicazione al Consiglio Europeo: attuazione della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione - un anno di realizzazioni;
      10. 10 novembre 2005, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Attuare il programma comunitario di Lisbona. Una politica moderna a favore delle PMI per la crescita e l'occupazione;
      11. 11 febbraio 2004, Comunicazione Un'agenda europea per l'imprenditorialità;
      12. 2003, Final report of the expert group of the Best project on Restructuring, Bankruptcy and a Fresh Start.
  2. DG Imprese e industria
    1. Gennaio 2011
      1. Report of the Expert Group. A second chance for entrepreneurs: prevention of bankruptcy, simplification of bankruptcy procedures and support for a fresh start;
      2. Business dynamics: start ups, business transfers and bankruptcy;
    2. 2011 - Thinking Big for Small Businesses. What the EU does for SMEs;
    3. 2010, Business Dynamics: Start-ups, business Transfers and Bankruptcy. The economic impact of legal and administrative procedures for licensing, business transfers and bankruptcy on entrepreneurship in Europe.

D. Comitato economico e sociale europeo

    1. 29 maggio 2008, Parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale - Per una politica della seconda possibilità - Attuazione del partnenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione.

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