Il punto sull'insinuazione tardiva dei crediti nel procedimento di accertamento del passivo fallimentare

18 Dicembre 2014

L'art. 101 l. fall. contiene la disciplina delle domande di ammissione al passivo proposte tardivamente, le quali comportano una modifica dello stato passivo. L'Autrice compie un'analisi attenta della normativa relativa a tali domande, soffermandosi su alcuni aspetti discussi, quali la natura della domanda tardiva e il termine ultimo per la sua proposizione.
La domanda

La domanda d'insinuazione tardiva di credito, al pari di quella tempestiva, è diretta ad ottenere il riconoscimento del credito e dell'eventuale prelazione che l'assiste ed è volta ad una modificazione dello stato passivo, pur senza censurare lo stesso, sicché non assume natura d'impugnazione o di opposizione (Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano 1974, 1504).

È discusso se la domanda, tempestiva o tardiva, di insinuazione al passivo fallimentare abbia natura giudiziale.

Sebbene in dottrina siano state avanzate anche di recente perplessità a tal riguardo (De Sensi, L'accertamento del passivo, in L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza a cura di Costa, Torino 2008, 453), nondimeno, tenuto conto del disposto dell'

art.

94 l

.

fall

., è indubbio che l'insinuazione

al passivo comporti effetti giuridici analoghi alla proposizione della domanda giudiziale (Ferro, Legge fallimentare. Manuale teorico pratico

, Padova, 2007, 94), in quanto, ad esempio, determina l'interruzione della prescrizione del credito, con effetto permanente, sino al momento della chiusura della procedura o della revoca della sentenza dichiarativa d'insolvenza o di fallimento (

Cass. 11 settembre 1997, n. 8990

), pure se fondata su ragioni di ordine processuale (

Trib. Perugia 19 ottobre 2009

).

Riteniamo quindi

preferibile, considerato che non vi è dubbio che il deposito del ricorso produca i cc.dd. effetti processuali della domanda giudiziale, la tesi per la quale la domanda di insinuazione al passivo, anche tardiva, ha natura giudiziale (Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974, 1504).

La connotazione non impugnatoria della stessa implica che condizione di ammissibilità della domanda di insinuazione tardiva è che

non sia la medesima domanda già tempestivamente depositata dal creditore istante: pertanto, affinché il credito possa essere insinuato tardivamente, deve risultare diverso e per petitum e per causa petendi da quello fatto valere in via tempestiva (

Cass. sez. lav., 28 giugno 2012, n. 10882

. In arg. Gramaglia, Insinuazione tardiva del credito: profili di inammissibilità nascenti da precedente domanda, in Fall., 2000, 783; F. Lamanna, Il nuovo procedimento di accertamento del passivo, Inquadramento sistematico della verifica dei crediti e dei diritti sui beni, Milano, 2006). Ciò comporta, ad esempio, che non possa essere proposta domanda d'insinuazione tardiva di un credito insinuato per ottenere il riconoscimento di una prelazione in precedenza non dedotta, o quando il credito sia stato ammesso in sede tempestiva con riserva di produzione documenti e non sia stata proposta l'opposizione. Ancora, se è stato chiesto tempestivamente il riconoscimento di un credito privilegiato, non può farsene valere, in seguito, la prededucibilità.

La S.C. ha chiarito che, invece, l'ammissione tardiva al passivo fallimentare relativamente agli interessi già maturati alla data del fallimento non è preclusa in conseguenza della già avvenuta richiesta ed ammissione dello stesso credito per il solo capitale, poiché il credito degli interessi, per quanto accessorio sul piano genetico di quello del capitale, è un credito autonomo, azionabile separatamente, anche successivamente al credito principale già riconosciuto con decisione passata in giudicato (

Cass. 22 marzo 2012, n. 4554

; sul punto cfr., tra gli altri, Tiscini, Domanda di ammissione del credito per interessi, in Fall., 2002, 334; Zanichelli, Insinuazione tardiva di un credito per interessi, in Fall., 1999, 100). Non vi è inoltre identità di causa petendi e di petitum tra la pretesa per retribuzioni relativa ad un determinato segmento temporale del rapporto di lavoro rispetto a quella attinente ad altro segmento e quindi nessun impedimento a richiederne il riconoscimento nell'ambito del rito fallimentare in tempi diversi (

Cass. 13 dicembre 2011, n. 26761

).

Termine per la proposizione della domanda di insinuazione tardiva

Nella vigenza della formulazione originaria dell'

art.

101 l

. fall

. era discusso se il termine finale di presentazione delle domande di insinuazione tardiva di credito dovesse coincidere con la scadenza prevista per l'impugnazione del decreto di esecutività del piano di riparto oppure con la chiusura della procedura (

Cass. 2 marzo 1988, n.

2201

, in Fall., 1988, 752, con nota di Caramazza; Trib. Padova 10 gennaio 1986, ivi, 1987, 193).

La questione era stata risolta dalla S.C. nel senso che l'

art. 101 l

.

fall

., nel prevedere che i creditori possono chiedere l'ammissione al passivo sino a quando non siano esaurite le ripartizioni dell'attivo, pone soltanto un limite cronologico all'esercizio di tale facoltà, ma non riconosce ai creditori l'ulteriore diritto a non vedere pregiudicato il soddisfacimento del credito, con la conseguenza che agli organi della procedura non è preclusa la chiusura, senza che si debba procedere ad accantonamenti ai sensi dell'

art. 113 l

. fall

., peraltro espressamente indicati in modo tassativo.

Attualmente la questione risulta disciplinata in termini diversi, poiché il primo comma dell'

art.

101 l

.

fall

. nella sua novellata formulazione stabilisce che le domande di ammissione tardiva al passivo di un credito devono essere proposte entro dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, termine che può essere prorogato dal Tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, in caso di particolare complessità della procedura, fino a diciotto mesi (

Cass. 3 dicembre 2012, n. 21596

; conf.

Trib. Milano 3 maggio 2012, n. 5122

). L'ultimo comma dello stesso

art.

101 l

.

fall

. chiarisce, poi, che, decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile (

Cass. 2 aprile

2012, n. 5254

).

Più in generale, si è osservato che l'

art. 101 l. fall.

, il quale prevede che le domande di ammissione al passivo, di restituzione o di rivendicazione devono essere presentate in cancelleria non oltre il termine di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo riguardante le domande tempestive, non distingue tra crediti sorti prima del fallimento e crediti sorti successivamente, così che il creditore "sopravveniente" è anch'egli tenuto a rispettare detto termine. In altre e più chiare parole, la norma in questione non opera alcuna distinzione in base al momento in cui è sorto il credito, ma introduce una disciplina di salvaguardia esclusivamente in considerazione del momento in cui la domanda è proposta, consentendo che il creditore che, senza sua colpa, sia incorso nel ritardo possa proporre la propria istanza anche successivamente al termine sopra indicato, purché in un termine congruo rispetto al momento in cui il diritto di credito è venuto ad esistenza e poteva quindi essere fatto valere (Trib. Padova 26 gennaio 2012).

Procedimento

L'

art. 101,

comma 2

, l.

fall

., nella formulazione vigente, stabilisce che il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all'articolo 95 della medesima legge. Pertanto, il giudice delegato fissa per l'esame delle domande tardive un'udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d'urgenza, ed il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda della data dell'udienza (

Cass. civ. 3 dicembre 2012, n. 21596

); trovano applicazione le norme processuali dettate con riferimento alle domande di insinuazione tempestiva dei crediti.

La domanda di insinuazione al passivo, anche tardiva, deve essere corredata degli elementi oggi più puntualmente indicati dall'art. 93 l. fall.

È quindi necessario

indicare, a pena di inammissibilità, oltre alle ragioni di fatto e di diritto su cui la domanda si fonda, anche la procedura nella quale il creditore intende insinuarsi e la somma per la quale si chiede l'ammissione. Alla domanda dovranno inoltre essere allegati i documenti utili al suo accoglimento, documenti che possono peraltro essere prodotti sino all'udienza di verifica (Guizzi, Il passivo, in A.A., Diritto fallimentare. Manuale breve, Milano, 2008, 275 ss.).

Nella vigenza della disciplina tradizionale dettata dalla

legge fallimentare

prima delle riforme realizzate tra il 2006 ed il 2007, si riteneva che il procedimento di formazione dello stato passivo fosse caratterizzato dal principio inquisitorio quanto ai poteri dell'autorità giudiziaria, che non appariva vincolata al principio della domanda e sul piano istruttorio poteva assumere qualsiasi iniziativa, disponendo, anche in mancanza di qualsivoglia richiesta di parte, mezzi di prova d'ufficio o assumendo informazioni inaudita altera parte (Ferrara, Il fallimento, Milano 1995, 521 ss.; Provinciali,

Trattato di diritto fallimentare, Milano 1974, 1437; Satta, Diritto fallimentare, Padova 1996, 322 ss.).

Nel sistema attuale, diversamente, dal disposto dell'art. 95, comma 3, ultima parte, l. fall. – norma che, come rilevato, trova applicazione anche nel procedimento di insinuazione tardiva dei crediti - secondo cui il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento, può argomentarsi, invece, che, in omaggio al generale principio dispositivo, possono ammettersi soltanto i mezzi istruttori tempestivamente richiesti dalle parti purché compatibili con la celerità del procedimento stesso (De Sensi, L'accertamento del passivo, cit., 482).

Nel corso dell'udienza di verifica il giudice dovrà decidere in relazione a ciascuna domanda nel rispetto del principio di cui all'

art. 112 c.p.c.

, ossia avendo riguardo alla pretesa formulata dal creditore ed alle sole eccezioni dedotte dal curatore (

Cass. 4 aprile 2013, n. 8246

).

La valorizzazione del principio del contraddittorio anche nei rapporti tra il Giudice e le parti nel nuovo procedimento di accertamento del passivo fallimentare – secondo canoni operanti anche in relazione alle domande di insinuazione tardiva, atteso il rinvio all'

art. 95 l. fall

. -

è stata confermata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione le quali hanno evidenziato che all'interno dello stesso trova applicazione la regola della previa instaurazione del contraddittorio sulle questioni sollevate d'ufficio dal giudice (

Cass. Sez. Un., 20 febbraio 2013, n. 4213

, in Giust. Civ., 2013, n. 2, 299, con nota di Didone).

Sempre sul piano processuale, si è correttamente ritenuto, in sede applicativa, che, in pendenza del giudizio di insinuazione tardiva, è inammissibile la richiesta del creditore tardivo di essere ammesso al passivo

ex

art. 700 c.p.c.

, poiché non può emettersi una misura cautelare atipica che abbia per oggetto quello stesso risultato (l'ammissione con riserva o provvisoria) che l'ordinamento consente solo in presenza di presupposti tipici. è

quindi inammissibile la richiesta di una misura cautelare anticipatoria degli effetti della decisione relativa a un procedimento di ammissione tardiva

ex art. 101 l. fall

., attesa la incompatibilità palese con la struttura di tale procedimento, che prevede due sole ipotesi alternative, quali l'ammissione con decreto nel caso di non contestazione del curatore o, diversamente, l'avvio del giudizio contenzioso (Trib. Pordenone 16 novembre 2010).

Effetti dell'estinzione

L'estinzione del procedimento di insinuazione tardiva del credito non preclude, di per sé, la possibilità di far valere successivamente, anche nell'ambito della stessa procedura concorsuale, mediante riproposizione dell'istanza di insinuazione, il diritto sostanziale dedotto, in applicazione della regola, stabilita dall'

art. 310, comma primo, c.p.c.

, secondo cui, in via di principio, l'estinzione del processo non incide sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio e sul diritto di riproporli in altro giudizio (per tutte, in sede di merito,

Trib. Milano 3 marzo 2008, n. 2789

; conf. Trib. Messina 11 maggio 2000, in Dir. fall., 2000, II, 1062; Trib. Barcellona Pozzo Gotto 18 luglio 1995, ivi, 1996, II, 961. Sulla questione v. Didone, La riproponibilità dell'insinuazione tardiva tra Cassazione e giudici di merito, in Fall., 2004, 668). Invero, non può essere estesa in via analogica all'insinuazione tardiva la decadenza dall'azione, la quale si verifica solo per l'opposizione a stato passivo in considerazione della sua natura, estranea all'insinuazione tardiva, di rimedio impugnatorio, soggetto al rispetto di termini perentori (

Cass. 16 giugno 2010, n. 14585

; Cass. 30 settembre 2004, n. 19628).

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