La limitata ultrattività della prededuzione secondo il decreto “Destinazione Italia” nella consecutio tra il preconcordato e le altre procedure concorsuali

Filippo Lamanna
25 Marzo 2014

L'ipotesi in cui alla fase di preconcordato non faccia seguito alcun concordato, ovvero si sfoci in un fallimento, ha sempre suscitato dubbi in merito a quale trattamento dovessero ricevere i crediti sorti in quell'occasione: ossia se fossero o meno da considerare prededucibili. Con il recentissimo decreto Destinazione Italia (D.L. n. 145/2013, convertito in legge n. 9/2014) il legislatore ha posto una norma interpretativa proprio dell'art. 111 l. fall., la quale esclude la prededucibilità dei crediti in caso di preconcordato "abortito". L'Autore propone un'accurata riflessione su tale intervento, analizzandone la ratio e le conseguenze applicative in chiave critica, ponendo alcuni dubbi sulla lettura della norma.
Prededucibilità dei crediti sorti in occasione di preconcordato abortito: i contrasti giurisprudenziali

Recentemente alcuni giudici di merito, dovendo decidere se i crediti sorti da rapporti negoziali intercorsi con imprese in preconcordato possano conservare l'originario carattere prededucibile anche quando tale procedura s'interrompa prima del termine assegnato dal Tribunale o comunque, anziché sfociare in un'ammissione al concordato preventivo, venga

seguita dal fallimento, hanno dato risposta positiva al quesito, nell'evidente convinzione (quale si desume dal tenore delle decisioni adottate) che negare l'efficacia ultrattiva delle prededuzioni possa avere un deleterio effetto disincentivante sull'utilizzo di tale strumento processuale (Trib. Terni 17 gennaio 2014; Leuzzi, Preconcordato abortito e prededuzione dei crediti;

Trib. Rimini 26 novembre 2013

;

Trib. La Spezia 18 luglio 2013

;

App. Genova 9 gennaio 2014

).

È stata questa - ça va sans dire – una scelta del tutto legittima, anche se, a mio parere, inopportuna sul piano pragmatico e non condivisibile sotto il profilo giuridico-interpretativo.

Sotto tale secondo profilo quelle decisioni scontano infatti un evidente difetto di sostegno motivazionale.

A ben vedere, in esse sono stati addotti più che altro argomenti per “inconveniens”, come tali,

da soli, inconferenti ai fini dimostrativi (quali: “non si può tradire la certezza del diritto e l'aspettativa di chi ha negoziato con l'impresa o le ha fatto credito…”; oppure “non si possono porre a carico dei terzi contraenti le conseguenze negative derivanti dall'omessa presentazione da parte del debitore, nel termine fissato dal Tribunale, della proposta definitiva di concordato…”; ecc.).

L'unico argomento cui possa ascriversi una qualche coloritura “giuridica” sembra ravvisabile nell'evocazione (peraltro formalmente erronea) (Trib. Terni 17 gennaio 2014) dell'

art. 120, comma

1,

l.

fall

. (laddove la norma cui fare propriamente rilievo sarebbe stato l'

art. 18, penultimo comma,

l. fall

.) in materia di conservazione degli atti legittimi in caso di revoca del fallimento (Trib. Terni 17 gennaio 2014), norma però non soltanto del tutto dislocata rispetto alla tematica trattata, ma che comunque potrebbe spiegare la conservazione ultrattiva del carattere legittimo degli atti compiuti durante il preconcordato (se, appunto, compiuti in origine con tale carattere), ma non anche della prededucibilità, atteso che questa qualità attiene, e può realizzarsi, solo nell'ambito della procedura concorsuale cui i crediti prededucibili afferiscono.

Salva un'eccezione.

Infatti, proprio al fine di superare l'anzidetto limite, l'ultrattiva conservazione, in successive procedure, del carattere prededucibile di crediti correlati a procedure svoltesi anteriormente è stata riconosciuta attraverso il (solo) strumento unificatore della cd.

consecutio

di procedure concorsuali, nei termini in cui tale figura (meta-normativa) – attraverso un'estensione interpretativa dell'

art. 111

l. fall

. quanto alle prededuzioni (e dell'

art. 67

l. fall

. quanto alle azioni revocatorie) - è stata elaborata dalla giurisprudenza di legittimità.

È il caso peraltro di notare che, in base a tale orientamento, si è sempre escluso (almeno fino all'introduzione dell'

art. 69-

bis

l. fall

.

, come più avanti meglio si dirà) che la retrodatazione degli effetti dell'ultima procedura consecutiva all'inizio della prima possa verificarsi quando la domanda di concordato preventivo da cui parta la sequenza sia stata dichiarata (in origine) inammissibile (Vitiello, La prededuzione nel concordato preventivo dopo la conversione in legge del decreto “Destinazione Italia”; Galletti, Su un curioso tentativo di riforma “retroattiva” della disciplina del concordato “in bianco”, entrambi in ilFallimentarista.it). Ciò sul presupposto che la retrodatazione abbia come presupposto una

consecutio

tra procedure concorsuali, e procedura concorsuale il concordato preventivo può considerarsi (in senso tecnico) solo a partire dal decreto di ammissione.

Ma le sopra richiamate decisioni di merito non hanno basato affatto sul principio di

consecutio

l'attribuzione dell'efficacia ultrattiva alle prededuzioni preconcordatarie, e questo probabilmente perché nelle concrete fattispecie esaminate si è ritenuto che una

consecutio

in senso proprio non ricorresse (appunto perché dopo la fase preconcordataria era poi mancata l'immediata ammissione al concordato preventivo).

Solo che non hanno proposto neppure un valido criterio giuridico-interpretativo alternativo a quello della

consecutio,

un criterio da utilizzare in particolare, e giustappunto quando, una consecutio non ricorra.

Si è invece semplicemente opinato che i crediti prededucibili riferibili al preconcordato possano godere di tale prededucibilità anche in procedure concorsuali successive (concordato preventivo o fallimento), anche a prescindere dall'eventuale sussistenza di una consecutio (in senso proprio) fra le stesse, e solo in virtù di una propria qualità intrinseca.

È chiaro invece che, tutt'al contrario, se l'ultrattività delle prededuzioni riferibili al preconcordato già è controversa quando una consecutio almeno in apparenza sembri sussistere, e ciò a causa di quella

funzione meramente prenotativa, germinale ed interinale

del preconcordato che ne rende ancor dubbia la natura concorsuale almeno quando abbia esito negativo (per tale ragione essendo dubbio, in via consequenziale, che possa qualificarsi in tal caso come una delle procedure concorsuali consecutive);

a maggior ragione dovrà considerarsi controversa quando una consecutio in senso proprio non ricorra affatto.

Quanto poi alle finalità che hanno ispirato quelle pronunce, mi par chiaro che, se negare l'ultrattività delle prededuzioni riferibili al preconcordato quando esso abbia esito negativo può minare la fiducia dei finanziatori e fornitori nel recupero dei propri crediti e per questa via depotenziare lo strumento preconcordatario; al tempo stesso, però, per una caratteristica eterogenesi dei fini, affermare e riconoscere tale ultrattività non può che ridurre poi drasticamente le possibilità di successo di una domanda di concordato preventivo che sia presentata ex novo (in veste definitiva) in epoca successiva, pesando in tale frangente sul passivo da soddisfare (con priorità assoluta) il monte – spesso assai consistente - di tale precorse prededuzioni che va ad aggiungersi agli altri crediti sorti nel frattempo (

Trib. Rimini 26 novembre 2013

, cit.).

Rischio di insuccesso che viene meno, all'evidenza, se la prededucibilità dei crediti sorti con riferimento al preconcordato abortito, non essendo riferibile alla nuova procedura di concordato, in quest'ultima procedura non viene riconosciuta.

E francamente, dinanzi alla scelta alternativa se salvare il preconcordato (che è solo una procedura germinale) o piuttosto il concordato preventivo (che è soluzione concorsuale vera e propria), non avrei dubbi ad optare per la seconda.

L'intervento del legislatore: la norma interpretativa del decreto Destinazione Italia

Tuttavia, proprio in quanto le suddette pronunce di merito hanno sciolto questo dubbio in senso diametralmente opposto, introducendo un'ipotesi di ultrattività addirittura al di fuori dell'area di operatività – già alquanto straordinaria - della classica nozione di

consecutio

, il legislatore ha palesemente voluto recidere sul nascere il nodo gordiano, puntualizzando con l'art. 11, comma 3-quater,del decreto Destinazione Italia (

D.L. n. 145/2013

, convertito dalla

legge n. 9/2014

), norma esplicitamente dettata con funzione ed efficacia interpretativa, che se una

consecutio

non può configurarsi quando manchi un nesso di consecutività in senso proprio tra preconcordato, concordato preventivo e fallimento, e ciò è a dirsi in particolare e a maggior ragione quando al preconcordato non faccia subito seguito un concordato preventivo, per ciò stesso nella procedura concorsuale successiva non può farsi valere in via prededucibile un credito che sia sorto come tale nella fase preconcordataria.

La norma interpretativa precisa infatti che l'

art. 111,

comma 2,

l. fall

. deve interpretarsi nel senso che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'

art. 161, sesto comma

,

l. fall

. (ossia durante il preconcordato) sono prededucibili a condizione che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell'

art. 161

l. fall

. siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice e che la procedura di concordato preventivo sia poi aperta, senza soluzione di continuità, ai sensi dell'

articolo 163 l. fall.

La norma assolve dunque alla sua funzione interpretativa soprattutto ed essenzialmente nella parte in cui mira a chiarire che, comunque, l'ultrattività delle prededuzioni per effetto di

consecutio non si applica mai in caso di preconcordato abortito,

ma solo, in presenza dei relativi presupposti, quando e se il preconcordato sia almeno sfociato in via consecutiva in un concordato preventivo.

La norma offre così, da un lato, la conferma che solo in virtù della

consecutio

le prededuzioni restano ultrattive, mentre, dall'altro, ritaglia (o, se si vuole conferma) con riferimento al preconcordato una specifica e ridotta nozione di

consecutio

, relegandola solo ai casi in cui il preconcordato sfoci almeno in un'immediata ammissione al concordato preventivo.

Ma qual è la ragione di questa regola apparentemente restrittiva?

Essa va ravvisata, a mio parere, proprio nella natura meramente prenotativa, e quindi solo geminale, precaria, provvisoria del preconcordato.

In altri termini, il preconcordato può considerarsi sì una procedura concorsuale, ma solo in senso provvisorio, potenziale.

Che, da un lato, possa assolvere alla funzione di procedura concorsuale è indirettamente confermato proprio dalle norme che attribuiscono espressamente carattere prededucibile ai crediti riferibili al preconcordato (o anche al preconcordato) (cfr. in particolare l'art. 161, comma 7, e l'art. 182-quinquies, comma 1), tenuto conto, da un lato, che la prededuzione ha modo di operare propriamente solo nell'ambito di procedure concorsuali, e, dall'altro, che lo stesso

art. 111

l. fall

. mostra di attribuire la prededucibilità appunto ai crediti che sorgono

in occasione o in funzione

di

una delle procedure concorsuali di cui alla presente legge, ivi compreso dunque anche il preconcordato, ponendo un sintomatico nesso biunivoco tra prededucibilità e procedure concorsuali.

Conseguenze della nuova lettura dell'art. 111 l. fall.

Solo che il preconcordato, come ricordavo poc'anzi, non è una procedura concorsuale in sé autonoma e conclusa, tanto è vero che essa non è iniure proprio destinata a soddisfare in concorso i creditori; inoltre, nel termine fissato dal Tribunale il debitore non solo può omettere di presentare una proposta di concordato definitiva (corredata da piano e documenti), o non riuscire a presentarla a causa di ragioni di inammissibilità/improcedibilità che il Tribunale può subito dichiarare (anche

ex

art. 173

l. fall

.), con conseguente integrale venir meno degli effetti protettivi e della possibilità che una procedura concorsuale in senso proprio si svolga effettivamente; ma è per di più libero di presentare un accordo di ristrutturazione

ex

art. 182-

bis

l. fall

., istituto che ancora viene considerato, dai più, di natura contrattuale e non concorsuale (con la conseguente difficoltà di riconoscere sic et simpliciter una perdurante natura concorsuale ad una procedura prenotativa rivelatasi funzionale solo ad un accordo negoziale).

Tuttavia è anche vero che il preconcordato può conservare e consolidare l'effetto prenotativo, e dunque continuare in tal modo ad operare come fase di una più complessa procedura concorsuale, se poi gli faccia seguito un concordato preventivo vero e proprio.

La non ammissione al concordato preventivo opera cioè come condizione risolutiva degli effetti prenotativi, protettivi, concorsuali interinalmente assolti dal preconcordato.

Il preconcordato perde di conseguenza, definitivamente, la natura/funzione di procedimento o fase procedimentale concorsuale assolta interinalmente ove tale successione immediata e diretta con il concordato preventivo non si verifichi.

Del resto, non può sfuggire che la nuova norma interpretativa di cui al citato art. 11, comma 3-quater, del decreto Destinazione Italia non considera

affatto il caso in cui al preconcordato faccia seguito, anziché un concordato preventivo, piuttosto un accordo di ristrutturazione ex

art. 182-

bis

l. fall

..

L'evidente conseguenza da trarsi mi pare sia questa: che il nesso di consecutio s'interromperà anche quando, e se, il debitore, anziché presentare nel termine una proposta definitiva di concordato preventivo, presenti invece una domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione

ex

art. 182-

bis

l. fall

. (cui poi faccia eventualmente seguito con carattere consecutivo, per difetto di omologa dell'accordo, il fallimento) e questo perché a tale accordo negoziale, com'è possibile ritenere per implicita deduzione, ancora non viene riconosciuta la natura di vera e propria procedura concorsuale.

Ne risulta confermata, per questa via, la precarietà della funzione assolta dal preconcordato quale procedura concorsuale, funzione preparatoria e prenotativa solo ed esclusivamente nella prospettiva di un concordato preventivo che venga ammesso in via immediatamente consecutiva.

Mi pare che questa chiave di lettura possa razionalmente spiegare il significato e la finalità interpretativa della nuova norma, anche se il legislatore non ci ha risparmiato nemmeno in questa occasione almeno una ragione di ambiguità.

Appare infatti ambiguo il riferimento ad una procedura di concordato preventivo aperta ai sensi dell'

art. 161, sesto comma l. fall.,

perché può suggerire l'idea che una vera procedura di concordato preventivo possa già considerarsi aperta per effetto del semplice deposito di una domanda contenente una richiesta di fissazione del termine

ex

art.

161, comma 6,

l. fall

.

.

Che però si tratti di una mera improprietà espressiva (laddove il legislatore intendeva all'evidenza solo individuare i crediti cui afferisce la prededucibilità in quanto riferiti al preconcordato) è dimostrato dal fatto che, subito dopo, riaggiustando il tiro, il legislatore ben più pertinentemente ha subordinato l'ultrattività della prededuzione alla condizione che una procedura di concordato sia aperta senza soluzione di continuità ai sensi dell'

art. 163 l. fall.

E s

iccome è evidente che il concordato preventivo non può considerarsi aperto indifferentemente o a partire dal deposito della domanda o a partire dall'emanazione del decreto di ammissione, ma solo a partire da uno dei due momenti, ne deriva che solo nel secondo caso, ossia quando viene emesso il decreto di ammissione – in linea e in conformità con la logica dell'intero impianto normativo - il concetto di apertura della procedura concordataria è appropriato, mentre nel primo è frutto di una mera improprietà espressiva.

Ciò d'altronde si pone in linea con il diritto ricevuto, secondo cui il concordato preventivo prende avvio solo con il decreto di ammissione (v. per tutte

Cass. 23.7.1994, n. 6870

), con la conseguenza che tutto ciò che sta prima di tale evento – compresa la fase di preconcordato - non può considerarsi ancora concordato in senso proprio, ma solo come fase di carattere semplicemente prodromico.

Alcuni dubbi interpretativi

La norma interpretativa, quindi, nel fare appropriato riferimento in partede qua ad un'apertura del concordato preventivo quando essa coincide con il decreto di ammissione, si è mostrata coerente in tal caso con la natura meramente prenotativa del preconcordato, natura che lo rende fase interinale e precaria, capace di consolidare i suoi effetti solo se faccia seguito il concordato preventivo.

Posta tale premessa, credo francamente che i tentativi di ritagliare una lettura riduzionistica della nuova norma, ad esempio enfatizzando la classificazione contenuta nell'

art. 111

l. fall

. laddove distingue tra le prededuzioni cd. generali (“crediti sorti in occasione o in funzione”) e quelle cd. legali o tipiche (“Sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge”) per affermare che la norma interpretativa ha inteso limitare l'efficacia ultrattiva delle sole prededuzioni generali, conservandola per quelle legali (Vella, L'interpretazione autentica dell'art. 111, co. 2, l.fall. e i nuovi orizzonti della prededuzione pre-concordataria, in ilcaso.it; Panzani, Prima interpretazione delle nuove disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti con particolare riferimento alla disciplina dei finanziamenti, in ilFallimentarista.it), sia non soltanto già in partenza contraria alla chiara ratio dell'intervento normativo (con cui il legislatore ha palesemente voluto limitare l'ultrattività di tutte le prededuzioni riferibili al preconcordato, nessuna esclusa) e quindi fonte di equivoci definitori (rischiando di creare ulteriore incertezza a dispetto della funzione interpretativa e chiarificatrice della norma), ma sia anche priva di convincente sostegno motivazionale.

È già dubbio, infatti, che possa con certezza considerarsi legaltipica – ad esempio - una prededuzione riferita ai crediti sorti nel preconcordato da atti di ordinaria amministrazione, per quanto essa sia stata esplicitamente prevista dall'art. 161, comma 7.

Mi chiedo infatti: non si potrebbe con altrettanto fondamento reputare che essa sia (comunque) di carattere generale in quanto relativa a crediti che comunque sorgono in occasione del preconcordato? E lo stesso non si può dire anche, e per la medesima ragione, per i crediti inerenti a finanziamenti interinali che sorgono durante il preconcordato ex art. 182-quinquies, primo comma?

A ben vedere, non vi è alcun credito che la legge consideri espressamente prededucibile con riferimento al preconcordato che non possa farsi comunque rientrare tra quelli sorti in occasione del preconcordato stesso (e lo stesso potrebbe dirsi se singole norme in futuro – giacchè oggi non ve ne sono – prevedessero espressamente la prededuzione per crediti anteriori al preconcordato, laddove la fattispecie facilmente potrebbe risultare sussumibile nella prededucibilità dovuta a “funzionalità”).

Sta poi di fatto, e questo è rilievo decisivo, che in qualunque sottospecie si voglia far rientrare questa o quella prededuzione, comunque l'efficacia della tutela non può che venir meno per l'impossibilità di considerare integrata una

consecutio

ove il preconcordato abortisca senza sfociare in concordato preventivo, non potendo il preconcordato in tal caso conservare la funzione e la natura concorsuale, che ha prima assolto solo precariamente. Una distinzione tra crediti prededucibili dell'uno tipo o dell'altro, da questo punto di vista, diventa quindi del tutto irrilevante.

Tutto ciò senza poi considerare come sarebbe a dir poco incongrua, e finanche di dubbia costituzionalità, una lettura che ritagliasse – senza una ragione idonea a giustificare la sperequazione - una tutela ultrattiva solo a vantaggio dell'un tipo di crediti prededucibili (quelli previsti espressamente come tali da una norma), e non dell'altro (quelli sorti in via generale in occasione o in funzione).

Ancora un'ultima riflessione.

Alla luce della qui proposta lettura della nuova norma interpretativa, secondo una prospettiva di taglio sistematico, essa non può che spiegare poi efficacia espansiva sul concetto di

consecutio

(per quanto attiene al preconcordato) anche ai fini della revocatoria.

A questo riguardo va richiamato l'

art. 69-

bis

l. fall

. che, nel consacrare oggi normativamente la teoria della

consecutio

, stabilisce che, se un fallimento è preceduto da un concordato preventivo, il periodo sospetto di cui agli

artt. 64-69 l.fall

. decorre dalla pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel Registro delle imprese.

Sotto vari profili si è finora ritenuto che quando una norma della

legge fallimentare

– nuova o preesistente alle recenti riforme - fa riferimento alla domanda (di concordato) o al ricorso che la contiene, senza alcuna maggiore specificazione, ciò consenta di comprendere nella previsione, indifferentemente, anche la domanda contenente la richiesta di termine ex art. 161, comma 6 (la cd. domanda di preconcordato).

Sulla base di tale premessa si è desunta la possibilità di far retroagire la revocatoria anche in caso di

consecutio

tra preconcordato e successivo fallimento (preceduto o meno a sua volta da un concordato preventivo vero e proprio).

Tale conclusione, per di più, sembrava finora avallata dal fatto che l'art. 69-bis fa dipendere la decorrenza del termine a ritroso non già da un accertamento giudiziale – quale il decreto di ammissione -, ma da un atto di parte (il deposito e la conseguente pubblicazione nel Registro delle imprese di un ricorso ai sensi dell'

art. 161 l.fall

.); ciò che consentirebbe, in tesi, di proteggere le azioni revocatorie dal rischio di una “non consecuzione”, dal momento che la retrodatazione del periodo – essendo riferibile alla pubblicazione della domanda - sarebbe applicabile anche in caso di successiva declaratoria d'inammissibilità della domanda di concordato (ipotesi questa che, come ho già rilevato, prima che l'art. 69-bis fosse introdotto, era stata sempre tradizionalmente esclusa dall'ipotesi di

consecutio

).

Oggi però tale conclusione va necessariamente rivista, poiché, alla luce della nuova norma interpretativa introdotta dal decreto Destinazione Italia sembra di poter dire che una

consecutio

sia possibile, quando la prima procedura sia un preconcordato e a partire dunque dalla pubblicazione della relativa domanda, solo se la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell'art. 161 siano presentati entro il termine, eventualmente prorogato, fissato dal giudice, e solo se la procedura di concordato preventivo sia aperta ai sensi dell'art. 163, senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda di preconcordato ai sensi del citato articolo 161, comma 6.

In conclusione, per identità di ratio e per coerenza sistematica (giacché non può applicarsi a discrezione e per convenienza in un caso una certa nozione di

consecutio

, e nell'altra una nozione completamente diversa), anche ai fini revocatori dovrebbe ritenersi non configurabile una

consecutio

ove il preconcordato abortisca.

Non sarà dunque possibile far retroagire la domanda di revocatoria in caso di insuccesso del preconcordato (ciò che, in effetti, potrebbe rendere ulteriormente recessiva tale procedura).

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