La classificazione dei crediti in procedura di concordato preventivo o accordo di ristrutturazione da parte del sistema bancario: conseguenze sul recupero dell'impresa

09 Dicembre 2014

L'Autore, prendendo atto della difficile situazione dell'economia reale, affronta il tema della classificazione dei crediti da parte del sistema bancario in sede di concordato preventivo e accordo di ristrutturazione dei debiti. Viene analizzato il ruolo della centrale rischi in questa classificazione, e viene svolta una riflessione su quali possano essere i limiti di un tale sistema.
Premessa

Anche nel 2014 – e purtroppo la tendenza per il 2015 sembra analoga – la situazione dell'economia reale è estremamente difficile. E in questo scenario, la classificazione dei crediti che gli istituti di credito vantano verso debitori in procedure concorsuali minori assume grande rilevanza, in particolare per quel che riguarda la segnalazione delle esposizioni alla centrale rischi, che può, in alcune ipotesi, determinare ulteriori difficoltà operative per le imprese.

La classificazione dei crediti secondo le disposizioni di Banca d'Italia

Con circolare n. 272 del 2008, Banca d'Italia ha disposto che i crediti in premessa siano classificati come segue:

  • Sofferenze:

    esposizioni per cassa o fuori bilancio (finanziamento titoli, derivati, ecc.) nei confronti di un soggetto in stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente o in situazioni sostanzialmente equiparabili), indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall'istituto creditore;

  • Incagli:

    esposizioni per cassa o fuori bilancio (finanziamenti, titoli, derivati, ecc.) nei confronti di soggetti in temporanea difficoltà, che possa prevedibilmente essere rimossa in un congruo periodo di tempo;

  • Esposizioni ristrutturate

    : esposizioni per cassa o fuori bilancio (finanziamenti, titoli, derivati ecc.) per le quali una banca (o anche un pool di banche), a causa del deterioramento delle condizioni economico-finanziarie del debitore, acconsente a modifiche delle originarie previsioni contrattuali (ad esempio, riscadenziamento dei termini, riduzione del debito capitale e/o degli interessi) che diano luogo a una perdita;

  • Esposizioni scadute e/o sconfinanti:

    esposizioni per cassa o fuori bilancio (finanziamenti, titoli, derivati ecc.) diverse da quelle classificate a sofferenza, incaglio o ristrutturate, che alla data di riferimento della segnalazione siano scadute o sconfinanti da oltre 90 giorni.

Ulteriori utili indicazioni sono poi contenute nella lettera di Banca d'Italia n. 213879 del 27 settembre 2000, che contiene istruzioni per la classificazione dei crediti verso le imprese sottoposte a procedure di amministrazione straordinaria e che disciplina come regola generale la classificazione di tali crediti tra gli incagli ovvero, nel caso che il programma di ristrutturazione preveda la rinegoziazione delle condizioni contrattuali, fra i crediti ristrutturati o in corso di ristrutturazione.

Viene pure precisato l'obbligo della loro classificazione tra le sofferenze qualora lo stato di insolvenza sia ritenuto irreversibile. Ed infine ne è prevista la riclassificazione fra i crediti vivi in bonis alla chiusura positiva della procedura di amministrazione straordinaria.

Le novità introdotte dalla comunicazione prot. n. 0153850/14 dell'11 febbraio 2014 di Banca d'Italia

Con la comunicazione in epigrafe, Banca d'Italia è ancora intervenuta a seguito delle modifiche normative apportate alla

legge fallimentare

con le

leggi 134/2012

e

98/2013

che, tra le altre novità in materia di procedure di concordato preventivo, hanno introdotto la possibilità di ricorrere al cd. concordato in bianco e al concordato con continuità aziendale.

Domanda di concordato in bianco, classificazione dei crediti

Banca d'Italia osserva anzitutto che in tale ipotesi le esposizioni devono essere classificate dagli intermediari nell'ambito delle attività deteriorate, con la loro conseguente collocazione fra le sofferenze per le situazioni caratterizzate da insolvenza e tra gli incagli

per le situazioni in cui ricorra una fattispecie di difficoltà temporanea, prevedibilmente reversibile in un congruo periodo di tempo.

Tenuto poi conto del fatto che la domanda di concordato in bianco lascia incerte le modalità di risoluzione della crisi sottostante, il documento dispone che, “al fine di evitare il rischio di frapporre ostacoli al processo di risanamento del debitore”, le esposizioni vadano classificate tra gli incagli nel periodo intercorrente tra la data di presentazione della domanda di concordato in bianco e quella di presentazione:

  1. o della domanda definitiva,

  2. o di quella di trasformazione della procedura in concordato con continuità aziendale,

  3. o in accordo di ristrutturazione.

L'organo di vigilanza precisa ancora che la esposizione va classificata tra le sofferenze “qualora ricorrano elementi obiettivi nuovi che inducano gli intermediari nella loro responsabile autonomia a classificare il debitore in tale categoria”, nel caso in cui quella sia già la classificazione in atto al momento della presentazione della domanda. E conclude infine che, nel caso la domanda di concordato in bianco si trasformi in domanda di accordo di ristrutturazione, permane la classificazione tra le sofferenze per le esposizioni già incluse in precedenza in tale categoria.

Domanda di concordato preventivo con continuità aziendale

Banca d'Italia osserva - condivisibilmente - che il concordato con continuità aziendale presuppone che lo stato di crisi possa essere superato mediante la prosecuzione dell'attività.

Ne consegue che anche nella predetta tipologia di concordato preventivo le esposizioni vanno classificate, di regola, tra gli incagli, salvo che non ricorrano elementi che inducano a classificarle fra le sofferenze.

Anche nella fattispecie, peraltro, è previsto il mantenimento della classificazione delle esposizioni tra le sofferenze, se tale ne era già la collocazione prima della presentazione della domanda.

Sulla base degli esiti di questa – positivi o negativi che possano essere – le esposizioni verranno classificate inizialmente tra gli incagli, per poi accedere alla collocazione “inbonis” nel primo caso; mentre nell'altra ipotesi non potranno avere collocazione che tra le sofferenze.

La segnalazione alla centrale rischi, anche alla luce della giurisprudenza della Cassazione

La centrale rischi

è un sistema informativo sull'indebitamento della clientela verso il sistema bancario e le società finanziarie, che sono tenuti a comunicare, con scadenza mensile, il totale dei crediti verso clienti superiori a 30.000 euro ed in ogni caso di quelli in sofferenza, di qualunque importo.

Attraverso questo servizio centralizzato dei rischi, Banca d'Italia fornisce agli intermediari partecipanti notizie utili per la valutazione del merito creditizio e per analizzare l'evoluzione della qualità del credito.

La centrale rischi

ha pertanto l'obiettivo (fonte Banca d'Italia) di:

  • migliorare il processo di valutazione del merito creditizio della clientela;

  • innalzare la qualità del credito concesso dagli intermediari;

  • rafforzare la stabilità finanziaria del sistema creditizio.

I crediti in sofferenza – e cioè quelli di cui deve essere data comunicazione alla centrale in ogni caso, e cioè a prescindere dal loro ammontare

- sono, secondo le indicazioni di Banca d'Italia, quelli nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertata giudizialmente, o in situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili; e, sempre secondo le indicazioni di Banca d'Italia, si distinguono da quelli elencati nella classificazione in premessa, e cioè da incagli, ristrutturati, scaduti e sconfinanti.

Il problema della segnalazione riveste particolare rilevanza nell'attuale persistente situazione di crisi dell'economia reale, che ha visto e vede tuttora numerosi debitori contestare con la classificazione la conseguente segnalazione alla centrale della loro esposizione, con controversie giunte spesso anche al giudizio della Suprema Corte, che infatti ha avuto modo di affrontare più volte il problema, risolvendolo secondo il suo

ormai consolidato orientamento, ribadito di recente con la sentenza n. 15609 del 9 luglio 2014, a tenore della quale:

  1. “ai fini dell'obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni equiparabili, nozione che non si identifica con quella della insolvenza fallimentare, dovendo fare riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “grave difficoltà economica” (Cass. 10 ottobre 2013, n. 23093 e 12 ottobre 2007,

    n. 21428

    );
  2. “La segnalazione di una posizione in sofferenza non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche, se non coincidente, con la condizione di insolvenza” (

    Cass. 1 aprile 2009, n. 7958

    ).

Conclusivamente, la Suprema Corte ha affermato il principio secondo il quale “presupposto della segnalazione non è né l'esistenza di un credito in sé, né uno stato di conclamata insolvenza, ma la ragionevole e oggettiva opinione che il credito non possa essere soddisfatto in tempi congrui, sulla base di un sospetto qualificato dalla presenza degli elementi sintomatici dell'inadempimento”.

Appare, peraltro, singolare l'argomentare della Corte, laddove, per portare l'attenzione sugli elementi ritenuti di rilevanza decisiva ai fini della segnalazione alla centrale, comincia con l'escludere dai presupposti addirittura l'esistenza “del debito in sé”, che è all'evidenza il punto di partenza del problema dibattuto.

Conclusioni

La centrale rischi

rappresenta il terminale di un meccanismo predisposto per il corretto funzionamento del sistema creditizio, attraverso la rappresentazione di un quadro il più possibile veritiero e affidabile della situazione economico-finanziaria delle imprese, volto a consentire agli operatori la valutazione delle posizioni debitorie in essere con riferimento alle probabilità, o quanto meno alle possibilità, di rientro.

Il travaso delle informazioni alla centrale è chiaramente legato alla classificazione delle esposizioni, che Banca d'Italia ha coerentemente avuto cura di regolare in dettaglio.

E' infatti alla stregua della loro classificazione che pervengono alla centrale

, almeno tendenzialmente, le segnalazioni delle esposizioni.

Nella pratica, tuttavia, la classificazione si fonda pur sempre su valutazioni soggettive e come tali fallibili. Basti pensare, per esempio, al caso degli incagli, per i quali non è agevole definire criteri oggettivi di valutazione della reversibilità della situazione di difficoltà e a maggior ragione della congruità del tempo necessario per rimuoverla, entità entrambe variabili in dipendenza dalla situazione concreta.

In definitiva, un meccanismo che sembrerebbe sottrarsi a qualunque rilievo critico può non funzionare secondo le previsioni.

Con conseguenze non di poco momento, sia per l'imprenditore di cui sia stata illegittimamente segnalata l'esposizione – che vedrà ingiustamente compromessa la sua capacità operativa con la chiusura delle linee di credito e degli affidamenti in genere – che per la banca responsabile della segnalazione erronea, dal momento che la giurisprudenza – vedi ancora, per tutte, la cit.

Cass. n. 15609/2014

– riconosce all'imprenditore segnalato in violazione della normativa sulla materia il diritto al risarcimento del danno anche non patrimoniale, di cui si è affermata la configurabilità anche a favore della persona giuridica.

Tirando le somme, il criterio che deve guidare le banche per la segnalazione alla centrale rischi

– dopo avere anzitutto provveduto alla corretta classificazione dell'esposizione (secondo le linee tracciate dalle indicazioni di Banca d'Italia) – non può che essere quello indicato dalla giurisprudenza del Supremo collegio sopra riportata.

E' innegabile, tuttavia, che permanga pur sempre un margine soggettivo di valutazione, che non potrà essere gestito, in fatto, che con criteri di oculata prudenza.

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