Concordato preventivo e contratti pendenti in corso di esecuzione: il punto sull'art. 169-bis l. fall.

19 Novembre 2014

L'Autore affronta il tema della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, di cui all'art. 169-bis l. fall.La materia è affrontata con un continuo richiamo alle pronunce di merito e si sofferma in particolare su alcuni aspetti quali la necessità o meno di instaurare il contraddittorio per la pronuncia del decreto di sospensione/scioglimento dei rapporti contrattuali e la questione dell'anticipazione su ricevute bancarie in conto corrente.

Contratti pendenti: la disciplina nel concordato preventivo e gli orientamenti di merito

Il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (“Decreto Sviluppo”), convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto, a partire dall' 11 settembre 2012, l'art. 169-bis della legge fallimentare, che, introducendo una specifica disciplina per i contratti pendenti in ipotesi di concordato preventivo, ha previsto la possibilità per la società ricorrente di richiedere lo scioglimento o la sospensione (per non più di sessanta giorni) dei contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso.

In altri termini, il debitore, nel ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, può chiedere l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso (o a sospenderli)

formulando, in ogni caso, un'adeguata motivazione della convenienza ed opportunità di tale istanza, contemperando il vantaggio che da tale scioglimento deriva alla massa dei creditori (rappresentando l'incidenza che la prosecuzione dei contratti avrebbe sul piano concordatario) ed il danno subito per effetto dello scioglimento o della sospensione dal contraente in bonis, che in ogni caso avrà diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento.

La ratio della nuova disposizione è, pertanto, quella di permettere al debitore di liberarsi da contratti inutili e dannosi e di concorsualizzare il diritto di credito (rectius diritto all'indennizzo) del contraente in bonis. Ciò comporta, dunque, la necessità di anticipare al momento del deposito del ricorso la domanda di scioglimento (o di sospensione) del contratto.

Una recente pronuncia del Tribunale di Novara sembra poi avere individuato il criterio al quale il Giudice è chiamato ad ispirarsi nel decidere se accogliere o meno l'istanza di scioglimento formulata dal debitore (Trib. Novara, 27 marzo 2013). In particolare, si è stabilito che il sacrificio imposto al contraente in bonis per effetto dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione si giustificherebbe soltanto nel caso in cui la prosecuzione dei contratti pendenti risultasse di ostacolo all'impresa che propone il concordato, in rapporto alle finalità perseguite dalla soluzione concordataria, alla migliore valorizzazione, a vantaggio di tutto il ceto creditorio, dei beni e dei rapporti aziendali, la quale si realizzerebbe anche attraverso il contenimento della onerosità che comporta il mantenimento in essere dei rapporti negoziali divenuti superflui o, comunque, non più rispondenti alle necessità del nuovo piano industriale o della liquidazione.

Sul punto, inoltre, una recente pronuncia del Tribunale di Rovigo (Trib. Rovigo 6 marzo 2014) ha precisato che il Giudice può rigettare l'istanza di scioglimento del contratto soltanto per ragioni connesse alla incongruenza con la proposta concordataria. Secondo il medesimo Tribunale, ogni ulteriore e diverso vaglio, ivi compreso quello della convenienza per gli stessi creditori, comporterebbe un giudizio sulla opportunità economica e sulla meritevolezza della proposta, che esulerebbe dal sindacato sulla causa concreta quale limite di giudizio per il Tribunale.

Alla luce di tali precedenti, dunque, la domanda di scioglimento dovrà essere adeguatamente motivata.

Sul punto riveste particolare interesse una recente pronuncia in materia di concordato con riserva del Tribunale di Biella (Trib. Biella 13 novembre 2012), secondo cui la domanda di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo con riserva (ex multis Trib. Catanzaro 23 gennaio 2013, Trib. Monza 21.1.2013 e Trib. Di Roma 30.1.2013) deve essere adeguatamente motivata a pena d'inammissibilità.

E' inoltre prassi di molti tribunali quella di non autorizzare lo scioglimento del contratto prima del deposito della proposta e del piano, anche al fine di verificare la effettiva volontà del debitore di dare seguito alla domanda di concordato preventivo. Alla base di tale orientamento vi è la convinzione che il presupposto per disporre lo scioglimento dei contratti ex art. 169-bis sia dato dalla coerenza della cessazione di efficacia dei rapporti contrattuali con il piano al fine di assicurare la “par condicio creditorum”. Conseguentemente, per il tribunale si rende necessario attendere il deposito di un piano completo, all'interno del quale il creditore darà conto della dettagliata incidenza sulla proposta concordataria di ogni singolo contratto e indicherà tra le poste passive l'eventuale importo determinato a titolo di indennizzo in favore del contraente in bonis (previsto ex lege dalla medesima norma) (sul punto si veda di recente Trib. Arezzo 18 giugno 2013).

Un rapido confronto con la disciplina nella procedura fallimentare

L'impostazione della norma in esame evidenzia una sostanziale differenza con la corrispondente disciplina del fallimento di cui all'art. 72 l. fall., nel cui ambito la mancata scelta del curatore circa le sorti dei

contratti pendenti dopo sospensione e messa in mora si traduce nel loro scioglimento, laddove il legislatore ha qui optato per la regola della prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti.

Una scelta, questa, coerente con i principi di diritto comune, a cominciare dall'art. 1372 c.c., in forza del quale il contratto ha efficacia obbligatoria tra le parti e non può, di regola, venir meno in virtù di un atto unilaterale.

Profondamente diverso è altresì il regime autorizzatorio. Mentre nel fallimento il curatore deve essere autorizzato dal comitato dei creditori solo ove opti per il subentro nel contratto (giacché tale scelta comporta l'esecuzione di obbligazioni da soddisfare in prededuzione), nel concordato tanto lo scioglimento quanto la sospensione sono sempre soggetti all'autorizzazione giudiziale, laddove – con regola diametralmente opposta a quella del fallimento – non lo è la prosecuzione del contratto.

La sostanziale diversità di trattamento tra contatti pendenti alla data di dichiarazione di fallimento e quelli pendenti alla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo sembrerebbe trovare conferma altresì nel fatto che l'art. 72 l. fall. si riferisce testualmente a contratti ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti e si riferisce, dunque, necessariamente ai soli contratti bilaterali e sinallagmatici. Diversamente l'art. 169-bis contempla genericamente i “contratti in corso di esecuzione” e pertanto potrebbe riferirsi anche ai contratti unilaterali o con prestazione a carico di una sola parte; ipotesi efficacemente disattesa da una recente pronuncia del Tribunale di Vicenza (Trib. Vicenza, 25 giugno 2013), che ha invece escluso l'applicabilità dell'art. 169-bis ai contratti di mutuo e anticipazione bancaria, a fronte della mancanza della reciprocità sinallagmatica delle prestazioni ineseguite. In particolare, il Tribunale ha ritenuto di dover escludere dalla applicazione della norma tutti i contratti di anticipazione bancaria, poiché in essi la prestazione fondamentale a carico della banca (erogazione o messa a disposizione del denaro in favore del cliente) si sarebbe già esaurita al momento della stipula o comunque della erogazione e non rimarrebbe altro che la controprestazione di restituzione, cosicché non vi sarebbero due reciproche prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico funzionale, ma una sola, come nel mutuo.

Dunque, secondo la richiamata pronuncia, i contratti in corso di esecuzione contemplati dall'art. 169-bis l. fall. sarebbero i medesimi rapporti pendenti di cui all'art. 72 l.fall., cioè i contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti. E ciò affinché il sacrificio imposto in forza di legge alla controparte in bonis trovi riscontro (in un equilibrio sinallagmatico funzionale) nella reciproca sospensione della controprestazione, la qual cosa non potrebbe avvenire per i contratti unilaterali e per l'anticipazione bancaria, che, sebbene sia contratto bilaterale a livello genetico, è sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca (di rendiconto, di diligenza, etc.) non incidono sulla struttura fondamentale (causa) del rapporto.

I casi di non applicabilità dell'art. 169- bis l. fall.

Proseguendo nell'analisi della disciplina introdotta con l'art. 169-bis l. fall., deve rilevarsi che il legislatore ha escluso l'applicabilità della medesima quanto ai rapporti di lavoro subordinato; ai preliminari di vendita trascrittiex art. 2645-bis c.c.aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero un immobile ad uso non abitativo ma destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente; ai contratti di finanziamento destinati ad uno specifico affare; ai contrati di locazione di immobili quando l'ammissione al concordato venga richiesta dal locatore, mentre risulta l'ordinaria possibilità di sciogliersi dal contratto o di sospenderlo per l'ipotesi in cui il debitore ricopra la veste di conduttore.

La scelta di escludere la possibilità di scioglimento per i contratti di lavoro, i preliminari di cui all'art. 72, comma 8, e le locazioni immobiliari può attribuirsi al fatto che tali contratti lambiscano interessi di rilievo e di rango costituzionale, mentre la ratio che ha condotto il legislatore ad inserire, in sede di conversione, anche l'ipotesi di esclusione riguardante i contratti di finanziamento destinati a uno specifico affare sarebbe quella di coerenza sistematica con il nuovo sistema di incentivazione della finanza interinale di cui all'art. 182-quinquies.

Preme anche rilevare che il terzo comma della norma in esame stabilisce che l'eventuale scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta, la cui sopravvivenza trova la propria ratio nella esigenza di rispettare e mantenere la scelta delle parti a favore della giurisdizione arbitrale, con conseguente esclusione della possibilità di scioglimento tanto del compromesso arbitrale, di cui all'art. 807 c.p.c., quanto della clausola compromissoria, di cui all'art. 808 c.p.c., che sia stata inserita nel contratto. E ciò diversamente da quanto statuito dall'art. 83-bis l.fall., che prevede che se il contratto è sciolto non può essere azionato o proseguito il giudizio arbitrale.

Sulla necessità del contradditorio

A questo punto occorre chiedersi se il provvedimento con il quale il Giudice autorizza, ex art. 169-bis, la sospensione o lo scioglimento dei rapporti contrattuali in corso di esecuzione, possa essere pronunciato inaudita altera parte oppure se richieda la necessaria instaurazione di un contraddittorio con il contraente in bonis.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (ad oggi prevalente) il contraddittorio con la controparte contrattuale è fase necessaria del procedimento di scioglimento e/o sospensione dei contratti in corso di esecuzione, sulla base dell'assunto che il giudizio di delibazione del Tribunale, in sede di autorizzazione, debba dirimere un contrasto tra contrapposte posizioni soggettive.

In tal senso si è recentemente espressa la Corte d'appello di Milano (App. Milano, 8 agosto 2013), secondo cui il giudice che autorizzi il debitore che abbia formulato domanda di concordato con riserva allo scioglimento ovvero alla sospensione dei contratti in corso di esecuzione deve tener conto di tutte le esigenze in gioco al fine di “pervenire ad un contemperamento di dette esigenze in un contesto in cui la regola è l'automatica prosecuzione dei contratti pendenti anche dopo la presentazione della domanda di concordato preventivo”. Il Tribunale meneghino ha, altresì, concluso che il presupposto imprescindibile di tale contemperamento di interessi “è che ciascuna parte sia posta in condizione di difendersi e di poter previamente interloquire facendo valere appunto le rispettive esigenze e ragioni prima che il Tribunale si pronunci e a prescindere dalla possibilità di reagire all'eventuale provvedimento sfavorevole” (in senso conforme si veda anche App. Venezia 3 febbraio 2013, Trib. Piacenza 4 aprile 2013 e Trib. Pavia 4 marzo 2014).

Altra parte della giurisprudenza ha, invece, escluso la necessità di instaurazione del contraddittorio con il contraente in bonis. E ciò alla luce del fatto che la posizione giuridica del debitore concordatario sarebbe riconducibile all'alveo di un diritto potestativo, atteso che la modificazione della sfera giuridica della controparte contrattuale in bonis – che si trova in uno stato di soggezione giuridica, tale da non consentirgli di impedire l'effetto modificativo richiesto dal titolare del diritto – si verificherebbe in conseguenza del solo esercizio del diritto medesimo e, dunque, della volontà in tal senso espressa dal debitore concordatario. Ne discenderebbe che il Tribunale sarebbe chiamato soltanto ad operare uno scrutinio in ordine ai requisiti di applicabilità dell'istituto dello scioglimento e/o sospensione e a valutarne la funzionalità ai fini del piano di concordato, in termini di non contraddizione con lo stesso (Inzitari e V. Ruggiero, Scioglimento e sospensione del contratto in corso di esecuzione nel concordato ai sensi dell'art. 169 bis l.fall.: il contraddittorio deve essere esteso alla controparte contrattuale in bonis, in ildirittodegliaffari.it). Secondo il medesimo orientamento, atteso che il Tribunale è chiamato a valutare soltanto l'opportunità dello scioglimento o della sospensione del contratto ai fini della buona riuscita della procedura concordataria, non dovendo soffermarsi sull'analisi del controinteresse del contraente in bonis, nessuna problematica di litisconsorzio potrebbe porsi dal punto di vista processuale e il provvedimento autorizzativo ben potrebbe pronunciarsi inaudita altera parte (Trib. Pordenone, 12 febbraio 2014 (decreto). Si richiama altresì il Tribunale di Udine il quale, con provvedimento del 25 settembre 2013, ha autorizzato la sospensione di vari contratti di locazione senza disporre la convocazione del locatore proprio per evitare che, a seguito dell'inadempimento, si producesse un danno irreparabile al patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori).

Particolare rilievo assume, inoltre, una recente sentenza della Corte d'appello di Genova (App. Genova, 24 aprile 2014), che da un lato, aderendo al primo orientamento, ha ravvisato la necessità dell'instaurazione del contraddittorio in caso di pronuncia di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, dall'altro, ha riconosciuto la possibilità di decidere inaudita altera parte sulla diversa istanza di sospensione.

Sotto il primo profilo, la Corte ha osservato, anzitutto, che non è possibile escludere il contraddittorio negando al decreto pronunciato dal Tribunale in materia di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione natura di provvedimento giurisdizionale, sulla base della qualificazione di esso come provvedimento autorizzatorio sul piano sostanziale, poiché così argomentando verrebbero confusi gli effetti con il carattere del provvedimento e risulterebbe impregiudicata l'incompatibilità di siffatta qualificazione con lo strumento impugnatorio del reclamo, tipico della giurisdizione volontaria.

In secondo luogo, secondo, la Corte genovese, neppure sarebbe possibile ipotizzare che il contraddittorio con il soggetto contraente venga demandato ad un grado diverso, quale il procedimento di reclamo. Ciò in quanto i procedimenti a contraddittorio differito o eventuale, come il procedimento monitorio e il procedimento di cui al Regolamento CE 44/2001, attengono a fasi diverse del medesimo grado della procedura. E l'ordinamento non prevederebbe ipotesi di contraddittorio assente nel grado procedimentale e differito al successivo grado di merito, fermo restando, comunque, che, una volta riconosciuta la esigenza del contraddittorio, sarebbe necessario escludere che esso debba essere instaurato nell'ambito del medesimo grado nel quale viene pronunciato il provvedimento.

In terzo luogo, secondo la medesima Corte, non sarebbe condivisibile l'impostazione per cui il contraddittorio con il terzo contraente dei rapporti in corso di esecuzione, dei quali sia autorizzato lo scioglimento ai sensi dell'art. 169-bis l.fall, sia assicurato dall'udienza fissata per gli incombenti di cui all'art. 174 l. fall., dal momento che non si tratterebbe di alcun contraddittorio in senso tecnico, ossia tale da preesistere all'emanazione del provvedimento.

Nel contempo, la medesima Corte, riguardo al caso della sospensione, ha, tuttavia, osservato che l'ordinamento ben conosce casi in cui il requisito dell'urgenza permette l'assunzione di provvedimenti immediati, anche inaudita altera parte, e rimanda ad un momento successivo l'instaurazione del contraddittorio fra le parti. E a tal riguardo l'art. 669-sexies , comma 2, c.p.c. dettato in materia di provvedimenti cautelari, risulterebbe compatibile con il caso della sospensione di cui all'art. 169-bis l.fall., cui andrebbe riconosciuta natura, lato sensu, cautelare.

Sui contratti bancari in corso di esecuzione

Infine, è utile richiamare alcune pronunce della giurisprudenza di merito in ordine allo scioglimento e alla sospensione dei contratti bancari in corso di esecuzione.

In particolare, la questione si è posta con riguardo alla anticipazione su ricevute bancarie regolata in conto corrente.

Trattasi di ipotesi in cui tra le parti vi è una pattuizione in forza della quale l'istituto di credito ha il diritto di trattenere le somme riscosse, allorché il cosiddetto “Portafoglio salvo buon fine” va a maturazione, a chiusura dell'operazione creditizia sorta con la presentazione delle ri.ba e messa a disposizione attraverso l'anticipazione con accredito sul conto corrente ordinario dei relativi importi.

In altri termini, la banca anticipa le riba accreditandole sul conto corrente ordinario a prescindere dal loro effettivo pagamento da parte dei terzi. Se il portafoglio torna in tutto o in parte insoluto i relativi importi verranno successivamente riaddebitati sullo stesso conto corrente ordinario. Diversamente la banca avrà comunque il diritto di trattenere le somme eventualmente riscosse dai terzi.

Orbene, la Suprema Corte (Cass. 1 settembre 2011, n. 1799), prima della novella del 2012 e nel solco di un orientamento già espresso in precedenza da parte della giurisprudenza di legittimità, aveva sancito il diritto della banca ad incamerare le somme riscosse dai terzi, compensando il proprio debito per l'anticipazione al cliente delle somme successivamente riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore all'ammissione della procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore.

Su tale presupposto si è, dunque, sancita la operatività, anche dopo l'inizio della procedura di concordato preventivo, della clausola contrattuale che attribuisce alla banca il diritto di incamerare le somme incassate in relazione ad anticipazioni effettuate prima dell'inizio della procedura.

Alla luce di tale pronuncia il Tribunale di Firenze (decreto 10 agosto 2012), sempre prima dell'entrata in vigore dell'art. 169-bis, ha osservato che nel caso de quo non si è in presenza di una mera operazione di incasso di ricevute bancarie, ma di una più complessa operazione che include l'anticipazione di una somma in favore del cliente che presenta alla banca le ricevute per l'incasso, accettando che l'importo delle ri.ba venga, a scadenza, accreditato sul conto corrente ordinario della banca e riconoscendo a quest'ultima il diritto di incamerare le somme incassate dai terzi. Tale operazione determina, dunque, l'esistenza di contrapposte posizioni di debito delle due parti che vanno ad estinguersi per compensazione, così chiudendo un‘operazione autoliquidante. Il presupposto della esclusione del meccanismo ostativo alla compensazione previsto dall'art. 56 l. fall., secondo cui per potersi compensare è necessario che entrambi i rapporti di credito e debito siano sorti prima dell'ammissione della procedura, sarebbe derivato dalla mancata previsione per il concordato preventivo del principio di cristallizzazione del patrimonio introdotto successivamente con l'art. 169-bis proprio attraverso la previsione del potere di chiedere lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione.

Orbene, a seguito dell'entrata in vigore della norma in esame, parte della giurisprudenza si è espressa con determinazione affermando che, a fronte di una domanda di concordato preventivo, il Tribunale, su richiesta del debitore, può anche autorizzare lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione con gli istituti bancari e ciò al fine di evitare il pregiudizio che dalla loro prosecuzione deriverebbe in capo ai creditori qualora le somme incassate dalla banca fossero dalla medesima trattenute in violazione della par condicio creditorum (Trib. Como 5 novembre 2012, Trib. Busto Arsizio 11 febbraio 2013, Trib. Piacenza 1 marzo 2013 e Trib. Lucca 21 maggio 2013) successivamente alla pubblicazione del ricorso per concordato.

Particolare interesse riveste, infine, in materia di sospensione dei contratti in corso di esecuzione, una pronuncia del Tribunale di Milano (28 maggio 2014), il quale ha distinto tra anticipazioni bancarie future e già effettuate.

In ordine alle prime, si è escluso l'interesse del ricorrente a richiedere la sospensione del rapporto in quanto se la sospensione ha l'effetto di impedire temporaneamente la produzione degli effetti dell'anticipazione bancaria,

ben il ricorrente potrebbe canalizzare altrove la propria richiesta. Con riferimento alle operazioni di anticipazione effettuate in epoca precedente il deposito della domanda di concordato, non potrebbe, invece, predicarsi alcuna sospensione posto che la singola anticipazione genera soltanto un debito del cliente verso la banca e deve ritenersi operazione esaurita non diversamente da un contratto di mutuo. Ove, infatti, in questo caso il contratto fosse considerato pendente, si violerebbe la cristallizzazione dell'attivo concordatario e il divieto di compensazione tra debiti e crediti che la proposizione della domanda di concordato impone.

Infine, secondo il Tribunale di Milano la sospensione potrebbe ritenersi attuabile nel caso di mandato all'incasso in corso di esecuzione che andrebbe a chiudere l'operazione di anticipazione mediante la riscossione del credito. In tale caso la sospensione opererebbe integralmente impedendo non solo l'applicazione della clausola di compensazione, ma nel suo complesso l'esecuzione del mandato per l'incasso.

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