Su alcuni profili processuali delle misure di protezione “anticipate” di cui all'art. 182-bis, comma 6, l. fall.

Rosaria Giordano
Rosaria Giordano
22 Ottobre 2014

L'Autrice affronta il tema della possibilità di anticipare il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore già in fase di trattazione e prima che sia formalizzato l'accordo di ristrutturazione dei debiti. Dopo un inquadramento normativo si analizzano gli aspetti più strettamente procedurali, il ruolo del Tribunale nonchè gli eventuali rapporti con la procedura pre-fallimentare.
Premessa

L'

art. 182-

bis

l. fall

. (in tema di accordi di ristrutturazione v., senza alcuna pretesa di completezza, tra gli altri, Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, in Trattato Cottino, 2008, 172; Colesanti, Crisi d'impresa, accordi di ristrutturazione e insolvenza (“prospettica”), in Corr. Giur., 2010, 122; Didone, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (

art. 182-bis legge fallim.): presupposti, procedimento ed effetti della anticipazione delle misure protettive dell'impresa in crisi

, in Dir. fall., 2011, I, 17; Di Marzio, Il diritto negoziale della crisi d'impresa, Milano 2011) nella formulazione originaria non prevedeva alcun divieto

di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive a seguito del deposito degli accordi di ristrutturazione. La situazione era solo in parte mutata quando, con il decreto correttivo n. 169/2007, tale divieto era stato sancito quale effetto direttamente correlato alla pubblicazione dell'accordo nel registro delle imprese (Ambrosini, Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella legge n. 122/2010

, in Fall., 2011, n. 6, 641), divieto esteso, rispetto al concordato, anche alle azioni cautelari e, rispetto all'

art.

51 l

. fall

., alle esecuzioni speciali come quella per credito fondiario.

Con l'obiettivo di evitare che i tentativi di soluzione alternativa della crisi di impresa mediante gli accordi di ristrutturazione vengano compromessi nella fase cruciale delle trattative dalla condotta di alcuni creditori non aderenti che possano, ad esempio, munirsi di cause di prelazione iscrivendo ipoteca giudiziale su immobili del debitore ovvero dare corso ad azioni esecutive o cautelari, il

decreto legge n. 78/2010

, convertito nella

legge n. 122/2010

, ha introdotto tre nuovi commi nell'ambito dell'

art. 182-

bis

l. fall

., solo lievemente modificati dal successivo

decreto-legge n. 83/2012

, consentendo al debitore di depositare dinanzi al Tribunale competente ai sensi dell'

art. 9 l. fall

., già nella fase delle trattative, un'istanza di sospensione finalizzata ad ottenere un provvedimento inibitorio rispetto all'introduzione ovvero alla prosecuzione di azioni esecutive e cautelari nonché all'acquisizione, da parte di alcuni creditori, di titoli di prelazione non concordati.

L'istanza di sospensione ed il c.d. automatic stay

L'istanza di inibitoria dovrà essere corredata della documentazione prevista dall'

art. 161, commi 1 e 2, l. fall.

(e, quindi, della documentazione che va allegata alla proposta di concordato con indicazione puntuale della situazione contabile del debitore) e di una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti per svolgere l'attività di curatore fallimentare che attesi l'idoneità della proposta, ove accettata, ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che abbiano negato la propria disponibilità a trattare.

A seguito della pubblicazione, su richiesta del medesimo creditore, di tale istanza nel registro delle imprese, già

prima della pronuncia del Tribunale in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti, opererà il divieto per i creditori di proseguire o dare inizio ad azioni esecutive o cautelari nei confronti del debitore nonché di munirsi di titoli di prelazione non concordati (Ambrosini, Profili civili e penali cit., 642.). Poiché l'effetto sospensivo deriva dalla sola pubblicazione dell'istanza sul registro delle imprese (c.d. automatic stay), e tenuto conto che la norma non prevede che il deposito dell'istanza avvenga contestualmente in Tribunale e presso gli uffici del registro delle imprese, appare auspicabile - onde evitare manovre elusive degli interessi del ceto creditorio da parte di debitori particolarmente smaliziati - l'adozione da parte degli uffici del registro delle imprese della prassi di richiedere all'istante, ai fini della pubblicazione, copia dell'istanza già precedentemente depositata in Tribunale (Ambrosini, Profili civili e penali cit., 642).

Questione problematica è quella delle conseguenze del deposito di documentazione incompleta in allegato all'istanza, rispetto a quella indicata dal sesto comma. Secondo alcuni, infatti, potrebbe trovare applicazione analogica l'

art.

162 l

. fall

., norma che, come noto, in tema di concordato consente di concedere alla parte un termine per depositare la documentazione integrativa necessaria (Ambrosini, Profili civili e penali cit., 643). Altri Autori, in una prospettiva che appare maggiormente condivisibile anche in considerazione dell'impossibilità di ritenere analogicamente applicabili agli accordi di ristrutturazione dei debiti le previsioni dettate in tema di concordato non espressamente richiamate (a differenza di altre), ritengono che l'incompletezza della documentazione determini l'inammissibilità de plano dell'istanza in questione (Fabiani, L'ulteriore up-grade cit., 903).

Fissazione dell'udienza e comunicazione del provvedimento ai creditori

Il settimo comma, primo periodo, dell'

art. 182-

bis

l.

fall

.,

stabilisce che il Tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l'udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza di sospensione, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Tale decreto costituisce provvedimento di carattere squisitamente preliminare e meramente ordinatorio, finalizzato soltanto all'instaurazione del contraddittorio con il ceto creditorio, sicché in tale fase il controllo del Tribunale è limitato alla verifica di completezza della documentazione depositata, riservandosi all'udienza ed agli ulteriori incombenti istruttori la deliberazione circa la sussistenza dei presupposti per disporre le richieste misure inibitorie ad effetti anticipati.

Come detto, il Tribunale dovrebbe fissare l'udienza di comparizione entro trenta giorni dal deposito dell'istanza: pur trattandosi di termine ordinatorio, essendo sprovvista di sanzione la relativa inosservanza, , è auspicabile che i Tribunali lo rispettino lo stesso, attesa la gravità degli effetti per i creditori dell'imprenditore in crisi che si riconnettono immediatamente alla pubblicazione dell'istanza nel registro delle imprese e l'esigenza conseguente di tutelarne il diritto di difesa (Nardecchia, La protezione anticipata del patrimonio del debitore negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fall., 2011, n. 6, 710).

L'istanza, la documentazione depositata (Ambrosini, Profili civili e penali cit., 643) ed il decreto di fissazione dell'udienza devono essere comunicati a tutti i creditori (Nardecchia, La protezione anticipata cit., 710). Sebbene venga usato impropriamente il termine “comunicazione”, che indurrebbe a ritenere l'adempimento in questione a carico della cancelleria, riteniamo che lo stesso debba invece essere eseguito a cura della parte istante (cfr., tra gli altri, Punzi, voce Comunicazione, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 208; ID.,

Delle comunicazioni e delle notificazioni,

in

Commentario del Codice di procedura civile

diretto da Allorio, I, Torino, 1973, 1438 ss.; La China, voce

Comunicazione (dir. proc. civ.),

in

Enc. giur. Treccani,

Roma, 1988, 2 ss.; Lancellotti, voce

Comunicazione (dir. proc. civ.),

in

Noviss. dig. it., III,

Torino, 1959, 846 ss.

), nell'interesse della quale è previsto il procedimento e che dovrebbe essere in grado di reperire agevolmente i propri creditori. Tale notificazione potrà essere effettuata, previa autorizzazione del Giudice, per pubblici proclami ex

art. 150 c.p.c.

solo ove ricorrano i presupposti eccezionali previsti dalla norma (Didone, Gli accordi di ristrutturazione cit., 26), costituendo peraltro attualmente la notificazione un adempimento reso in genere più agevole dalla possibilità di effettuare le notifiche telematiche, almeno nei confronti dei creditori che abbiano un indirizzo di posta elettronica certificata risultante dai pubblici registri. In ogni caso, se all'udienza non risulta la prova della comunicazione a tutti i creditori, laddove anche soltanto uno di essi non compaia, così sanando il vizio per il raggiungimento dello scopo obiettivo dell'atto processuale, l'udienza dovrà essere necessariamente rinviata.

Controlli del Tribunale all'udienza

All'udienza il Tribunale è chiamato a riscontrare la sussistenza dei presupposti, sul piano della verosimiglianza (Didone, Gli accordi di ristrutturazione cit., 27), per pervenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti e delle condizioni per l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che comunque abbiano negato la propria disponibilità a trattare. Come

è stato evidenziato in sede di merito, in tale sede l'autorità giudiziaria dovrà effettuare un controllo pregnante ed effettivo sia in ordine alla sussistenza del richiesto requisito soggettivo (con conseguente necessità di indicare specificamente i creditori con i quali sono in corso trattative ai fini del raggiungimento della prescritta soglia del sessanta per cento), sia circa la concreta fattibilità del piano indicato, specie con riguardo alle modalità attuative dello stesso (Trib. Torino, decr. 15 febbraio 2011). Ne deriva che la proposta dovrà già indicare compiutamente gli elementi essenziali dell'accordo, che non potrà essere modificato nel corso delle ulteriori trattative (Nardecchia, La protezione anticipata, cit., 708).

In termini analoghi, è stato osservato che, poiché l'inibitoria

ex

art. 182-

bis,

comma

6

,

R

.d. 267/1942

, pur essendo un provvedimento cautelare emesso all'esito di un giudizio a carattere sommario e di natura prognostica, non può essere affidata ad un controllo solamente formale sulla sussistenza della documentazione circa le condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non ci sono trattative in corso o che comunque hanno negato la propria disponibilità a trattare, e sui presupposti per divenire ad un accordo di ristrutturazione dei debiti, è necessario, anche in tale fase, che il professionista nella sua relazione attestativa evidenzi l'attuabilità del proponendo accordo, relazionando sui riscontri effettuati per le singole poste e offrendo una adeguata motivazione sulla conferma (o meno) dei valori nominali espressi dalla società nella sua documentazione contabile, al fine di consentire all'organo giudicante, ed ancor prima ai creditori estranei, un'autonoma verifica sulla adeguatezza e sulla coerenza logica dell'iter argomentativo posto in essere (

Trib. Roma, sez. fall., 13 marzo 2012

).

Se tali valutazioni hanno esito positivo, il Tribunale dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati, assegnando un termine

non superiore a sessanta giorni per il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista.

Tale decreto è reclamabile entro giorni 15 dalla comunicazione dinanzi alla Corte di appello ai sensi dell'

art.

183 l

. fall

. in quanto applicabile, atteso l'espresso richiamo all'art. 182-bis, quinto comma.

Natura cautelare delle misure preventive e procedimento applicabile

Rilevanti conseguenze possono derivare, specie ai fini dell'applicabilità delle norme sul procedimento cautelare uniforme dettate dagli

artt. 669-

bis

e ss. c.p.c.

, sulla scorta della clausola generale di compatibilità di cui all'

art. 669-

quaterdecies

c.p.c.

, ove si risponda in senso affermativo al quesito in ordine alla natura cautelare delle misure inibitorie richieste ai sensi del sesto comma dell'

art. 182-

bis

l.fall

.

Riteniamo che le misure preventive in esame possano considerarsi provvedimenti cautelari, essendo fondate sia sul fumus boni juris in ordine alla conclusione dell'accordo di ristrutturazione, che sulpericulum in mora, pur presunto (Fabiani, L'ulteriore up-grade degli accordi di ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall., 2010, n. 8, 903), correlato per il raggiungimento di tale accordo ad iniziative esecutive o cautelari di singoli creditori nella fase delle trattative. Peraltro, deve concordarsi con quella parte della dottrina che ritiene il procedimento in questione procedimento cautelare ante causam (Didone, Gli accordi di ristrutturazione cit. , 25;

secondo Fabiani, L'ulteriore up-grade cit., 903, si tratta, invece, di un sub-procedimento incidentale rispetto a quello principale), non essendo pendente dinanzi al Tribunale al momento del deposito dell'istanza ex

art. 182-

bis

, sesto comma

, l. fall

. alcuna procedura di omologa dell'accordo di ristrutturazione

Tuttavia, in ordine ai rapporti tra fase ante litem e fase di merito il sistema delineato dagli

artt. 669-

octies

e

669-

novies

c.p.c.

non appare compatibile, con conseguente inoperatività di tali previsioni, perché è lo stesso settimo comma dell'

art. 182-

bis

l. fall

. a predeterminare la durata dell'efficacia della sospensione in giorni sessanta da quando il Tribunale, con decreto motivato, la dispone (pur essendo stata già anticipata dalla pubblicazione sul registro delle imprese). In sostanza, ove nel termine di sessanta giorni o in quello inferiore assegnato (concorda sulla possibilità per il giudice di ridurre il termine Nardecchia, La protezione anticipata cit.,711), il debitore non proceda al deposito di istanza volta all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione in conformità alle previsioni dei commi da primo a quinto dello stesso art. 182-bis, le misure inibitorie in questione saranno immediatamente caducate,

ferma la possibilità per la parte interessata di farlo constatare nei relativi procedimenti incidentali, ovvero nel processo esecutivo o nel processo cautelare instaurati contro il debitore (Didone, Gli accordi di ristrutturazione cit. , 29).

L'efficacia della misura verrà in tale ipotesi meno ex tunc. Tale posizione è stata

affermata in giurisprudenza (Trib.e Novara 1 febbraio 2011) reputandosi che l'effetto del divieto di cui all'

art. 182-

bis

, comma

6

, l. fall

. si produce dalla data della pubblicazione dell'istanza nel registro delle imprese e si consolida con il successivo decreto di omologazione che ratifica ex tunc l'anticipato effetto preclusivo, mentre in caso di mancata omologazione ne deriva la caducazione ex tunc, senza che, stante la previsione di un termine perentorio di 60 giorni, a fronte del mancato deposito dell'accordo per la ristrutturazione dei debiti sia possibile una eventuale proroga di detto termine per conservare l'effetto inibitorio dell'inizio ovvero della prosecuzione di azioni cautelari o esecutive e di acquisizione di titoli di prelazione non concordati (Ambrosini, Profili civili e penali cit., 643).

Naturalmente il venir meno degli effetti delle misure di protezione anticipata in caso di tardiva presentazione dell'accordo di ristrutturazione non implica anche l'inammissibilità dello stesso, sicché un nuovo effetto sospensivo potrà derivare da tale deposito, secondo le disposizioni già contenute nei precedenti commi dell'

art. 182-

bis

l.

fall

.

L'applicabilità, almeno sotto tale profilo, essendo stata introdotta la specifica competenza della Corte d'appello ai fini della decisione sul reclamo, dell'

art. 669-

terdecies

c.p.c.

nell'attuale formulazione comporta che il reclamo sia esperibile sia nel caso di accoglimento che di rigetto dell'istanza di sospensione, conclusione che si impone, comunque, anche nell'ipotesi in cui si ritenga inapplicabile la disciplina del procedimento cautelare uniforme per l'esigenza di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'

art. 182, comma

8

, l. fall

., che pure sembra fare riferimento al solo provvedimento di accoglimento.

La natura almeno in senso lato cautelare di siffatte misure comporta che il provvedimento reso dalla Corte di appello all'esito del reclamo, in quanto privo del requisito della decisorietà proprio della c.d. sentenza in senso sostanziale, perché destinato a perdere efficacia ovvero ad essere sostituito dal decreto di omologa, non sarà suscettibile di ricorso straordinario per cassazione

ex

art. 111 Cost.

Rapporti con la procedura pre-fallimentare

Questione di carattere generale che merita di essere evidenziata, sotto un distinto profilo, è quella concernente la possibilità di annoverare tra le azioni esecutive inibite a seguito della pronuncia del decreto di cui al sesto comma dell'

art. 182-

bis

l.

fall

. anche l'istanza di fallimento.

Su problematica analoga, la S.C. aveva avuto occasione di enunciare il principio in forza del quale il divieto per il creditore di iniziare o proseguire azioni esecutive previsto dall'

art.

168 l

. fall

. a seguito dell'ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo riguarda le sole esecuzioni individuali e, quindi, non osta alla proposizione o prosecuzione di istanze di esecuzione concorsuale.

Con più specifico riguardo agli accordi di ristrutturazione dei debiti si è espressa in senso consonante la giurisprudenza di merito prevalente affermando che il divieto di azioni esecutive e cautelari, previsto dall'

art. 182-

bis

l. fall

. per i creditori estranei all'accordo di ristrutturazione dei debiti, non si estende alle istanze di fallimento, poiché la predetta norma dispone la provvisoria sospensione delle procedure esecutive sul presupposto che queste possano porre vincoli sul patrimonio a vantaggio di alcuni creditori, pregiudicando al contempo la libera disponibilità del patrimonio, mentre

l'istanza di fallimento non è in sé e per sé idonea né a determinare tale pregiudizio, né a creare o consolidare posizioni di vantaggio per alcuni creditori soltanto. Ad ogni modo, se anche si ritenesse possibile superare questa prima obiezione, si porrebbe subito un altro insormontabile ostacolo interpretativo, di carattere sistematico. La richiesta di fallimento presentata da un creditore o dal pubblico ministero introduce infatti un tema decisionale estraneo alla singola procedura esecutiva o cautelare, ovvero la verifica delle capacità del debitore di adempiere la generalità delle sue obbligazioni con mezzi normali ed alle scadenze previste (Trib. Milano 10 novembre 2009, in Banca borsa tit. cred., 2010, n. 6, 731, con nota di Quarticelli, Omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti e controllo giudiziale sull'attuabilità dell'accordo: orientamenti e prime divergenze giurisprudenziali).

In sostanza, come chiarito anche da recente giurisprudenza di legittimità, la presentazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non impedisce l'inizio o la prosecuzione di un procedimento per dichiarazione di fallimento, in quanto le procedure pre-fallimentari non hanno natura esecutiva o cautelare bensì cognitiva piena (

Cass. 6 novembre 2013, n.

24969

. In senso diverso l'opinione di una parte della dottrina, attesa la natura di esecuzione “collettiva” della dichiarazione di fallimento, a seguito della quale il fallito viene spossessato di tutti i beni, cfr. Nardecchia, La protezione anticipata , cit.,711; Fabiani, «

Competizione » ,

in Fall., 2010, 206). Nell'ipotesi di contemporanea pendenza dei procedimenti di ristrutturazione dei debiti e per dichiarazione di fallimento, si potrà far luogo alla dichiarazione di fallimento solo qualora la crisi in cui versa il debitore sia irreversibile, dovendosi altrimenti dar corso alla prima procedura (

App. Milano 21 giugno 2011

). In sostanza, la giurisprudenza appare incline a ritenere l'accertamento circa l'insussistenza dello stato di insolvenza, e quindi la prognosi favorevole in ordine al proposto accordo di ristrutturazione, un accertamento pregiudiziale, almeno sul piano logico (

Cass. 6 novembre 2013, n. 24969

), a quello richiesto ai fini della declaratoria di fallimento, sussistendo quindi un'opportuna esigenza di coordinamento tra i procedimenti (Trib. Gorizia 9 novembre 2012, in Foro it., 2013, n. 5, 1535, con note di Costantino, Carmellini, Fabiani e Scoditti).

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