Il punto in merito agli effetti del fallimento sulla vendita con riserva di proprietà

04 Agosto 2014

Gli Autori, dopo un inquadramento iniziale dell'istituto della vendita con riserva di proprietà, ne analizzano le sorti nell'ipotesi di intervento di una procedura fallimentare. Con riferimento sia all'ipotesi in cui a fallire sia l'acquirente, sia a quella in cui fallisca il venditore, l'obiettivo è quello di inquadrare quali siano i margini d'azione in capo al curatore con riferimento a tale specifico rapporto pendente, e le diverse conseguenze che derivano sulla base delle sue scelte.
Vendita a rate con riserva di proprietà: il fallimento dell'acquirente

La vendita a rate con riserva di proprietà (c.d. “patto di riservato dominio”), disciplinata dall'

art. 1532 c.c.

, è caratterizzata – come noto – dal trasferimento della proprietà del bene, dal venditore al compratore, solo una volta che sia stata pagata l'ultima rata del prezzo.

Questo istituto soddisfa due esigenze: da una parte, permette al compratore di conseguire immediatamente il godimento del bene anche qualora non disponga di tutto il denaro necessario per pagarne il prezzo; dall'altra, permette al venditore di accrescere il volume delle sue vendite senza correre il rischio dell'inadempienza dell'acquirente. Come è stato ben osservato, essa comporta – sostanzialmente – una deroga al principio della par condicio creditorum, in quanto, attraverso tale schema contrattuale, l'alienante si sottrae al concorso con gli altri creditori dell'acquirente (

Scarso

, Commento sub

art. 73 l. fall.,

in Commentario alla

legge fallimentare

diretto da Cavallini, Milano, 2010, II, 209).

Nel caso di fallimento dell'acquirente, prima dell'integrale pagamento del prezzo e, dunque, del verificarsi dell'effetto traslativo (

Luminoso

,

Vendita, preliminare di vendita e altri contratti traslativi, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da Vassalli, Luiso e Gabrielli, Torino, 2014, III, 231), il curatore – ai sensi dell'

art.

73 l

. fall

. (ex multis,

Cass., 26 maggio 2000, n. 6952

. Sulla disciplina previgente, v. in particolare

Mignoli

, La vendita con riserva di proprietà, in Riv. Dir. civ., 1962, I, 328 ss.) – può decidere di subentrare nel contratto, chiedendo l'autorizzazione al comitato dei creditori, oppure di sciogliersi dallo stesso; in tale ultimo caso, il venditore potrà esigere la restituzione della res (che è pur sempre rimasta di sua proprietà), ma sarà tenuto a restituire le rate già riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l'uso che ne è stato fatto.

Secondo la giurisprudenza, il “patto di riservato dominio” è opponibile ai terzi nonché al fallimento (

Luminoso

,

Vendita, preliminare di vendita e altri contratti traslativi, cit., 231), soltanto qualora, oltre a esservi specificati con precisione i beni oggetto del contratto, sussistano – nei rispettivi casi – le seguenti condizioni:

  • il patto risulti da un accordo scritto con data certa anteriore al fallimento, sottoscritto da entrambe le parti (

    Cass., 11 giugno 2009, n. 13568

    ). La forma scritta è, infatti, necessaria al fine di opporre la riserva pattuita dai paciscenti ai creditori del compratore.

    Con specifico riferimento ai contratti quadro, la giurisprudenza ha precisato che il patto di riservato dominio non può essere contenuto soltanto in questi, ma deve essere indicato anche nei singoli contratti di cessione dei beni stipulati in epoca successiva (Cass., 7 aprile 2005, n. 7275);
  • il patto di riservato dominio sia stato stipulato contestualmente alla vendita. Nel caso in cui questo sia stato pattuito contestualmente alla vendita, ma solamente in forma verbale, l'atto scritto ricognitivo successivo – che può consistere sia in una scrittura contenente le dichiarazioni negoziali originarie, sia in un atto che accerti o riconosca l'avvenuta stipulazione della riserva, redatto solo per imprimere la data certa – pur essendo opponibile alla procedura, viene inteso dalla giurisprudenza quale atto a titolo gratuito e, come tale, soggetto alla revocatoria fallimentare

    ex

    art.

    64 l

    . fall

    . La Suprema Corte ha, peraltro, precisato che la registrazione del contratto di compravendita con riserva di proprietà in un momento successivo a quello della stipula dello stesso non è, di per sé, indice della non contestualità tra la vendita e il patto di riservato dominio: spetterà, pertanto, al curatore dimostrare eventualmente il contrario.

Come previsto per il contratto di leasing, anche nel caso di vendita a rate con riserva della proprietà il curatore che intenda subentrare nel contratto deve richiedere l'autorizzazione al comitato dei creditori.

Tale iniziativa, peraltro, può anche essere sollecitata dal contraente in bonis mediante richiesta al giudice delegato dell'assegnazione di un termine non superiore a sessanta giorni ai sensi dell'

art. 72, comma

2

, l. fall

., decorso il quale il contratto si intende risolto.

Il subingresso dell'acquirente

Il curatore può decidere di subentrare nel contratto con l'autorizzazione del comitato dei creditori e tale decisione deve essere comunicata espressamente al venditore, non potendo essere desunta implicitamente dal semplice inserimento del bene nell'inventario.

Una volta che il curatore abbia optato per il subentro, il contratto segue interamente la disciplina civilistica, con la conseguenza che – in caso di inadempimento – il venditore potrà richiedere la risoluzione dello stesso e il risarcimento del danno (

Luminoso

,

Vendita, preliminare di vendita e altri contratti traslativi, cit., 231).

Il curatore può adempiere alle obbligazioni del compratore – costituite essenzialmente dal pagamento del prezzo dovuto – mediante una delle seguenti modalità:

  • corresponsione delle rate ancora dovute alle scadenze pattuite: in tal caso il venditore trova una specifica tutela nella facoltà di richiedere una cauzione pari alle rate ancora da corrispondere (

    Iovine

    , Singoli contratti pendenti, cit., 757), eventualmente entro un termine massimo da fissarsi da parte del giudice;

  • versamento in unica soluzione

    , al netto dello sconto dell'interesse legale, delle rate residue e di quelle eventualmente non corrisposte.

Una volta versato l'intero prezzo, il bene sarà trasferito in proprietà al fallimento e pertanto il curatore potrà venderlo nell'ambito della liquidazione fallimentare.

Il diritto alla restituzione e all'equo compenso

Il curatore, qualora decida di non subentrare nel contratto, dovrà restituire il bene al venditore; quest'ultimo

, invece, sarà tenuto a restituire le rate percepite, salvo il suo diritto di ottenere un equo compenso per l'utilizzo del bene e per il suo naturale deprezzamento (in dottrina,

Luminoso

,

Vendita, preliminare di vendita e altri contratti traslativi, cit., 235). Gli eventuali danni conseguenti allo scioglimento del contratto non sono invece risarcibili, in linea con quanto generalmente previsto dall'

art.

72 l

. fall

., per i contratti non ancora eseguiti alla data del fallimento (

Cass., 9 aprile 2003, n. 5552

, e, in dottrina, ex multis,

Zanarone

,

Art. 73 Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, cit., 180 e

Scarso

, Commento sub

art. 73 l.fall.,

cit., 403. Contra v.

Bonfatti

Censoni

, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007, 271).

In merito occorre, inoltre, sottolineare che non sussistono dubbi sul fatto che il fallimento non ha il diritto di ritenzione sul bene sino alla restituzione delle rate percepite dal venditore (in giurisprudenza,

Cass., 22 ottobre 1993, n. 10482

e, in dottrina,

Lo

Cascio

, Il fallimento e altre procedure concorsuali, Milano, 2007, 497;

Scarso

, Commento sub

art. 73 l. fall.,

cit., 400).

È, invece, più incerto se sia lecito operare la compensazione tra quanto dovuto dal fallimento a titolo di equo compenso e le rate che devono essere restituite dal venditore: tale possibilità viene esclusa da una parte della dottrina, la quale sottolinea l'insussistenza in caso di fallimento del presupposto della reciprocità dei crediti

ex

art. 1241 c.c.

, dal momento che il venditore risulterebbe creditore del fallito, ma debitore rispetto alla massa (

Zanarone

,

Art. 73 Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, cit., 180), in quanto il debito sarebbe sorto soltanto a seguito della decisione del curatore di non subentrare nel contratto.

La giurisprudenza consolidata di legittimità propende, invece, per la compensabilità tra le due partite, entrambe da ritenersi anteriori al fallimento: si tratta di una soluzione che, per quanto sicuramente favorevole al venditore – il quale non solo come beneficiario di una garanzia impropria sul bene oggetto di riserva, ma anche come titolare di un credito chirografario scaturente dallo scioglimento del contratto, si trova in una situazione di vantaggio rispetto agli altri creditori (

Cass., 23 maggio 2008, n. 13418

e

Cass., 13 maggio 2009, n. 11145

; contra v., invece,

Cass., 9 aprile 2003, n. 5552

) –, sembra sicuramente meglio adattarsi ai caratteri della fattispecie in esame. Peraltro, qualora si aderisse alla tesi contraria, il venditore con riservato dominio – almeno ogni volta in cui si fosse in prossimità della scadenza del contratto e, dunque, del passaggio di proprietà del bene – si troverebbe in una situazione in qualche misura deteriore rispetto a chi abbia alienato un bene pattuendone il pagamento a rate, il quale non è tenuto a restituire quanto percepito sino alla data del fallimento (

Zanarone

,

Art. 73 Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, cit., 175).

Nel caso in cui il curatore e il venditore non si accordino sull'ammontare dell'equo compenso, questo dovrà essere determinato dal giudice delegato; come si è già riferito, il credito vantato dal fallimento non determina – in nessun caso – il diritto di ritenzione del bene oggetto del contratto.

Al riguardo, occorre – inoltre – sottolineare che il curatore può chiedere la revocatoria fallimentare dei pagamenti eseguiti dal compratore nel “periodo sospetto” dei sei mesi di cui all'

art. 67, comma

2

, l. fall

.; la revocatoria non si estende, tuttavia, alle rate di prezzo versate dal fallito che il venditore abbia trattenuto a titolo di equo compenso per l'uso e il deterioramento della cosa venduta.

Occorre, infine, considerare che il venditore soggiace alla facoltà di scelta in capo al curatore, per cui, finché quest'ultimo non abbia sciolto la riserva, il primo non può rivendicare vittoriosamente la res; ne consegue che, presentata la domanda di restituzione, questa potrà essere accolta solo qualora il curatore abbia eventualmente optato per lo scioglimento del contratto.

Il venditore – inoltre – nel caso in cui il curatore abbia deciso di subentrare nel rapporto, non potrà richiedere la risoluzione del contratto per il pregresso inadempimento del compratore, in quanto “il fallimento determina la destinazione del patrimonio di quest'ultimo al soddisfacimento paritario di tutti i creditori e la cristallizzazione delle loro posizioni giuridiche, con la conseguenza che la pronuncia di risoluzione non può determinare gli effetti restitutori e risarcitori suoi propri, che sarebbero lesivi della par condicio” (

Cass., 6 febbraio 2004, n. 2261

; in questo senso v. ora anche

Cass., 18 settembre 2013, n. 21388

).

Il fallimento del venditore

Ai sensi dell'

art. 73 l. fall

., nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è mai causa di scioglimento del contratto.

Differentemente dalle altre ipotesi di vendita obbligatorie, il contratto prosegue, infatti, in capo al curatore, il quale ha il diritto di riscuotere le rate alla loro naturale scadenza; l'acquirente diventerà, per contro, proprietario del bene con la corresponsione dell'ultima rata.

I creditori del fallito, pertanto, non hanno alcun diritto sul bene oggetto della vendita, seppur di proprietà dell'impresa fallita, poiché all'attivo del fallimento saranno acquisite solo le rate residue dovute dal compratore.

Nel caso in cui questi non provveda ai dovuti pagamenti, il curatore può domandare, ai sensi degli

artt. 1525

e

1526 c.c.

, la risoluzione del contratto per inadempimento, dopodiché dovrà restituire al compratore le rate percepite, decurtando una cifra commisurata all'usura del bene e ai danni subiti a causa dell'altrui inadempimento.

La disciplina in esame sembra costituire, dunque, un'espressa eccezione alla regola, sancita dall'

art. 72 l. fall

., per cui i contratti traslativi si sospendono automaticamente ogni qualvolta non si sia già verificato il trasferimento della proprietà. Occorre, tuttavia, precisare che detta norma trova ragione con riferimento ai contratti di compravendita nei quali l'effetto reale si verifica per effetto del solo scambio dei consensi e dunque, indipendentemente dall'esecuzione delle obbligazioni di consegna del bene e di pagamento del prezzo incombente sulle parti del contratto.

Nell'ipotesi di vendita con patto di riservato dominio, invece, il trasferimento della proprietà avviene, automaticamente, soltanto a seguito del pagamento dell'ultima rata da parte del compratore: non essendo dunque, necessario, al fine della produzione dell'effetto reale alcun atto successivo da parte del venditore, non si è ritenuto corretto, in caso di fallimento di tale soggetto, attribuire al curatore la decisione circa la sorte del contratto in corso di esecuzione (Cass., 22 dicembre 2005, n. 24880). Al contrario, il legislatore ha voluto equiparare la posizione dell'acquirente che abbia già acquistato la proprietà del bene a quella del compratore che ottenga tale risultato solamente a seguito del pagamento dell'ultima rata, alla luce della mera funzione di garanzia assunta dal patto di riservato dominio (

Patti

, Rapporti che rimangono sospesi, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali a cura di Panzani, Torino, 2012, II, 434;

Tagliaferri

,

Vendita, permuta, leasing. Percorsi giurisprudenziali, Milano, 2010, 141;

Zanarone

,

Art. 73 Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, cit., 196;

Scarso

, Commento sub

art. 73 l. fall.,

cit., 416).

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