Il comma 2 dell'art. 160 l. fall. e la “crisi”: dal declassamento economico a quello temporale

Giovanni Sandrini
07 Maggio 2014

L'Autore affronta alcune delle tematiche più rilevanti relative al "pagamento dei creditori prelatizi". Il contributo offre un'attenta disamina delle questioni, al fine di poter valutare se lo strumento offerto dal secondo comma dell'art. 160 l. fall., ossia la possibilità di un pagamento parziale dei creditori prelatizi, consenta che il loro soddisfacimento subisca un declassamento solo economico o che possa colpire anche le tempistiche di pagamento.
Premesse

In un periodo congiunturale così negativo stanno affiorando tutte le difficoltà legate alla liquidazione degli assets aziendali che, gioco forza, condizionano le proposte di concordato e

comportano una dilatazione dei tempi di soddisfazione dei creditori, anche prelatizi.

Il tema legato al “pagamento dei creditori prelatizi” è stato portato alla ribalta anche dal Legislatore che, in tema di concordato preventivo con continuità aziendale, dal 2012 consente “una moratoria sino ad un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca” (lett. c), comma 2,

art. 186-

bis

l. fall

.; con la riforma del 2012 nulla risulta modificato con riferimento agli artt. 160, comma 2 e 177, comma 2 e 3, della l. fall., articoli che dettano le regole generali - in ambito concordatario - circa il trattamento dei creditori prelatizi).

Scopo del presente scritto è portare un contributo al dibattito legato al trattamento dei creditori prelatizi, ponendosi come interrogativo se lo strumento previsto dal secondo comma dell'

art. 160 l. fall

. consenta la non integrale soddisfazione dei creditori preferenziali non solo in termini di quantum (declassamento cd. economico) ma anche di tempistica di pagamento (declassamento cd. temporale), anche stante l'attuale crisi economica generalizzata.

 L'evoluzione normativa del trattamento dei creditori prelatizi: cenni. Premesse

Prima della riforma della

Legge Fallimentare

, la proposta concordataria vedeva come principali destinatari i creditori chirografari. La tesi prevalente, in dottrina e giurisprudenza, riteneva, infatti, che i creditori prelatizi dovessero essere soddisfatti:

  • integralmente;

  • tempestivamente;

  • in denaro (Trib. Terni, 17 gennaio 2014;

    Trib. Udine, 14 febbraio 2011

    ),

comportando in capo agli stessi:

  • disinteresse al

    contenuto della proposta concordataria;
  • indifferenza al risultato della votazione;

  • esclusione dal voto per l'approvazione del concordato, salvo la rinunzia alla garanzia (

    M. Ferro, Sub art. 161, in AA.VV., La

    legge fallimentare

    , a cura di M. Ferro, 1814; V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2012, 413; di diverso avviso P.F. Censoni, I diritti di prelazione nel concordato preventivo, in Giur. Comm., 2011, 20

    ).

Il soddisfacimento non integrale dei creditori prelatizi: il D.Lgs. n. 169/2007 

La riforma della

Legge Fallimentare

, iniziata con la

legge n. 80 del 2005

e proseguita con i

D.Lgs. n. 5/2006

e

n. 169/2007

,

ha modificato, dal 1° gennaio 2008, il secondo comma dell'art. 160

l. fall

. consentendo, a determinate condizioni, il soddisfacimento non integrale dei creditori prelatizi.

Più precisamente, a

lla luce di

un impianto normativo che impediva di “

offrire un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali il privilegio cade

” (

a

rt. 12 della Relazione Illustrativa al

D.Lgs. n. 169 del 12 settembre 2007

),

con il cd. “Correttivo della Riforma Fallimentare”

, il Legislatore ha introdotto i

l secondo comma dell'

art. 160 l. fall

. che consente, al ricorrere di determinate condizioni, la soddisfazione parziale dei creditori prelatizi, ricalcando un concetto già presente in tema di concordato fallimentare (

Relazione Illustrativa al

D.Lgs. n. 169 del 12 settembre 2007

).

Con l'introduzione di tale norma, il legislatore, se da un lato ribadisce che, in linea generale, la proposta di concordato preventivo deve prevedere il soddisfacimento integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno e ipoteca, dall'altro concede la facoltà di una soddisfazione non integrale, purché in misura non inferiore a quella realizzabile dalla vendita del bene oggetto della prelazione medesima.

E' divenuto, quindi, possibile derogare alla regola del soddisfacimento integrale dei creditori preferenziali, qualora quanto offerto nella proposta concordataria risulti non inferiore a quanto realizzabile “in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d)” (

si veda, al riguardo M. Ferro, Sub art. 161, in AA.VV., La

legge fallimentare

, a cura di M. Ferro, 1814; V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2012, 413; S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di Diritto Commerciale, a cura di Cottino, Padova, 2009, 55; in giurisprudenza si veda App. Torino, 14 ottobre 2010, in Fall., 2011, 349, con nota di P. Genoviva, La relazione del professionista

ex art. 160 l. fall. ed il trattamento dei creditori prelatizi nel difficile percorso del nuovo concordato preventivo

, 352

).

Dalla lettura della norma, si rileva che per proporre una limitazione all'integrale soddisfazione dei creditori prelatizi, devono ricorrere le seguenti condizioni:

  1. il soddisfacimento offerto ai creditori prelatizi non deve essere inferiore a quanto “realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione” dei beni o diritti oggetto della prelazione, il tutto determinato in base ad una relazione di stima;

  2. la relazione di stima dei beni o diritti oggetto della prelazione deve essere stilata:

    • a valore di mercato;

    • giurata e redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all'

      articolo 67, terzo comma, lettera d), l. fall

      .

Il creditore prelatizio, per la parte del credito che non trova capienza sul bene oggetto della garanzia reale, viene declassato ed “equiparato ai chirografari” così come previsto dall'

art. 177,

comma

3, l. fall

., ai fini sia del voto che del “soddisfacimento” (

L. Panzani, Creditori privilegiati, creditori chirografari e classi nel concordato preventivo, in AA.VV., La crisi d'impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, a cura di F. Di Marzio, Padova, 2010, 370; G. Lo Cascio, Concordati, classi di creditori ed incertezze interpretative, in Fall., 2009, 1131; G. Bozza, Formazione delle classi e alterabilità delle graduazioni legislative, in Fall, 2009, 9; L. Guglielmucci, Sub art. 124, in Codice commentato del fallimento, Milano, 2008, 1239; E. Norelli, Il concordato fallimentare “riformato” e “corretto”, in Riv. Esecomma Forzata, 2008, 31; L. Stanghellini, Sub art. 124, in AA.VV., Il nuovo diritto fallimentare, Bologna 2007, 1968; contra, S. Bonfatti e P.F. Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007, 374; M. Vitiello, sub

art. 127 in Commentario Jorio – Fabiani, cit., 2008. In giurisprudenza, da ultimo, nel primo senso

App. Veneto 17 luglio 2010

; in senso contrario

App. Torino 23 aprile 2010

).

Ne consegue che tali creditori preferenziali,

per la parte del credito declassata, hanno diritto di esprimere il voto sulla proposta concordataria al pari dei creditori chirografari, e ciò anche qualora sia prevista la formazione di “classi”, nel qual caso può esser prospettato un trattamento differenziato tra le classi, sempre nel rispetto delle cause legittime di prelazione (

G. Bozza, op. cit.

)

.

La moratoria di pagamento dei creditori prelatizi nel concordato con continuità: la L. 134/2012

Con la

L. 134/2012

, il Legislatore ha introdotto l'

art. 186-

bis

l. fall

. che, nell'ambito del concordato con continuità aziendale, consente all'imprenditore in crisi di proseguire l'attività e “beneficiare” di una moratoria sino ad un anno (c.d. finanziamento indiretto) per il pagamento dei creditori prelatizi.

Tralasciando ogni approfondimento in merito all'

art. 186-

bis

l. fall

. (

F. Casa, Il voto dei creditori privilegiati nel concordato con continuità aziendale, in Fall., 2013, 1378

), notiamo che tale novità sta stimolando il tema del “trattamento dei creditori prelatizi” nell'ambito non solo dei concordati con continuità, ma anche dei concordati liquidatori (

Casa, op. cit., e L. Benedetti, Il trattamento dei creditori con diritti di prelazione nel nuovo concordato preventivo, in Giur. Comm., 2013, 1044

).

Prima dell'introduzione dell'

art. 186-

bis

l. fall

. nessuna norma, in tema di concordato preventivo consentiva di pagare in modo dilazionato i creditori prelatizi e tutt'ora nessuna norma lo prevede al di fuori del concordato con continuità (al pari della possibilità di una soddisfazione non pecuniaria dei creditori preferenziali).

L'impianto normativo che (tuttora) vede l'esclusione dei creditori privilegiati dal voto per l'approvazione del concordato e la necessità, per esercitarlo, della rinunzia alla prelazione, aveva di fatto portato la Suprema Corte a ritenere che il concordato non potesse prevedere dilazioni di pagamento a favore dei creditori privilegiati.

Anche recentemente la Suprema Corte (Sent. n. 6901/2010) ha ribadito il concetto che i creditori prelatizi devono essere pagati per intero ed alle scadenze previste dal titolo (interessi compresi) salvo incapienza dei beni sui quali grava la garanzia.

Al contrario, parte della giurisprudenza di merito è orientata nel ritenere ammissibile la dilazione del pagamento dei creditori prelatizi, seppur con sfumature diverse, che si possono – principalmente – così riassumere:

  • compatibilità della proposta concordataria con la tempistica dell'esecuzione forzata e/o della liquidazione fallimentare: il creditore viene pagato al momento della liquidazione del bene gravato dalla garanzia e ciò non comporta alcun pregiudizio rispetto all'alternativa liquidatoria (

    Trib. Pescara, 16 ottobre 2008

    );

  • riconoscimento e corresponsione degli interessi compensativi sulla dilazione di pagamento: la previsione di interessi compensativi sulla dilazione di pagamento porta a ritenere il pagamento sostanzialmente integrale del creditore prelatizio, senza che vi sia necessità di consentire l'esercizio del diritto di voto (

    Trib. Palermo, 18 maggio 2007

    ; Trib. Catania, 27 luglio 2007;

    Trib. Pescara, 16 ottobre 2008

    ; Trib. Sulmona, 02 novembre 2010

    );

  • ammissione al voto dei creditori prelatizi “pagati in ritardo”: il pagamento non immediato del creditore prelatizio viene compensato con la sua ammissione al voto che viene commisurata al pregiudizio subito dal creditore (

    Trib. Monza, 29 novembre 2011; si veda ancora Trib. Milano, 30 settembre 2005;

    Trib. Palermo, 18 maggio 2007

    ; Trib. Catania, 27 luglio 2007;

    Trib. Modena, 27 febbraio 2009

    ;

    Trib. Pescara, 16 ottobre 2008

    ; Trib. Sulmona, 2 novembre 2010; Trib. Cassino, 27 luglio 2012

    ).

Tali indirizzi sono, tuttavia, avversati da quella giurisprudenza di merito che ritiene non ammissibile una proposta concordataria che non preveda il pagamento immediato dei creditori prelatizi, “(...) perché le norme consentono che il soddisfacimento di questi ultimi possa essere solo ridotto quantitativamente e non anche sacrificato temporalmente (…)” (

Trib. Roma, 20 aprile 2010;

Trib. Roma, 29 luglio 2010

).

Dello stesso orientamento quella dottrina che nella “moratoria” vede:

  • uno svilimento della garanzia reale, al punto tale che verrebbe a mancare l'interesse ad acquisire tali garanzie;

  • una facoltà impropria data ai creditori chirografari di decidere e approvare la proposta di concordato anche per i creditori prelatizi, creditori che, per legge, risultano privi del diritto di voto, salvo rinuncia alla garanzia (

    F. Di Marzio, “Contratto” e “deliberazione” nella gestione della crisi d'impresa, in AA.VV., Autonomia negoziale e crisi d'impresa (a cura dello stesso F. Di Marzio e di F. Macario), Milano, 2010, 73; E. Norelli, Il giudizio di omologazione del concordato preventivo, in AA.VV., La crisi d'impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare (a cura di F. Marzio), Padova, 2010,416; L. Panzani, op cit.; A. Bottai, Crediti prelatizi dilazionati e diritto di voto nel concordato: un falso problema, in Fall., 2011, 615

    ).

Fatte queste brevi premesse, ritorniamo sull'argomento del

“soddisfacimento non integrale del creditore prelatizio” introdotto con il secondo comma dell'

art. 160 l. fall

.

Il secondo comma dell'art. 160 l. fall. Premesse

Sappiamo che la deroga alla regola del soddisfacimento integrale dei creditori preferenziali, può esservi solo qualora quanto proposto nella domanda di concordato risulti non inferiore a quanto realizzabile “in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d).

La ratio della norma è quella di offrire/garantire ai creditori prelatizi un soddisfacimento non inferiore a quanto “realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione” dei beni o diritti oggetto della prelazione, il tutto determinato in base ad una relazione di stima che deve essere redatta a valore di mercato.

 La “relazione giurata di stima”

La funzione della relazione giurata di stima

La funzione della perizia di “stima”

ex

art. 160, c

omma

2, l. fall

. consiste nel determinare il “valore di mercato” dei beni o diritti oggetto della prelazione e, conseguentemente, la percentuale minima di soddisfazione da assicurare ai creditori prelatizi (che corrisponde alla parte del credito che trova capienza sul bene oggetto della garanzia) (

CNDCEC, La Relazione giurata estimativa del professionista nel Concordato Preventivo e nel Concordato Fallimentare, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Roma, 2009

). Questo consente al Tribunale e (poi) ai creditori preferenziali, di avere un termine di raffronto per valutare se il trattamento loro riservato risulti non al di sotto del valore ricavabile dalla liquidazione del bene oggetto della garanzia e, nella sostanza,

non inferiore a quello realizzabile in caso di fallimento (

Trib. Rovigo, 27 novembre 2013

;

Trib. Pordenone, 21 ottobre 2009

; Trib. Treviso, 11 febbraio 2009

).

Ne consegue che, qualora la domanda di concordato non preveda l'utilizzo dello strumento di cui al secondo comma dell'

art. 160 l. fall

., il

soddisfacimento dei creditori prelatizi dovrebbe essere

integrale (

Cass., 6 novembre 2013, n. 24970

);

prova ne è che la Suprema Corte con la sentenza n. 24970/2013 ha confermato il principio che

“il creditore privilegiato ha diritto all'integrale soddisfazione anche qualora il bene gravato dal privilegio non sia presente nel patrimonio del debitore”

.

Tale principio, peraltro, risulta affermato dalla Corte con sentenza

n.12064 del 2013

con riferimento ad

un concordato preventivo ante

D.Lgs

.

169/2007

, sul presupposto che il mancato richiamo dell'

art. 169 l. fall

. all'

art. 54 l. fall

., legittima il creditore a vedersi riconosciuto l'integrale privilegio speciale per IVA di rivalsa

ex

art.2758,

comma

2,

c

.

c.

, a prescindere dall'esistenza del bene nel patrimonio del debitore. “L'incapienza”, infatti, non rileva agli effetti del riconoscimento del privilegio a favore del creditore concordatario, in quanto l'inesistenza del bene gravato da privilegio nel compendio del patrimonio del debitore non preclude, a differenza di quanto avviene nel fallimento, l'esercizio del privilegio stesso. In altre parole, il credito va soddisfatto integralmente ed il creditore (prelatizio) non è ammesso al voto sulla proposta concordataria, sul presupposto della “particolarità del privilegio di essere una qualità del credito riconosciuta dall'ordinamento in ragione della sua causa”.

Con la sentenza n. 24970/2013

la Corte ha statuito che il “principio” di cui alla sentenza 12064/2013 risulta applicabile anche per il concordato preventivo in versione post

D.Lgs 169/2007

, precisando che è introdotta, con la normativa testé citata, apposita facoltà per il proponente di limitare la soddisfazione dei creditori prelatizi al valore di stima dei beni gravati da garanzia, “limitazione” che deve essere contenuta nella proposta concordataria, configurandosi come un “patto concordatario”.

Pertanto, qualora la domanda concordataria preveda

la relazione giurata dell'esperto stimatore

ex

art. 67,

comma

3, lett. d), l. fall

., la soddisfazione del creditore prelatizio è parametrata a quanto proposto dal debitore, determinato sulla base della perizia di stima; per la parte residua del credito, che non trova capienza sul bene oggetto della garanzia reale, il creditore preferenziale viene declassato ed “equiparato ai chirografari” ai sensi dell'

art. 177,

comma

3, l. fall

., sia ai fini sia del voto (

A.

Bassi, V. Buonocore, Vol. I: I presupposti - La dichiarazione di fallimento – Le soluzioni concordatarie, in Trattato di diritto fallimentare, 2010; Comma Cavallini, Commentario alla

legge fallimentare. Artt. 124-215 e Disposizioni transitorie - Vol. 3

, Milano, 2011

) che del “soddisfacimento”.

Una volta superato lo “scoglio” del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo

ex

art. 163 l. fall

, la relazione giurata di stima sarà, come tutto il piano concordatario, oggetto di verifica da parte del

Commissario Giudiziale che, ai sensi del secondo comma dell'

art. 172 l. fall

., può chiedere al Giudice Delegato di nominare uno stimatore affinchè lo supporti in tale analisi (cfr.

Trib. Ivrea, 11 ottobre 2012

).

La “valutazione” del perito nominato dal Giudice Delegato potrà coincidere o meno con la perizia di stima giurata

ex

art. 160, comma

2, l. fall

., ed il Commissario Giudiziale ne darà, in ogni caso,

conto nella relazione ex

art. 172 l. fall

. (nella quale rivedrà il piano di concordato sulla base degli elementi acquisiti e delle analisi effettuate, onde dare ai creditori consapevolezza del reale contenuto della proposta concordataria, del quantum a loro offerto, il tutto affinché possano esprimere un voto consapevole e informato).

Se poi il bene su cui grava la garanzia e oggetto della perizia di stima

ex

art. 160,

comma

2, l. fall

., dovesse essere

realizzato in corso di procedura ad un prezzo non in linea con la “stima”, si pone la questione se la soddisfazione del creditore prelatizio risulti ancorata al valore di mercato indicato nella perizia di stima ex

art. 160,

comma

2, l. fall

. di cui alla proposta concordataria o a quanto effettivamente ricavato dalla vendita del bene.

A parere di chi scrive, la relazione giurata di stima individua il valore più probabile di vendita (ad una certa data) del bene gravato dalla garanzia, ma non comporta un obbligo per il debitore di pagare l'importo stimato e indicato nella domanda di concordato.

Infatti, se lo scopo della perizia di stima è di

mettere in evidenza che il trattamento riservato ai creditori preferenziali risulta non al di sotto di quanto ricavabile dalla liquidazione in caso di fallimento, proprio nel “fallimento” il creditore privilegiato viene soddisfatto, in sede di riparto, solo su quanto ricavato dalla vendita del bene, dedotte le spese imputabili.

Ne consegue che,

se il bene gravato dalla garanzia viene realizzato a condizioni deteriori rispetto a quelle prospettate nel piano e valorizzate con la perizia di stima

ex

art. 160,

comma

2, l. fall

., al creditore prelatizio spetta quanto ricavato dalla vendita del bene, al netto delle spese; allo stesso modo, qualora il bene gravato dalla garanzia venga realizzato a condizioni migliori di quelle periziate in sede di proposta concordataria,

il creditore prelatizio potrà soddisfarsi sul ricavato

fino a totale concorrenza del suo credito.

I “punti salienti” della relazione giurata di stima

Pur assumendo la relazione giurata di stima un ruolo fondamentale nella genesi della volontà dei creditori privilegiati declassati al chirografo (tanto da essere richiesta a pena di inammissibilità della proposta di concordato in quanto necessaria al Tribunale per formulare un primo giudizio sulla proposta concordataria, v.

Trib. Udine, 18 maggio 2012

), il Legislatore della riforma ha lasciato alla prassi la definizione dei contenuti minimi e delle modalità di redazione.

A tal proposito, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), ha previsto che “per la redazione della relazione estimativa non vi è uno schema o un modello fissato dalla legge, per cui la forma è libera, potendo ogni professionista a ciò incaricato procedere secondo la propria esperienza e competenza tecnica” ma è “comunque, senz'altro preferibile che la relazione venga redatta mediante una struttura” che si articola nelle seguenti sezioni:

a) la descrizione dell'incarico ricevuto, con l'indicazione dei beni e dei diritti da stimare;

b) l'identificazione dei beni e dei diritti stimati;

c) l'indicazione dei criteri di valutazione adottati in relazione alle categorie di beni e diritti oggetto di stima;

d) la descrizione delle modalità seguite per la stima dei beni e dei diritti;

e) la data di riferimento della stima;

f) l'attestazione del valore di mercato realizzabile nella liquidazione fallimentare;

g) il giuramento della stima.

Il contributo dato dal CNDCEC è stato di fondamentale importanza anche se permangono tutt'ora una serie di dubbi operativi. Ciò detto, l'attenzione va ora rivolta al concetto di “valore di mercato”, aspetto cruciale della perizia di stima.

Per valore di mercato intendiamo il più probabile controvalore in denaro di un bene nell'ambito di una potenziale compravendita, ad una certa data.

Il “valore di mercato”, può essere

scomposto in valore di acquisto e valore di vendita (che, salvo in presenza di un mercato perfetto, non coincidono mai) ed è influenzato:

  • dalla

    specifica natura del bene e/o diritto su cui insiste la causa di prelazione e dal mercato di riferimento; infatti “più un bene è connotato da specificità, e quindi quanto più ristretta è la platea dei suoi possibili utilizzatori, tanto più ridotto sarà il suo valore di presumibile realizzo”;

  • dalla particolare condizione di chi vende, in quanto il valore di mercato dipende dall'incontro tra la domanda e l'offerta di operatori medi normalmente consapevoli, mentre il prezzo che si definisce in una specifica transazione è quanto mai condizionato dalla diversa condizione e, quindi, forza/capacità “contrattuale delle parti direttamente coinvolte” (vedi F. Capalbo e M. Sorrentino, I rapporti tra “Valore di mercato” e “ricavato in caso di liquidazione” nella «relazione giurata»

    ex art. 160 L.F. comma 2

    , in Rivista dei Dottori Commercialisti, 2013, 305 e ss.).

Certo è che il valore di mercato deve essere stabilito con riferimento ad una “data” e tale data diventa (oggi ancor più) di fondamentale importanza per la valutazione del bene gravato da garanzia.

Nella pratica, sul tema “data di riferimento della stima”, si ritrovano opinioni diverse che si possono riassumere tra:

  • coloro che ritengono che la stima debba far riferimento al momento in cui, presumibilmente, i beni e i diritti verranno realizzati, secondo le modalità e i tempi prospettati dal piano; dovendo, infatti,

    tener conto dei tempi necessari per eseguire la liquidazione dell'attivo, non si può fare riferimento ad una “data attuale”, bensì ad una data in cui i beni e diritti si presuppone vengano realizzati (

    A.

    Bassi, V. Buonocore, op. cit.; CNDCEC,

    op. cit.;

    E.

    Rossi, A. Sergiacomo, Concordato

    preventivo: condizioni per il pagamento parziale dei creditori prelatizi

    , in Il fisco, 2012, 1453

    );

  • chi, invece, ritenendo che il secondo comma dell'

    art. 160 l. fall

    . sia rivolto solo ad un concordato di tipo liquidatorio, immagina che, invece, in ipotesi di procedure di natura conservativa, “le difficoltà connesse tanto ad una stima futura dei valori mobiliari (...) quanto al trascorrere del tempo, possano far sì che la valutazione rilasciata dal professionista si riveli non più attuale all'istante di effettiva traduzione in moneta corrente del bene o del diritto” (

    M.

    Ferro, op. cit.

    );

  • altri che, ritenendo entrambe le soluzioni meritevoli di attenzione, si orientano verso una “determinazione del ricavato in caso di liquidazione (…) con riferimento alla presumibile data di liquidazione, ferma restando l'opportunità di scontare in quella misurazione anche i rischi monetari ed operativi connessi al trascorrere del tempo tra il momento della redazione della stima e il previsto momento del realizzo” (

    F. Capalbo e M. Sorrentino, op. cit.

    ).

Tornando alla stima del valore di mercato, parte della dottrina ritiene necessario ricorrere ad una gamma di “valori di stima”, anche con oscillazioni fino al 25%; tale concetto è avversato da chi, invece, ritiene che il professionista debba stimare un “valore puntuale”, in quanto un'eventuale sequenza di valori risulterebbe incompatibile con l'esigenza di avere una precisa percentuale di soddisfazione (

M.

Ferro, La

legge fallimentare. Commentario pratico teorico,

Padova, 2011, 1799

).

Anche

il CNDCEC

ritiene e auspica

che il professionista effettui una sola “stima (…) certa e univoca

e non

offra ai creditori ed al Tribunale

un ventaglio di valori anche se

, con riferimento ad

un complesso aziendale, la stima “deve riflettere in termini probabilistici l'ipotesi che più ragionevolmente risulta realizzabile in concreto” attraverso plurimi tentativi quali:

  • la vendita dell'azienda nel suo complesso,

  • in caso di esito negativo, la

    vendita in blocco dei beni e dei rapporti giuridici,
  • e, solo in caso di infruttuosità di questi due tentativi, la vendita atomistica dei beni.

La crisi del mercato e la “data di riferimento della stima”: dal declassamento economico a quello temporale. Premesse

Il fallimento della Lehman Brothers ha cambiato dal 2008 lo scenario

mondiale, con un influsso catastrofico della crisi finanziaria sull'economia reale.

La crisi sta mettendo in risalto la debolezza dei mercati, e

l'economia si trova in una fase congiunturale difficilissima avendo la crisi stessa coinvolto tutto e tutti.

Il mercato immobiliare è in totale asfissia; la cosiddetta bolla immobiliare è scoppiata

rendendo difficile, se non impossibile, realizzare i compendi immobiliari

, con tutta una serie di conseguenze a catena che hanno (re)investito in pieno il sistema finanziario.

Gli operatori sono ben consapevoli che il rischio, oggi, non è tanto quello di una svendita degli assets con conseguente dissipazione dei valori, bensì di una impossibilità di riuscire a collocare i beni nel breve termine

La crisi del mercato e la “data di riferimento della stima”

Si è detto che la relazione giurata di stima

ha il compito di determinare il “valore di mercato” alla data di presumibile realizzazione dei beni, che è influenzata:

  • dalla

    specifica natura del bene e/o diritto su cui insiste la causa di prelazione;

  • dal mercato di riferimento;

  • dall'incontro tra domanda e offerta.

Si è visto che, seppur nella loro diversità, le diverse opinioni esistenti sul tema “data di riferimento della stima” sono orientate a ritenere che la valorizzazione del bene gravato dalla garanzia non possa essere effettuata con riferimento ad una “data attuale”, bensì ad una data proiettata e quanto più prossima al momento in cui, presumibilmente, i beni e i diritti verranno realizzati, e ciò sulla base del piano concordatario.

Se la “stima” è necessariamente condizionata dai tempi previsti per la liquidazione del bene (di norma i tempi tecnici necessari affinché, post omologa, si proceda alla realizzazione degli assets), ne consegue che, ad oggi, la

specifica natura del bene obbligherà

(in molti casi)

lo stimatore

a determinare il valore di mercato ad un momento che potrebbe forzatamente essere trascinato in avanti a causa di un mercato in crisi, dove la “domanda” non incontra “l'offerta”, al punto che taluni beni potrebbero risultare, nel breve, privi di valore in quanto non alienabili/realizzabili.

Pertanto, se la proposta concordataria non è strutturata su “proposte di acquisto irrevocabili e garantite” degli assets, ritenere realistiche domande di concordato che prospettano “velocemente” liquidabili assets rappresenta un'ipotesi priva di riscontro con la realtà.

E' il caso degli assets immobiliari che non vengono per nulla assorbiti da un mercato asfittico e sovraccaricato da un'offerta che non incontra la domanda per una molteplicità di fattori (da quello di carattere prettamente commerciale/industriale a quello legato ad una agguerrita politica fiscale sui beni immobili)

Questo scenario sta portando alla ribalta un (ulteriore) aspetto dello strumento introdotto dal Legislatore con il secondo comma dell'

art. 160 l. fall

. e cioè il “declassamento temporale” dei creditori preferenziali (

S.

Bonfatti, op. cit.

).

Tant'è che la relazione di stima giurata di cui al secondo comma dell'

art. 160 l. fall

. potrebbe rappresentare una costante delle domande di concordato preventivo di natura liquidatoria, al fine di evidenziare che il soddisfacimento non solo “economico” ma anche “temporale” riservato ai creditori prelatizi non è deteriore rispetto al trattamento loro assicurato in una esecuzione/liquidazione alternativa quale quella fallimentare (contra,

Trib. Padova, 4 dicembre 2013

)

.

Non solo.

Visto che il pagamento dei creditori privilegiati previsto per l'intero ammontare ma in via dilazionata configura un “soddisfacimento non integrale”, l'informativa ottenuta a mezzo della relazione di stima risulterebbe soddisfare anche quanto richiesto dalla lett. e) del comma 2 dell'

art. 161 l. fall

., che pone l'attenzione sugli aspetti legati alla tempistica del piano (

Trib. Vicenza, 6 luglio 2009

).

Se poi a tali creditori prelatizi:

  • vadano riconosciuti gli interessi compensativi, ovvero il diritto di voto, atteso che il soddisfacimento integrale – che si avrebbe in ipotesi di pagamento dilazionato - non corrisponderebbe al pagamento integrale previsto dall'

    art. 177,

    comma

    2, l. fall

    .,

  • e, comunque, collocati in una specifica classe, così come previsto per gli altri creditori prelatizi pagati parzialmente,

esistono diversità di vedute in giurisprudenza ed in dottrina (

L. De Simone, Formazione delle classi dei creditori e controllo giudiziale, disponibile su ilcaso.it

), già sommariamente esposte ed alle quali si rimanda.

Le ricadute della crisi sulla durata delle procedure concordatarie

Mi sia consentita un'ultima considerazione circa le ricadute della “crisi del mercato” nell'ambito delle procedure concordatarie.

Vi è stata una

stringente necessità di contenere i tempi delle procedure concorsuali:

l

e riforme in materia fallimentare degli ultimi anni contengono, infatti, tra gli altri, interventi normativi diretti a ridurre la durata delle procedure.

Il Decreto Sviluppo del 2012, ribadendo quanto già stabilito e contenuto nella

Legge Pinto

, ha

introdotto la lettera e) del comma 2 dell'

art.161 l. fall

., che richiede che la domanda concordataria contenga la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

Abbiamo visto che in un periodo congiunturale così negativo, a livello non solo nazionale ma anche mondiale, stanno affiorando tutte le difficoltà legate alla liquidazione degli assets aziendali che, giocoforza, influenzano i piani e le conseguenti proposte di concordato e comportano una dilatazione, di fatto, dei tempi di esecuzione.

Tralasciando se “l'aspetto temporale” della proposta concordataria comporti una forma di controllo giudiziale (

veda

Trib. Modena, 13 giugno 2013

, in IlFallimentarista, con nota di M. A. Russo

) o possa invece ritenersi un mero profilo di convenienza da rimettere alla competenza e alla valutazione dei creditori, nella pratica ci si trova di fronte molte volte a proposte di concordato che prevedono “tempi di realizzazione” non “ragionevolmente contenuti” (

Ca

s

s. n. 1521/2013

, e

Trib. Terni, 17 gennaio 2104

, Trib

Padova, 4 dicembre 2013

).

Non dobbiamo, per di più, sottovalutare la necessità di dare ai creditori una corretta ed effettiva rappresentazione del quantum

che viene loro proposto con la domanda di concordato.

Più precisamente, se i tempi di adempimento della proposta concordataria risultano particolarmente dilatati, le dilazioni di pagamento che ne derivano e che impattano sul soddisfacimento del ceto creditorio, devono essere non solo evidenziate nella domanda ma, altresì, rese comprensibili. Ciò può avvenire attraverso un semplice calcolo matematico di “attualizzazione” dei pagamenti prospettati ai creditori che (seppur effettuato con “tassi” molto limitati) talvolta

può evidenziare riduzioni considerevoli delle percentuali di pagamento prospettate ai creditori.

Tale “aspetto” dovrebbe essere opportunamente rilevato nella domanda di concordato, o nella relazione

ex

art. 172 l. fall

. del Commissario Giudiziale, affinché i creditori possano esprimere un consenso informato sulla proposta concordataria (

Trib. Siracusa, 15 novembre 2013

).

Conclusioni

L'attuale recessione economica e le precarie condizioni del “mercato”, in particolar modo di quello immobiliare, condizionano i tempi di esecuzione dei piani di concordato preventivo al punto che,

ipotizzare il pagamento integrale ed immediato dei creditori privilegiati, non rappresenta una visione concretamente realistica. Tale situazione, peraltro, non sembra avere prospettive diverse nell'ambito di soluzioni

alternative, liquidazione fallimentare compresa.

Il pagamento dilazionato dei creditori prelatizi è ormai una costante delle procedure concordatarie e se, come per chi scrive, ciò comporta un “soddisfacimento non integrale”, ne dev'essere data una completa informativa a favore del ceto creditorio, a

maggior ragione se la dilazione di pagamento dei creditori prelatizi indicata nella proposta concordataria risulta “in linea” con quella dell'alternativa

fallimentare e, pertanto, la scelta dell'una (concordato) o dell'altra soluzione (fallimento) risulta indifferente per i creditori.

A parere di scrive, il disposto di cui al secondo comma dell'

art. 160 l. fall

. consente il declassamento dei creditori prelatizi sia in termini economici che temporali, ed è lo strumento (unico) previsto dal Legislatore

per rendere, altresì, “trasparente” ai creditori la proposta concordataria.

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