Il pagamento di una fattura non costituisce subentro nel contratto di somministrazione da parte del commissario straordinario

Alessandro Lendvai
02 Ottobre 2012

In tema di amministrazione straordinaria, il subentro del commissario straordinario in un contratto di somministrazione pendente comporta il rigetto nel merito dell'eventuale azione revocatoria dei pagamenti delle forniture pregresse proposta ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall. e non l'inammissibilità della domanda.
Massima

In tema di amministrazione straordinaria, il subentro del commissario straordinario in un contratto di somministrazione pendente comporta il rigetto nel merito dell'eventuale azione revocatoria dei pagamenti delle forniture pregresse proposta ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall. e non l'inammissibilità della domanda.

In tema di amministrazione straordinaria, in caso di prosecuzione del contratto di somministrazione in corso al momento della dichiarazione d'insolvenza, il semplice fatto materiale del pagamento di una fattura, riferibile ad una fornitura precedente, non essendo equiparabile ad una espressa dichiarazione di subentro ai sensi dell'art. 50, comma 2, del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270, non pregiudica la facoltà per il commissario straordinario di sciogliersi dal relativo contratto.

Il caso

Il commissario di alcune società in amministrazione straordinaria agisce per la revoca, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall. (vecchio testo), dei pagamenti effettuati, nell'anno precedente l'apertura delle procedure, dalle società in bonis a titolo di corrispettivo per forniture ricevute. La convenuta si difende sostenendo l'inammissibilità dell'azione revocatoria fallimentare, in conseguenza del subentro del commissario nel contratto di somministrazione in corso. Il Tribunale, premesso che la questione attiene al merito dell'azione e non alla sua ammissibilità, ritiene che il contratto di somministrazione non sia stato prorogato per subentro del commissario, alla luce del disposto dell'art. 50, comma 2, del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270 e dell'interpretazione autentica di detta norma fornita dall'art. 1-bis del d.l. 28 agosto 2008 n. 134, convertito, con modificazioni, nella l. 27 ottobre 2008 n. 166.

Ritenuti astrattamente revocabili i pagamenti effettuati nel periodo sospetto, il Tribunale ha però rigettato la domanda per difetto del requisito della scientia decoctionis.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La questione principale affrontata nella sentenza in commento è quella relativa all'incidenza della prosecuzione del contratto di somministrazione, in corso al momento della dichiarazione d'insolvenza, sull'azione revocatoria dei pagamenti effettuati nel c.d. periodo sospetto. Ove il Tribunale avesse ritenuto che il commissario fosse subentrato nel contratto, infatti, ne sarebbe conseguito il rigetto della domanda, analogamente a quanto deciso dalla giurisprudenza nell'applicazione degli artt. 72, comma 2, e 74 l. fall. (nel testo originale). In tale ambito il subentro del curatore nei contratti ad esecuzione continuata o periodica determina, oltre all'obbligo del pagamento delle prestazioni ante fallimento, anche un'automatica ratifica dei pagamenti effettuati nel medesimo periodo, con esclusione, quindi, della loro revocabilità (App. Milano, 8 ottobre 1985, in Rass. giur. Enel, 1986, 1055; Trib. Milano, 8 giugno 1981, in Dir. fall., 1982, II, 82).
La sentenza si è anche brevemente soffermata sulla questione se l'eventuale subentro del commissario nel contratto di somministrazione pendente determini l'inammissibilità della domanda o, invece, il suo rigetto nel merito, sposando questa seconda soluzione. Ad avviso del Tribunale, infatti, l'eccezione della convenuta, implicitamente basata sull'assunto che la revoca dei pagamenti sarebbe inutiliter data, in considerazione dell'obbligo per il commissario di pagare integralmente le consegne già avvenute (trattandosi di credito prededucibile, come confermato da ultimo da Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 2012, n. 4303), non riguarderebbe la sussistenza delle condizioni dell'azione, ma la fondatezza della domanda.
In tal modo la decisione sembra aderire alla c.d. teoria indennitaria, secondo la quale la revocatoria fallimentare presuppone un danno per la massa dei creditori, consistente nella lesione della par condicio. Dopo un lungo dibattito, le sezioni unite della Cassazione hanno però aderito alla c.d. teoria anti-indennitaria, secondo la quale la revocatoria potrebbe colpire anche atti in sé e per sé non dannosi (Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7028). Si può non dimeno affermare che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, nei casi in cui l'azione revocatoria tenda alla restituzione al fallimento di una somma comunque da corrispondere in sede di distribuzione dell'attivo al medesimo creditore che aveva beneficiato di tale somma, il curatore è privo dell'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c., con conseguente inammissibilità della domanda (Cass. civ., Sez. I, 28 aprile 2004, n. 8096; principio già affermato da Trib. Bologna 3 marzo 1999, in Gius, 1999, 2721).
Con riferimento alle modalità di prosecuzione del contratto, si deve ricordare che l'art. 50, comma 2, del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270 detta, in tema di amministrazione straordinaria, una disciplina diversa da quella fissata dall'art. 74 l. fall..
In caso di fallimento, infatti, il contratto rimane sospeso fino a quando il curatore non dichiari di sciogliersi dallo stesso o di subentrarvi. In caso di amministrazione straordinaria, invece, in considerazione del fatto che “il mantenimento della operatività aziendale costituisce uno dei mezzi di conseguimento della funzione tipica” (così, Cass. civ., Sez. I, 27 maggio 1989, n. 2572), il contratto continua ad avere esecuzione fino a quando il commissario non eserciti la facoltà di scioglimento, che resta impregiudicata dall'esecuzione o dalla richiesta di esecuzione del contratto e viene meno soltanto in caso di espressa dichiarazione di subentro del commissario straordinario.
Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto che il pagamento da parte del commissario di forniture effettuate prima dell'apertura della procedura concorsuale non costituisca equipollente della dichiarazione di subentro che, anche alla luce dell'interpretazione autentica fornita dal legislatore, deve essere espressa. Pertanto, non si sarebbe verificato il subentro nel contratto.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza evidenzia un'importante differenza tra la disciplina del fallimento e quella dell'amministrazione straordinaria in tema di contratti pendenti al momento di apertura della procedura.
In caso di fallimento, infatti, ad avviso della giurisprudenza di legittimità non sussiste alcuna ragione ostativa ad ammettere che la facoltà di subentro o, all'opposto, di scioglimento del contratto da parte del curatore possa essere anche tacita, per effetto di comportamenti concludenti, incompatibili con la facoltà alternativa. Infatti, non si è in presenza di un negozio formale e quindi non ha rilevanza la circostanza che l'art. 72, comma 2, l. fall. (attualmente art. 72, comma 1) faccia riferimento alla dichiarazione del curatore di subentrare nel contratto o di sciogliersi dal medesimo, trattandosi della descrizione della condotta legale tipica, nella sua forma ordinaria, ma non tassativa (Cass. civ., Sez. I, 9 luglio 2008, n. 18834; Cass. civ., Sez. II, 16 maggio 1997, n. 4331; Cass. civ., Sez. I, 14 maggio 1996, n. 4483).
In caso di amministrazione straordinaria, invece, è stato lo stesso legislatore a fornire l'interpretazione autentica dell'art. 50, comma 2, del d.lgs. 8 luglio 1999 n. 270, precisando che la dichiarazione di subentro deve essere espressa.