Concordato preventivo in continuità: è valido il voto espresso prima dell'adunanza dei creditori?

23 Luglio 2014

La possibilità di esprimere il voto prima dell'adunanza dei creditori è una prassi accettata ed ampiamente utilizzata in sede di concordato preventivo. L'Autore spiega le ragioni per cui, a suo parere, un simile modus operandi contrasti con le ragioni che hanno condotto il legislatore ad introdurre il concordato con continuità aziendale. Lo sviluppo dell'analisi compiuta su tale tema affronta le motivazioni storiche che richiedono una procedura concorsuale di natura non liquidatoria, richiamando anche profili di diritto comparato così da offrire un panorama completo sulla questione.
Voto espresso prima dell'adunanza dei creditori: un problema sottovalutato?

Il verbale di verifica dei voti espressi avanti il Giudice Delegato del Tribunale di Ancona per il concordato della società XXX, offre lo spunto per alcune riflessioni sull' ammissibilità del voto espresso prima dell' adunanza dei creditori nel corso di una procedura di concordato preventivo in continuità.

L'eccezione a verbale contesta la validità del voto contrario alla proposta concordataria inviato da un istituto di credito al Commissario prima dell'adunanza dei creditori. L'eccezione si pone in contrapposizione ad un modus operandi ancora molto diffuso, suggerito dall' idea che nella procedura di concordato preventivo il creditore possa legittimamente votare prima, durante e dopo l' adunanza dei creditori.

Anteriormente all'intervento legislativo del 2007

, il voto espresso per corrispondenza in un momento anteriore all' adunanza dei creditori veniva ritenuto valido scegliendo una lettura estensiva dell'

art

174 l

. fall

. Si notava inoltre la mancanza di un obbligo per i creditori di essere presenti all' adunanza (

Galgano, Note sull' organizzazione collegiale dei creditori concorsuali , in Riv. Dir. Civ., 1959, II, 254 (nota a Trib. Catania 25-2-1956). Cfr. anche G. Rago, Il concordato preventivo dalla domanda all' omologazione, Padova, 1998, 428

).

Sempre sul testo ante 2007, si è proposto sia di computare i voti espressi prima dell' adunanza limitatamente al calcolo della maggioranza numerica, sia di computarli solamente per la maggioranza economica (

N.Perrotta , Riesame delle maggioranze nel concordato preventivo, in Giur. merito, 1987, 106

).

La dottrina contraria alla validità del voto espresso prima dell'adunanza, poneva l'accento sulla natura del procedimento quale “sede di allestimento delle condizioni legali di produzione del consenso informato che necessariamente esige la lettura della relazione del commissario giudiziale e, si può aggiungere, della presa d'atto delle “proposte definitive del debitore“ (

art.

175 l

. fall

.)” (

M.Ferro , Il nuovo concordato preventivo : la privatizzazione delle procedure riorganizzative nelle prime esperienze, in Giur.merito, 2006, 3, 781

) .

Le modifiche del 2007 non sono state tali da sollecitare approfondimenti sul tema e – pur in mancanza di dati sicuri – risulta che la pratica, probabilmente maggioritaria, abbia continuato a considerare validi i voti (positivi e negativi) pervenuti prima dell'adunanza. Impostazione confermata anche dopo il 2012.

Il recepimento del concordato in continuità nel sistema italiano dei rimedi alternativi al fallimento e la contestuale modifica dell'

art. 178, comma

4, l

.

fall

.

suggeriscono di riconsiderare la questione.

Preliminarmente va precisato che concordato in continuità e concordato liquidatorio sono istituti molto differenti e sarebbe stato opportuno disciplinare il nuovo istituto con una maggiore autonomia.

La scelta di scrivere le nuove norme quasi a completamento del sistema già in essere, è il frutto forse dalla poca dimestichezza con il nuovo istituto o dall' aver legiferato – come ormai drammaticamente usuale - in affannata concitazione più che in urgenza, con gli ormai usuali interventi di modifica altrettanto concitati ed urgenti

. I

l preoccupante contesto congiunturale e politico che ha visto la nascita del concordato in continuità nel nostro sistema ha certamente contribuito ad ostacolare l'elaborazione di un impianto normativo più articolato e convinto.

Crisi economica e concordato in continuità, un binomio già conosciuto

Ma è anche vero che l' aver adottato il concordato in continuità in un periodo di profonda crisi recessiva non rappresenta certo un' anomalia italiana. Tutt'altro.

In una fase di depressione ogni legislatore appena sensato è più disponibile ad offrire alle imprese in difficoltà alternative diverse dalla liquidazione. Il vantaggio sociale delle procedure “in continuità” si apprezza particolarmente nei periodi di recessione, quando salvare una struttura produttiva che abbia il potenziale di creare ricchezza significa anche salvare posti di lavoro che non possono esser sostituiti con altri.

ll “concordato in continuità“ è stato per la prima volta disciplinato in America durante la grande recessione del 1929 (cfr. per un quadro sinottico ed efficace: Remarks by Governor Ben S. Bernanke At the H. Parker Willis Lecture in Economic Policy, Washington and Lee University, Lexington, Virginia March 2, 2004). Appena prima che il nuovo Chapter XI venisse inserito nella legislazione fallimentare, i commentatori notavano che :“The early days of the depression found the state legislatures hard pressed to meet the demands of debtors for relief” (Levi and Moore, “Bankruptcy and Reorganisation : a Survey of Changes II “, in U.of Chi. L.Rev., 1938, 236). Il legislatore e gli interpreti del tempo erano consci che proprio le norme del Chapter XI in tema di “reorganisation “, rappresentavano una delle novità più interessanti di tutto lo sforzo legislativo volto a rendere la legge fallimentare più adatta ad un contesto macroeconomico segnato da una gravissima recessione .

Anche le problematiche sollevate dalla possibilità di abuso del nuovo istituto (G. Rossi, Il fallimento nel diritto americano, Padova, 1956, 162; U. Santarelli , Per la Storia del Fallimento nelle legislazioni italiane dell'età intermedia, Padova, 1964, 288)

furono immediatamente evidenti:

I

n very large cases, it is impracticable to prepare and file with the petition, as required by Chapter XI, a plan of arrangement, together with schedules, and a statement of affairs. But to repeal these requirements, would undoubtedly result in the use of Chapter XI for purposes of delay as was so frequently the case under Section 77B

”.

I legislatori nei vari paesi che hanno adottato il modello americano di concordato in continuità, sollecitati anche da studi economici e statistici relativi a vari aspetti della crisi aziendale (efficienza delle procedure liquidatorie, difficoltà di ricostituire le unità produttive, costi sociali della liquidazione delle strutture produttive), hanno preso atto che in alcuni casi il mantenimento dell' azienda attiva permette una soddisfazione migliore dei vecchi creditori e rappresenta un vantaggio sociale (

U. Santarelli , Per la Storia del Fallimento nelle legislazioni italiane dell' età intermedia, Padova, 1964. Per un opera in italiano con notizie storiche sugli sviluppi della disciplina americana v.

G. Rossi , Il fallimento nel diritto americano , Padova, 1956, 162 ss

).

Si tratta di una prospettiva che non cesserà mai di essere controversa, ma dove i dati ci sono e sono studiati il quadro che ne emerge è nel complesso favorevole al mantenimento e potenziamento dell' istituto.

In the pantheon of extraordinary laws that have shaped the American economy and then echoed throughout the world, Chapter 11 of the U.S. Bankruptcy Code deserves a prominent place. Based on the idea that a failing business can be reshaped into a successful operation , (omissis) , Chapter 11 has heavily influenced commercial law reform throughout the world” (

E. Warren, J.L. Westbrook, The success of Chapter 11: a challenge to the critics ,2009, in Michigan Law Review, vol. 107, n. 4

).

In buona sostanza la procedura del concordato in continuità verifica la possibilità di raccogliere l' assenso dei creditori sull' opzione di mantenere attiva un' impresa in deroga alle norme che impongono l'adempimento delle obbligazioni. Opzione che viene costruita dal debitore e proposta ai creditori su valutazioni di natura essenzialmente prognostica.

Alcuni spunti di diritto comparato

Nel caso che ha occupato il Tribunale di Ancona alcuni creditori – tra i quali un istituto di credito – hanno espresso il voto negativo per lettera o p.e.c. , ancor prima del deposito della relazione commissariale e – dato piuttosto sconcertante – su di una proposta che non è stata poi votata, ma modificata.

La manifestazione di dissenso su di una proposta non ancora formulata costituisce un evidente errore del creditore sul quale non vale la pena diffondersi; è invece interessante poter constatare che deve essere considerato invalido anche il voto in dissenso espresso successivamente alla comunicazione della proposta ed al deposito e comunicazione della relazione del commissario\i giudiziale, così come ogni manifestazione di voto anteriore all' inizio delle operazioni di voto in adunanza. Questa conclusione è sostenuta da non pochi argomenti.

Preliminarmente possono risultare utili alcune annotazioni di diritto comparato sul concordato in continuità (Insolvenzplan) in Germania, centro propulsivo e modello socio-economico invidiato e criticato di tutto il sistema Europa.

La disciplina del “concordato con continuità“ tedesco si trova nella

legge fallimentare

(Insolvenzordnung) al

Sechster Teil, Insolvenzplan,

dal

§ 217 al § 269 (

Insolvenzordnung vom 5. Oktober 1994, BGBl. I S. 2866

).

L' Insolvenzplan - come il concordato in continuità – ha la funzione di garantire la prosecuzione aziendale quando questa scelta favorisca gli interessi degli stakeholders. Tra la disciplina italiana e quella tedesca vi è coincidenza per molti aspetti, il modello comune è sempre il Chapter 11 americano, ma non sembra vi sia un' influenza diretta dell' esperienza tedesca sulle scelte del legislatore italiano

Le norme di procedura dell' InsO, anche quelle volte a garantire una votazione informata, sono formulate in maniera più articolata rispetto a quelle della

l. fall

.

Rispetto al tema che ci occupa, l' indicazione che l' interprete della norma italiana può cogliere dalla comparazione è piuttosto univoca : nel sistema dell' Insolvenzplan non esiste la possibilità di un voto “fuori dalla procedura”.

L' adunanza nel corso della quale il piano deve essere discusso (erörtert) e votato (abgestimmt) viene fissata dal Tribunale. Il § 235 dell'InsO pone particolare attenzione nel distinguere e disciplinare lo svolgersi della discussione (Erörterung) e del voto (Abstimmung) .

La valorizzazione della fase di discussione propedeutica al voto e la considerazione del dato emergente dalla pratica, per cui l' obbligo di presenza all' adunanza può rappresentare una difficoltà per i creditori, ha portato il legislatore tedesco a prevedere un sistema di votazione alternativo, costruito sulla distinzione tra un “udienza di discussione “ e una di “votazione”.

Solo quando il Tribunale decida di dividere la discussione dal voto indicando due diverse udienze (che devono tenersi a non più di un mese l' una dall' altra) è possibile per i creditori votare prima dell' udienza per la decisione sul piano. Al creditore viene inviato dal Tribunale competente un modulo di voto (Stimmzettel) che deve essere poi rispedito compilato con il voto. Il voto è valido e viene conteggiato solo se ricevuto dal Tribunale prima dell' adunanza. La normativa tedesca non lascia spazio a interpretazioni estensive sul dove e quando esprimere il voto e la – scarsa – giurisprudenza sul tema privilegia una lettura assolutamente letterale e restrittiva. Il legislatore germanico regola espressamente e dettagliatamente la procedura che ammette la valutazione solo documentale della proposta e l' espressione del voto prima dell' adunanza. Il dato comparato tratto dal sistema tedesco è indicativo nel senso della non ammissibilità di procedure di voto alternative a quelle indicate dagli artt. 177 e 178 l. fall. e lasciate all' iniziativa dei singoli creditori .

La ratio della continuità aziendale e la necessità di un voto “consapevole”

E' pur vero che il singolo creditore, una volta ricevuta la proposta e letta la relazione commissariale, potrebbe non aver necessità di partecipare alla discussione in adunanza, per decidere se rifiutare l' assenso. Ma anche il socio di una società di capitali può non avere necessità di partecipare all' assemblea per decidere se rifiutare la proposta, ad es., di un aumento di capitale, eppure non vi è chi dubiti del fatto che – in mancanza di una disciplina specifica - il voto inviato prima dell' assemblea dovrebbe considerarsi tamquam non esset.

Non si può inoltre dimenticare il fortissimo riferimento all' aspetto macroeconomico che caratterizza la genesi della normativa volta a regolare il concordato in continuità e che impone, nel momento dell' interpretazione, di dare particolare valore all' analisi economica delle norme:

economic analysis of procedure, it is merely a specific instance of 'single value instrumentalism'.

That is, the underlying concept is to design legal procedures as a means to maximize a single value or end. The economic approach seeks to maximize wealth or economic efficiency. Like any other instrument, legal procedure is viewed as an expense incurred in achieving an end, so the aim is to minimize the expense. The costs of incorrect decisions are called error costs, and those of making the decisions direct costs. The short statement of the aim is to minimize the sum of error and direct costs. If 'EC' stands for error costs and 'DC' for direct costs, it can be written as follows: Minimize Sum (EC + DC) One does not aim to minimize either cost alone but the sum of the two. If one tried to minimize only direct costs, error costs might become exorbitant. Similarly, at some point the increase in direct costs to achieve accuracy is greater than the savings in reduced error costs

(

M. BAYLES :

Principles for Legal Procedure

in Law and Philosophy, Vol. 5, No. 1 (Apr., 1986), 41

).

Ammettere il voto del creditore prima dell' adunanza e perciò senza che il commissario possa avere illustrato la relazione e senza la possibilità di una discussione non può che contribuire ad aumentare la probabilità di un “error cost” , non solo notevolmente significativo, ma che incide direttamente sulla funzione che il concordato in continuità è chiamato a svolgere.

Risulta sicuramente illegittimo anche ai sensi dell' art. 12 delle disposizione sulla legge in generale introdurre in un meccanismo giuridico costruito essenzialmente su un'incerta prognosi di un business, un margine di errore ulteriore senza che a giustificare l' interpretazione - “creativa” più che estensiva - vi sia un minimo di appiglio testuale, un qualche interesse giuridicamente apprezzabile da tutelare, e la lettura estensiva\creativa vada pure in senso contrario all' intenzione del legislatore.

La procedura del concordato in continuità è peraltro affine alle procedure volte ad attribuire (o negare) uno status, e nelle “procedure per istituire uno status” si deve rimanere nell' ambito della stretta interpretazione (ubi lex voluit dixit; ubi noluit, tacuit); inoltre “non è dato di dubitare che riserva di legge, contraddittorio tra le parti“ (

. Giordano, Giusto Processo fallimentare e garantismo processuale, in Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, 2013, n. 3-4, 260

), informino il nuovo procedimento del concordato in continuità attuato mediante il giusto processo regolato dalla legge.

Le regole procedurali dal concordato preventivo con continuità aziendale meritano un' interpretazione rigorosamente restrittiva anche in considerazione della indeterminatezza a priori di quali siano i singoli stakeholders tutelati nella specifica fattispecie. Tra le molte categorie di soggetti interessati, l'andamento della procedura è rilevante – ad es. - anche per i creditori posteriori all' ammissione del debitore alla procedura. Questi ultimi devono poter contare su

una procedura di stretta interpretazione per ciò che attiene l'accettazione o rigetto della proposta di concordato. Essi hanno dato credito all' impresa in continuità, non solo e non tanto perché tutelati dalla prededuzione, ma in primo luogo perché hanno fatto affidamento sulla continuità aziendale e perciò sull' approvazione del piano e sull' omologazione dello stesso. Il loro affidamento è costruito anche sulle norme di procedura, ed in particolare sul presupposto che nel votare la proposta i creditori si comportino in buona fede e con correttezza, e perciò votino solo dopo essersi giovati di tutto l' apparato di informazione e valutazione approntato dal legislatore .

Del resto - in conformità con le conclusioni di una valutazione sistematica - anche il dato testuale delle norme che regolano il voto dei creditori nel concordato in continuità, non suggerisce spazio alcunoper un voto dei creditori espresso anteriormente all' adunanza.

Il testo dell'

art.

178 l

. fall

. è esplicito nel prevedere che “i creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire il proprio dissenso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale“: il riferimento è all' esercizio del voto in adunanza, senza alcun accenno ad un voto anteriore all' adunanza stessa (

G. Tarello, L' interpretazione della legge, Milano, 1980, 346 ss.

).

Per i venti giorni successivi alla chiusura del verbale

sono inoltre espressamente e dettagliatamente disciplinate le forme per esercitare il voto in dissenso da parte dei creditori assenti all' adunanza. Nella norma non si ritrova alcun elemento letterale a giustificazione di un ampliamento del potere di esprimere il voto in dissenso in un periodo di tempo diverso dai venti giorni successivi alla chiusura del verbale; la precisa indicazione dei mezzi tecnici attraverso i quali esercitare, fuori dall'adunanza, il voto in dissenso alla proposta concordataria e la necessità che il voto debba essere annotato dal cancelliere “in calce“ al verbale, portano a ritenere che il legislatore abbia inteso dare una disciplina completa dell' esercizio del voto dei creditori, il che – ancora una volta - impone di privilegiare l' interpretazione restrittiva.

Ulteriori considerazioni ostacolano una lettura estensiva delle norme che disciplinano il voto del creditore nel Capo IV della

l.

fall

.

Ed ancora. In una procedura costruita sull' accettazione da parte del ceto creditorio dal rischio imprenditoriale e di una valutazione prognostica (

Cass

.

civ

.

,

Sez. Un.,

23 gennaio 2013, n.

1521

; conforme

Cass. civ., sez. I, 6 novembre 2013 n. 24970

) impliciti nella prosecuzione aziendale, l' interpretazione estensiva non è ammissibile quando possa incidere negativamente proprio sulla percezione del rischio e sulla valutazione prognostica delle possibilità della attività imprenditoriale di svilupparsi positivamente. Il voto sulla proposta di concordato in continuità viene espresso in forza di valutazioni che sono anche imprenditoriali, si pensi ai creditori strategici, e di natura più ampiamente sociale, almeno così dovrebbe essere per gli Enti di natura pubblica . Le valutazioni che i creditori fanno maturano anche in dipendenza di un atteggiamento psicologico verso le possibilità di successo della proposta stessa. Per quanto si possa far riferimento a relazioni, tabelle, proiezioni, schemi etc. , “prognosticare“ i risultati di un' attività aziendale è operazione con ampi margini di incertezza. L' operazione prognostica è delicata, facilmente influenzabile da un voto negativo già acquisito all'apertura dell'adunanza e delle “operazioni di voto”. La discussione in adunanza completa l'apparato della proposta contenuta nel piano e la decisione di voto del creditore nasce da una – anche fino all' ultimo - incerta valutazione solo in parte di natura giuridica\economica.

E' evidente che ogni voto può o non può, a seconda delle situazioni, influenzare gli altri votanti e questo aspetto appartiene ad un piano diverso da quello della validità, ma nella procedura di concordato il voto anteriore all' adunanza non è contemplato dalle norme e può essere introdotto nel sistema solo se si amplia il dato testuale.

E non è proprio possibile applicare l' interpretazione estensiva per far entrare in una qualsiasi procedura un elemento non previsto ( il voto negativo espresso prima dell' adunanza ) che abbia la potenzialità di danneggiare interessi (in sintesi: la prosecuzione aziendale) sicuramente considerati meritevoli di tutela da parte del legislatore e che sono proprio gli interessi che la procedura ha la funzione economico-sociale di promuovere. Tra l'altro nella procedura di concordato in continuità, per sostenere la validità del voto prima dell' adunanza non vi è neppure il conforto di quello che è il presupposto essenziale per una lettura estensiva della norme e cioè l' opportunità di “coprire casi analoghi a quello cui la portata apparente della legge si riferisce, sulla base di ragioni equitative” (

G. TARELLO, op.cit., 35

).

Conclusioni: l'inaccettabilità del voto “esplorativo”

La validità del voto espresso dal creditore prima dell' adunanza porterebbe poi a ritenere che il legislatore abbia mancato di coerenza e razionalità nel formulare le norme.

Si pensi – come ipotesi forse più di scuola che frequente nella realtà - al voto di un creditore da solo in grado di determinare il risultato della votazione . Se tale voto potesse validamente essere espresso prima dell' adunanza, tutta la successiva attività di illustrazione della relazione, eventuale discussione, votazione, non avrebbe alcuna funzione, riducendosi ad un semplice ritardo nella conclusione della procedura. Le stesse conclusioni varrebbero per l' ipotesi normale della maggioranza detenuta da una pluralità di creditori: quando la maggioranza dei creditori votasse prima dell'adunanza rifiutando la proposta del debitore, le fasi successive della procedura sarebbero inutili .

Risulta difficilmente (per niente) conciliabile con un minimo di razionalità nella stesura normativa, ritenere che il percorso procedurale previsto dal capo IV della l. fall. possa essere “residuale”, applicabile cioè solo nell' ipotesi in cui le maggioranze contrarie o favorevoli alla proposta non si formino attraverso comunicazioni anteriori all' adunanza. Solo un legislatore molto bizzarro potrebbe non solo non regolare, ma anche non fare alcuna menzione di un intero percorso procedurale che fosse alternativo a quello espressamente regolato.

Piuttosto decisivo nel senso di escludere la possibilità di un voto prima dell' adunanza si dimostra anche il secondo comma dell'

art.

175 l

. fall

.

Solo con “l'inizio delle operazioni di voto“ il debitore perde il diritto a modificare la proposta concordataria. Difficile sostenere che il voto espresso fuori adunanza non sia parte delle “operazioni di voto”. A che fase della procedura dovrebbe altrimenti appartenere “il voto” espresso prima dell' adunanza? Il dato letterale ha il suo peso e l'

art. 175

l. fall

. parla di “operazioni di voto”, non di conteggio dei voti , calcolo delle maggioranze o altra espressione meno perspicua di – appunto - “operazioni di voto”.

Il votare appartiene, come pare difficile da contestare, alle operazioni di voto ed il debitore può modificare la proposta solo anteriormente all' inizio delle operazioni di voto. Ammettere la possibilità di un voto prima dell'adunanza porterebbe necessariamente a concludere che il momento dal quale il debitore non può più modificare la proposta di piano si determina a discrezione di un qualsiasi creditore nel corso delle singole procedure. Il che, ad absurdum (

cfr. G. Tarello, op. cit., 369

), offre un ulteriore – forte – argomento contro la validità del voto espresso prima dell' adunanza.

Proprio alla luce dell'

art. 175, comma

2, l

. fall

. vanno anche considerate le conseguenze che la validità del voto prima dell' adunanza potrebbero avere sull' andamento della procedura.

La funzione del secondo comma dell'

art.

175 l

. fall

. è evidente: impedire un “inseguimento” tra creditori e debitore che finirebbe per far deragliare tutto l'impianto in un affarismo inefficiente e dannoso per la massa dei creditori.

Se il legislatore avesse reso modificabile la proposta di concordato votata negativamente dai creditori prima dell' adunanza le proposte finirebbero per essere tutte esplorative, dalla procedura non si finirebbe mai per uscire, il gioco di interessi tra debitore e singoli creditori diverrebbe ingestibile. Il debitore formula la proposta, i creditori la respingono prima dell' adunanza, il debitore la modifica prima dell' inizio delle “operazioni di voto” . Si deve poi passare attraverso una nuova asseverazione, relazione, fissazione di data per l' adunanza. Dopo di che se prima dell' adunanza i voti contrari arrivati “fuori procedura” sconsigliano di andare al voto si ricomincia. E sino a quando l'esercizio dell' attività d'impresa non cessa o non risulta manifestamente dannoso per i creditori

non sarebbe lecito fermare il “rimpallo” (

D. G. Carlson, CLAIM & OPINION: An Exchange of Views: GAME THEORY AND BANKRUPTCY REORGANIZATIONS

in Emory University School of Law Emory Bankruptcy Developments Journal, 1992, 9 Bank. Dev. J. 219

).

Il legislatore ha invece voluto ed imposto che il debitore faccia una proposta definitiva e che su tale proposta si voti; la proposta del debitore quando viene messa ai voti è definitiva. Viene o accettata o respinta. Non è data la possibilità di un voto “esplorativo”. Una scelta, questa, di buon senso e l'unica percorribile anche da un punto di vista sistematico. Il debitore deve formulare la migliore proposta possibile e sottoporla ai creditori, non può essere messo nella posizione di poter “esplorare” la disponibilità dei creditori ad accettare proposte riduttive. Non è questa la sede per discutere della “fragilità” dell' argomento apagogico, o di quanto sia legato “alle fortune di alcune scuole moderne” (

G. TARELLO, op.cit., 369 ss.

) l' argomento teleologico, certo si pone in contrasto inconciliabile ed evidente contro il disposto del primo comma dell' art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale introdurre nel sistema del concordato preventivo in continuità - senza che vi sia il minimo appiglio testuale per giustificare una tal scelta - un meccanismo che avrebbe la potenzialità di portare ad una dilatazione esorbitante dei tempi necessari per arrivare all' omologa.

A sostegno dell' interpretazione qui preferita risulta anche utile ricordare la prospettiva di avvertiti studiosi d' oltreoceano per cui : “ principles and rules can be distinguished.

On the one hand, rules-apply in an all-or-nothing way; if they apply to a situation, they determine its evaluation. For example, a law requiring two witnesses to a will not in the handwriting of the testator is a rule. If a will has only one witness, it is invalid. In contrast, when principles apply, they do not necessarily determine an evaluation

” (

M. Bayles :

Principles for Legal Procedure

in Law and Philosophy, Vol. 5, No. 1 (Apr., 1986), 39

).

Q

uando – come nel caso dell'

art. 178 ult.co.,

l. fall

. – la formulazione letterale della rule è piuttosto precisa, per superare il dato testuale e sostenere che il creditore possa validamente esprimere il proprio dissenso prima dell' adunanza è necessario trovare un principle che prevalga; sarebbe perciò necessario individuare interessi tutelati dall' ordinamento in via di principio che vengano pregiudicati dal non poter esprimere il voto in un momento anteriore all' assemblea. Una ricerca che risulterebbe vana.

In conclusione: non esiste un interesse meritevole di tutela che giustifichi la forzatura del dato testuale, per inventare un diritto del creditore a votare prima dell' adunanza in una procedura di concordato preventivo con continuità aziendale.

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