Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: i finanziamenti interinali

Luigi Amerigo Bottai
27 Luglio 2015

Il c.d. “Decreto fallimenti”, implementando ancora una volta l'intervento sul versante finanziario delle imprese in crisi, ha mostrato chiaramente quale sia la voluntas legis (in linea con la ratio di fondo della riforma del diritto societario): attrarre nuovi finanziamenti, da chiunque provenienti e garantiti dalla prededuzione, al fine di scongiurare l'arresto dei cicli produttivi ed avviare i percorsi di ristrutturazione senza rischi di disgregazione delle aziende, a beneficio anzitutto dei ritorni per i creditori.
Il tema dei finanziamenti temporanei alle imprese in crisi e i requisiti di necessità e urgenza del D.L.

Commentare le disposizioni di un decreto-legge appena emanato, in particolare se connotato da eterogeneità (i.e. regolante materie diverse e apparentemente non collegate), è esercizio notoriamente rischioso, dal momento che nell'iter di conversione emendamenti, riformulazioni e articoli aggiuntivi possono modificare anche radicalmente il testo pubblicato in Gazzetta ufficiale.

Sul tema dei finanziamenti interinali, disciplinati dai primi tre commi dell'art. 182-quinquies l. fall., ora integrati dall'art. 1 del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria” (i primi pregevoli commenti organici apparsi sulla rete si devono a F. Lamanna, La Miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il Decreto “Contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, in ilFallimentarista.it; G. BOZZA, Brevi considerazioni su alcune norme della ultima riforma, pubblicato in fallimentiesocieta.it), il pericolo di stravolgimenti è stato tuttavia evitato, in quanto fra i numerosi emendamenti approvati definitivamente dalla Camera (atto n. 3201-A/R) non figura alcun mutamento dell'art. 1 rispetto al testo varato dal Governo.

L'unica precisazione attiene alla norma transitoria (art. 23), in cui viene specificato al comma 1 quanto si sarebbe ricavato con operazione interpretativa, ossia che le disposizioni di cui all'articolo 1 del D.L. “si applicano ai procedimenti di concordato preventivo introdotti anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

E ciò in virtù dei requisiti di necessità e urgenza che in siffatta materia senza dubbio ricorrono, a differenza di tante altre trattate nei successivi articoli. Come enunciato nelle premesse del Decreto-legge, infatti, sussiste l'esigenza di rafforzare le disposizioni sull'erogazione di provvista finanziaria alle imprese in crisi onde favorire esiti efficienti ai tentativi di ristrutturazione.

Ora le banche, che tanto hanno spinto sul Ministero dell'Economia per la rapida emanazione del Decreto (mentre è al lavoro la c.d. Commissione Rordorf, istituita nel gennaio 2015 dal Ministero della Giustizia per pervenire a un ddl-delega di riforma organica della legge fallimentare), non avranno più alibi per lesinare i finanziamenti richiesti dai debitori meritevoli in concordato.

Non occorre indugiare sull'importanza che l'accesso al credito riveste oggi per le imprese, specie per quelle in difficoltà finanziarie, nel contesto di una situazione economica oltremodo difficile per l'Italia, a causa di ben note arretratezze strutturali e culturali. Tanto da qualificare come vera emergenza il bisogno di finanziamenti per mantenere competitivi e, se possibile, rilanciare interi settori dell'attività economica e imprenditoriale. Certamente la costante sottocapitalizzazione di tante società e la scarsa spinta all'aggregazione fra aziende contribuiscono ad uno sviluppo ben inferiore a confronto di altri sistemi-paese; ma la legge deve regolare lo status quo e non può trascurare le esigenze appena accennate. Di qui la necessità che la norma di cui all'art. 1 del D.L. n. 83 entri in vigore immediatamente e si applichi anche alle procedure di concordato preventivo pendenti.

Il nuovo testo dell'art. 182-quinquies l. fall.: schema attuale della disciplina dei finanziamenti

Allo scopo di fornire al lettore un quadro completo del tema in esame è opportuno muovere dal testo normativo aggiornato, in cui è stato inserito un nuovo terzo comma; i primi quattro commi dell'art. 182-quinquies l.fall. risultano così modificati (in corsivo le parti introdotte dall'art. 1 del D.L. n. 83, in apertura del Capo I del provvedimento, intitolato “Facilitazione della finanza nella crisi”):

“I. Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161 comma 6, una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182 bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182 bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione di cui all'articolo 161, commi secondo e terzo, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, se un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, comma 3, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

II. L'autorizzazione di cui al primo comma può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative.

III. Il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, anche in assenza del piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato in via d'urgenza a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, o all'udienza di omologazione di cui all'articolo 182-bis, quarto comma, o alla scadenza del termine di cui all'articolo 182-bis, settimo comma. Il ricorso deve specificare la destinazione dei finanziamenti, che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti e che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda. Il tribunale, assunte sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, sentito il commissario giudiziale se nominato, e, se del caso, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto motivato, entro dieci giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione. La richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda.

IV. Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei medesimi finanziamenti.

V. (omissis)”.

Appartiene al notorio che dinanzi allo stato di crisi le imprese abbisognino di credito, talvolta di natura commerciale, più spesso di tipo finanziario, per completare il ciclo produttivo (acquistare materie prime o semilavorati, ordinare forniture essenziali ovvero accedere a servizi che consentano loro, dopo aver provveduto alle necessarie trasformazioni, di immettere sul mercato i propri prodotti o servizi) e conseguire quei ricavi che permettano di rimborsare i fattori della produzione e i creditori, nonché – in presenza di un margine di profitto - di mantenere in vita l'azienda.

Poiché il capitale di rischio, in situazioni critiche, non è disponibile e comunque la leva del debito può assicurare all'imprenditore ritorni assai maggiori - scaricandone i costi o le perdite sui creditori (L. Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia, Bologna, 2007, 20 ss.) -, le richieste di credito sono alquanto frequenti e possono rivolgersi, in mercati aperti e diversificati, a investitori specializzati (in NPL), ai c.d. venture capitalist o agli hedge (o vulture) funds; in sistemi arretrati o chiusi (come il nostro) le opzioni si riducono a due attori soltanto: alle banche e ai soci (o a qualche fornitore interessato).

Se circa il 90% dei concordati è di tipo liquidatorio va da sé che riuscire ad ottenere un finanziamento bancario risulterà arduo, stanti le difficoltà di rimborso di capitale e interessi (salve ovviamente le peculiarità dei casi contingenti); per il restante 10%, tuttavia, pur essendo in continuità aziendale, rimane parimenti disagevole già il semplice approccio agli istituti di credito (ad es. individuare l'ufficio competente tra i molteplici settori e articolazioni in cui sono suddivisi e tra i quali devono essere trasmesse le istruttorie) e comunque tutta da dimostrare resta la bontà del piano da finanziare. Quando però il business fosse profittevole (almeno in prospettiva) i tempi di valutazione e decisione delle banche, uniti a quelli dei tribunali, raramente si rivelano compatibili con l'urgenza del caso concreto.

Ecco perché nel 2010, dopo anni di dibattiti dottrinari e lacune normative, è apparsa nell'ordinamento italiano la prima specifica disciplina dedicata ai finanziamenti all'impresa in crisi, con l'introduzione nella legge fallimentare dell'art. 182-quater (ad opera del D.L. n. 78/2010) che ha dettato una serie di regole opportunamente incentivanti (ricognitive della prededuzione), benché insufficienti e complicate dal punto di vista operativo, tanto da rendere indispensabile l'intervento correttivo del D.L. n. 83/2012 (conv. in L. n. 134/2012) con il nuovo art. 182-quinquies l.fall. e l'integrazione esonerativa dell'ultimo periodo dell'art. 217-bis l.fall. (Cfr., fra i tanti, L. Stanghellini, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fall. 2010, 1351; S. Ambrosini, Ifinanziamenti bancari alle imprese in crisi nei nuovi articoli 182-quater e 182-quinquies, l. fall., in ilFallimentarista.it). Dopo l'abrogazione della norma interpretativa – in senso restrittivo - dell'art. 111 cpv. l. fall. ad opera del D.L. n. 91/2014 (conv. in L. n. 116/2014) si è arrivati a licenziare la norma in commento, che suggella la nozione di “finanza interinale” e conferisce definitiva certezza ex ante ai finanziatori circa la sorte del loro credito soprattutto se connotato dall'urgenza.

Allo stato attuale del percorso riformatore si possono allora individuare ben seitipologie di finanziamentida chiunque effettuati ad imprese in crisi, in base al differente periodo di erogazione (trattandosi perlopiù di contratti reali: art. 1813 c.c.), tutti rimborsabili in prededuzione nella stessa o nella conseguente procedura, alle condizioni stabilite da ciascuna fattispecie regolatrice:

1) i finanziamenti in qualsiasi forma concessi (i.e. deliberati ed erogati) “inesecuzione” di un accordo di ristrutturazione o di un concordato preventivo omologati (per la fase attuativa del piano o dell'accordo, disciplinati dall'art. 182-quater, 1° comma, l.fall.), allorché tornano ad applicarsi le norme in tema di riduzione del capitale sociale per perdite;

2) i finanziamenti erogati (e non solo deliberati) in momenti anteriori alla pubblicazione a) della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo (non “in bianco”) o b) degli accordi di ristrutturazione dei debiti da omologare, e come tali qualificabili “infunzione” dell'accesso allo strumento prescelto, purché siano previsti, rispettivamente, nel piano concordatario o nell'accordo ex art. 182-bis e il tribunale ne disponga il rimborso in prededuzione con il decreto di ammissione ex art. 163 o con quello di omologa degli accordi (art. 182-quater, 2° comma; in virtù del 4° comma del medesimo articolo i creditori finanziatori sono esclusi dal voto nel c.p. e dal computo delle maggioranze);

3) i finanziamenti effettuati dai soci sia in funzione che in esecuzione degli strumenti di cui sopra, con applicazione dei primi due commi dell'art. 182-quater e prededucibilità assicurata nei limiti dell'80% del loro ammontare (alle condizioni ivi previste, in deroga agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.: art. 182-quater, comma 3);

4) i finanziamenti autorizzati dal giudice delegato dopo l'apertura della procedura di concordato (art. 163) ed erogati fino all'omologa, ai sensi dell'art. 167, comma 2, l.fall. (senza le cautele imposte dall'art. 182-quinquies) (v. Trib. Modena, 16 dicembre 2014);

5) i finanziamenti chiesti, autorizzati ed erogati in favore di chi presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo, anche se “prenotativo” e liquidatorio (i.e. non in continuità), o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo volta ad evitare azioni cautelari o esecutive, i quali diventano prededucibili se un professionista designato dal debitore, verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori (art. 182-quinquies, comma 1 e 2) (in proposito v. F. Lamanna, La definizione normativamente restrittiva dei “finanziamenti interinali” in contrapposizione ai “finanziamenti-ponte”, in ilFallimentarista.it; cfr. anche F. Briolini, Concordato preventivo e nuova finanza. Note sui “finanziamenti autorizzati” a norma dell'art. 182-quinquies, comma 1-3, legge fall., in Dir. fall., 2015, 1);

6) ora il nuovo terzo comma dell'art. 182-quinquies introduce i finanziamenti (interinali, perché limitati alla fase prenotativa) da autorizzare dal tribunale in via d'urgenza, senza attestazione specifica – ma con parere del commissario - in quanto funzionali a impellenti necessità di esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale ai sensi dell'art. 161, comma 6, o all'udienza di omologazione di cui all'art. 182-bis, comma 4, o alla scadenza del termine di cui all'art. 182-bis, comma 7. Il ricorso deve specificare a) la destinazione dei finanziamenti, b) l'impossibilità di reperire altrimenti tali finanziamenti e c) che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente e irreparabile all'azienda.

Si è dunque arricchito il quadro normativo premiale a tutela dei finanziatori dell'impresa in crisi – anche non rientranti nella categoria degli intermediari finanziari soggetti a vigilanza -, garantendo

  • da un lato, il beneficio della prededuzione ai crediti sorti da detti finanziamenti (sia con novella dell'art. 182-quater che con l'introduzione dell'art. 182-quinquies),
  • dall'altro, l'esenzione dalle fattispecie penali di bancarotta semplice e fraudolenta per le operazioni di finanziamento e i relativi rimborsi (art. 217-bis), e infine
  • la non revocabilità dei rimborsi e delle garanzie “legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'art. 161” (novellato art. 67, comma 3, lett. e).

In tal guisa si è altresì ricondotta a uniformità e coerenza la disciplina sulla prededuzione per i finanziamenti – subordinata definitivamente a un decreto autorizzatorio o ricognitivo del giudice (anche indiretto, in sede di omologa, per i finanziamenti c.d. “esecutivi”) -, che sembrava sfuggita ad una regolamentazione sistematica (si v. A. Pezzano, La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico a cura di M. Ferro, Padova, 2014, sub art. 111; da ultimo, A. Pisani Massamormile, La prededuzione ed i finanziamenti alle imprese in crisi, e P. Beltrami, La disciplina dei finanziamenti alle imprese in crisi nelle operazioni di ristrutturazione dei debiti, entrambi in BBTC, 2015, 1); sicché oggi si afferma che la prededuzione “è stata ormai resa una qualità del credito, e dunque una categoria sostanziale, non più solo processuale, che attiene direttamente al debito (e non solo alla responsabilità)” (D. Galletti, La prededuzione nel concordato preventivo: equivoci legati ad una formulazione ellittica?, in ilFallimentarista.it), ma che nella specie deve pur sempre trovare accoglimento in un provvedimento giudiziale.

Malgrado l'ampiezza del ventaglio di soluzioni disponibili, risultano ancora esigui i provvedimenti giurisprudenziali in tema, che evidenziano comunque i requisiti che le istanze di autorizzazione dovrebbero rappresentare ai fini del riconoscimento della prededuzione (Trib. Terni, 14 gennaio 2013; Trib. Bergamo, 26 giugno 2014; Trib. Verona, 21 luglio 2014).

Elementi innovativi della norma

Mentre l'inserimento nel primo comma dell'art. 182-quinquies l.fall. dell'inciso “anche prima del deposito della documentazione di cui all'art. 161, commi secondo e terzo” è stato giustamente definito pleonastico, in quanto nulla aggiunge, di sostanziale, a ciò che si poteva agevolmente dedurre dal testo previgente - come si possa non esigere una rappresentazione puntuale della destinazione e delle modalità e tempi di rimborso del finanziamento che si chiede di autorizzare, tanto più ove siano concesse garanzie reali, pare difficile da intuire -, la vera novità è la disposizione dell'art. 1, lett. b), del D.L. n. 83/2015 che, introducendo un nuovo terzo comma all'art. 182-quinquies (dal Presidente Lamanna definito comma 2-bis, come recitava anche la misura n. 12 della bozza di Decreto legge c.d. Investment compact del gennaio 2015, misura allora non emanata e riproposta adesso), ha creato la sub-categoria (non certo ontologica) dei finanziamenti interinali “urgenti e funzionali all'attività aziendale”.

La peculiarità della fattispecie, che, come ripetuto nella relazione di accompagnamento al ddl di conversione, si ispira all'istituto dei first day orders del Chapter 11 statunitense, risiede:

A) nella sua utilizzabilità soltanto nel ristretto arco temporale che va dal deposito

  • della domanda c.d. prenotativa di ammissione al concordato preventivo (non, quindi, della domanda completa di attestazione e dei documenti di cui all'art. 161 cpv.) fino alla scadenza del termine, eventualmente prorogato, fissato dal tribunale per la presentazione della proposta “piena” e della relativa documentazione prescritta, senza escludere l'applicabilità ai concordati liquidatori stante la possibilità in essi compiere atti necessari per la conservazione del valore dell'impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, in funzione del miglior realizzo (v. art. 2487, lett. c),
  • della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis, 1° comma, fino all'udienza di omologazione e/o
  • della proposta di accordo ai sensi dell'art. 182-bis, comma 6, fino al termine di non oltre 60 giorni, stabilito dal tribunale, per il deposito dell'accordo di ristrutturazione, nel momento in cui dispone il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive;

B) nel carattere di urgenza e strumentalità che tali finanziamenti devono rivestire per l'impresa:

trattandosi di risorse apportate da terzi (banche, investitori, fornitori, soci, etc.) per fronteggiare le impellenti “necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato dal tribunale”, i presupposti dell'indifferibilità e dell'utilizzo produttivo differenziano la fattispecie in discorso da quella di cui all'art. 182-quinquies, comma 1, l.fall., per la quale, non riscontrandosi necessariamente detti caratteri “positivi”, si richiede invece una cautela maggiore e dunque l'attestazione specifica (che suppone avvenuta la verifica della veridicità dei dati aziendali, come ripetuto dalla giurisprudenza dianzi citata). Non che il presupposto dell'urgenza possa dirsi ricorrente soltanto nella fase prenotativa - come già osservato (da Lamanna, La Miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il Decreto “Contendibilità e soluzioni finanziarie”, cit.) - stante l'autonoma configurabilità di esigenze indifferibili anche nelle fasi successive del procedimento, le quali però, a causa di una confusa tecnica legislativa, saranno disciplinate dal 1° comma dell'art. 182-quinquies ovvero (nella fase esecutiva) dall'art. 182-quater, 1° comma.

Per converso, sembra di poter dedurre che, ove nella fase prenotativa non si ravvisino sussistenti i due requisiti appena indicati (urgenza e necessità aziendali), il regime regolativo resterà quello di cui all'art. 182-quinquies, 1° comma, con l'inevitabile allegazione dell'attestazione funzionale.

La Relazione di accompagnamento al ddl n. 3201 di conversione in legge enuncia che gli apporti in parola (cioè quelli del nuovo 3° comma) debbano essere limitati a quanto indispensabile "a sostenere l'attività aziendale per il periodo necessario per preparare l'istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale (la cui funzione è invece di sostenere l'attività d'impresa durante la procedura e quindi per importi ben maggiori). Ciò alla luce del prevedibile importo ridotto e dell'urgenza che costituisce presupposto di tali finanziamenti, senza che l'impresa in crisi debba presentare l'attestazione di un professionista in merito alla funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori, né tanto meno il piano e la proposta di concordato".

In realtà non è affatto sicuro quel collegamento funzionale ad una successiva istanza, da presentare nell'ambito della stessa procedura e per importi maggiori, potendo invece tali risorse servire unicamente per scopi circoscritti (quali, ad es., l'acquisto di beni o merce da impiegare nel ciclo produttivo o da rivendere con margini di profitto; l'esecuzione di un preliminare utile ad acquisire un immobile; il pagamento del vettore o depositario; la tacitazione di fornitori strategici, in particolare esteri (indifferenti alle lungaggini italiane), per evitare risoluzioni contrattuali in danno; il pagamento di debiti contributivi correnti, non anteriori, ai fini del rilascio del DURC necessario a sbloccare maggiori incassi, et similia, ma non per fronteggiare spese non “relative all'esercizio dell'attività aziendale” quali quelle per professionisti o per la procedura), seppur riscontrabili nell'ambito di concordati liquidatori nella sola ipotesi di cui all' art. 2487, lett. c), c.c.;

C) nei requisiti ulteriori che l'istanza – da presentare anche separatamente dal ricorso introduttivo del procedimento - deve specificare:

  • la destinazione dei finanziamenti,
  • che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti e
  • che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda.

Requisiti che, non potendo essere solo allegati, ma dovendo risultare concretamente dimostrati, rendono il decreto autorizzatorio (o meno) del tribunale del tutto analogo ad un provvedimento ex art. 700 c.p.c., che debba pronunciarsi, sia pure in via sommaria ma all'esito di una pur ristretta e celere istruttoria (qui di 10 giorni), sull'esistenza dei profili di fondatezza del petitum (destinazione ad attività aziendale) e di periculum in mora (insostituibilità del finanziamento e rischio di danno imminente).

Si comprende allora perché il legislatore sia stato risoluto nell'imporre le modifiche di cui sopra, affinché le corti siano più solerti nei tempi e meno rigide nelle formalità da esigere per valutare la richiesta di credito provvisorio delle imprese. Ferma la dovuta delibazione della meritevolezza, circa l'an e il quantum, alla luce dei ridotti requisiti di legge, il non poter pretendere un piano definito e un'attestazione specifica porrà i giudici (forse per la prima volta in modo esplicito) nella scomoda situazione di dover negare tutela ovvero di accordare autorizzazioni “generose” – sia pur confortate dal parere del precommissario -,senza poter ponderare adeguatamente gli effetti per la massa dei creditori. Altra esternalità negativa di un modo di legiferare frettoloso e disorganico.

L'istruttoria è, infatti, quanto mai ristretta, poiché il tribunale – che neppure trova l'ausilio dell'attestazione ad hoc del 1° comma - può assumere sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione, deve sentire il commissario giudiziale e, se del caso, senza formalità i principali creditori (onde bilanciare l'assenza di asseverazione e/o percepire il loro atteggiamento verso il debitore, come precisa la Relazione accompagnatoria al ddl), ma deve decidere in camera di consiglio con decreto motivato entro 10 giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione. Facile prevedere che tale termine non sarà rispettato, benché ciò possa costituire motivo di reclamo ex art. 26 l.fall.;

D) nell'ampliamento delle fonti di finanziamento alle operazioni più frequenti nella prassi bancaria di c.d. smobilizzo di crediti commerciali: il mantenimento di linee di credito “autoliquidanti” in essere al momento del deposito della domanda. Data la genericità del termine, che comprende operazioni di varie tipologie, saranno dottrina e giurisprudenza a precisare, come già accaduto nell'ambito del dibattito sulla portata dell'art. 169-bis l.fall. (A. Patti, Contratti bancari nel concordato preventivo tra bilateralità e unilateralità di inesecuzione, Fall., 2015, 560), la definizione della locuzione in base alle circolari della Banca d'Italia.

Dalla formulazione della norma sorge spontaneo, però, il dubbio che tali contratti – nelle diverse forme che la tecnica bancaria consente –, qualora siano in corso d'esecuzione nel momento in cui il debitore presenta la domanda prenotativa ex art. 161, comma 6, l.fall., non possano proseguire ordinariamente, come finora si riteneva in virtù della lettera dell'art. 161, comma 7 (quali atti di ordinaria gestione), ma necessitino di apposita autorizzazione ai sensi del nuovo comma 3 dell'art. 182-quinquies l.fall., sia a pena della eventuale revoca del termine assegnato, sia soprattutto per veder riconosciuta la prededuzione.

Di talché ne uscirebbe rallentato il modo di operare delle imprese, in piena contraddizione con quanto la stessa norma vorrebbe agevolare;

E) l'ultimo importante elemento caratteristico della nuova disciplina viene inserito nel nuovo comma 4 dell'art. 182-quinquies, laddove si consente al debitore concordatario di cedere crediti, prima dell'omologa, come forma di garanzia del finanziamento equipollente a quelle già previste (pegno e ipoteca). Qui invero si appalesa un difetto di coordinamento normativo, perché l'art. 1, lett. c), del decreto-legge afferma di modificare il terzo comma dell'art. 182-quinquies, aggiungendo dopo la parola «ipoteca» le seguenti: «o a cedere crediti». Ma il nuovo comma 3 è quello sopra commentato; dunque il precedente comma 3 dovrebbe essere scalato al comma 4 e questo al 5; a meno di voler ritenere che il comma inserito ex novo nell'art. 182-quinquies dopo il 2 si definisca comma 2-bis (il che però non giustificherebbe la modifica apportata all'art. 1 del D.L. dal ddl di conversione approvato dalla Camera, con l'aggiunta della lettera «c-bis): al quinto comma, primo periodo (dell'art. 182-quinquies, ndr), le parole “quarto comma” sono sostituite dalle seguenti “quinto comma del presente articolo”».

Quel che rileva, in ogni caso, è l'autorizzabilità della cessione di crediti come forma di garanzia rispetto a un patrimonio già falcidiato. E' ben vero che la cessione dei crediti in garanzia è divenuta la modalità di rientro più sicura per gli istituti di credito (perché supera il problema del mandato all'incasso con conseguente dubbia compensabilità delle partite che la mera “canalizzazione” pone); è possibile prevedere, tuttavia, che l'utilizzo di detta operazione, se da un lato agevola lo svolgimento delle attività d'impresa, dall'altro blocca i flussi a vantaggio del solo creditore bancario, mentre finanziariamente l'operazione medesima si profila quasi neutra (salvi interessi e commissioni, seppur per un breve periodo).

Conclusione

Al termine di questa breve rassegna sul fenomeno dei finanziamenti, inevitabilmente sommaria, l'analisi economica del diritto permette di prospettare gli atteggiamenti che le banche potrebbero adottare d'ora innanzi.

Ma l'assunto di partenza è quello della prevedibilità del rischio d'impresa, posto di recente da Natalino Irti (Un diritto incalcolabile, in Riv. dir. civ., 2015): “La calcolabilità è un fattore costitutivo del capitalismo. Le domande dell'imprenditore si dirigono verso il futuro: quali saranno i costi di produzione? quale, la domanda di un dato bene sul mercato? (…) Sempre si tratta di incognite, di eventi futuri, che determinano il rischio d'impresa. Ad essi appartiene anche il diritto, i modi in cui saranno regolati i rapporti dell'imprenditore con altri soggetti: con i socî, che partecipano a una comune attività; con i prestatori di lavoro; con gli istituti bancari; con i compratori delle merci prodotte; con l'apparato burocratico dello Stato; e via seguitando”.

Ricorrendo alla teoria dei giochi, che spiega i comportamenti degli agenti in determinate situazioni, una banca esposta nei confronti di un'impresa in crisi, a fronte di un'ulteriore richiesta di finanziamento, può cadere “vittima” del dilemma del prigioniero, ossia essere posta dinnanzi a una scelta alternativa: sovvenire l'impresa con nuove risorse, accettando il rischio – peraltro ponderato secondo procedure collaudate - di una possibile perdita in funzione del recupero di almeno parte dei crediti già erogati, ovvero rifiutarsi, realizzando una remissione certa e definitiva del pregresso.

In mancanza di cooperazione si verifica il paradigma lose-lose.

Per ricercare l'ottimo paretiano (schema che oggi si definisce win win), in cui si persegue la maggiore utilità per tutti gli attori coinvolti - la banca, l'impresa in crisi e gli altri creditori sociali -, l'unica via appare dunque la “cooperazione”.

Ciò non equivale ad affermare che l'erogazione di un finanziamento ponte o di nuova finanza siano sempre la scelta migliore per tutti. Ma il perseguimento del miglior interesse in assoluto, anche per la banca, passa necessariamente attraverso un esame approfondito, quanto rapido (perché la celerità è la chiave della riuscita delle operazioni di risanamento), di ipotesi di interventi che, in funzione delle specificità del caso, potranno condurre ad accordare o rifiutare richieste di ulteriore assistenza finanziaria da parte dell'impresa in crisi (F. Civale, Il ruolo delle banche tra finanza ponte e nuova finanza, in dirittobancario.it).

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