L’ammissibilità al concordato preventivo del “gruppo societario” e problemi procedurali

13 Settembre 2012

Deve ritenersi ammissibile la presentazione di un unico ricorso per concordato preventivo, basato su un piano unitario, da parte di due società legate da rapporto di controllo e da una sostanziale direzione unitaria e che in vista del concordato abbiano previsto e deliberato la fusione.
Massima

Deve ritenersi ammissibile la presentazione di un unico ricorso per concordato preventivo, basato su un piano unitario, da parte di due società legate da rapporto di controllo e da una sostanziale direzione unitaria e che in vista del concordato abbiano previsto e deliberato la fusione.

In caso di concordato di gruppo l'attivo e il passivo di ogni società dovranno essere tenuti distinti sino all'adunanza dei creditori e le votazioni dovranno essere autonome, così da poter ricostruire la volontà dei creditori di ciascuna società ed evitare che il peso di un eventuale dissenso di ciascuno dei componenti delle due masse creditorie perda o diminuisca la propria rilevanza in conseguenza della fusione.

Il caso

Il Tribunale di Monza ha dichiarato l'ammissibilità di una proposta di concordato di un “gruppo di società” costituito da due società in cui la capogruppo deteneva il controllo totalitario (100%) della controllata.

In particolare il Tribunale brianzolo, dopo aver esposto le caratteristiche del piano concordatario e dopo aver dato atto dei presupposti di legge, ha affrontato il primo problema procedurale, costituito dalla mancanza di una normativa di riferimento qualora venga presentata un'unica proposta concordataria relativa a più imprese collegate o in cui vi sia un controllo societario dell'una sull'altra.
Da tale vuoto normativo deriva l'incertezza interpretativa in ordine alle modalità di presentazione del ricorso, ed in particolare sul se sia sufficiente presentare un unico ricorso o se, al contrario, sia necessaria la presentazione di un ricorso da parte di ogni società interessata al concordato preventivo.
Ulteriore problema è costituito dalla verifica della necessità di più piani concordatari o della sufficienza di un unico piano, con una conseguente commistione di masse attive e di masse passive fra i diversi soggetti che sono pacificamente dotati di autonomia patrimoniale e distinta personalità giuridica.
Dopo aver ricostruito le principali posizioni dottrinali e giurisprudenziali, ed aver dato atto che nel caso concreto era stato presentato un unico piano concordatario, il Tribunale di Monza, avendo verificato che le due società avevano sede del circondario del tribunale di Monza ed erano caratterizzate da una sostanziale direzione unitaria in forza della influenza dominante della controllante, giunge alla conclusione che le stesse, proprio alla luce di tali caratteristiche "...debbano essere assoggettate a concordato necessariamente con un piano unitario e, stante la prevista già deliberata fusione, possono essere ammesse ad un concordato di gruppo, in quanto ogni attivo ed ogni passivo sino all'adunanza sarà tenuto distinto e le votazioni avverranno anche se autonomamente, così che sia ricostruibile, comunque, la volontà del creditore di ciascun ente societario e il possibile dissenso di ciascuno dei componenti le due masse non subisca «l'annegamento» che la fusione anticipata determinerebbe".

Le questioni giuridiche e la soluzione offerta dal Tribunale di Monza

Il Tribunale di Monza aderisce esplicitamente all'orientamento giurisprudenziale di merito che, allo stato, ed in assenza di una indicazione legislativa, appare maggioritario, giungendo ad affermare, seppure in un caso caratterizzato dalla presenza di due sole società, in cui la controllante aveva un controllo sulla controllata nella misura del 100%, e quindi caratterizzato da una sostanziale influenza dominante, la configurabilità del cosiddetto “concordato di gruppo”, sia prevedendo alcune opportune e doverose limitazioni in tema di separazione delle volontà dei creditori di ciascuna società ai fini del voto nell'adunanza, sia tenendo separate e distinte le masse attive e passive di ciascuna persona giuridica.

Osservazioni

Così delineata in estrema sintesi la condivisibile soluzione offerta dal Tribunale di Monza, si osserva come la citata pronuncia si collochi nell'ambito delle indicazioni fornite dalla prevalente giurisprudenza di merito e della dottrina sullo specifico tema del “concordato di gruppo” che, come sopra osservato, non ha ancora ricevuto una specifica e puntuale disciplina nell'ambito specifico del diritto fallimentare.
La decisione del Tribunale di Monza consente peraltro di svolgere alcune considerazioni generali: la prima è che, anche in considerazione della sempre maggiore gravità della crisi economica, la giurisprudenza tende ad occuparsi con sempre maggiore frequenza di una problematica che, fino a pochi anni fa, era di rilevanza quasi esclusivamente teorica ed era costituita dalla sussistenza dei presupposti e dei limiti nel cui ambito individuare il “gruppo societario” e le conseguenze del riconoscimento di tale struttura economico - giuridica.
La seconda - più specifica - è relativa al fatto che nell'ambito della procedura di concordato preventivo può rilevare la sostanziale unificazione dal punto di vista economico di società appartenenti ad uno stesso ‘‘gruppo'', costituenti, tuttavia, soggetti giuridicamente distinti ed autonomi.
Si tratta di una problematica che, nei termini generali, è stata variamente trattata dalla dottrina, la quale ha distinto i fenomeni contigui del ‘‘gruppo'' e del ‘‘controllo'', prevedendo ancora il “gruppo” in senso orizzontale ed in senso verticale.
Il problema dell'ammissibilità del c.d. “concordato di gruppo” non può essere compiutamente analizzato prescindendo dalle conclusioni cui si è giunti sullo specifico problema nell'ambito del diritto societario.
Il generale problema dei rapporti infragruppo ha acquistato nuovo vigore alla luce della riforma del diritto societario e della rilevanza che, in sede legislativa, è stata conferita al criterio scriminante dei “vantaggi compensativi” elaborato dalla dottrina e, sostanzialmente, recepito dalla giurisprudenza civile, il cui ambito applicativo ha riguardato la fattispecie del conflitto d'interessi fra operazioni infragruppo.
In questa sede si può sinteticamente evidenziare che si tratta di operazioni conseguenti alle decisioni imposte dalla capogruppo che siano svantaggiose per una società controllata e vantaggiose per altra società controllata o per la capogruppo e che, in alcuni casi, pregiudicano l'interesse che hanno i soci di minoranza, a seconda dei casi, a conservare la dotazione di risorse produttive e finanziarie (ove esse siano stornate a favore di altre società del gruppo) o a mantenere migliori risultati imprenditoriali, nonché l'interesse dei creditori a conservare la garanzia patrimoniale per il soddisfacimento dei propri crediti.
La dottrina che in Italia ha elaborato e proposto il criterio dei “vantaggi compensativi” ha peraltro escluso che il “vantaggio compensativo” per il gruppo debba essere immediato e rigidamente proporzionale, evidenziando la necessità di valutare l'operazione nel quadro della generale politica di gruppo per verificare se da essa possano derivare alla società dipendente benefici anche non immediati, ma ragionevolmente certi, su piani e in ambiti di attività anche diversi da quelli incisi dall'operazione imposta dalla capogruppo. In tale prospettiva la teoria dei vantaggi compensativi è stata recepita dalla Commissione Mirone ed esplicitata anche negli artt. 2497 e 2634 c.c., oltre che nella relazione accompagnatoria (ove si afferma la possibilità di operare il contemperamento dell'interesse del gruppo con quello delle società controllate e dei soci di minoranza delle stesse attraverso un bilanciamento dei costi addebitati alla controllata con i benefici ad essa derivanti dall'appartenenza al gruppo, senza necessità, peraltro, che questi ultimi siano determinati attraverso un analitico calcolo e quantificazioni sulla cui base stabilire le compensazioni).
Da un'analisi complessiva delle norme citate traspare la volontà del legislatore di offrire una soluzione “pratica” alla questione centrale dei gruppi di società, costituita, com'è noto, dalla contrapposizione tra il carattere unitario (sul piano economico) del gruppo e la separazione soggettiva dei centri di imputazione che connota (sul piano giuridico) gli enti societari che ne fanno parte.
Del resto nella Relazione di accompagnamento alla c.d. «Bozza Mirone» si chiariva come la nuova disciplina prendesse atto «della sussistenza, nella realtà, del fenomeno del “gruppo”, riconoscendone il valore in linea di principio positivo».
In particolare si evidenziava che la capogruppo esercita in fatto un'attività di direzione e coordinamento delle società controllate, attraverso l'esercizio dei poteri che sono propri del socio di controllo, e si dava atto che tale attività si estrinseca attraverso varie modalità, che sfuggono, tranne in casi marginali, non solo ad una specifica disciplina, ma anche ad ogni possibilità di adeguata conoscenza da parte di soggetti “esterni” al management.
Alla luce di quanto esposto appare evidente come il Legislatore italiano (quanto meno quello civile) abbia esplicitamente riconosciuto il concetto di “gruppo di società”, consentendo e rendendo pienamente legittime attività compensative sicuramente svantaggiose per le società controllate in favore della capogruppo. Può pertanto essere individuata una prima conclusione relativa all'inquadramento del concordato di gruppo, dovendosi contemporaneamente dare atto che in giurisprudenza ed in dottrina - con specifico riferimento al concordato preventivo - si è affermato che però manca una definizione di gruppo nel nostro ordinamento; ciò peraltro non ha impedito alla dottrina ed alla giurisprudenza di analizzare la fattispecie evidenziando argomenti a favore o contrari all'applicabilità del concordato al “gruppo societario”.
La principale critica che viene mossa alla possibilità di prevedere il c.d. “concordato preventivo di gruppo” è relativa al fatto che - in tal modo - si verifica la commistione delle masse creditorie appartenenti alle differenti società, con conseguente compressione delle ragioni economiche dei creditori della società maggiormente capiente rispetto a quella in cui il passivo sopravanza notevolmente l'attivo.
Dottrina e giurisprudenza prevalente hanno tuttavia evidenziato come la configurazione di un concordato di gruppo è resa possibile dal dato testuale contenuto nell'art. 160 l. fall. nella parte in cui consente all'assuntore l'attribuzione delle attività ‘‘delle imprese interessate'' dalla procedura di concordato preventivo.
Soprattutto in giurisprudenza si è anche ritenuto che il presupposto giuridico della possibilità di presentare un concordato preventivo di gruppo è costituito dal riconoscimento dell'autonomia privata; in tale prospettiva interpretativa si è sostenuto che l'art. 1322 c.c. consente di ritenere configurabile il concordato di gruppo in quanto meritevole di tutela essendo riferito ad una realtà economica di primaria rilevanza nell'attuale contesto di mercato.
A tali considerazioni di ordine normativo si è poi aggiunta - sempre da parte della giurisprudenza - una considerazione di ordine generale e sistematico, osservandosi “…come la funzione del concordato preventivo sia il superamento della crisi di impresa attraverso l'esdebitazione dell'imprenditore insolvente per deliberazione dei creditori concorsuali: presentandosi, quindi, il concordato preventivo come procedura concorsuale dell'impresa, non può che ricevere nella sua considerazione l'impresa stessa in tutte le conformazioni che ne costituiscono pratica esplicazione ovverosia qualora l'impresa si manifesti e si realizzi nel gruppo questa sarà la dimensione che potrà assumere rilevo nel concordato preventivo”.
In tale prospettiva favorevole alla configurabilità del “concordato di gruppo”, si è da ultimo attribuito rilevanza all'aspetto della meritevolezza giuridica di un concordato fondato su un piano aziendale riferito all'impresa di gruppo e non già a ciascun settore di quella impresa riferito ad una determinata società controllata o collegata.
Tale modalità concordataria appare ulteriormente meritevole di tutela nel caso in cui la sussistenza del gruppo e dei consequenziali rapporti infragruppo siano formalizzati nella costituzione di una nuova società come nel caso scrutinato dal Tribunale di Monza; la presenza di un “dato formale” giustifica e legittima sia una “valutazione sostanziale” che una trattazione unitaria a livello procedurale del piano concordatario.
Una soluzione che ha trovato concreta applicazione al fine di superare critiche di quella dottrina che appare dubbiosa in ordine alla configurabilità di un concordato di gruppo è stata quella di prevedere la costituzione di una nuova società alla quale partecipano le diverse società del gruppo, la quale propone un'unica proposta di concordato preventivo.
In giurisprudenza è stata quindi ritenuta ammissibile la proposizione di un concordato da parte di una s.n.c. ritenendo l'irrilevanza della questione circa l'ammissibilità della partecipazione di società di capitali come socie illimitatamente responsabili stante la sostanziale coincidenza dell'attivo e del passivo delle singole società divenute socie illimitatamente responsabili con l'attivo e il passivo della società in nome collettivo.
Si è inoltre evidenziato come l'art. 184 l. fall. non preveda l'estensione ‘‘automatica'' del concordato preventivo di una società di persone ai soci illimitatamente responsabili: il secondo comma di tale norma si limita a prevedere un'estensione degli effetti del concordato nel senso che il pagamento della percentuale concordataria libera anche i soci illimitatamente responsabili.
In tale prospettiva l'esdebitazione parziale prevista dal secondo comma dell'art. 184 l. fall. concerne, quindi, unicamente i debiti sociali, mentre i creditori particolari conservano impregiudicati i propri diritti e possono agire esecutivamente sui beni dei soci debitori (cfr. Cass., 26 marzo 2010, n. 7273 secondo cui «la disposizione dell' art. 184 della legge fallimentare che estende ai soci illimitatamente responsabili di società di persone l'efficacia remissoria del concordato preventivo, si riferisce ai debiti sociali, nel senso che il pagamento della percentuale concordataria ha effetto liberatorio anche nei loro confronti, senza con ciò determinare l'estensione della procedura al patrimonio di soci, che resta estraneo ad essa»).

Le questioni aperte

La questione aperta di grande rilievo interpretativo - come appare evidente da quanto sopra esposto - è quella dell'ammissibilità nell'ambito del diritto fallimentare di un'unica proposta concordataria che riguardi e coinvolga diverse società facenti parte di un unico "gruppo societario" in cui la liquidazione dell'intero patrimonio delle varie società porti ad una maggior convenienza in termini economici per i creditori rispetto alla liquidazione dei patrimoni delle singole società, sia in termini di tempestività della stessa liquidazione, sia in termini di maggiore convenienza con riferimento all'importo complessivo ricavato della liquidazione.
La problematica, come già osservato, è stata posta all'attenzione dei vari tribunali e il perdurare della crisi economica renderà sempre più attuale la fattispecie efficacemente risolta dal Tribunale di Monza, imponendo - a causa della indiscutibile sussistenza dell'autonomia patrimoniale fra le diverse società - la distinzione dell'attivo e del passivo sino all'adunanza dei creditori, prevedendosi altresì votazione autonome al fine di ricostruire la volontà dei creditori di ciascun ente societario ed il possibile dissenso di ciascuno dei componenti delle masse passive, al fine di evitare che attraverso la loro collocazione in un'unica adunanza si possa dar luogo al fenomeno di “annegamento”, che evoca la stessa ratio soggiacente alla verifica preventiva da parte del tribunale circa la corretta formazione delle varie classi di creditori nell'ambito di ciascuna procedura.
Le separate adunanze dei creditori e le autonome votazioni si impongono allo stato attuale della legislazione anche alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, la quale ha sostanzialmente proposto interpretazioni di chiusura in ordine al fenomeno del “gruppo di società”, affermando ad esempio, in materia fallimentare, che “ai fini della dichiarazione di fallimento di una società, che sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate ovvero controllate da un'unica società "holding", l'accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, poichè, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti (cfr. Cass. n. 23344/2010; Cass. n. 9260/2011).
La Corte di Cassazione ha peraltro ritenuto inapplicabili analogicamente le norme e i principi ricavabili da altri settori del diritto concorsuale, il cui richiamo è stato invece effettuato da parte del Tribunale di Monza e della giurisprudenza di merito che ritiene configurabile il concordato di gruppo (cfr. Cass. n. 5525/1992).
Tale orientamento era stato preceduto dalla pronuncia secondo cui “…l'accertamento dello stato di insolvenza deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima, anche quando essa sia inserita in un gruppo, cioè in una pluralità di società collegate da un'unica società-madre (holding), atteso che, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti e considerato che le speciali disposizioni dettate per l'amministrazione straordinarie delle grandi imprese in crisi esprimono norme eccezionali che non autorizzano una diversa configurazione del gruppo e che, comunque, non sono estensibili al di fuori delle peculiari ipotesi considerate” (cfr. Cass. n. 4550/1992).

Conclusioni

Alla luce della pronuncia del Tribunale di Monza può giungersi alle seguenti conclusioni: in ambito giudiziario appare sempre più sentita la necessità di una specifica disciplina legislativa in ambito fallimentare volta a regolamentare il fenomeno del cosiddetto “concordato di gruppo”; in tale prospettiva dovranno essere regolamentati con precisione il problema della competenza, qualora le diverse società del gruppo si trovino dislocate in circondari di Tribunali diversi, nonché le precise modalità di espressione del voto ed il momento in cui potrà attuarsi la gestione unitaria dell'attivo e del passivo al fine di dare concreta attuazione al piano concordatario unitario.
Una soluzione che consente di superare, in attesa di una precisa indicazione legislativa, le incertezze derivanti dai problemi di competenza derivanti dalla sussistenza di sedi dislocate nel territorio di diversi tribunali, e soprattutto il problema - non di poco momento - della distinzione giuridica e patrimoniale delle diverse società appartenenti al “gruppo”, è quella di costituire una società “nuova” con il successivo conferimento della aziende di titolarità dei soci, comprensive di tutte le attività e passività, condizionando i conferimenti alla condizione risolutiva di diniego di omologa del concordato preventivo, evidenziando - al tempo stesso - che la mancata adesione dei creditori al piano, così come formulato, comporterà l'automatica reviviscenza della situazione pregressa, senza alcuna alterazione delle rispettive posizioni patrimoniali.
In tal modo si soddisfa, da un lato, l'esigenza di garantire la continuità dell'attività del “gruppo” in forza di un piano unitario che consente di soddisfare i creditori in misura maggiore e più conveniente rispetto ad una liquidazione delle singole aziende, e, dall'altro, si possono superare i problemi formali (votazione in adunanze separate, maggioranze distinte) conseguenti all' autonomia giuridica e patrimoniale e alla distinzione fra autonome personalità giuridiche.

Riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Le norme di interesse sono gli artt. 160, 161 e 162 l. fall..
Per la dottrina sul tema in oggetto si segnalano: Benussi, Infedeltà patrimoniale e gruppi di società, Milano, 2009; Bersani, Operazioni infragruppo e vantaggi compensativi nel diritto penale societario e fallimentare, in Il Fisco, 2004, 6626; Colognesi, Ancora in tema di concordato preventivo di gruppo, in Giust. civ., 2000, I, 1533; Cottino, voce “Gruppi di società” (Dir.comm.), in Enc. Giur., XXIX, Roma, 1999; De Sabato, Gruppi di imprese: dal fallimento all'amministrazione straordinaria, in Giur. comm., 2009, II, 193; Galardo, «Interesse di gruppo» e accordi di ristrutturazione (il caso «Gabetti»), in Dir. fall., 2011, II, 40; Gelardo, Gli accordi di ristrutturazione e il risanamento del «gruppo», in Dir. fall., 2010, II, 343; Ivone, Gestione unitaria dell'insolvenza di gruppo e conversione del fallimento in amministrazione straordinaria, in Banca borsa tit. cred., 2009, II, 242; Perugini, Crisi di gruppi societari e accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall., in Corr. merito, 2010, 263; Perugini, Accordi di ristrutturazione dei debiti: omologazione richiesta da gruppi societari e condizioni di attuabilità (il caso Risanamento) - Prime considerazioni, in Dir. fall., 2010, II, 205; Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010, 1 ss..
Per la giurisprudenza si vedano: Cass., 21 aprile 2011, n. 9260; Cass., 18 novembre 2010 n. 23344; Cass., 9 maggio 1992 n. 5525; Cass., n. 14 aprile 1992 n. 4550; App. Genova, 23 gennaio 2012, in Fall., 2012, 437; Trib. Benevento, 18 gennaio 2012, in ilcaso.it; Trib. Crotone, 28 maggio 1999, in Giur. civ., 2000, I, 1533; Trib. Terni, 19 maggio 1997, in Fall., 1997, 1243; Trib. Roma, 23 dicembre 1997, ivi, 1998, 1091; Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, ivi, 1995, 969.

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