La problematica convivenza tra l'obbligo di pagamento integrale del credito IVA e le regole generali sul trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo

16 Novembre 2015

Il trattamento del credito IVA nell'ambito della procedura concordataria continua a rappresentare una delle questioni più dibattute, in dottrina e giurisprudenza: in particolare, uno degli aspetti più controversi riguarda l'infalcidiabilità del credito IVA nel concordato senza transazione fiscale. Direttamente correlato a tale questione, è il tema dei rapporti tra l'obbligo di pagamento integrale del credito IVA e le regole generali sul trattamento dei crediti privilegiati, soprattutto nel caso in cui il patrimonio del debitore non sia sufficiente per pagare integralmente tutti i crediti privilegiati.
Premesse

Il tema del trattamento del credito IVA nel concordato preventivo rappresenta una delle questioni più dibattute tra quelle che la riforma della

legge fallimentare

ha aperto intorno a tale procedura.

Anticipando quanto sarà detto di seguito, si può sinteticamente ricordare che il punto sul quale si è maggiormente dibattuto è rappresentato dalla falcidiabilità o meno del credito IVA nel concordato preventivo. Ed infatti, se da un lato il riformato

art. 160, comma 2, l.

f

all

. consente (a determinate condizioni) il pagamento parziale dei crediti privilegiati, dall'altro l'

art. 182

-ter

l.

f

all

., relativo alla transazione fiscale, impone il pagamento integrale dell'IVA e delle ritenute operate e non versate. È così sorta la necessità di coordinare tali norme, apparentemente antitetiche.

Alcuni recenti arresti della Suprema Corte sembravano aver definitivamente risolto la diatriba, sancendo la non falcidiabilità del credito IVA nel concordato preventivo a prescindere dall'attivazione o meno del sub-procedimento di transazione fiscale (a sua volta definito come facoltativo nell'ambito del concordato preventivo).

Come spesso accade, tuttavia, la risoluzione di una questione ne apre altre, spesso inaspettate e di ancor più difficile soluzione. Ciò è quello che sembra essere accaduto con il problema del trattamento del credito IVA nel concordato preventivo, almeno a leggere un recente provvedimento del Tribunale di Torino che, nell'originalità dell'impostazione seguita, sembra offrire interessanti spunti di riflessione.

Prima di esaminare il contenuto di tale provvedimento sembra opportuno fornire un quadro della questione che ci occupa.

Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo

Precedentemente alla riforma della

legge fallimentare

, come noto, ben poche questioni si ponevano in ordine al trattamento dei crediti assistiti da cause di prelazione nel concordato preventivo: era pressoché pacifico che l'ammissibilità della proposta concordataria era subordinata al pagamento integrale di detti crediti. L'

art. 160 l.

fall

. prevedeva infatti che potesse essere ammesso alla procedura di concordato preventivo il debitore che si impegnasse a pagare almeno il 40% dei crediti chirografari, con ciò sottintendendo, secondo la dottrina e la giurisprudenza consolidate, che i crediti privilegiati dovessero necessariamente essere pagati per intero, anche quando il valore del bene su cui insisteva la prelazione fosse incapiente (così G.B. Nardecchia, commento all'

art. 160 l. fall

., in Commentario alla

legge fallimentare

, diretto da C. Cavallini, III, Milano, 2010, p. 400; M. Fabiani, Fallimento e concordato preventivo, vol. II - Il concordato preventivo, Commentario Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2014, p. 249). In sostanza, i creditori privilegiati erano estranei alla proposta concordataria, dovendo in ogni caso essere pagati per intero ed immediatamente dopo l'omologazione del concordato.

Nemmeno la novella del 2005 (

D.

l.

14 marzo 2005, n. 35

, convertito in

l.

14 maggio 2005, n. 80

) mutava la situazione, tanto che anche dopo tale intervento l'opinione più diffusa, seppure non più unanime, era ancora per la non falcidiabilità dei crediti privilegiati nel concordato preventivo (cfr. G.B. Nardecchia, commento all'

art. 160 l. fall

., in Commentario alla

legge fallimentare

, diretto da C. Cavallini, III, Milano, 2010, p. 400, nota n. 140; A. Jorio, commento all'art. 160, in La

legge fallimentare dopo la riforma, tomo III, Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione - Liquidazione coatta amministrativa

, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2010,

2047). Il “tabù” della infalcidiabilità assoluta dei crediti privilegiati nelle procedure concorsuali diverse dal fallimento cadeva, tuttavia, con la successiva riforma del 2006 (

D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5

), a seguito della quale il pagamento parziale di tali crediti veniva consentito nell'ambito del concordato fallimentare dal terzo comma del riformato

art. 124 l.

fall

., nonché nell'ambito del neointrodotto istituto della transazione fiscale disciplinato dall'

art. 182

-ter

l.

fall

. (cfr. D. Galletti, commento all'art. 160, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio, Bologna, 2006, 2289).

L'incoerenza normativa sorta a seguito del sovrapporsi dei diversi interventi di riforma è stata risolta dall'art. 12, comma 3, del c.d. decreto correttivo (

D.

l

gs. 12 settembre 2007, n. 169

), che, sostituendo il secondo comma dell'

art. 160 l.

fall

., ha introdotto anche nell'ambito del concordato preventivo la possibilità di soddisfare parzialmente i creditori privilegiati.

Il nuovo

art. 160, comma 2, l.

fall

., ripetendo testualmente quanto sancito dall'

art. 124, comma 3, l.

fall

. in tema di concordato fallimentare, prevede che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possano non essere soddisfatti integralmente “purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d)”; è inoltre previsto che “il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”.

In sostanza, il piano concordatario può prevedere la soddisfazione parziale anche dei creditori privilegiati, purché siano rispettati due precisi vincoli: in primo luogo, ai creditori privilegiati non può essere offerto un pagamento inferiore al valore di mercato ritraibile dalla liquidazione del bene sul quale insiste la prelazione; in secondo luogo, non può in ogni caso essere alterato l'ordine di graduazione delle prelazioni (P. Censoni, I diritti di prelazione nel concordato preventivo, in Giur. comm., 2009, I, 35; G. Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Torino, 2009, 1607; S. Pacchi, Il concordato preventivo, in Le riforme della

legge fallimentare

, a cura di A. Didone, Torino, 2009, 1792 e ss.; G.B. Nardecchia, commento all'

art. 160 l. fall

., in Commentario alla

legge fallimentare

, diretto da C. Cavallini, Vol. III, cit., 386 e ss.; A. Jorio, commento all'art. 160, in La

legge fallimentare dopo la riforma, Tomo III, Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione - Liquidazione coatta amministrativa

, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2010, 2047; M. Sandulli e A. Di Carlo, commento all'

art. 160 l. fall

., in Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti - Commento per articoli, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, Torino, 2014, p. 21 e ss.; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Milano, 2015, 168 e ss.).

Quanto al primo vincolo, con la sua previsione il legislatore ha inteso escludere che al creditore privilegiato possa essere offerto il pagamento di una somma inferiore a quella che avrebbe ottenuto in caso di liquidazione fallimentare del bene sul quale insiste la prelazione (cfr., S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure fallimentari, diretto da F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, Vol IV, Le altre procedure concorsuali, 170 e ss.).

Qualche dubbio sussiste invece in ordine alla reale portata del vincolo relativo al rispetto della graduazione delle prelazioni, sostenendosi da alcuni che tale vincolo impone che i crediti di posizione inferiore siano soddisfatti soltanto se prima siano stati soddisfatti integralmente quelli di grado superiore (G. Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, Vol. 3, cit., 1608; G.B. Nardecchia, commento all'

art. 160 l. fall

., in Commentario alla

legge fallimentare

, diretto da C. Cavallini, Vol. III, cit, 3415); da altri che la norma richiederebbe soltanto che ai creditori di rango superiore sia offerto un trattamento migliore (quanto a misura e tempistica) rispetto a quelli di rango inferiore, ferma la possibilità di pagamento non integrale anche per i primi (Ambrosini, op. cit.; F. Guerrera, Le soluzioni negoziali, in AA.VV., Diritto fallimentare, Manuale Breve, Milano, 2013, 154).

Nel rispetto di tali vincoli, dunque, nell'ambito di un concordato preventivo può essere previsto il pagamento parziale dei crediti assistiti da cause legittime di prelazione.

Il credito IVA nel concordato preventivo

In linea di principio il credito dello Stato per l'Imposta sul Valore Aggiunto è assistito da privilegio generale sui beni mobili del debitore ai sensi dell'

art. 2752, comma 3, c.c.

; l'

art. 2778 c.c.

colloca poi detto credito al diciannovesimo grado nell'ordine dei privilegi sui beni mobili. Tale graduazione è quella applicabile al credito IVA nelle procedure esecutive ordinarie, ove vi sia una pluralità di creditori procedenti (

art. 596 e ss. c.p.c.

) e nelle procedure fallimentari in senso stretto (ovvero nel fallimento, ai sensi degli

artt. 111

e

111-

quater

l. fall

., e nel concordato fallimentare, nel rispetto dei vincoli sanciti dall'

art. 124, comma 3,

l. fall

., identici a quelli dettati dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

. e sopra brevemente esaminati).

Nell'ambito del concordato preventivo, tuttavia, il trattamento del credito IVA risente di un'altra norma, ovvero l'

art. 182-ter l. fall.,

che disciplina la transazione fiscale. L'origine di tale norma è nota (L. Del Federico, La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. Dir. Trib., 2008, I, 227; G. Marini, commento all'

art. 182

-ter

l. fall

. in Il Concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Commento per articoli, a cura di A. Nigro, M. Sandulli, V. Santoro, cit., 434 e ss), così come nota è l'evoluzione che ha subito, con particolare riguardo all'IVA (L. Mandrioli, Transazione fiscale e concordato preventivo tra lacune normative e principi del concorso, in Giur. Comm., 2008, I, 301; S. Capolupo, La transazione fiscale: aspetti sostanziali, in Fisco, 2006, 3015; L. Del Federico, La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano: dal particolarismo tributario alla collocazione endoconcorsuale, in Il Fallimento, 2008, 341; id. La nuova transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. dir. trib., 2008, I, 224; L. Tosi, La transazione fiscale, in Rass. Trib., 2006, 4, 1078).

Basti qui ricordare che, dopo aver previsto che “con il piano di cui all'articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori […] ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea”, l'attuale formulazione del primo comma dell'articolo citato dispone quanto segue: “con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. In sostanza, l'

art. 182-ter l. fall. prevede la non falcidiabilità del credito IVA

.

Il dibattito sorto intorno a tale norma, ed in particolare al trattamento dalla stessa riservato al credito IVA, non si è sopito nemmeno dopo la novella del 2008, il cui intento era quello di portare certezza sul punto. I dubbi interpretativi sono scaturiti, in particolare, dalla constatazione per cui il divieto di falcidia dell'IVA è contenuto solo nella norma sulla transazione fiscale e non anche nell'

art. 160

l. fall

., che nell'ambito del concordato preventivo consente in generale il pagamento parziale dei crediti privilegiati (tra cui vi è quello per IVA). Pertanto, avrebbe avuto senso ritenere che l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA sussistesse soltanto nei casi di attivazione della procedura di transazione fiscale.

Lo scioglimento di tale nodo interpretativo richiedeva la soluzioni di due questioni, evidentemente connesse tra loro.

La prima, relativa alla obbligatorietà o meno dell'inserimento della transazione fiscale nell'ambito del piano di concordato preventivo (ci si chiedeva, in sostanza, se il debitore che intendesse pagare parzialmente i debiti tributari dovesse necessariamente ricorrere al procedimento previsto dall'

art. 182

-ter

l. fall

., dovendo in mancanza pagare sempre integralmente tutti i debiti di natura tributaria) (cfr., A. Russo, Obbligatorietà o facoltatività della transazione fiscale nell'ambito del concordato preventivo, in Il Fisco, 18, 1764; L. Del Federico, La Corte di cassazione inquadra la transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, in Riv. dir. trib., 2012, II, 37; F: Santoro Cayro, Sugli effetti “tipici” della transazione fiscale alla luce di due recenti pronunce della Suprema Corte, in Rass. Trib., 2012, 1, 139).

La seconda (consequenziale alla prima) riguardava l'ambito di operatività dell'obbligo di pagamento integrale del credito IVA previsto dall'

art. 182

-ter

l. fall

.; supponendo la non obbligatorietà della transazione fiscale, ci si chiedeva se l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA sussistesse soltanto nei casi in cui il piano concordatario prevedesse l'attivazione della transazione fiscale ovvero in tutte le ipotesi di concordato preventivo, a prescindere o meno dall'attivazione di tale strumento.

Entrambe le questioni sono state esaminate dalla Cassazione nelle due sentenze “gemelle” del 4 novembre 2011, n. 22931 e 22932 (P. Vella, La problematica scissione tra facoltatività procedimentale e obbligatorietà sostanziale dell'

art. 182-ter l. fall.

, in Il Fallimento, 2012, 2, 172; G. Bozza, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 377; G. Andreani, A. Tubelli, Nel concordato preventivo crediti per IVA e ritenute alla fonte vanno soddisfatti integralmente, in Corr. trib., 2012, 2, 93; L. Del Federico, Le novità sui profili tributari del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, in Il Fallimento, 2013, 9, 1195; M. Martis, La transazione fiscale e la falcidia dell'iva, in Dir. prat. trib., 2013, 6, 1043). Con riguardo al primo punto, la Suprema Corte ha affermato il carattere facoltativo della transazione fiscale nell'ambito della procedura di concordato preventivo: il debitore è libero di scegliere, sulla base di una propria discrezionale valutazione, se attivare tale sub-procedimento e beneficiare così degli effetti specificamente connessi allo stesso (individuati dalla Corte nel consolidamento del debito tributario e nell'estinzione dei giudizi aventi ad oggetto le pretese tributarie definite) ovvero se non optare per la transazione fiscale; in tale ultimo caso tuttavia, non potendosi riconoscere al fisco un “particolare statuto” nell'ambito delle procedure concorsuali, i crediti tributari subiranno la medesima sorte di qualsiasi altro credito, secondo le regole generali del concordato preventivo.

Affermato tale principio, la Corte passa ad esaminare il problema, connesso al primo, relativo al trattamento del credito IVA nel concordato preventivo in cui non sia stato attivata la procedura di transazione fiscale. Sul punto la Corte afferma che il principio di intangibilità del credito IVA è indipendente dall'opzione del debitore per la transazione fiscale e si impone anche nel caso in cui quest'ultima non venga attivata e la proposta concordataria tratti il fisco come ogni altro creditore. In sostanza, secondo la Cassazione, nel concordato preventivo il credito IVA è sempre insuscettibile di subire falcidie, a prescindere dalle scelte del debitore circa l'attivazione o meno della transazione fiscale. A convincere la Suprema Corte dell'inderogabilità della norma sull'intangibilità dell'IVA è stata “la natura della stessa [norma; n.d.a.] in quanto non si tratta di norma processuale come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale, ma di norma sostanziale in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi” (si veda

Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008

,

n. 174

). In definitiva, secondo la Corte, la norma secondo cui “con riguardo all'imposta sul valore aggiunto […] la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”, pur essendo affermata nell'ambito dell'

art. 182

-ter

l.f.

, è vincolante in tutti i casi di concordato preventivo.

Pur avendo incontrato resistenze nella giurisprudenza di merito (per la falcidiabilità del credito IVA al di fuori della procedura di transazione fiscale

Trib. Sondrio, 12 ottobre 2013

;

Trib. Como, 22 ottobre 2013

;

Trib. La Spezia, 24 ottobre 2013

;

Trib. Ascoli Piceno, 14 marzo 2014

;

Trib. Benevento, 23 aprile 2014

;

Trib. Benevento, 25 settembre 2014

; nel senso della assoluta indefalcabilità dell'IVA, invece,

Trib. Brescia, 11 giugno 2013

; App. Brescia, 13 settembre 2013;

App. Genova, 28 dicembre 2013

; Trib. Reggio Emilia, 28 maggio 2014, confermato da App. Bologna, 7 ottobre 2014; Trib. Rimini, 8 ottobre 2014;

App. Venezia, 30 ottobre 2014

;

App. Milano, 20 novembre 2014

;

App. Potenza, 28 gennaio 2015

;

App. Genova, 28 luglio 2015

; per una sintetica rassegna G. Andreani, L'obbligo di pagamento dell'IVA e delle ritenute nel concordato preventivo con e senza transazione fiscale, in Riv. dir. trib., 2013, I, 1011), l'indirizzo interpretativo inaugurato nelle citate sentenze del 2011 è stato confermato dalla

Cassazione civile nelle sentenze 30 aprile 2014, n. 9541 e 25 giugno 2014

,

n. 14447

, recepito dalla

Cassazione penale, nella sentenza 31 ottobre 2013, n. 44283

e, da ultimo, accolto anche dalla

Corte Costituzionale nella sentenza 25 luglio 2014, n. 225

, secondo la quale la regola dell'intangibilità del credito IVA nel concordato costituirebbe “un'opzione del legislatore interno necessitata dalla peculiare disciplina dell'IVA derivante dalle regole comunitarie” (

Corte Costituzionale, sentenza 25 luglio 2014, n. 225

, in IlFallimentarista, con nota di Andreani, La falcidiabilità dell'IVA nel concordato preventivo senza transazione fiscale: tesi a confronto, dopo la sentenza della Corte costituzionale).

Dunque, pur non trascurando le voci critiche ancora persistenti sia in dottrina (M. Fabiani, La falcidiabilità di tutti i crediti tributari e l'equivoco della lettura della Cassazione, cit., 271; G. Andreani, L'obbligo di pagamento dell'IVA e delle ritenute nel concordato preventivo con e senza transazione fiscale, cit., 1014) che in taluna giurisprudenza di merito (si segnala che, con ordinanza del 30 ottobre 2014 (in ilFallimentarista) il Tribunale di Udine ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la seguente questione: “se i principi e le norme contenuti nell'

art. 4, paragrafo 3°, del TUE e nella direttiva 2006/112/CE

del Consiglio, così come già interpretati nelle sentenze della Corte di Giustizia 17.8.2008, in causa C-132/06, 11.12.2008 in causa n. C-174/07 e 29.3.2012 in causa C-500/10, debbano essere altresì interpretati nel senso di rendere incompatibile una norma interna (e, quindi, per quanto riguarda il caso qui in decisione, un'interpretazione degli artt. 162 e 182 ter

legge fall

.) tale per cui sia ammissibile una proposta di concordato preventivo che preveda, con la liquidazione del patrimonio del debitore, il pagamento soltanto parziale del credito dello Stato relativo all'IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale e non sia prevedibile per quel credito - sulla base dell'accertamento di un esperto indipendente e all'esito del controllo formale del Tribunale - un pagamento maggiore in caso di liquidazione fallimentare”), dovrebbe ritenersi che la regola attualmente “vivente” in tema di trattamento del credito IVA nel concordato preventivo è quella secondo cui tale credito va in ogni caso soddisfatto integralmente, pena l'inammissibilità della proposta di concordato per “non fattibilità giuridica” della stessa.

Il coordinamento tra le regole generali in materia di trattamento dei crediti privilegiati e l'obbligo di integrale pagamento del credito IVA secondo la Cassazione

Appurato che, secondo il “diritto vivente”, nel concordato preventivo il credito IVA va in ogni caso pagato integralmente, occorre verificare in che modo tale regola interagisce con quelle stabilite in generale con riguardo al trattamento dei crediti privilegiati.

Un non attento coordinamento tra i due complessi normativi potrebbe infatti condurre a conseguenze non auspicabili. Ed infatti, com'è stato osservato (S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure fallimentari, diretto da F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, Vol IV, Le altre procedure concorsuali, cit., 196), l'infalcidiabilità del credito IVA, coniugata con il divieto di sovvertire la gerarchia dei privilegi dettata dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., dovrebbe comportare, a stretto rigore, l'impossibilità di pagare in percentuale tutti i creditori muniti di prelazione poziore; senonché, il basso grado di privilegio accordato all'IVA (il diciannovesimo) comporterebbe di fatto l'intangibilità di quasi tutti i crediti privilegiati, con buona pace del principio di falcidiabilità dei crediti privilegiati sancito dalla riforma e, in ultima analisi, del favor per le procedure di soluzione negoziale della crisi d'impresa manifestato dal legislatore nella riforma della

legge fallimentare

.

Nelle sentenze del 2011 la Cassazione ha affrontato anche tale nodo, escludendo espressamente che la necessità di provvedere all'integrale pagamento del credito IVA comporti la necessità di pagare integralmente anche tutti i crediti privilegiati con grado anteriore. Sul punto la Cassazione afferma: “La disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all'ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile. La norma invocata dalla Corte d'appello (art. 160 comma 2) attiene, per contro, unicamente al trattamento aggiuntivo rispetto a quello imposto ex lege (ancorato al valore dei beni oggetto della garanzia) che viene deciso discrezionalmente dal debitore ma che trova appunto un limite nel rispetto del grado di rilevanza attribuito dal legislatore ai diversi crediti in ragione del valore sociale della loro causa. Il vincolo per contro non astringe il legislatore che può, come nella fattispecie e per cause discrezionalmente individuate, attribuire un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri”.

Il senso della posizione assunta dalla Suprema Corte è apparentemente chiaro: la norma che impone l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA nel concordato preventivo costituisce una norma eccezionale, che attribuisce al credito IVA un trattamento del tutto peculiare (così, L. Del Federico, La Corte di cassazione inquadra la transazione fiscale nel sistema delle procedure concorsuali, cit., 45) e non incide sul trattamento degli altri crediti privilegiati, anche se di grado anteriore.

Il percorso argomentativo seguito dalla Cassazione, dunque, induce ad affermare che il credito IVA “sarebbe assistito, sulla base di una disposizione eccezionale, da una sorta di “superprivilegio” o sarebbe addirittura da considerare “quasi prededucibile”” (così, G. Andreani, L'obbligo di pagamento dell'IVA e delle ritenute nel concordato preventivo con e senza transazione fiscale, cit., 1021); ovvero, ancora, che, mediante la norma in questione, “il credito IVA viene, così, estrapolato dall'ordine dei privilegi e trattato a parte, come una sorta di prededuzione da soddisfare, quindi, prima di ogni altro credito privilegiato” (così, G. Bozza, Il trattamento dei crediti privilegiati nel concordato preventivo, cit., 392).

Le questioni ancora aperte

Come detto, la soluzione individuata dalla Suprema Corte sembrerebbe chiara e di piana applicazione: mentre il credito IVA deve in ogni caso essere pagato per intero, gli altri crediti privilegiati restano soggetti ai vincoli stabiliti dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

. (obbligo di rispettare l'ordine di graduazione e offerta minima pari al valore del bene su cui insiste la prelazione). Dunque, se l'attivo patrimoniale è sufficiente a pagare integralmente tutti i crediti privilegiati fino al grado diciannovesimo (e, dunque, IVA compresa), nulla quaestio: entrambe le regole (quella generale, riguardante tutti i crediti privilegiati e quella speciale, riguardante l'IVA) sono rispettate.

Qualche dubbio può sorgere, invece, nei casi in cui (come generalmente avviene) l'attivo patrimoniale non è sufficiente a soddisfare integralmente tutti i crediti privilegiati fino al diciannovesimo grado.

Ferma la non obbligatorietà del pagamento integrale di tutti i crediti privilegiati di grado anteriore all'IVA (come stabilito dalla Cassazione), in tali casi è necessario interrogarsi su come operi l'

art. 160, comma 2,

l. fall

.. In particolare, considerato che il predetto

art. 160, comma 2,

l. fall

. dispone che ai creditori privilegiati non possa essere offerto un importo inferiore al valore di liquidazione del bene sul quale insiste la prelazione (o all'attivo patrimoniale, nel caso di privilegio generale), occorre interrogarsi su cosa accade se tale valore di liquidazione viene intaccato dal pagamento obbligatorio del credito IVA, effettuato in forza dell'

art. 182-

ter

l. fall

.

Tralasciando l'ipotesi in cui l'attivo patrimoniale non sia sufficiente nemmeno a garantire il pagamento integrale dell'IVA (ipotesi in cui, in mancanza di apporti finanziari esterni al debitore, la pronuncia di inammissibilità della domanda di concordato pare inevitabile, a prescindere da qualunque valutazione in ordine all'

art. 160, comma 2,

l. fall

.), nelle restanti ipotesi le alternative possibili sembrano due.

Considerando il credito IVA alla stregua di un credito “quasi prededucibile”, come prima ipotesi potrebbe ritenersi che l'

art. 160 comma 2,

l. fall

. imponga il pagamento dei crediti privilegiati anteriori all'IVA in misura non inferiore al valore dell'attivo realizzabile sul bene oggetto di prelazione, al netto del pagamento dell'IVA stessa. In sostanza, la stima di valore prevista dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., dovrebbe già tenere conto della collocazione preferenziale del credito “quasi prededucibile” dell'IVA rispetto a quello di cui si tratta e determinare di conseguenza l'importo minimo da offrire agli altri privilegiati.

Per effetto di tale impostazione il creditore privilegiato di grado anteriore all'IVA risentirebbe della collocazione preferenziale di quest'ultima, riconducibile al dettato dell'

art. 182

-ter

l. fall

.. In pratica, il creditore privilegiato anteriore all'IVA riceverebbe un pagamento inferiore rispetto a quanto ritraibile dalla liquidazione fallimentare del bene, a causa dell'obbligo di pagare integralmente l'IVA previsto soltanto nell'ambito del concordato preventivo. Evidentemente, accedendo a tale ricostruzione, la norma dettata dall'

art. 182-

ter

l. fall

. va ad incidere sul trattamento dei crediti privilegiati di rango anteriore, ma nel senso opposto rispetto a quanto ipotizzato in precedenza: anziché determinare l'obbligo di integrale pagamento anche di tutti i crediti di rango poziore, riduce la soglia minima di soddisfazione degli stessi.

In alternativa rispetto a quanto appena ipotizzato, potrebbe ritenersi che al credito privilegiato anteriore vada in ogni caso attribuito un importo pari a quello spettante a norma dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

., ovvero quello ritraibile dalla liquidazione dei beni su cui insiste la prelazione, a prescindere dal concorrente obbligo di pagare integralmente l'IVA.

Seguendo tale impostazione, nell'ipotesi di insufficienza dell'attivo a garantire il pagamento del credito IVA in misura integrale e dei crediti privilegiati anteriori in misura pari a quanto stabilito dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., l'ammissibilità del piano di concordato sarebbe subordinata all'apporto di finanza esterna in grado di coprire il fabbisogno finanziario minimo necessario a rispettare la concorrente applicazione degli

artt. 160, comma 2,

l. fall

. e 182-ter

l. fall

.

A ben vedere, soltanto tale impostazione risponde in pieno all'affermazione contenuta nelle sentenze della

Cassazione del 2011

, secondo cui la norma che impone l'integrale pagamento dell'IVA nel concordato preventivo attribuirebbe un trattamento particolare a tale credito “senza incidere automaticamente sul trattamento degli altri”. Come già accennato, in tale ottica le due norme non si porrebbero in rapporto di specialità o eccezionalità dell'una (l'

art. 182

-ter

l. fall

.) rispetto all'altra (l'

art. 160, comma 2,

l. fall

.), bensì in rapporto di concorrenza: per far sì che i crediti privilegiati di grado anteriore all'IVA non risentano negativamente dell'obbligo di integrale pagamento della stessa, occorre prevedere che entrambe le norme siano contemporaneamente applicate, senza che l'una risenta della contestuale applicazione dell'altra. In altre e più semplici parole, è necessario che la proposta concordataria preveda al contempo l'integrale pagamento dell'IVA ed il pagamento dei crediti privilegiati in misura almeno pari al valore ritraibile dalla liquidazione dei beni sui quali insiste la prelazione; se ciò non è possibile per insufficienza dell'attivo patrimoniale, è necessario l'apporto di mezzi finanziari esterni.

Questa è l'impostazione accolta dal Tribunale di Torino nel

decreto del 22 gennaio 2015,

dalla cui lettura scaturisce il presente contributo.

Il provvedimento del Tribunale di Torino

Nella fattispecie all'esame del Tribunale di Torino vi era una proposta di concordato preventivo interamente liquidatorio che contemplava l'integrale soddisfacimento del credito IVA e per ritenute operate e non versate ed il pagamento parziale di crediti privilegiati di rango poziore (si trattava, nel caso di specie, dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro, aventi privilegio generale sui mobili

ex

art. 2753 c.c.

, collocato al primo grado dall'

art. 2778 c.c.

). In particolare, in relazione a tali ultimi crediti, era proposto un importo inferiore rispetto a quanto avrebbe trovato capienza sui beni del debitore in mancanza dell'obbligo di pagamento integrale dell'IVA.

La società proponente giustificava tale proposta proprio alla luce dell'orientamento giurisprudenziale sopra illustrato, secondo cui l'obbligo di pagare integralmente il credito IVA non comporta la necessità di pagare integralmente anche i crediti di rango poziore.

Il Tribunale, pur premettendo di non volersi discostare dall'orientamento espresso dalla Suprema Corte, ha dichiarato inammissibile la proposta in quanto contraria all'

art. 160, comma 2,

l. fall

. Sul punto i Giudici torinesi hanno affermato non esservi discussione sulla natura di norma eccezionale dell'

art. 182

-ter

l. fall

. e, dunque, sulla idoneità di tale norma a derogare in casi determinati ad un principio generale. Pertanto, correttamente la Cassazione avrebbe affermato che l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA non comporta quello dell'integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore. Tuttavia, secondo il Tribunale, “tale affermazione deve essere intesa ed interpretata, a giudizio del Collegio, nel senso che in presenza di patrimonio sociale non capiente al pagamento dei creditori anteriori, questi ben possono essere falcidiati, ma ciò che non può essere consentito, pena la violazione dell'

art. 160, comma 2, LF

, è l'utilizzo delle risorse della società per pagare integralmente il credito IVA e ritenute operate e non versate a scapito dei creditori muniti di privilegio di grado anteriori che troverebbero altrimenti capienza”; in definitiva, conclude il Tribunale, “per rispettare la norma generale di cui all'

art. 160 comma 2

da un lato, e la norma eccezionale dell'

art. 182 ter LF

, norma eccezionale che incide unicamente su quel determinato credito disponendo l'integrale pagamento (senza deroga al divieto di alterare la graduazione dei crediti), in presenza di patrimonio sociale non capiente a soddisfare tutti i creditori di grado anteriore (che potranno essere falcidiati per la parte i cui non trovano capienza nel patrimonio del debitore), il debitore dovrà necessariamente ricorrere alla finanza esterna da destinare a quel pagamento”.

Considerazioni critiche

Il provvedimento del Tribunale di Torino, come detto, propone una originale interpretazione delle norme in esame ed un loro altrettanto originale coordinamento (condiviso da Trib. La Spezia sentenza 1/3 aprile 2015, n. 16, revocata da

App. Genova sentenza 2/28 luglio 2015

).

In primo luogo, come già anticipato, è evidente che secondo tale ricostruzione le norme di cui agli

artt. 160, comma 2 e 183-

ter

l. fall

. non si pongono in rapporto di genere a specie, ovvero in un rapporto per cui, sussistendone i presupposti, la seconda deroga alla prima (sulla nozione di “norma speciale”, cfr., R. Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, Vol. I, t. 1, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, Milano, 1998, 237; A. Pizzorusso, Fonti del diritto, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2011, 249). Nell'impostazione seguita dal Tribunale di Torino, infatti, non si può propriamente dire che l'

art. 182

-ter

l. fall

. “deroghi” all'

art. 160, comma 2,

l. fall

., nel senso che ne determini la disapplicazione in favore della prima norma: viene al contrario testualmente detto che la proposta di concordato debba rispettare l'

art. 182

-ter

l. fall

. e l'

art. 160, comma 2,

l. fall

.. Le norme si porrebbero, quindi, in rapporto di concorrente applicazione.

In tale prospettiva la decisione in commento presenta una sottile contraddizione, poiché se da un lato si afferma che “non vi è discussione sulla natura di norma eccezionale dell'

art. 182 ter LF

e neppure che, in ragione dell'eccezionalità, possa derogare, in casi determinati, ad un principio generale”, dall'altro l'

art. 182

-ter

l. fall

. è trattato non come norma eccezionale (o speciale), e dunque idonea a derogare all'

art. 160, comma 2,

l. fall

., bensì come norma di concorrente applicazione con quest'ultima.

Più in particolare, sembra che secondo il Tribunale di Torino l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA possa derogare soltanto ad una delle due norme recate dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

. (ovvero a quella che stabilisce il divieto di alterare l'ordine delle prelazioni), non potendo invece derogare all'altra (quella secondo la quale ai creditori privilegiati non può essere offerto meno di quanto avrebbero ritratto dalla liquidazione fallimentare del bene oggetto della prelazione). Tale seconda norma, dunque, resterebbe applicabile in concorso con quella dettata dall'

art. 182

-ter

l. fall

.

Il Tribunale non spiega, invero, le ragioni per cui, dei due vincoli apposti dall'

art. 160, comma 2, l.

f

all

. alla possibilità di pagamento parziale dei crediti privilegiati, uno dei due potrebbe essere derogato e l'altro, invece, prevarrebbe sulla norma eccezionale.

Tale incongruenza, tuttavia, sembra discendere da quella che già sembrava connotare le decisioni della

Cassazione del 2011

. Ed infatti, nell'affermare che l'obbligo di integrale pagamento del credito IVA non ha come effetto il “trascinamento” verso l'alto del trattamento di tutti i crediti privilegiati di grado poziore (e, quindi, costituisce deroga al divieto di alterare l'ordine delle prelazioni sancito dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

.), la Cassazione ha affermato che l'

art. 182

-ter

,

l. fall

. “è una disposizione eccezionale”, che attribuisce al credito IVA un trattamento particolare (imponendone l'integrale pagamento) “senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri”.

Orbene, nell'affermare che l'obbligo di pagare integralmente il credito IVA non incide automaticamente sul trattamento degli altri crediti, la Suprema Corte faceva riferimento all'insussistenza di un effetto di “trascinamento verso l'alto” del trattamento degli stessi, ovvero alla non obbligatorietà di un pagamento integrale anche di tali crediti. Logica vorrebbe, però, che se la norma non incide in melius sul trattamento dei crediti di grado poziore, non dovrebbe incidervi nemmeno in peius, determinandone una soddisfazione in misura inferiore.

Tuttavia, l'effetto della assoluta irrilevanza dell'obbligo di pagamento integrale del credito IVA rispetto al trattamento degli altri crediti privilegiati è possibile soltanto accedendo all'interpretazione del Tribunale di Torino, ovvero ritenendo che l'

art. 182

-ter

l. fall

. deroghi al divieto di alterare l'ordine delle prelazioni, ma non all'obbligo di garantire ai creditori privilegiati una soddisfazione almeno pari a quella ritraibile dalla liquidazione fallimentare: in altre parole, ritenendo che l'

art. 182

-ter

l. fall

. deroghi soltanto ad uno dei due vincoli dettati dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

. in tema di pagamento parziale dei crediti privilegiati. Soltanto aderendo a tale impostazione, infatti, il trattamento dei crediti privilegiati di grado anteriore all'IVA non risente, nè in meglio né in peggio, del peculiare trattamento assicurato al credito IVA.

Al contrario, accedendo alla tesi secondo cui l'

art. 182

-ter

l. fall

. deroghi anche al secondo vincolo stabilito dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., si accetta che l'obbligo di integrale pagamento del credito IVA abbia come conseguenza pratica quella di sottrarre risorse patrimoniali alla soddisfazione dei crediti privilegiati anteriori (diminuendo l'attivo patrimoniale sul quale viene calcolato l'importo minimo da garantire agli stessi, a norma dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

.). In tal caso, però, contrariamente a quanto affermato dalla Cassazione, è evidente che la norma eccezionale (finalizzata a regolare il trattamento del solo credito IVA) incide automaticamente sul trattamento degli altri crediti.

Conclusioni

Concludendo, il rapporto tra gli

artt. 160, comma 2, e 182

-ter

l. fall

. può astrattamente porsi secondo gli schemi di seguito illustrati.

  • Secondo un rapporto di “concorrenza piena” delle due disposizioni, l'obbligo di integrale pagamento dell'IVA dovrebbe “convivere” con il rispetto di entrambi i vincoli stabiliti dall'

    art. 160, comma 2,

    l. fall

    .: ne deriverebbe l'effetto di “trascinamento verso l'alto” del trattamento di tutti i crediti privilegiati di rango poziore, ovvero l'obbligo di integrale pagamento anche di questi ultimi. Tale tesi, tuttavia, è stata già respinta dalla giurisprudenza di legittimità.

  • Secondo uno schema di “concorrenza parziale” (o di “specialità parziale”) delle due disposizioni, l'

    art. 182-ter

    l. fall

    . avrebbe introdotto unaderoga soltanto ad uno dei vincoli stabiliti dall'

    art. 160, comma 2, l. fall.

    , ovvero quello che vieta di alterare l'ordine delle prelazioni, e non anche a quello che impone di garantire ai creditori privilegiati una soddisfazione almeno pari a quella ritraibile dalla liquidazione fallimentare del bene su cui insiste la prelazione; tale impostazione, che è quella seguita dal Tribunale di Torino nel decreto citato, garantisce che i crediti privilegiati di grado anteriore all'IVA non siano incisi, né in meliusin peius, dall'obbligo di pagamento integrale dell'IVA sancito dall'

    art. 182

    -ter

    l. fall

    .

  • Infine, secondo un rapporto di “specialità piena”, l'

    art. 182

    -ter

    l. fall

    . avrebbe derogato ad entrambi i vincoli dettati dall'

    art. 160, comma 2,

    l. fall

    .; accedendo a tale impostazione, tuttavia, l'obbligo di pagamento integrale dell'IVA non inciderebbe sui crediti privilegiati di rango anteriore in senso positivo (non determinandosi l'effetto di trascinamento verso l'alto stessi del trattamento di tali crediti), ma inciderebbe in negativo, comportando l'abbassamento della soglia minima di soddisfazione da garantire agli stessi.

Come detto, la giurisprudenza di Cassazione ha già escluso la praticabilità della prima soluzione, che avrebbe l'effetto pratico di vanificare le norme sulla possibilità di falcidiare anche i crediti privilegiati, introdotta nel 2007.

Le sentenze della Suprema Corte lasciano tuttavia aperto il campo alle altre due ipotesi possibili: si può accettare lo schema della “specialità pura” valorizzando il richiamo all'eccezionalità della norma dettata dall'

art. 182

-ter

l. fall

., oppure accogliere quella della “concorrenza parziale” ponendo l'accento sull'assunto secondo cui l'

art. 182

-ter

l. fall

. riguarderebbe soltanto il credito IVA senza dover incidere sugli altri crediti.

In astratto, entrambe tali due soluzioni sembrano parimenti percorribili. Non sembrano infatti fondate le critiche sollevate avverso tali due impostazioni da chi (G. Andreani, L'obbligo di pagamento dell'IVA e delle ritenute nel concordato preventivo con e senza transazione fiscale, cit., 1021) ha affermato che l'adesione alla tesi della “concorrenza parziale” comporterebbe “la violazione (e la sostanziale abrogazione) della menzionata disposizione dell'

art. 160 della legge fallimentare

, introdotta allo scopo di agevolare la soluzione delle crisi d'impresa”, mentre seguendo la tesi della “specialità pura” le proposte di concordato sarebbero sempre inammissibili per violazione dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

., in quanto i creditori di grado anteriore all'IVA verrebbero soddisfatti in misura inferiore rispetto a quanto ritraibile dalla liquidazione fallimentare.

In realtà, se si accetta che l'

art. 182-

ter

l. fall

. abbia introdotto una deroga anche al vincolo riguardante la soglia minima di soddisfazione dei crediti privilegiati (secondo lo schema della “specialità pura”), è chiaro che non v'è alcuna violazione dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

. Tale norma non troverebbe in effetti applicazione, tuttavia non perché violata, ma semplicemente perché derogata da una norma speciale (cfr. R. Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, Vol. I, t. 1, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu, F. Messineo, L. Mengoni, cit., 237). Ne conseguirebbe l'ammissibilità delle proposte conformi a tale schema.

D'altro canto, non si capisce perché il concorrente rispetto dell'obbligo di integrale pagamento del credito IVA (

ex

art. 182

-ter

l. fall

.) e del vincolo riguardante la soglia minima di soddisfazione di tutti i crediti privilegiati (

ex

art. 160, comma 2,

l. fall

.), secondo lo schema della “concorrenza parziale” dovrebbe comportare la “violazione (e la sostanziale abrogazione) della menzionata disposizione dell'art. 160”, come affermato dall'Autore citato in nota. Detta impostazione comporterebbe, è vero, un maggiore onere finanziario a carico del proponente il piano concordatario (pari all'importo necessario al pagamento integrale del credito IVA). Tale aggravio costituirebbe, tuttavia, un effetto concreto derivante proprio dal concorrente rispetto dell'obbligo stabilito dall'

art. 182

-ter

l. fall

. (obbligo introdotto sulla base di una discrezionale valutazione del legislatore) e del vincolo sancito dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., di talché non si comprende in che modo questo possa costituire violazione o abrogazione della norma medesima (né l'Autore citato sembra spiegarlo).

Chiarito che entrambe le soluzioni sono astrattamente percorribili, sembra tuttavia che una lettura maggiormente aderente al dato letterale dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

. possa indurre ad accogliere la tesi della “specialità pura”: l'

art. 160, comma 2,

l. fall

. stabilisce, infatti, che i creditori privilegiati possano essere soddisfatti parzialmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore “a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione”.

Orbene, l'

art. 182

-ter

l. fall

. attribuisce al credito IVA nell'ambito del concordato preventivo una “collocazione preferenziale” diversa da quella che lo stesso credito ha al di fuori di tale procedura; sembra dunque logico ritenere che questa collocazione debba esplicare i suoi effetti anche ai fini dell'

art. 160, comma 2,

l. fall

. (che alla collocazione preferenziale fa espresso riferimento), riducendo la soglia minima di soddisfazione da riservare agli altri crediti privilegiati.

In tal senso depone anche la qualifica attribuita dalla Cassazione all'art. 182-ter come “norma eccezionale” rispetto ai principi generali applicabili a tutti gli altri crediti privilegiati. Ed infatti, non sembrano sussistere elementi testuali o logici in grado di giustificare la specialità dell'

art. 182

-ter

l. fall

., (e dunque la sua portata derogatoria) soltanto rispetto ad uno soltanto dei vincoli stabiliti dall'art. 160, comma 2 (il divieto di alterare l'ordine delle prelazioni), e non anche rispetto all'altro (l'obbligo di assicurare ai crediti privilegiati una soddisfazione almeno pari a quella ricavabile dalla liquidazione fallimentare sui beni oggetto di prelazione). Se si afferma la specialità dell'

art. 182

-ter

l. fall

., come sembra aver fatto la Cassazione, la si dovrebbe riconoscere rispetto ad entrambi i vincoli sanciti dall'

art. 160, comma 2,

l. fall

., accedendo così alla tesi sopra indicata come della “specialità pura”.

Ciò detto, resta da capire il senso dell'affermazione fatta dalla Suprema Corte, secondo cui l'

art. 182

-ter

l. fall

. avrebbe attribuito un trattamento peculiare al credito IVA “senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri”.

In realtà, contrariamente a quanto affermato dalla Suprema Corte, dalla disamina appena svolta emerge che l'applicazione dell'

art. 182-

ter

l. fall

. incide, ed anche sensibilmente, su tutti i crediti privilegiati di rango superiore all'IVA. In particolare, tale obbligo incide sugli altri crediti privilegiati in peggio (determinando l'abbassamento della soglia di soddisfazione minima), ma non in meglio (non determinando, invece, il trascinamento verso l'alto del trattamento di tutti i crediti di rango poziore).

In effetti, l'affermazione della Cassazione sembra riferita esclusivamente alla fattispecie dedotta dinanzi ad essa, e non può ritenersi espressiva di un principio generale (quello secondo cui il trattamento dei crediti privilegiati di grado anteriore all'IVA non dovrebbero risentire dell'obbligo di integrale pagamento dell'IVA).

Il Tribunale di Torino, dal canto suo, dando eccessiva rilevanza a tale affermazione, le ha attribuito efficacia di principio, portandola alle logiche, ma estreme conseguenze secondo cui i crediti privilegiati di grado poziore all'IVA non possono subire alcun effetto dalla previsione dell'obbligo di pagamento integrale dell'IVA stessa. Tale decisione dunque, non appare condivisibile nei contenuti anche se, come detto in apertura, offre interessanti spunti di riflessione su un tema assai controverso quale il giusto coordinamento tra gli

artt. 182

-ter

e

160, comma 2,

l. fall

.

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