Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015 - Concordato preventivo: le novità di agosto

11 Dicembre 2015

Dopo il focus di Alessandro Farolfi dedicato alle novità apportate dal d.l. n. 83/2015 sulla disciplina del fallimento, lo Speciale sulla “miniriforma” prosegue con la seconda parte del suo contributo in tema di concordato preventivo. I nodi focali a cui l'Autore dedica particolare attenzione sono il limite di soddisfacimento del 20% dei creditori chirografari previsto dall'ultimo comma dell'art. 160 l. fall., il regime della contendibilità dell'impresa in crisi con la possibilità di presentare proposte e offerte concorenti ed, infine, i finanziamenti interinali di cui all'art. 182-quinquies l. fall.
Le modifiche in tema di concordato: principi generali e disciplina transitoria

Le modifiche introdotte dalla recentissima (ed ennesima) riforma estiva, avvenuta con il

d.l. 27 giugno 2015, n. 83

, oggetto di conversione con

l. 6 agosto 2015, n. 132

, pubblicata sulla G.U. del 20 agosto 2015 ed in vigore dal giorno successivo, impattano in modo consistente sulla disciplina delle procedure concorsuali. Si tratta di modifiche che, dopo una stasi protrattasi per quasi 50 anni, si aggiungono ad un “interventismo” normativo che ha portato quasi annualmente a modificare od integrare disposizioni delle

legge fallimentare

determinando una certa disarmonia complessiva del sistema.

Se, infatti, la riforma del 2006-2007 era stata chiaramente ispirata da un favor per le soluzioni concordatarie alternative al fallimento (si pensi soltanto all'abbandono dell'idea che il c.p. fosse appannaggio esclusivo del debitore meritevole ed alla scomparsa della soglia di sbarramento del 40% di soddisfacimento, a favore di una completa atipicità della proposta concordataria) e se, ancora, la miniriforma del 2012 aveva ulteriormente accentuato il favor debitoris (per tutti l'introduzione del concordato in bianco o “prenotativo”), si deve sicuramente evidenziare come la riforma del 2015 porti ad un complessivo riequilibrio delle posizioni e degli interessi dei creditori rispetto a quelli dell'imprenditore in crisi, con il non nascosto fine di eliminare alcune “storture” applicative, quando non veri e propri “abusi” nell'utilizzo dello strumento concordatario.

Si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge 27 giugno che la stessa “contendibilità dell'impresa in crisi” ha la finalità di “massimizzare la recovery dei creditori concordatari e di mettere a disposizione dei creditori una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore”.

E' forse presto per concludere che le nuove norme segneranno una drastica diminuzione nel ricorso al concordato preventivo, ma è tuttavia già evidente come il maggior rigore richiesto nella predisposizione delle soluzioni alternative al fallimento potrebbe comportare, almeno in prima battuta e sino alla stabilizzazione delle prime prassi applicative, ad una maggiore cautela nell'esternare la propria situazione di insolvenza ed a ricorrere tempestivamente al concordato in bianco, per il pericolo che ciò origini richieste di fallimento da parte dei creditori rispetto alle quali si evidenzi l'impossibilità per il debitore di formulare, a quel punto, proposte di concordato ammissibili in base alle nuove disposizioni.

Nel complessivo filone del riequilibrio della posizione fra debitore e creditori, inoltre, si colloca certamente (oltre all'accennata contendibilità dell'impresa in crisi e dei suoi cespiti):

  • un non nascosto disfavore del legislatore della riforma per le soluzioni concordatarie meramente liquidatorie (si pensi al dibattuto limite minimo di soddisfacimento del 20% di cui all'art. 160, ultimo comma, non applicabile ai concordati soggetti all'

    art. 186

    -

    bis

    l.

    fall

    . ed alla diversa percentuale necessaria a “bloccare” eventuali proposte concorrenti prevista dall'art. 163, comma 5 a seconda della tipologia di piano in concreto adottata);

  • un rafforzamento del ruolo del commissario giudiziale, cui vengono attribuiti nuovi e delicati compiti (si pensi alla funzione di tramite delle informazioni riservate da comunciarsi ai terzi interessati a formulare offerte o proposte concorrenti, alle valutazioni comparative richieste in sede di relazione

    ex

    art. 172

    l. fall

    . rispetto ad un'alternativa fallimentare “rimpinguata” dalle possibili azioni revocatorie o risarcitorie o, ancora, al compito di segnalazione di fatti penalmente rilevanti alla Procura della Repubblica);

  • le modifiche in tema di voto e, più in particolare, l'abbandono del metodo di esternazione del consenso mediante assenso/tacito ed un ritorno al voto palese (cfr.

    art. 178

    ,

    ult. co

    mma

    ,

    l. fall

    .);

  • le modifiche all'art. 169-bis che, pur con alcune incertezze nella formulazione della norma integrativa, vanno decisamente nel senso della equiparazione della nozione di “contratti in corso di esecuzione” a quella di “contratti pendenti” di cui all'

    art. 72

    l. fall

    ., nonché della necessità del contraddittorio con il terzo contraente e dell'efficacia non retroattiva del disposto scioglimento giudiziale.

Deve poi considerarsi che ulteriori possibili modifiche potrebbero a breve essere introdotte a seguito del preannunciato disegno di legge delega che l'apposita Commissione tecnica costituita presso il Ministero della Giustizia e presieduta dal Consigliere Rordorf si accinge, a quanto sembra, a depositare a breve.

Prima di affrontare le principali modifiche che si intende specificamente commentare in questa sede, pur con i limiti di spazio a disposizione, sia consentito un ulteriore accenno preliminare al tema dell'ambito di applicazione temporale della riforma, per la centralità che tale problematica assume in questa fase iniziale post riforma.

L'espressione “procedimenti di concordato” utilizzata ripetutamente dall'art. 23 della

l. 132/2015

appare in effetti sufficientemente generica da ricomprendere anche il preconcordato, che rappresenta pur sempre una fase della stessa procedura concordataria che inizia con ricorso e comporta l'emissione di un provvedimento del tribunale con possibilità di nomina immediata del commissario giudiziale. Del pari, il verbo “introdotti” - utilizzato dal legislatore in modo distonico rispetto ad altre disposizioni (ove si parla di ammissione o di pubblicazione della domanda) - sembra lasciare trasparire la sufficienza del semplice deposito del ricorso da parte dell'imprenditore, non volendosi addossare allo stesso eventuali ritardi da parte dell'ufficio giudiziario, soprattutto considerando il periodo estivo in cui la riforma è intervenuta.

Può perciò ritenersi che le nuove norme si applicheranno totalmente ai procedimenti iniziati anche soltanto con ricorso

ex art. 161, comma 6, l. fall.

depositato a partire dal 21 agosto scorso, mentre i ricorsi precedenti avranno un effetto per così dire “prenotativo” non soltanto ai fini della tendenziale cristallizzazione dell'attivo e del passivo concordatario, ma anche della stessa disciplina applicabile alla procedura (in questi termini anche Ambrosini, cit.). Del resto, la circostanza che l'art. 23 comma 1 faccia sempre riferimento all'espressione “procedimenti di concordato preventivo” per stabilire che le disposizioni di cui all'art. 1 si applicano agli stessi se “introdotti anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto” appare fortemente significativa: le modifiche dell'art. 1 infatti riguardano un istituto, quello dei finanziamenti interinali urgenti, che dichiaratamente può essere utilizzato nella fase preconcordataria.

Da qui, pertanto, la conferma che l'espressione utilizzata dalla riforma quale actio finium regundorum è sufficientemente ampia da ricomprendere il ricorso prenotativo di cui all'

art. 161, co

mma

6,

l. fall

. (ci si permette perciò di non condividere, su questo specifico punto, quanto affermato dalla recentissima decisione del

Trib. Pistoia, 29 ottobre 2015

, peraltro già contraddetta da

Trib. Trento, 15 ottobre 2015

, ivi, secondo cui, in modo condivisibile, “in caso di deposito di un ricorso ex art. 161, comma 6, assume rilevanza la data di deposito della domanda di concordato con riserva, rispetto alla quale il successivo deposito della proposta e del piano costituisce una mera integrazione e non l'introduzione di un nuovo procedimento”).

La diversa scansione temporale del procedimento di concordato

Appare utile, al fine di consentire una immediata intelligibilità delle modifiche procedimentali apportate, allegare uno schema di confronto riassuntivo della scansione temporale della procedura di concordato così come – salvo ipotesi patologiche, necessità di rinvio, apertura del procedimento

ex

art. 173

l. fall

. – risulta ridisegnata dalla

legge 132/2015

:

PRIMA

DOPO

Presentazione della proposta

Diretta o scad. termini 161 comma 6 (fino a 120 + 60 gg.)

Presentazione della proposta

Diretta o scad. termini 161, comma 6 (fino a 120 + 60 gg.)

Ammissione

15 gg. per integrazione

Ammissione

15 gg. per integrazione

Deposito della relazione art. 172

10 gg. prima adunanza creditori

Deposito della relaz. art. 172

45 gg. prima adunanza creditori

Proposte concorrenti

30 gg. prima adunanza creditori

Modifica della proposta

Fino inizio delle votazioni

Modifica della proposta

15 gg. prima adunanza creditori

Relazione integrativa

10 gg. prima adunanza creditori

Conclusione del procedimento

6 mesi prorog. 1 volta per 60 gg.

Conclusione del procedimento

9 mesi prorog. 1 volta per 60 gg.

Il limite di soddisfacimento del 20%

Uno dei punti “nodali” della riforma risiede nell'inserimento di un nuovo ultimo comma nell'

art. 160

l. fall

., che testualmente recita:

In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell'ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis”.

Su tale disposizione e sul significato del verbo “assicurare” si sta sviluppando una forte dialettica, che oltre a toccare l'esegesi di una norma certamente innovativa già ora solleva dispute circa la sua effettiva utilità (posto che non distinguendo, ad es. fra concordati liquidatori puri e concordati con apporto di finanza esterna potrebbe, anzi, costituire l'incentivo a fallimenti privi di concreta utilità differenziale per i creditori).

La nuova disposizione, inserita all'ultimo comma dell'

art. 160

l. fall

., per la sua centralità richiede alcune notazioni aggiuntive, quantomeno sintetiche, avvertendo il lettore della loro provvisorietà e del carattere necessariamente non esaustivo, in attesa che si formi un orientamento giurisprudenziale che possa definirsi dominante o, almeno, principale.

  • Circa l'espressione “deve assicurare” si è sostenuto che la stessa non possa interpretarsi letteralmente, non potendo cioè ritenersi che la stessa introduca una sorta di “garanzia” della percentuale; su tale affermazione può anche convenirsi in linea di principio posto che – altrimenti – il legislatore avrebbe implicitamente eliminato il concordato meramente liquidatorio per lasciare unicamente spazio a quello con continuità aziendale o per garanzia; inoltre l'espressione “assicurare” è utilizzato sicuramente con significati non sempre perfettamente coincidenti dal legislatore della riforma, se si considera che oltre al nuovo ultimo comma dell'

    art. 160

    l. fall

    . impiega detta locuzione anche l'interpolazione apportata alla nuova lett. e) dell'

    art. 161, comma 2, l. fall.

    (con riguardo al concetto di “utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile”) nonché il nuovo art. 163, comma 6 a proposito dell'attestazione “qualificata” idonea a rendere inammissibili eventuali proposte concorrenti. Peraltro, neppure l'atecnicità della locuzione può essere eccessivamente enfatizzata: il collegamento con l'utilità che il debitore deve necessariamente impegnarsi ad assicurare e l'apertura tranchant della disposizione “In ogni caso” sono elementi testuali rilevanti, destinati a saldarsi con l'argomento teleologico fornito dalla relazione di accompagnamento secondo cui la modifica ha “la finalità di evitare che possano essere presentate proposte per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo che lascino del tutto indeterminato e aleatorio il conseguimento di un'utilità specifica per i creditori”. Pertanto – pur sussistendo autorevole opinione contraria - il verbo ”assicurare” appare utilizzato sì in senso atecnico, ma come sinonomo di impegno obbligatorio e non semplicemente descrittivo a formulare una proposta di concordato che preveda la cessione di beni tali da consentire un soddisfacimento del 20% per i chirografari (sulla scorta delle perizie, delle verifiche dell'attivo e del passivo, nonchè della relazione di attestazione); ovviamente resta il vero tema del contrasto fra la formulazione della domanda di concordato e l'esito delle verifiche del commissario giudiziale, confluenti nella relazione

    ex art. 172 l. fall.

    che, a parere di chi scrive possono prevalere sulla prima previo vaglio di ragionevolezza e portare ad una revoca/inammissibilità sopravvenuta ai sensi dell'

    art. 173, ult. co., l. fall.

    (“… se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato”); del resto, che la stessa relazione

    ex

    art. 172

    l. fall

    . abbia oggi un valore “privilegiato” può desumersi dalla disciplina delle proposte concorrenti, laddove il terzo può non allegare alcuna attestazione se si rifà agli accertamenti ed ai valori verificati dal C.G. Si può pertanto concludere, pur con la sinteticità di queste annotazioni, che la norma reintroduce nel vaglio di ammissibilità demandato al Tribunale quello relativo alla idoneità della proposta a consentire con “regionevole certezza” un grado minimale di soddisfacimento fissato per legge (sia pure filtrata dalla verifica di inidoneità dell'attestazione fornita dal debitore) ma non elimina il fatto che il “rischio della liquidazione” – insita in ogni cessio bonorum - sia pur sempre sopportato dai creditori, ferma la possibilità degli stessi di richiedere la risoluzione del concordato, questa sì resa certamente più agevole dalla nuova norma, posto che oggi vi è una indicazione espressa e specifica cui far riferimento per verificare la gravità o meno dell'inadempimento (da accertare in chiave puramente oggettiva).

  • Circa l'ambito di applicazione, afferma testualmente la nuova norma che (essa) “non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis” con una espressione che, ad avviso dello scrivente, va interpretata in senso ampio, ossia che è sufficiente che il concordato sia anche parzialmente in continuità per escludere l'applicazione dell'innovativo limite di ammissibilità (in altri termini, in un concordato “misto” con continuità ma anche con cessione di beni ritenuti non strategici il nuovo limite di soddisfacimento non pare applicabile neppure in proporzione ai valori assicurati dalla parte liquidatoria rispetto al più complessivo attivo concordatario); si è più volte affermato che l'art. 186-bis introduce una sorta di “statuto” del concordato in continuità ad applicazione necessaria per i rischi che la prosecuzione diretta dell'attività può determinare alle ragioni creditorie e che rende perciò essenziali le cautele ivi previste (redazione di un business plan, attestazione “rafforzata” sulla funzionalità al miglior interesse dei creditori, nuova ipotesi di revoca di cui all'ultimo comma dell'

    art. 186

    -

    bis

    l. fall

    .) e percorribili gli incentivi connessi (prosecuzione dei contratti pubblici, pagamento dei crediti anteriori “strategici”, ecc..); resta possibile una interpretazione alternativa basata sul criterio di “prevalenza” che riconduce il singolo piano nella continuità o nella liquidazione a seconda dell'entità delle risorse assicurate dalla prosecuzione o dalla vendita dei beni, ma si tratta di prospettiva già più volte smentita dalla giurisprudenza di merito in tema di nomina del liquidatore giudiziale (cfr.

    Trib. Roma 22 aprile 2015 e 24 luglio 2015

    , Trib. Ravenna 28 aprile 2015); sotto altro profilo resta ovviamente dibatutto lo stesso concetto di continuità ed il tema della compatibilità dello stesso con il contratto di affitto d'azienda (che ad avviso dello scrivente deve sempre escludersi quantomeno nella ipotesi in cui il contratto di affitto d'azienda sia concluso anteriormente o in coincidenza rispetto al momento dell'ammissione alla procedura di concordato vera e propria: cfr. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, Fall. 2013, 1229).

  • Quanto all'utilizzo del verbo “pagamento” in luogo di soddisfacimento: si tratta di disposizione di non agevole coordinamento con lo stesso primo comma lett. a) del medesimo

    art. 160

    l. fall

    ., che parla di “soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma”; molto probabilmente si tratta di una “svista” del legislatore posto che una interpretazione puramente letterale introdurrebbe evidenti disparità di trattamento rispetto al concordato con continuità, che pure altre disposizioni (ad es.

    art. 163

    ,

    co

    mma

    5

    , l.

    fall

    . e la stessa mancata previsione della soglia del 20%) sembrano preferire; anche il nuovo art. 161, comma 2, lett. e), parlando più genericamente di “utilità” sembrerebbe nel senso si scongiurare una interpretazione puramente letterale dell'espressione “pagamento” e della regola di cui all'

    art. 1277 c.c.

  • In ordine alla verifica inerente il rispetto della percentuale minima introdotta, inoltre, appare persuasivo quanto si va affermando in ordine alla necessità che le risorse complessivamente riservate dalla proposta ai creditori chirografari rappresentino almeno il 20% dell'importo totale dei crediti privi di cause legittime di prelazione, con la possibilità per il debitore di ripartire dette risorse secondo classi omogenee, non dovendo invece garantire il rispetto del predetto limite attraverso la “media ponderata” del soddisfacimento offerto a ciascuna classe, né tantomano prevedere classi ciascuna delle quali riceva un soddisfacimento di almeno il 20% (ovviamente tale problema sarà destinato a porsi nel solo caso di concordato per classi, tutt'altro che infrequente).

La contendibilità dell'impresa in crisi: offerte e proposte concorrenti (cenni)

Le novità principali della riforma si colgono altresì in tema di proposte ed offerte concorrenti, che rappresentano, come anticipato, il tentativo del legislatore della miniriforma del 2015 di favorire una maggiore efficienza satisfattiva delle ragioni creditorie, determinando quella che già è stata chiamata “fine dell'era delle proposte di concordato chiuse” (cfr. Vitiello, Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell'era delle proposte di concordato chiuse, ivi).

L'idea di fondo è che la “competizione” generi efficienza ed impedisca soluzione “preconfezionate” che non abbiano in realtà lo scopo di massimizzare la recovery dei creditori quanto, piuttosto, di impedire l'alienazione a terzi degli assets di maggiore interesse attraverso vincoli contrattuali od offerte vincolanti di soggetti “vicini” allo stesso imprenditore insolvente (quando non a questi direttamente riconducibili). E' infatti evidente che in questi casi lo causa del concordato può essere “piegata” (secondo terminologia invalsa nello studio privatistico del c.d. negozio indiretto) per perseguire uno scopo diverso da quello assunto come tipico dalla fattispecie legale concordataria, imponendo una soluzione ben precisa al trasferimento dell'impresa pur se insoddisfacente per il ceto creditorio.

Molte sarebbero le considerazioni da svolgere su questi temi, vero e proprio banco di prova della riforma, come pure lo spazio da dedicare all'enucleazione delle prime problematiche applicative che è dato intravedere sin da ora. Lo spazio a disposizione, tuttavia, non consente che alcune considerazioni sollecitate da una prima interpretazione delle nuove norme.

Proposte concorrenti

L'art. 3 della

l. 132/2015

introduce attraverso la riscrittura della parte finale dell'

art. 163

l. fall

. il nuovo ed inedito istituto delle proposte concorrenti (novità assoluta per il concordato preventivo, mentre tale facoltà era già prevista nel campo del concordato fallimentare).

In linea con quanto anticipato, la relazione di accompagnamento precisa che la finalità della innovazione consiste nell'“offrire ai creditori strumenti per impedire che il debitore preesenti proposte che non rispecchiano il reale valore dell'azienda (appropriandosi, così, integralmente del surplus di ristrutturazione, ossia del maggiore valore creato dalla riorganizzazione rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare) … di consentire ai creditori, o ad altri imprenditori che acquistino crediti verso l'impresa in crisi, di presentare proprie proposte ai creditori qualora ritengano di poter gestire meglio l'attività e siano deisponibili ad immettere nuovi capitali”.

La previsione della possibilità di presentare proposte concorrenti anche nei non rari casi in cui di fatto ciò non possa concretamente avvenire ha comunque un effetto coattivo indiretto, stimolando infatti l'imprenditore in crisi a formulare da subito la migliore proposta concordataria possibile per evitare l'eventualità che un creditore interessato possa avanzare una proposta alternativa che, ad esempio, abbia l'effetto di “soffiargli” di mano la gestione dell'azienda.

Proprio per questo si è specificato che l'eventuali proposte concorrenti devono ritenersi inammissibili quando “nella relazione di cui all'art. 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il 40% dell'ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis, di almeno il 30% dell'ammontare dei crediti chirografari”. Il raggiungimento di tali soglie di soddisfacimento, in altri termini, costituisce una sorta di presunzione legale assoluta circa la maggiore convenienza della proposta concordataria del debitore, che impedisce la proposizione di proposte alternative o, qualora già formulate, rende le stesse inammissibili e non sottoponibili al voto.

Per punti essenziali alcune delle questioni ipotizzabili:

  • la legittimazione spetta ad uno o più creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di cui all'art. 161 rappresenti almeno il 10% dei crediti risultante dalla situazione patrimoniale aggiornata prevista dal secondo comma lett. a) della medesima disposizione;

  • la qualità di creditore sembra dover essere anteriore, potendo solo aumentarsi la propria rappresentatività rispetto all'intera massa debitoria e non acquistare in corso di procedura la stessa qualifica di creditore; tale interpretazione, oltre che maggiormente aderente al dato letterale della disposizione prevista dall'art. 163, comma 5 (che sembra far riferimento ad un soggetto che già sia indicato come creditore nella situazione patrimoniale aggiornata depositata unitamente al piano concordatario), limita la possibilità di ingresso di free riders interessati non tanto a formulare una proposta appetibile quando ad acquisire notizie riservate sull'impresa in crisi, magari proprio di uno scomodo concorrente; tutt'al più può concedersi che la qualità di creditore possa essere acquisita nel corso della fase di pre concordato, che anticipa il deposito della proposta vera e propria e dell'ulteriore documentazione richiesta dal citato art. 161, comma 2;

  • la misura percentuale legittimante, secondo dato letterale sul punto non equivoco, appare doversi calcolare sul complessivo passivo concordatario e non sulla sola quota chirografaria, detratti i crediti delle società controllanti la debitrice, delle controllate e di quelle società che siano sottoposte a comune controllo; a parere del relatore tale esclusione non riguarda unicamente il computo del passivo su cui calcolare il possesso della quota del 10% ma, ancor prima, impedisce a questi soggetti la stessa formulazione di proposte concorrenti, stante l'eadem ratio di evitare che la proposta non sia in realtà affatto concorrente ma (provenendo da soggetto indirettamente coinvolto nel dissesto) venga ad incidere sulla genuinità del voto;

  • se la proposta concorrente può essere depositata sino a 30 giorni prima dell'adunanza prevista per le votazioni dei creditori, di cui all'

    art.

    174

    l. fall

    ., deve al contempo ritenersi che sino al termine massimo previsto per la modifica della proposta (15 gg. prima di detta udienza) il debitore possa modificare e migliorare la soluzione concordataria offerta ai creditori e quindi “rilanciare” sino alle percentuali comportanti l'inammissibilità della proposta concorrente del 30% (nel concordato in continuità) o del 40% (nella soluzione liquidatoria); questa eventualità genererà quasi sicuramente la necessità di disporre un rinvio dell'adunanza dei creditori al fine di consentire al commissario giudiziale un adeguato approfondimento e verificare se il “rilancio” sia sostanzialmente un “bluff” oppure abbia un concreto e sostanziale fondamento nell'interesse dei creditori;

  • l'

    art. 163, comma 7, l. fall

    . prevede che il creditore che avanza una proposta concorrente possa votare soltanto se egli è collocato in un'autonoma classe; come è noto la giurisprudenza prevalente ha negli ultimi anni ritenuto l'inesistenza di un obbligo di classamento nel concordato preventivo; la nota

    Cass. 10 febbraio 2011, n. 3274

    (est. Zanichelli), pur affrontando un caso di concordato fallimentare, ha infatti affermato in termini generali che “dalla formulazione letterale delle disposizioni che in qualche misura si riferiscono alle classi emerge che l'utilizzazione delle classi nell'ambito della proposta concordataria non è in alcun caso prevista come obbligatoria. L'obbligo delle classi non può derivare dalle diverse situazioni individuali che possono portare a valutazioni variegate sulla proposta, dal momento che dette situazioni sono potenzialmente tante quanti sono i creditori ed un loro censimento porterebbe ad una proliferazione assurda delle classi ed, in asenza di parametri normativi di riferimento, la valutazione del giudice rischierebbe di confinare con una sostanziale discrezionalità”; la disposizione in esame non introduce un obbligo legale di classamento bensì un onere giuridico: qualora il creditore concorrente intenda votare potrà farlo soltanto se inserito in classe ad hoc ; deve peraltro ritenersi che – soprattutto dopo la scomparsa del voto tacito – tale eventualità diverrà la regola, con la conseguente necessità per il tribunale di vagliare preliminarmente rispetto alla messa in votazione della proposta concorrente la correttezza dei criteri seguiti per la formazione delle diverse classi (così l'

    art. 163

    ,

    ult. co.

    ,

    l. fall

    .); naturalmente, in relazione a quanto prevede l'

    art. 177

    , comma

    2

    ,

    l. fall

    ., il creditore concorrente voterà soltanto se chirografario o se rinuncia in tutto od in parte alla prelazione (o per la parte che eccede i limiti di capienza su cui grava il privilegio di cui è portatore) pur potendo in astratto darsi il caso del creditore concorrente ipotecario (ad esempio una banca) che avanza una proposta su cui non vota, o vota ma nei limiti precisati;

  • l'art. 177 in collegamento con l'art. 175, ultimo comma sembra ipotizzare la necessità che la proposta concorrente si “appoggi” necessariamente a quella del debitore: è infatti previsto che siano sottoposte alle votazioni tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori e solo per queste ultime seguendo l'ordine cronologico di presentazione; è inoltre previsto che prevalga la proposta che ottiene la maggioranza più ampia dei crediti ammessi al voto e che in caso di parità prevalga quella del debitore, ovvero che in caso di parità fra proposte dei creditoriquella presentata per prima; nel caso in cui nessuna delle proposte raggiunga le maggioranze di legge il G.D. rimette al voto la sola proposta che aveva raggiunto la maggioranza relativa. L'interpretazione del necessario collegamento della proposta concorrente con quella del debitore può in effetti creare problematiche di non poco momento, ove si ritenesse che il debitore possa liberamente rinunciare alla propria domanda di concordato, determinando l'arresto prematuro della procedura qualora non vi siano istanze di fallimento pendenti.

Offerte concorrenti

Anche l'introduzione delle offerte concorrenti previste dal nuovo

art. 163

-

bis

l. fall

. e, più in generale, della necessaria competitività delle cessioni concordatarie (quale desumibile dal novellato art. 182, comma 4) ha lo scopo di massimizzare il soddisfacimento dei creditori e verificare che il corrispettivo previsto per la cessione a terzi dei beni e diritti costituenti l'attivo concordatario avvenga al miglior prezzo di realizzo possibile.

Giustamente si è sottolineato come l'innovazione normativa tragga spunto da alcune prassi virtuose applicate in sede giudiziaria, prima fra tutti il noto caso San Raffaele (su cui Lamanna, cit. a p. 41 ricorda come la procedura competitiva applicata ad un preliminare concluso in una situazione di sospetto comflitto di interessi abbia portato alla indiviudazione di un'offerta di ben 155 milioni di Euro superiore a quella individuata inizialmente dalla Fondazione) o, per restare ad un'esperienza sicuramente più vicina e nota a questo distretto, la vicenda della cessione dell'azienda “La Perla” nel corso di una gara competitiva avvenuta nella fase preconcordataria.

Il nuovo art. 163-bis si applica sia al “pacchetto preconfezionato” con obbligazioni per il solo offerente (“quando il piano di concorato di cui all'art. 161 co. 2 lett. e) comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell'omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni”) sia al caso in cui il concordato risulti effettivamente “chiuso” attraverso un contratto preliminare (cioè “quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo d'azienda o di specifici beni”).

In tali casi si prevede che il Tribunale (normalmente con lo stesso decreto di ammissione alla procedura concordataria di cui all'

art. 163

l. fall

.) dispone la ricerca di interessati all'acquisto, disponendo l'apertura di un procedimento competitivo, fissando le modalità di presentazione delle offerte in modo che ne sia assicurata la comparabilità, gli eventuali requisiti di partecipazione degli interessati, forme e tempi di accesso alle informazioni rilevanti, modalità di rilascio da parte del commissario giudiziale e limiti di utilizzo. Il decreto fissa altresì una udienza per l'esame delle offerte, l'aumento minimo e le forme di pubblicità, fra cui in ogni caso la pubblicazione sull'istituendo portale delle vendite ministeriale di cui all'

art. 490 c.p.c.

Qualora l'offerta iniziale sia diversa da quella sussunta dal tribunale come base della competizione, la stessa diviene irrevocabile nel momento in cui viene modificata in conformità a quanto previsto nel decreto del tribunale.

Deve ritenersi, parlandosi di udienza, che la stessa debba svolgersi necessariamente davanti al giudice delegato e che la stessa vada fissata con un congruo anticipo rispetto all'adunanza dei creditori.

Poiché potrebbe accadere che la proposta concordataria debba essere modificata in ragione dell'esito della gara, quest'ultima dovrà ragionevolmente tenersi in tempo utile non soltanto per l'adunanza dei creditori ma, altresì, prima dello spirare del termine entro cui sono consentite modificazioni della proposta (15 giorni prima dell'udienza

ex

art. 174

l. fall

.) ed ove possibile anticipata al punto da poter essere recepita nella relazione del commissario giudiziale, che come già avvertito deve depositare la propria relazione almeno 45 gg. prima della citata adunanza.

Opportunamente l'ultimo comma dell'art. 163-bis precisa che tale disciplina va applicata anche in fase preconcordataria (cioè ove la cessione sia prevista come atto da autorizzare

ex

art. 161

,

co

mma

7

,

l. fall

.) ed altresì all'affitto d'azienda (deve ritenersi per il vincolo indiretto che simile negozio finisce con lo stabilire rispetto alla circolazione effettivamente libera ed efficiente del complesso aziendale, vere essendo le preoccupazioni sollevate da Varotti, Appunti veloci sulla riforma 2015 della

legge fallimentare

, in ilcaso.it, circa le effettive possibilità di competizione da parte dei terzi quando l'azienda sia ormai passata nelle mani di un affittuario “non ostile” all'imprenditore in crisi).

Letteralmente si potrebbe pensare che resti fuori dal campo applicativo della competitività il caso in cui il piano concordatario venga presentato senza offerta e venga così ammesso dal Tribunale e, successivamente, nello spatium temporis che manca alle votazioni pervenga un'offerta vincolante che il debitore ritenga di accettare subordinatamente all'autorizzazione di cui all'

art. 167 l

.

f

all

.

E' evidente che ove tale fattispecie restasse esclusa sarebbe ben semplice aggirare la nuova disposizione. Poiché, tuttavia, la stessa appare uno dei pilastri della riforma del 2015, un simile esito interpretativo non può essere accolto. A parere di chi scrive il caso rientra comunque sotto l'ombrello applicativo della più generale regola di pubblicità e gara posta dal nuovo

art. 182, comma 5, l. fall.

, che pure inserito in una norma dedicata letteralmente alle cessioni post omologa, tuttavia si rivolge “alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo”. Pertanto in un caso come quello ipotizzato l'autorizzazione

ex

art. 167 l

.

fall

. non potrà che essere condizionata dal previo esperimento della procedura competitiva o, al limite, essere rigettata in attesa che post omologazione si proceda alla gara (ovviamente questa seconda evenienza appare recessiva per coloro che, come chi scrive, già reputavano possibile una esecuzione anteicipata della fase liquidatoria rispetto alla omologazione e colgono nella nuova norma inserita

nell'artt. 182

l. fall

. un sorta di chiusura del sistema che vale ad estendere il test market e la concorrenza ad ogni ipotesi di cessione che letteralmente restasse fuori dall'ambito applicativo dell'

art. 163

-

bis

l. fall

.).

Piuttosto lo stesso

art. 182

,

co

mma

5

,

l. fall

., nel richiamare gli artt. da 105 a 108-ter in quanto compatibili e nell'affermare espressamente (anche qui recependo prassi virtuose già diffuse in alcuni uffici giudiziari) che la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, pignoramenti, sequestri conservativi e ogni altro vincolo “sono effettuati su ordine del giudice” vale a rimarcare la funzione pubblicistica delle vendite inserite nelle ristrutturazioni concordatarie e la loro affinità con quelle coattive, indipendentemente dalla forma spesso privatistica avanti al notaio con cui sono destinate a concludersi.

Uno dei punti più controversi e non ancora indagati riguarda la disciplina della “sconfitta” del terzo offerente (o promittente acquirente) nel corso della gara competitivva disposta dal tribunale. Si prevede, infatti, che “egli è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore” con espressione che va evidentemente estesa anche allo stesso debitore per il caso di vincolo contrattuale ad esempio fondato su di un preliminare: si è di fronte infatti ad una sopravvenuta impossibilità oggettiva di adempiere sancita ope judicis. Correlativamente si prevede, tuttavia, che in favore del terzo offerente (o contraente) “il commissario dispone il rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta entro il limite massimo del tre per cento del prezzo in essa indicato”. In relazione al generale rinvio contenuto nell'

art. 165

l. fall

. deve in primo luogo ritenersi che la determinazione effettuata dal commissario sia reclamabile dal terzo al G.D. (o al Tribunale nella fase preconcordataria) ai sensi dell'

art. 36

l. fall

. Si ha qui un altro esempio di quella sommarizzazione delle tutele dei terzi di cui già si è dato conto parlando della modifica introdotta all'

art. 64

l. fall

.

Come in quel caso, peraltro, deve ritenersi che concorrentemente il terzo possa agire in sede ordinaria al fine di veder accertato il proprio diritto ad un risarcimento/indennizzo superiore, il che deve destare una particolare attenzione, posto che verosimilmente il credito del terzo offerente si forma nel corso della procedura e può quindi aspirare al rango prededuttivo (non a caso l'indennizzo spettante al contraente in caso di scioglimento del rapporto

ex

art.

169-

bis

l

.

f

all

. è “concorsualizzato” quale credito anteriore in forza di una specifica disposizione che invece manca nel caso dell'art. 163-bis).

I finanziamenti interinali

Costituisce un rilievo diffuso quello secondo cui la riuscita di qualunque efficace programma di ristrutturazione del debito e di risanamento aziendale necessita di risorse finanziarie adeguate e, conseguentemente, dell'appoggio di finanziatori in grado di immettere liquidità (c.d. fresh money) nelle spesso esauste casse dell'impresa in crisi. Del pari, costituisce una annotazione altrettanto ricorrente che, proprio in questa fase delicatissima – nella quale spesso si “giocano” le sorti dell'impresa e la scelta fra un piano puramente dismissivo/liquidatorio ed uno con continuità aziendale (con tutto quello che ciò comporta in termini di difesa di posti di lavoro, mantenimento degli intangibles aziendali, evitata svalutazione dell'avviamento e di altre utilità) – l'“autodenuncia” della situazione di crisi può addirittura rappresentare un boomerang tale da determinare, all'opposto, una stretta creditizia e la prematura chiusura di rapporti di finanziamento, aperture di credito, linee di smobilizzo dei crediti.

Da qui un crescente interesse del legislatore e della dottrina per l'individuazione di misure per così dire “incentivanti”, capaci cioè di conferire “sicurezza” al soggetto finanziatore – quasi sempre bancario – in ordine alle possibilità di restituzione del prestito, soprattutto nel caso di “fallimento” del programma di risanamento.

La norma di cui all'

art. 182

-

quinquies

l. fall

. rappresenta, dal punto di vista dell'approvvigionamento di finanziamenti nella fase introduttiva del concordato o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, la vera novità e al tempo stesso la “scommessa” che il legislatore del 2012 ha inteso mettere in campo per incentivare l'adozione di processi di ristrutturazione del debito alternativi al fallimento, affiancando la già presente disposizione di cui all'

art. 182

-

quater

,

co

mma

2

,

l. fall

., relativa invece alla tipologia dei finanziamenti “in funzione” o secondo altra terminologia “ponte”.

Si deve perciò iniziare dal primo comma dell'

art. 182

-

quinquies

l. fall

., il quale prevede che il debitore possa ottenere in questa fase iniziale dei finanziamenti – detti appunto “interinali” - previa autorizzazione del tribunale, se un professionista asseveratore in possesso dei requisiti di indipendenza e professionalità di cui all'

art. 67

,

co

mma

3

,

lett. d)

,

l. fall

. “verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori”.

Questa tipologia di finanziamenti può quindi essere ottenuta nelle seguenti tre ipotesi:

i. dal debitore che presenta una domanda, anche ai sensi dell'

art. 161, comma 6, l. fall

., di ammissione al concordato preventivo;

ii. dal debitore che presenta una richiesta di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti;

iii. dal debitore che formula ai creditori una proposta di accordo tendente ad ottenere l'inibitoria dalle azioni esecutive e cautelari di cui all'

art. 182

-

bis

,

co

mma

6

,

l. fall

.

Di fatto, peraltro, il ricorso di cui all'

art. 181

-

quinquies

,

co

mma

1

,

l. fall

. viene concretamente esperito soltanto nei primi due casi appena accennati, con un riferimento espresso anche all'ipotesi del concordato non solo “pieno” ma anche, semplicemente, prenotativo o “in bianco” che ha totalmente soppiantato, per la sua semplicità di redazione e cooredo documentale, l'istanza volta all'ottenimento della inibitoria di cui al citato

art. 182

-

bis

,

co

mma

6

,

l. fall

.

I finanziamenti “interinali” di cui al primo comma dell'

art. 182

-

quinquies

l. fall

. possono essere richiesti tanto in una prospettiva di concordato con continuità aziendale tanto in un'ottica puramente liquidatoria (purchè ovviamente ciò corrisponda sempre al “migliore interesse dei creditori”). Infatti in sede di conversione della legge di riforma del 2012 è stato espunto il riferimento alle esigenze dell'attività di impresa (aspetto che invece, come si vedrà fra poco, caratterizza la finanza interinale “urgente” appena introdotta dal

d.l. 83/2015

). Inoltre si deve dare conto della problematica utilizzazione della norma nella fase di preconcordato, alla luce dell'esigenza di valutare la correttezza dell'attestazione “speciale” richiesta in ordine alla funzionalità del finanziamento rispetto al migliore interesse dei creditori. Infatti, tale aspetto ha immediatamente sollevato l'esigenza pratica di avere maggiori informazioni dal debitore rispetto a quelle (ben poche) che normalmente si ritrovano nel ricorso prenotativo. Si tratta di un fenomeno che è stato efficacemente descritto come il tentativo da parte dei tribunali di ottenere dati e notizie tali da “colorare” l'iniziale concordato “in bianco” facendolo divenire almeno “grigio” (cfr Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziaria” n. 83/2015, parte III, in IlFallimentarista.it).

Ci si deve chiedere, a questo punto, che cosa sia il “best interest” dei creditori cui deve essere strumentalmente rivolta la richiesta di finanziamento in esame.

Una recente decisione di merito ha tentato di offrirne una definizione, distinguendo opportunamente il caso in cui la richiesta sia rivolta alla prossima omologa di un accordo di ristrutturazione (nel quale il piano e l'accordo risultano già normalmente completi e depositati unitamente alla richiesta di autorizzazione a contrarre il finanziamento), dalla diversa fattispecie in cui la richiesta si collochi in un alveo concordatario (pur se alcuni adattamenti devono ovviamente essere compiuti nel caso di preconcordato, giacchè in tale fase potrebbe non essere ancora sicuro l'approdo concorsuale o quello contrattuale). L'autorevole precedente (

Trib. Bergamo, 26 giugno 2014

) ha infatti ritenuto che “in tema di finanziamenti prededucibili di cui all'

art. 182-

quinquies

l. fall

., è necessario distinguere il caso in cui l'attestazione viene resa nella prospettiva o in presenza di un piano concordatario da quella in cui si tratti di attestare la funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'

art. 182-

bis

l. fall

.

”.

Per poi proseguire ritenendo che, nel primo caso (ottica concordataria) “l'attestazione di cui al primo comma dell'articolo citato dovrà avere ad oggetto la convenienza per i creditori, in termini di concrete prospettive di soddisfacimento, della dilatazione dell'esposizione debitoria della società in crisi conseguente alla contrazione di debiti prededucibili … tale convenienza non può che derivare dall'entità degli utili derivanti dalla prosecuzione dell'impresa (consentita dai finanziamenti) o dall'accrescimento del valore dei beni che possono essere ultimati soltanto grazie alla finanza nuova.

Allo scopo di garantire i creditori da una possibile violazione della loro garanzia patrimoniale, la convenienza dovrà, pertanto, risolversi in una prospettiva di soddisfacimento secondo percentuali più favorevoli”. Invece, nel caso di procedimento di ristrutturazione dei debiti di cui all'

art. 182

-

bis

l. fall

., “poiché gli accordi di ristrutturazione sono uno strumento di natura negoziale-privatistica, implicante la conclusione di un accordo da parte del singolo creditore aderente ed il diritto all'integrale pagamento per chi non aderisca e resti pertanto estraneo, nella redazione dell'attestazione non si porrà il problema del rispetto della garanzia patrimoniale dei creditori, in quanto ogni creditore è libero di firmare l'accordo che gli viene proposto rinunciando a parte del proprio credito o a parte della propria garanzia patrimoniale, o di restare estraneo, con la conseguente possibilità di pretendere il pagamento integrale. In tali casi, sarà, pertanto, necessario riferire il concetto di funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori ad un generico rafforzamento delle possibilità di riuscita del piano sottostante agli accordi”.

Deve ancora notarsi come la richiesta di finanziamenti interinali in commento debba essere accompagnata da una attestazione che – oltre a rimarcare l'interesse dei creditori – prenda in esame il fabbisogno finanziario dell'impresa “sino alla omologazione”, con ciò compiendo un riferimento (e correlativamente richiedendo un maggiore sforzo analitico al professionista) ad un arco temporale che può essere assai lungo (anche di molti mesi se non un anno nelle procedure più complesse, dove si possono sommare i 120 giorni iniziali e la proroga di 60 giorni per un totale di 180 giorni di preconcordato, oltre ai mesi necessari a consentire l'espletamento vero e proprio del procedimento di voto e di successiva omologazione della proposta di concordato preventivo).

Nel tentativo di correggere alcuni difetti applicativi della disposizione contenuta nel comma 1 appena citato e con il palesato intento di favorire ulteriormente le possibilità di accesso “sicuro” al credito da parte dell'impresa in crisi, è da ultimo intervenuto il legislatore della ennesima riforma estiva, attraverso la conversione in legge, con molteplici modificazioni, del

d.l. 27 giugno 2015, n. 83

ad opera della

legge 6 agosto 2015, n. 132

.

Si può anzi dire che questa finalità è stata talmente presente che – differentemente da molte altre disposizioni, letteralmente “stravolte” in sede di conversione – l'

art. 1 del d.l. 83/2015

è rimasto sostanzialmente inalterato nel passaggio alle camere e che, ulteriormente, la complessa norma transitoria di cui all'art. 23 ha ribadito che detta disposizione può applicarsi anche ai procedimenti in corso.

Pertanto, mentre le maggiori innovazioni in tema di concordato (in particolare l'introduzione della “soglia minima” del 20% per il concordato liquidatorio ed il voto favorevole dei creditori necessariamente palese) si applicheranno soltanto ai procedimenti di concordato “introdotti” dopo l'entrata in vigore della legge di conversione, l'art. 1 rubricato “finanza interinale” e contenente modifiche all'

art. 182

-

quinquies

l. fall

. può dispiegare i propri effetti anche rispetto alle procedure anterioripendenti.

Le modifiche introdotte dalla riforma estiva, con riguardo al tema in esame, sono di tre tipi:

a)

in primo luogo nel comma 1 del già più volte citato

art. 182

-

quinquies

l. fall

. si introduce l'espressione “anche prima del deposito della documentazione di cui all'art. 161, comma secondo e terzo”; tale disposizione può sicuramente ritenersi in linea di principio pleonastica (come è stato notato dai primi commentatori) visto che il testo in cui si inserisce afferma esplicitamente che il finanziamento interinale prededucibile, “attestato” come rispondente al migliore interesse dei creditori, può essere richiesto anche semplicemente dopo il deposito di un ricorso

ex

art. 161

,

co

mma

6

,

l. fall

. Tuttavia, proprio il fatto che il legislatore abbia inteso ribadire in modo espresso la possibilità di accedere all'istituto dei finanziamenti interinali nella fase del preconcordato, ma con un'accentuazione fraseologica dal punto di vista del corredo documentale in quel momento utilizzabile dal Tribunale, acquista un doppio significato, ad avviso di chi scrive: - che in un senso più minimale la fase in “bianco” non è di per sé motivo di rigetto dell'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione in parola; - secondo una portata più ampia, imposta da un'interpretazione “conservativa” della norma (secondo cui alla stessa va dato il senso cui corrisponde un qualche effetto e non l'assenza di effetti in quanto totalmente già previsti da disposizioni precedenti), la nuova disposizione sta inoltre a significare che non è possibile condizionare la concessione o meno dell'autorizzazione alla produzione degli stessi documenti – dal punto di vista sostanziale – di quelli previsti dai commi 2 e 3 dell'

art. 161

l. fall

. e, quindi, ad esempio, ferma la natura “aggravata” dell'attestazione circa la rispondenza al migliore interesse dei creditori dell'erogando finanziamento, non si potrà però pretendere che la stessa abbracci il piano nella sua integralità od abbia quel grado di approfondimento che invece dovrà avere l'attestazione “definitiva” di cui all'

art. 161

,

co

mma

3

,

l. fall

.;

b)

al divenuto comma 4 dello stesso

art. 182

-

quinquies

l. fall

. si è poi prevista – oltre alla possibilità già consentita di autorizzazione a concedere pegno od ipoteca a garanzia della restituzione del prestito prededucibile – l'opportunità di offrire un tipo ulteriore di garanzia, rappresentata dalla “cessione di crediti”; poco v'è da aggiungere al riguardo in questa sede, se non annotare l'evidente intenzione del legislatore di favorire il ricorso virtuoso a questo tipo di finanziamenti, consentendo il rilascio di una forma di garanzia non reale ma basata sullo stesso credito commerciale dell'azienda o di terzi (non è infatti posta alcuna limitazione pur se si deve ritenere che la cessione di crediti da parte di terzi, a rigore, non debba neppure essere autorizzata) considerato che in una situazione di crisi prodromica all'ingresso in procedura i crediti verso terzi rappresentano in alcuni casi gli unici assets “liberi” su cui l'imprenditore può contare (ed il soggetto finanziatore può aspirare a veder costituiti in garanzia);

c)

la riforma introduce, poi, un nuovo comma 3 nella stessa disposizione, così da disciplinare un ulteriore tipo di finanza interinale, caratterizzata dall'urgenza e dalla sua funzionalità rispetto alle esigenze dell'attività aziendale. Per la sua importanza, questa innovazione necessita di alcune considerazioni più approfondite.

I finanziamenti disciplinati dal nuovo comma 3 dell'

art. 182

-

quinquies

l. fall

., così come introdotto dal

d.l. 83/2015

, appaiono caratterizzati dall'urgenza e dalla loro funzionalità rispetto alle esigenze dell'attività di impresa.

Da questo punto di vista la norma appare sufficientemente chiara e consente di individuare i seguenti elementi di differenziazione rispetto ai finanziamenti interinali di cui al primo comma:

a)

il nuovo finanziamento si caratterizza in primo luogo per l'urgenza del fabbisogno che è rivolto a soddisfare; non si può certo escludere che anche gli apporti di liquidità consentiti dal comma 1 possano soddisfare urgenti necessità aziendali e, tuttavia, la marcata urgenza che caratterizza la “nuova finanza” disciplinata dalla disposizione appena introdotta appare caratterizzata da esigenze talmente pressanti che portano a poter fare a meno della relazione di attestazione specifica ed “appesantita” richiesta invece dal primo comma dell'

art. 182

-

quinquies

l. fall

.;

b)

mentre i finanziamenti autorizzati di cui al primo comma dell'

art. 182

-

quinquies

l. fall

. possono essere concessi sia ad un'impresa in continuità che ad un soggetto economico che abbia ormai abbracciato un'ottica puramente liquidatoria (si veda l'annotazione critica di Lamanna, cit., p. 8, in ordine al fatto che in sede di conversione del

d.l. 83/2012

scomparve il riferimento all'attività aziendale), l'immissione urgente di nuova finanza consentita dall'addendum del 2015 - in quanto funzionalmente rivolta a soddisfare le urgenti necessità di un'attività aziendale in corso – non può trovare spazio ove tale attività si sia arrestata o sia cessata, ovvero sia già stata adottata una prospettiva di soddisfacimento dei creditori affidata alla semplice liquidazione dei beni aziendali: da questo punto di vista, pertanto, al pari del comma 5 dello stesso

art. 182

-

quinquies

l. fall

. relativo al pagamento dei creditori “strategici”, l'area di applicabilità dei nuovi finanziamenti interinali presuppone una soluzione concordataria in continuità (anche in una versione provvisoria preconcordataria) o affidata ad un accordo di ristrutturazione dei debiti. Può farsi l'esempio di un finanziamento prededucibile che consenta di portare urgentemente a termine i semilavorati necessari ad onorare una commessa in corso, spuntando in questo modo un prezzo di realizzo maggiore ed evitando al contempo l'applicazione di penali, richieste risarcitorie, rischio di invenduto, ecc..; può ancora farsi l'esempio di un finanziamento necessario al pagamento di utenze per crediti maturati dopo il deposito del ricorso

ex

art. 161, comma

6

,

l. fall

., quando l'inadempienza possa comportare il blocco degli impianti e causare danni a volte anche notevoli (si pensi alla interruzione del “ciclo del freddo” nel settore agroalimentare o ad altre attività caratteristiche che richiedano la costante erogazione di energia); ancora è possibile ipotizzare situazioni nelle quali il finanziamento urgente consenta di evitare la risoluzione di un rapporto di leasing in corso ed orami prossimo al riscatto, risultando in qual caso conveniente per l'imprenditore in crisi portare a termine il rapporto ed acquisire con una spesa contenuta un asset di valore molto superiore da destinare ai creditori. Gli esempi ipotizzabili sono senza dubbio molteplici, ma con riferimento al comma 3 appena introdotto, sempre presuppongono l'esercizio di un'attività di impresa in continuità, differentemente – come già sottolineato – dall'ipotesi di finanziamento prededucibile attestato di cui al precedente comma 1 della stessa disposizione normativa;

c)

in terzo luogo, poi, l'orizzonte temporale di intervento della nuova disposizione è sicuramente più limitato: mentre, infatti, i già esistenti finanziamenti interinali presuppongono una valutazione del fabbisogno finanziario del debitore sino alla omologazione, nella nuova disposizione, coerentemente alla natura urgente del finanziamento, è sufficiente considerare (ma questo è anche un limite di autorizzabilità) la scadenza del termine di cui all'

art. 161, comma 6, l. fall

. o l'udienza fissata per la omologazione dell'accordo di cui all'

art. 182-

bis

l. fall

.; si può pertanto ritenere che dopo l'ammissione alla procedura di concordato non sia possibile ricorrere al nuovo strumento di finanziamento, dovendosi invece necessariamente richiedere eventuali autorizzazioni alla contrazione di finanziamenti prededuttivi post ammissione in base al combinato disposto dell'

art. 182

-

quinquies

,

co

mma

1 e 167

l. fall

.

Urgenza tale da escludere la necessità dell'attestazione, stretto nesso di funzionalità con le esigenze dell'attività aziendale in corso e ambito temporale di intervento più limitato, appaiono pertanto gli elementi volti a differenziare i nuovi finanziamenti introdotti dalla riforma del 2015 rispetto a quelli già consentiti dalle disposizioni precedenti.

Dal punto di vista dei requisiti della domanda, tuttavia, la norma appare assai meno nitida: si è già rilevato che la richiesta di autorizzazione alla concessione urgente di nuova finanza non richiede alcuna attestazione (diversamente dal comma 1 cit.). Tuttavia il ricorrente dovrà allegare (deve ritenersi in modo specifico e non del tutto generico ed avulso dalla propria realtà organizzativa e produttiva):

i. la destinazione che il finanziamento richiesto riceverà (è infatti intuitivo che senza questa indicazione non sarebbe neppure possibile un controllo giudiziale in ordine alla inerenza dell'apporto finanziario rispetto alle esigenze dell'impresa);

ii. che il debitore non è in grado di reperire altrimenti tali finanziamenti;

iii. che in assenza del finanziamento richiesto “deriverebbe un pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda” (aspetto che rafforza la funzionalità alle esigenze aziendali dell'apporto urgente di finanza).

Dal punto di vista processuale ci si trova di fronte ad un ricorso rivolto al Tribunale che deciderà necessariamente in forma collegiale, visto l'ambito temporale in cui tale istanza può collocarsi,

ex

art. 161

,

co

mma

7

,

l. fall

. o in virtù dello stesso

art. 182

-

bis

l. fall

.

Il collegio decide in camera di consiglio “entro dieci giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione” con un decreto che appare reclamabile ai sensi dell'

art. 26

l. fall

. ma non ricorribile per Cassazione, se si andrà consolidando quanto recentemente affermato dal S.C. con riguardo alla materia delle istanze di scioglimento dai rapporti contrattuali pendenti, di cui all'

art. 169

-

bis

l. fall

. Anche in quel caso, infatti, la reiterabilità della richiesta in caso di rigetto e l'assenza di un effetto di giudicato ha condotto i giudici di legittimità ad affermare che: “il ricorso straordinario per cassazione a norma dell'

art. 111 Cost.

è proponibile esclusivamente avverso provvedimenti definitivi, non revocabili, che decidono su richieste non reiterarli; detto strumento di impugnazione non è quindi esperibile nei confronti dei provvedimenti assunti a norma dell'

art. 169-

bis

l. fall

. sulla richiesta del debitore di essere autorizzato alla sospensione o allo scioglimento dei contratti in corso” (

Cass. 3 settembre 2015, n. 17520

).

E' previsto che il tribunale possa assumere “sommarie informazioni sul piano e sulla proposta in corso di elaborazione”. Trattasi evidentemente di prescrizione che viene in rilievo nella fase del concordato c.d. “in bianco”, posto che dopo il deposito del ricorso per l'omologazione dell'accordo o nei rari casi in cui ci si trovasse in pendenza del termine di inibitoria dalle azioni esecutive o cautelari di cui all'

art. 182

-

bis

,

co

mma

6

,

l. fall

. il piano sarebbe già compiutamente prefigurato.

Il commissario giudiziale, se già nominato, deveessere necessariamente sentito – stante la formulazione della norma – mentre vi è la mera facoltà per il Tribunale e non l'obbligo di “sentire” i maggiori creditori, senza particolari formalità. Di fatto, appare verosimile ritenere che quando qualche informazione da terzi debba essere richiesta l'organo giudiziario potrà, stante l'urgenza di questo tipo di istanze, utilizzare la longa manus del commissario giudiziale, che riporterà nel proprio parere scritto le notizie o le informazioni rilevanti comunque acquisite, appunto “senza formalità”.

Il termine di 10 giorni previsto dalla norma appare un termine ordinatorio e non perentorio, anche in ragione del possibile approfondimento istruttorio necessario a decidere sull'istanza.

Discutibile appare il riferimento al “pregiudizio imminente ed irreparabile” che senza il finanziamento richiesto l'azienda potrebbe subire. Da un lato, infatti, a seconda che tale espressione si interpreti come richiedente una sorta di “autocertificazione” del ricorrente piuttosto che come presupposto di cui fornire una prova specifica ulteriore, appare evidente che lo spazio applicativo della nuova disposizione – contrariamente alle sue finalità – può essere assai ristretto se non annullato. Dall'altro, trattasi di una duplicazione in negativo di un presupposto positivo che l'istanza deve invece – questo sì – puntualmente indicare ed almeno presuntivamente dimostrare: la funzionalità della nuova finanza rispetto a “urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendali” (così nella prima parte del nuovo comma 3 che si commenta).

In un terzo ordine di ragioni, sul piano processuale, il riferimento al danno “imminente ed irreparabile” evoca un concetto proprio del ricorso ex

art. 700 c.p.c.

(ed in questo senso infatti sembra andare il commento di Bottai, Speciale decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/20915: i finanziamenti interinali, in IlFallimentarista.it). Tuttavia, mentre nel caso del ricorso ex

art. 700 c.p.c.

si è di fronte ad una tutela cautelare atipica ed innominata, strumentale ad assicurare la fruttuosità di un futuro (seppure solo eventuale) giudizio di merito, nel caso di specie non sembra che questo tipo di istanza abbia alcunchè di strumentale rispetto a quella di cui al comma 1. Benchè si sia dubitato del contrario (ed anche alla luce di un passo della relazione di accompagnamento) non sembra infatti necessario che una volta ottenuta l'autorizzazione al finanziamento urgente di cui all'art. 182-quinquies, comma 3 occorra poi far seguire una più ampia ed attestata richiesta di autorizzazione ai sensi del comma 1 della stessa disposizione. In ogni caso, come sopra si è cercato di dimostrare, i presupposti applicativi sono diversi ed almeno in parte non coincidenti.

Se questa formulazione della nuova norma, quindi, non sembra aiutare particolarmente l'interprete, l'ultima parte del comma 3 raggiunge un risultato addirittura paradossale. Affermando infatti che “la richiesta può avere ad oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda” la nuova disposizione rischia di capovolgere un risultato sufficientemente consolidato nella giurisprudenza di merito in ordine alla distinzione fra atti di ordinaria amministrazione (che nella fase di pre concordato non necessitano di autorizzazione) ed atti di straordinaria amministrazione, che un assenso giudiziale richiedono per poter essere opponibili agli altri creditori e produrre gli effetti legalmente previsti, fra cui in particolare il beneficio della prededuzione.

La prima giurisprudenza formatasi in tema di

art. 161

,

co

mma

7

,

l. fall

. sembrava aver raggiunto una certa stabilità sul fatto che la prosecuzione degli affidamenti e delle linee di credito autoliquidanti già antecedentemente operative non fosse atto di straordinaria amministrazione – a differenza della concessione di nuovo credito – trattandosi pur sempre di variazioni interne ad una provvista già concessa (cfr.

Trib. Milano, 30 maggio 2013

, che ha ritenuto atto di ordinaria amministrazione la “prosecuzione di contratti di affidamento se gli stessi permangono negli stessi limiti di fido e alle stesse condizioni già applicate anteriormente al deposito della domanda”; nello stesso senso Trib. Terni, 12/10/2012).

La parte finale della nuova prescrizione sembrerebbe invece, letteralmente, rimettere in discussione simile approdo. Tale conclusione dovrebbe scongiurarsi, ove si consideri la formulazione esemplificativa e non precettiva della norma, non accompagnata da sanzione, ed ove si tenga ben presente, in chiave teleologica, che l'intento del legislatore è stato quello di ampliare il “catalogo” dei finanziamenti richiedibili dall'imprenditore in crisi e non certamente quello di rendergli “le cose ancora più difficili”. Una interpretazione “estensiva” del ricorso all'autorizzazione giudiziale a casi pacificamente rientranti fra gli atti di ordinaria amministrazione, pertanto, si porrebbe apertamente in senso contrario alla ratio legis che ha ispirato la riforma.

E tuttavia un simile approdo interpretativo non può escludersi a fronte di un dato testuale quantomeno equivoco.

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