La dichiarazione dei redditi riferita all'anno anteriore a quello di intervenuto fallimento: obbligo o meno a carico del curatore fallimentare?

20 Luglio 2015

L'Autore si interroga su chi sia il soggetto obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi relativa all'anno che precede la dichiarazione di fallimento. Il tema è controverso: si registra un contrasto tra l'interpretazione fornita dall'Amministrazione finanziaria e le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione in materia di obblighi del curatore fallimentare, conseguenti alla dichiarazione di fallimento, e doveri che invece rimangono in capo al fallito; da ultimo, una sentenza della Commissione Tributaria regionale Lazio (n. 277/2015) ha riproposto la questione.
Premessa

Tema purtroppo che si ripropone con cadenze temporali ravvicinate e fastidiose (per i curatori) è quello riferito al quesito: qual è il soggetto obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi relativa all'anno precedente a quello in cui è stato dichiarato il fallimento?

L'argomento viene portato all'attenzione da due recenti interventi giurisprudenziali:

Come è noto, la normativa che tratta degli obblighi fallimentari, aziendalistici e fiscali a carico del curatore per gli adempimenti anteriori alla dichiarazione di fallimento è la seguente:

art. 89 l. fall. che, ai soli fini della legge fallimentare, prevede al comma 2: “Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell'art. 14”.

Questo bilancio non va confuso con il bilancio infrannuale iniziale che il curatore deve redigere ai sensi dell'

art. 183

Tuir

, il cui primo comma

testualmente recita:

“Nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la dichiarazione di fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione è determinato in base al bilancio redatto dal curatore o dal commissario liquidatore. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandata semplice il detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell'imprenditore, dei familiari partecipanti all'impresa o dei soci relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione”.

L'art. 5 DPR 332/1998 a sua volta al comma 4 recita:

“Nei casi di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, le dichiarazioni di cui al comma 1 sono presentate, anche se si tratta di imprese individuali, dal curatore o dal commissario liquidatore, in via telematica, avvalendosi del servizio telematico Entratel, direttamente o tramite i soggetti incaricati di cui all'art. 3, comma 3, entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a quello, rispettivamente, della nomina del curatore e del commissario liquidatore, e della chiusura del fallimento e della liquidazione; le dichiarazioni di cui al comma 3 sono presentate, con le medesime modalità, esclusivamente ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e soltanto se vi è stato esercizio provvisorio. Il reddito d'impresa, di cui al comma 1 dell'art. 183 del testo unico delle imposte sui redditi e quello di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo, risultano dalle dichiarazioni iniziale e finale che devono essere presentate dal curatore o dal commissario liquidatore”.

Infine, l'

art. 74-bis

, comma

1, legge IVA

recita: “Per le operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, gli obblighi di fatturazione e registrazione, sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti, devono essere adempiuti dal curatore o dal commissario liquidatore entro quattro mesi dalla nomina”.

La dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta antecedente a quello in cui è dichiarato il fallimento

Per ben comprendere la tematica valga l'esemplificazione che segue:

  • fallimento dichiarato il 19/05/2015;

  • periodo di imposta antecedente 1/01/2015 -18/05/2015;

  • anno antecedente a quello della dichiarazione di fallimento, esercizio 2014.

Si ricorda che ai sensi dell'

art. 183, comma 1, T

uir

il periodo intercorrente tra il 1° gennaio

e la data di dichiarazione di fallimento costituisce autonomo periodo di imposta.

L'Amministrazione finanziaria, con

risoluzione n. 18/E del 02/02/2007

, ha riaffermato l'obbligo del curatore di redigere, negli ordinari termini di scadenza, la dichiarazione dei redditi relativa all'anno antecedente la dichiarazione di fallimento.

Testualmente la citata risoluzione statuisce: “poiché dopo la dichiarazione di fallimento il fallito viene spossessato del proprio patrimonio e privato, quindi, del potere di disposizione e amministrazione dello stesso, l'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi concernente il periodo di imposta conclusasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento deve far carico al curatore”.

L'interpretazione della Amministrazione Finanziaria va fermamente respinta perché contraria alla normativa vigente.

In tal senso, tra le altre, di seguito si riportano le indicazioni della Suprema Corte di Cassazione (Sent. n. 21923/2013): Come da questa Corte da tempo più volte affermato, il curatore del fallimento, nella sua complessa figura in cui predominano gli aspetti di organo investito di una pubblica funzione nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, sotto la vigilanza dell'autorità giudiziaria e per la realizzazione dei fini che sono propri della procedura concorsuale, svolge, in termini generali, un'attività distinta da quelle del fallito e dei creditori e non agisce né in rappresentanza né in sostituzione del fallito, né in rappresentanza o in sostituzione dei creditori, ma nell'interesse generale, come soggetto imparziale, potendo far valere di volta in volta, ma nell'interesse della giustizia, le ragioni del fallito, dei creditori o della massa attiva fallimentare (cfr in tal senso Cass. 6/07/1971 n. 2108; 1/03/1973 n. 564; 20/07/2000 n. 9539; 22/11/2007 n. 24320; 20/02/2013 n. 4213”.

Così, inoltre, la sentenza n. 1549, Sez. III pen., del 19/01/2011:

“Il ricorso è infondato perché - ai sensi dell'

art. 5 del DPR 22 luglio 1998, n. 322

, richiamato dallo stesso ricorrente - spetta al curatore presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la dichiarazione di fallimento, mentre spetta al fallito presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi di imposta anteriori al fallimento. Nel caso di specie si tratta appunto della dichiarazione dei redditi relativi al 2001, ossia relativi ad un periodo di imposta anteriore al fallimento, dichiarato il 3 ottobre 2002, e quindi l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi spettava al [Omissis], mentre spettava al curatore presentare la dichiarazione dei redditi per l'anno 2002. Questa Sezione, del resto, ha già affermato che «Spetta al fallito presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi di imposta anteriori al fallimento, mentre il curatore deve presentare quelle successive alla dichiarazione di fallimento, comprese quelle relative al periodo di imposta compreso tra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento» (Sez. III, 27.10.1995, n. 299, B., m. 203692), specificando, in motivazione, che «in materia di fallimento, la soggettività passiva nel rapporto tributario permane nei confronti del fallito, il quale dopo la dichiarazione di fallimento perde solo la disponibilità dei suoi beni nonché la capacità processuale e quella di amministrare il suo patrimonio. Coerentemente, resta in capo al fallito l'obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi relativamente ai periodi di imposta anteriori alla sentenza di fallimento, mentre relativamente ai periodi di imposta successivi è il curatore fallimentare che è obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi per l'intervallo di tempo compreso tra l'inizio del periodo di imposta e la dichiarazione di fallimento».

L'interpretazione della Agenzia delle Entrate (riferita alla

Ris. 18/E del 2/02/2007

) dimentica che allo spossessamento fallimentare non consegue da parte del fallito né la perdita della capacità giuridica, né la perdita di quella negoziale mantenendo, ai fini fiscali, la figura di contribuente.

Il fallito può validamente porre in atto gli adempimenti fiscali posti a suo carico dalle norme tributarie.

Visto quanto precede, e considerato il chiaro tenore del 1° comma dell'

art. 183

Tuir

,

l'obbligo di redigere e presentare la dichiarazione dei redditi riferita all'anno precedente a quello in cui è stato dichiarato il fallimento è di esclusiva competenza del fallito (in tal senso

Cass.: 19/01/2011 n. 1549

; 8/09/1999 n. 10539; 27/10/1995 n. 299; 20/04/2012 n. 6256).

Analisi della recente giurisprudenza che ha creato disagio

Nel caso esaminato dalla sentenza della Suprema Corte n. 6256/2012, rilevava la seguente situazione:

  • fallimento dichiarato nel giugno 2013;

  • dichiarazione dei redditi della società fallita per il periodo di imposta 2012 presentata dal fallito (liquidatore della società fallita).

L'Agenzia delle Entrate ha sostenuto, con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al 2012, doversi ritenere omessa perché presentata da soggetto privo della richiesta titolarità giuridica.

L'avviso di accertamento che ha determinato il contenzioso si basava anche su altri rilievi quali: difformità tra ricavi contabilizzati e ricavi effettivi, omessa presentazione del bilancio al 31/12/2012, contabilità inattendibile, ecc...

La Suprema Corte così statuiva: “Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia ….. alla Commissione Tributaria regionale del Lazio”.

Dalla lettura della sentenza della Suprema Corte riuslta evidente che il rinvio alla Regionale atteneva al solo rilievo relativo alla irregolare tenuta delle scritture contabili. Infatti , quanto alla correttezza della presentazione della dichiarazione dei redditi riferita al 2012, la Corte osservava: “…… trattavasi

di dichiarazione relativa a periodo di imposta (2002) anteriore a quello nel corso del quale la procedura concorsuale era stata aperta:

DPR 22/12/1986 n. 917, art. 183

Tuir

e del

DPR n. 322 del 1998 art. 5

. Detta affermazione, d'altronde, non risulta neppure censurata in questa sede”.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza n. 277 del 26/01/2015 ha male interpretato

le indicazioni della Suprema Corte entrando in un ambito già risolto ed equivocando su quanto il Supremo giudice aveva statuito, reputando di: “doversi decidere sulla nullità della dichiarazione per carenza di valida sottoscrizione”, conseguendone che: “poiché l'

art. 4 del DPR 322/1998

prescrive che la sottoscrizione della dichiarazione deve essere apposta dal legale rappresentante della società, a pena di nullità, si deve ritenere che la sottoscrizione, da parte di un soggetto non legittimato, equivalga ad una ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione, come correttamente ritenuto dall'ufficio …….”.

Il grave equivoco ha creato notevole turbamento nei curatori,

che credevano che sul tema le molteplici prese di posizione della Cassazione avessero posto la parola fine ad una “vecchia” e assolutamente non condivisibile interpretazione ministeriale.

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