Vincolo di destinazione e sostegno dell'impresa in crisi: profili applicativi e aspetti fiscali

Chiara Ruffini
13 Gennaio 2015

L'art. 2645-ter c.c.(introdotto dalla L. 51/2006, art. 39 novies) sancisce l'opponibilità ai terzi del vincolo derivante dalla trascrizione di atti con cui beni immobili o beni mobili sono destinati, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti o persone.Il contributo vuole concentrarsi sulle modalità operative del vincolo ex art. 2645-ter c.c. negli interventi a sostegno dell'impresa in crisi; in particolare il suo utilizzo nell'ambito degli strumenti di gestione della crisi d'impresa presenta profili di criticità quanto alle verifiche di “meritevolezza” degli interessi perseguiti ed alla natura del vincolo.
La natura giuridica

L'art. 39-novies della

legge 23 febbraio 2006, n. 51

(conversione del

D

.

l

.

30 dicembre 2005, n. 273

) ha introdotto nel

codice civile l'art. 2645-

ter

in materia di vincolo di destinazione, sancendo l'opponibilità ai terzi del vincolo derivante dalla trascrizione di atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un arco temporale definito, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti o persone fisiche ai sensi dell'

art. 1322, comma

2

, c.c.

.

Con l'atto di destinazione un soggetto, il disponente può sottrarre uno o più beni appartenenti al suo patrimonio alla garanzia patrimoniale

ex art. 2740 c.c.

, imprimendo su di essi un vincolo di destinazione funzionale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela riguardanti beneficiari determinati a favore dei quali sia tali beni, che i loro frutti, devono essere impiegati (

B. Franceschini, Atti di destinazione - Trust, Torino, 2008

). La durata del vincolo di destinazione non potrà essere superiore a novant'anni.

Il vincolo necessita della redazione nella forma pubblica ed una volta trascritto sarà opponibile ai terzi.

L

'atto negoziale che lo genera presenta struttura unilaterale, incidendo sulla titolarità di un bene prescindendo dal consenso di altri soggetti.

Sebbene si discuta in dottrina se si tratti di una nuova figura giuridica o di introduzione nel nostro ordinamento di un particolare tipo di effetto negoziale degli atti di destinazione del patrimonio già contemplati dal codice civile, di certo il vincolo ex art. 2645-ter ha una portata innovativa in quanto amplia la normativa dedicata agli atti di destinazione con uno strumento di portata più generale.

La collocazione sistematica del vincolo, nel libro VI dedicato alla Tutela dei diritti, Titolo I (della trascrizione), Capo I (della trascrizione degli atti relativi agli immobili), supporta la tesi restrittiva secondo la quale con l'introduzione dell'art. 2645-ter il legislatore ha disciplinato la sola trascrizione degli atti di destinazione.

L'altra tesi, di segno opposto, prospettata in dottrina, identifica invece nel vincolo una nuova figura giuridica, un “contenitore di carattere generale che porta al riconoscimento normativo dei negozi di affidamento fiduciario”, i cui scopi non sono predeterminati dal legislatore, ma rimessi all'autonomia privata.

Le caratteristiche dell'istituto

I principali effetti prodotti dall'atto di destinazione riguardano l'opponibilità ai terzi e la separazione patrimoniale.

I beni vincolati ed i loro frutti sono sottratti a qualsiasi azione esecutiva, salvo quelle relative a debiti contratti per le finalità della destinazione (art. 2915, comma 1) ed inoltre il vincolo isola i beni destinati dal patrimonio generale del soggetto che ne è titolare, pur non essendo inibiti atti di disposizione dello stesso.

Constatata l'apertura di alcuni Registri imprese alla conferibilità di quote societarie nei fondi patrimoniali, pare non potersi escludere l'utilizzo del vincolo di destinazione per le quote di società a responsabilità limitata.

Parte della dottrina ritiene che il beneficiario possa essere anche solo determinabile, ma, stante la complessità della fattispecie, è consigliabile l'esatta individuazione del soggetto destinatario del bene vincolato. Sebbene l'esplicita accettazione del beneficiario non sia prevista ex lege è caldeggiata al fine di evitare l'inefficacia dell'atto conseguente all'eventuale successivo rifiuto.

Nella prassi l'atto istitutivo del vincolo spesso prevede, per determinati atti, l'acquisizione del consenso del disponente e/o del beneficiario nonché la nomina di uno o più “ gestori” che si configurano quali mandatari del disponente.

Gli interessi perseguibili ed il giudizio di meritevolezza

Gli interessi perseguibili con il vincolo di destinazione sono ex lege quelli “meritevoli di tutela”.

Sulla meritevolezza degli interessi che possono generare il vincolo ferve un dibattito, che vede in dottrina tesi contrastanti (

G. Amadio, “L'interesse meritevole di tutela”, Studio 357-2012/C redatto dalla Commissione Studi Civilistici del notariato

).

Si osserva come il dato normativo sia di per sé divergente, individuando da un lato categorie specifiche “meritevoli” (disabili, pubbliche amministrazioni) e nel contempo categorie omnicomprensive quali “enti e persone fisiche”.

Ne è conseguito un ampio dibattito in dottrina tra tesi privatistiche, che consentirebbero di recuperare all'ambito applicativo della figura anche interessi individuali di natura patrimoniale, se ed in quanto richiamati dalla Costituzione (si pensi ad esempio all'iniziativa economica privata ed al diritto di proprietà) (

A. Falzea, Riflessioni preliminari, in M. Bianca, La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, Giuffrè, 2007; f

. Patti, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645-ter, in i Vita not. 2006

), e tesi pubblicistiche, in forza delle quali l'interesse è meritevole se “risponde ad un criterio di utilità sociale” (

F. Gazzoni, Osservazioni sull'art. 2645-ter, in judicium.it

).

Ancora tra le tesi “privatistiche” si riscontrano due diversi orientamenti contrastanti:

  • quello più estensivo, cosiddetto privatistico-individualista, che dà una lettura estremamente estensiva della norma riconoscendo che il vincolo patrimoniale potrebbe essere disposto a servizio di uno scopo che non trascende la sfera strettamente privato-individuale e che non riflette quindi un interesse di rango superiore riconducibile alla collettività;

  • quello più restrittivo, cosiddetto privatistico-altruistico, sostenuto da chi, pur ammettendo che “meritevoli” possono essere anche interessi attinenti la sfera individuale, richiede che si tratti comunque di interessi “non egoistici” (

    G. Gabrielli, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari

    ).

Quanto descritto determina la necessità di trovare un ambito di intersezione tra natura degli interessi e indici di meritevolezza degli stessi ai fini applicativi dello strumento.

Meritevolezza e liceità

L'elemento fondamentale dell'atto di destinazione è il suo scopo: esso deve essere meritevole di tutela ai sensi dell'

art. 1322 c.c.

e deve essere indicato nell'atto di

destinazione (

De Nova, Esegesi dell'

art. 2645-ter cod. civ.

).

In particolare, si osserva che la meritevolezza dello scopo richiesta dalla legge fa da contraltare, da una parte, al vincolo imposto al disponente, che lo priva della pienezza delle facoltà insite nel diritto di proprietà, e, dall'altra, al fatto che i beni conferiti siano sottratti alla garanzia patrimoniale

ex

art. 2740 c.c.

.

La meritevolezza degli interessi condiziona la separazione del patrimonio destinato.

La dottrina maggioritaria ritiene che il requisito della meritevolezza sia soddisfatto ogniqualvolta lo scopo perseguito sia lecito ovvero non contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume

e che venga meno solo in caso contrario (

ex multis

Cass. 19 giugno 2009, n. 14343

;

Cass. 17 giugno 1992, n. 7470

).

La descritta impostazione libera il notaio rogante da ogni giudizio soggettivo in merito alla valutazione dell'interesse indicato nell'atto, conferendogli unicamente un dovere di verifica oggettiva di liceità.

Parte minoritaria della dottrina ritiene, invece, che il sindacato di meritevolezza sia un quid pluris rispetto ad una verifica di mera liceità (

Gazzoni, Osservazioni sull'art. 2645-ter, cit., § 4

).

L'unico punto su cui sembra esservi convergenza di vedute è che la meritevolezza non può consistere nella pura e semplice salvaguardia del patrimonio del costituente da azioni esecutive dei propri creditori.

Osservato che il concetto di “meritevolezza” sconta l'ottica di chi lo valuta, si sono formati nel tempo diversi orientamenti in materia.

Alcuni autori hanno, nel tempo, individuato delle classi di interessi che rendono senz'altro “meritevole” il vincolo di destinazione (interessi con finalità pubblicistiche o comunque di solidarietà) (

Gazzoni, Osservazioni sull'art. 2645-ter cit., 170; Luminoso, Contratto fiduciario, trust e atti di destinazione

ex art.

2645-

ter

c.c.

, in Riv. not., 2008, 1000

), circostanza che, tuttavia, non impedisce di allargare l'ambito applicativo della fattispecie in esame ad ambiti che, per materia, presentano caratteri di contiguità con le ipotesi di destinazioni tipizzate esistenti, si pensi al fondo patrimoniale, all'usufrutto, alle fondazioni, ai patrimoni destinati, al trust.

Il controllo pregnante sulla meritevolezza dell'interesse perseguibile pare attribuito, secondo l'indirizzo prevalente, al Giudice, con la conseguenza che, seguendo il descritto orientamento, al notaio rogante ed al conservatore resterebbero affidati unicamente sindacati di liceità.

Un interesse lecito poi giudicato “immeritevole” renderebbe l'atto nullo per mancanza e/o insufficienza di causa, secondo alcuni, mentre secondo altri lo renderebbe valido inter partes , ma non opponibile ai creditori o ai terzi aventi causa.

La pronuncia di invalidità/inefficacia dell'atto non pregiudicherebbe i diritti acquisiti dai terzi che in buona fede abbiano acquistato i beni a titolo oneroso. Legittimati passivi saranno il disponente, i suoi eredi o aventi causa.

I creditori, oltre ad esercitare l'azione revocatoria, qualora ravvedano un pregiudizio derivante dalla trascrizione del vincolo, potranno agire per farne accertare la mancanza di meritevolezza.

Opponibilità e revocabilità del vincolo

Stante l'inequivoca previsione del testo letterale dell'art. 2645-ter, è evidente che, qualora l'atto di destinazione sia valido ed efficace e pubblicato ai sensi di legge, è opponibile ai terzi, per tutti gli atti successivi alla trascrizione. Solo le ipoteche e le trascrizioni antecedenti saranno quindi opponibili al vincolo stesso.

L'effetto segregativo non pregiudica in ogni caso i diritti dei creditori del disponente, ai quali sarà sempre lasciata la possibilità di esercitare l'azione revocatoria ordinaria.

Essendo il vincolo di destinazione un atto a titolo gratuito, l'azione revocatoria non necessita di una preventiva dimostrazione del “consilium fraudis” del terzo beneficiato, essendo sufficiente, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la mera consapevolezza del disponente di arrecare pregiudizio all'interesse dei propri creditori.

L'atto di destinazione resta comunque soggetto ad una valutazione expost degli effetti eventualmente pregiudizievoli rispetto a taluni creditori, ai fini della revocabilità

ex

art. 2901 c.c.

, in presenza del solo requisito dell'eventus damni.

In merito all'esperibilità dell'azione revocatoria si è espresso il Tribunale di Verona con sentenza 13-19 marzo 2013 in relazione alla trascrizione di un vincolo di destinazione imposto sul patrimonio del proponente di un concordato antecedentemente all'incipit della procedura concordataria, disponendo che i creditori “potranno pacificamente intraprendere l'azione revocatoria in quanto diretta a porre nel nulla un atto indubbiamente compiuto in loro pregiudizio”.

Lo strumento della revocatoria ordinaria fornisce dunque ai creditori del disponente uno strumento di protezione efficace e prevalente rispetto alle tutele del soggetto beneficiario del vincolo.

Il vincolo ex art. 2645-ter c.c. negli interventi a sostegno dell'impresa in crisi

Ambiti di meritevolezza che presuppongono valutazioni critiche vedono l'utilizzo del vincolo ex art. 2645-ter nell'ambito dell'attività di impresa o di prestazione di garanzie.

La tutela dell'attività di impresa, come del credito, potrebbero infatti concretizzare interessi meritevoli di essere perseguiti ex

artt. 2645-

ter

c.c.

/1322, comma 2, c.c., stante anche la relativa valenza costituzionalmente riconosciuta.

In particolare, l'utilizzo dello strumento nell'ambito degli strumenti di gestione della crisi d'impresa presenta profili di criticità quanto alle verifiche di “meritevolezza” degli interessi perseguiti ed alla natura del vincolo.

Una prima tipologia di atto di destinazione è quello effettuato direttamente da parte del debitore, la cui finalità è preservare indenne il proprio patrimonio verso la procedura di concordato (

Trib. Lecco, 26 aprile 2012

).

In tal caso il contratto di destinazione non dovrebbe imporre alcun vincolo o limitazione rispetto ai vari creditori ed i beni del debitore ed i relativi frutti dovrebbero essere destinati a tutti i creditori, per evitare che esso stesso rappresenti una violazione dei precetti di legge in tema di par condicio. È lecito tuttavia domandarsi se l'

art. 168

l. fall

. possa permettere un sostanziale superamento di tale disciplina speciale, attraverso l'atto di destinazione

ex

art. 2645-

ter

c.c.

La seconda tipologia si ha nel caso di negozio di destinazione in cui sia un terzo a decidere di destinare tutto o parte del proprio patrimonio attraverso la messa a disposizione della cd. finanza esterna.

Nella prassi delle procedure concorsuali concordatarie si nota un ricorso all'utilizzo dei vincoli di destinazione

ex

art. 2645-

ter

c.c.

quali strumenti utili a “segregare”, rispetto al restante patrimonio del soggetto conferente, la cosiddetta “nuova finanza” messa a disposizione della procedura concorsuale per il soddisfacimento dei creditori.

In merito al vincolo dei beni di terzi quale elemento necessario al buon esito della procedura, si è espresso il Tribunale di Reggio Emilia con recenti pronunce in materia di trust (11-12 agosto 2014 e 21 ottobre 2014).

Qualora l'apporto esterno sia elemento essenziale per la fattibilità del concordato, atteso che in difetto non sarebbero sufficienti le risorse per il pagamento (seppure in misura ridotta) dei creditori, il vincolo costituisce strumento idoneo al buon esito della procedura concordataria solo a condizione che l'elevato rischio di revoca da parte dei creditori del disponente non impedisca al vincolo di svolgere la sua funzione, cioè di garantire che l'apporto sia mantenuto alla finalità a cui il piano lo destina.

In tali casi appare indispensabile che la società proponente il concordato produca idonea documentazione, supportata anche dalle verifiche dell'attestatore, evidenziando i rischi di revocatoria dei vincoli di destinazione nonché la situazione debitoria dei disponenti in quanto debitori di terzi per obbligazioni proprie o in quanto garanti a favore di terzi.

Si ritiene che anche il commissario giudiziale nell'ambito delle proprie funzioni dovrà verificare e riferire in merito alla “tenuta” del vincolo mediante analisi della documentazione prodotta agli atti nonché della situazione finanziaria/patrimoniale del disponente.

Parte della dottrina e della giurisprudenza di merito si sono espresse anche in materia di “nullità” del vincolo di destinazione “puro”

ex

art. 2645-

ter

c.c.

, ossia non collegato ad un atto di trasferimento o ad altro negozio che ne costituisca la causa concreta (

Trib. Trieste, decr. 7 aprile 2006;

Trib. Reggio Emilia, decr. 22 giugno 2012

; Trib. Santa Maria Capua Vetere, ord. 28 novembre 2013

).

In merito, nel giudizio avente ad oggetto l'omologa di un concordato preventivo, si è espresso il Tribunale di Reggio Emilia (

decreto 27 gennaio 2014

) nell'ambito del controllo della “fattibilità giuridica” del piano concordatario. Analizzando nello specifico gli atti con i quali gli apporti dei terzi sono stati messi a disposizione degli organi della procedura per la loro liquidazione, tra i quali il vincolo

ex

art. 2645-

ter

c.c

, il Tribunale afferma che l'art. 2645-ter cc. è norma sugli effetti del vincolo di destinazione e, come tale, non disciplina un “negozio destinatorio puro”.

Collocato tra le norme sulla pubblicità, il vincolo di destinazione, secondo l'orientamento espresso, non avrebbe natura autonoma, mancando dei requisiti di un negozio e necessitando di collegamento ad altra fattispecie negoziale tipica o atipica. La norma riguarderebbe cioè effetti complementari rispetto a quelli traslativi ed obbligatori dei vincoli di destinazione.

Parte della dottrina (

Leuzzi-Fimmanò, Il trust a garanzia del concordato preventivo, in Banca borsa tit. cred., 2010, II, 90

) e della giurisprudenza (v. ad esempio

Tribunale di Ravenna

23 maggio 2014

) ritiene che un mandato irrevocabile a vendere a favore del commissario espresso dal vincolo abbia sufficiente carattere traslativo.

Pur richiamando la precedente dottrina e giurisprudenza in materia di nullità dei cosiddetti vincoli di destinazione puri

ex

art. 2645-

ter

c.c.

, la citata pronuncia evidenzia che “ove il vincolo di destinazione si innesti su di una procedura di concordato è da questa che riceve la propria causa concreta apparendo del tutto lecito rafforzare, nell'interesse di tutti i creditori concordatari un vincolo di destinazione di somme (o beni) a favore degli stessi da parte di soggetti terzi che detto atto di disposizione poi sottoscrivono”.

Il vincolo di destinazione,

ex art. 2645-ter c.c.-

precisa la massima - persegue interessi meritevoli di tutela perché si innesta su una procedura di concordato, poiché da questa riceverebbe la propria causa concreta, purché contenga un mandato irrevocabile a vendere gli immobili (o altro atto dispositivo) in favore degli organi della procedura ed in particolare del liquidatore giudiziale nominato dal tribunale, realizzandosi perciò di fatto una irrevocabilità della messa a disposizione dei beni condizionata alla sola omologa del concordato”.

La citata pronuncia supera dunque le diverse censure di nullità registrate in giurisprudenza ritenendo lecito rafforzare, nell'interesse di tutti i creditori concordatari, un vincolo di destinazione di beni a favore degli stessi da parte di soggetti terzi.

L'utilizzo del vincolo di destinazione nell'ambito delle procedure concorsuali e la sua validità si registrano anche nella già riportata decisione del

Tribunale di Lecco

26 aprile 2012

, che ritiene meritevole di tutela la finalità perseguita da un tale atto di destinazione, tesa a preservare indenne il patrimonio del debitore verso la procedura di concordato. Il citato provvedimento evidenzia infatti che, con la trascrizione, si rende conoscibile la crisi e si salvaguarda il patrimonio da atti di distrazione.

Apertura circa la possibilità d'uso del vincolo di destinazione nell'ambito delle attività di sostegno alle imprese in crisi, pur con evidenza dei correlati problemi applicativi, viene espressa anche dalla Commissione studi civilistici del notariato nello studio n. 357-2012/C, che richiama l'attività di impresa quale attività costituzionalmente garantita per i suoi riflessi di interesse generale.

La convinzione della Commissione “è certamente di apertura con riguardo ad interventi di sostegno all'impresa in crisi posti in essere da soggetti terzi con beni propri… La legislazione di questi ultimi anni - prosegue il testo dello studio citato - ha disciplinato varie deroghe ad una par condicio assoluta dei creditori dell'imprenditore (cartolarizzazione, accordi di ristrutturazione) purché ci siano degli interessi da soddisfare o vi sia un fine di salvataggio della impresa in crisi - sottolineando altresì che - la presenza di tali fattispecie tipiche impone di operare con la massima prudenza quando la destinazione abbia ad oggetto beni dell'imprenditore a rischio di insolvenza”.

Il vincolo di destinazione ed il principio di responsabilità patrimoniale ex 2740 c.c.

La costituzione del vincolo impedisce di fatto ai creditori del proponente di esercitare azioni esecutive o di trascrivere gravami sui beni che ne costituiscono l'oggetto, caratteristica che mina il principio generale della responsabilità patrimoniale

ex

art. 2740 c.c.

Nel caso specifico delle procedure concorsuali, il bene vincolato viene sottratto alle azioni singole dei creditori particolari del disponente a favore dei creditori dell'impresa in crisi.

Taluni ravvedono in tale lesione del principio di responsabilità patrimoniale ulteriore motivo che potrebbe portare ad un giudizio di “immeritevolezza” del vincolo (

Trib. Reggio Emilia, -decreto, 27 gennaio 2014

).

Gli orientamenti dottrinali recenti sembrano tuttavia attenuare il principio contemplato dall'

art. 2740 c.c.

ravvedendo tra l'altro, nell'introduzione dell'

art. 2645-

ter

c.c.

, un segnale tangibile in tal senso.

Nella comparazione degli interessi meritevoli di tutela si può quindi giungere ad ipotizzare che l'esigenza di salvaguardia di un bene ai fini del soddisfo paritario dei creditori concordatari possa prevalere sulla pretesa del creditore particolare di esecutare il proprio diritto sul patrimonio con effetti preferenziali rispetto agli altri crediti (

P. Bosticco, in Fall. 8/9, 2014; L. Abete, La destinazione

ex art. 2645-ter c.c. dei beni ai creditori

).

In merito si è espresso anche il Tribunale di Reggio Emilia (14 maggio 2007) asserendo che l'

art. 2740 c.c.

non costituisce più un principio supremo ed inderogabile.

I profili applicativi ai fini della trascrizione

L'Agenzia del territorio, con circolare 5/2006, ha precisato alcuni punti controversi, relativi ai profili applicativi della trascrizione dei vincoli di destinazione, per assicurare l'uniformità di comportamento su tutto il territorio nazionale.

Il testo del documento di prassi chiarisce che la tassazione ai fini delle imposte dirette è sempre riferibile al legittimo proprietario e non al beneficiario, non comportando l'atto unilaterale alcun trasferimento di diritti reali dal conferente al beneficiario, ma imprimendo solo un vincolo di destinazione ai beni che ne sono oggetto.

Il vincolo ex 2465-ter c.c. non costituisce un atto tipico - chiarisce l'Agenzia del Territorio, ma è configurabile come un contratto atipico riconosciuto di volta in volta come meritevole di tutela, in base all'interesse che si vuole perseguire mediante l'apposizione del vincolo di destinazione a determinati beni, distinguendoli dal resto del patrimonio del soggetto. Requisito formale previsto ad substantiam è l'atto pubblico. I profili strettamente applicativi della pubblicità immobiliare, definiti nella circolare in commento, riguardano la compilazione della formalità di trascrizione.

Tra l'altro la nota di trascrizione dovrà indicare gli aspetti contenutistici essenziali dell'atto di destinazione, quali la durata del vincolo, le regole inerenti l'amministrazione o la gestione dei beni oggetto del vincolo, le cause e modalità di scioglimento del vincolo, nonché i dati relativi ai beneficiari o i criteri per individuarli se l'atto si riferiva a soggetti determinabili nell'ambito di una categoria di persone.

Aspetti fiscali

La reintroduzione delle imposte di successione e donazione ad opera della

legge n. 286/2006

, di conversione del

D

l

n. 262/2006

, poi modificata e integrata dalla Finanziaria 2007, ha comportato una serie di problemi interpretativi, con particolare riferimento alla tassazione dei vincoli di destinazione e dei trust.

Come noto, l'

articolo 2, comma 47, del D

l

n. 262/2006

, ha previsto in particolare che “È istituita l'imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione …”.

Sotto il profilo generale, rispetto alla disciplina previgente, il legislatore ha quindi incluso nel campo di applicazione dell'imposta due nuove fattispecie, gli atti gratuiti non donativi ed i vincoli di destinazione.

Sul punto, l'Agenzia delle entrate, in occasione di “Telefisco 2007” e successivamente con la circolare 3/E del 2008, ha chiarito che la locuzione “costituzione di vincoli di destinazione”, ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, è da intendersi riferita all'ipotesi di costituzione negoziale del vincolo che comporti il contestuale trasferimento di beni - anche temporaneo - in capo ad un soggetto diverso dal disponente.

Questa distinzione non è priva di rilievo ai fini fiscali, in quanto le diverse modalità (traslativa e non) con cui l'effetto segregativo viene conseguito, rilevano ai fini dell'applicazione delle imposte indirette.

La circolare precisa, inoltre, che la confluenza dei beni in un patrimonio separato può essere o meno funzionale al trasferimento della proprietà dei beni vincolati medesimi a favore di determinati beneficiari, da ciò facendo conseguire le diverse modalità di applicazione delle imposte indirette. Infatti il criterio di applicazione delle imposte indirette trova il suo tradizionale collegamento nell'intrinseca natura e negli effetti giuridici degli atti da tassare, secondo il principio dettato dall'articolo 20 del Testo Unico Imposta di Registro, il quale, sebbene dettato in materia di imposta di registro, deve considerarsi applicabile in linea di principio anche per le altre imposte indirette.

Ne consegue che, con specifico riferimento all'imposta sulle successioni e donazioni, il principio enunciato dall'art. 20 del TUR comporta la necessità di verificare, volta per volta, gli effetti giuridici che la costituzione di un vincolo di destinazione produce, in modo che l'imposta possa essere assolta solo in relazione a vincoli di destinazione costituiti mediante trasferimento di beni. Diversamente, il vincolo realizzato su beni che, seppur separati rispetto al patrimonio del disponente, rimangano a quest'ultimo intestati, non può considerarsi un atto dispositivo rilevante ai fini dell'applicazione dell'imposta.

L'imposta sulle successioni e donazioni non è pertanto applicabile alla costituzione di vincoli di destinazione su beni che permangono nella titolarità del disponente (ad esempio, costituzione di un patrimonio destinato a uno specifico affare da parte di una società di capitali, di cui all'

articolo 2447-

bis

c.c.

).

Per quest'ultimo tipo di costituzione di vincoli di destinazione è dovuta l'imposta di registro in misura fissa, ordinariamente prevista per gli atti privi di contenuto patrimoniale (articolo 11 della tariffa, parte prima, allegata al Testo Unico dell'Imposta di Registro) e, eventualmente, l'imposta ipotecaria in misura fissa, nell'ipotesi di trascrizione facoltativa di vincolo di destinazione costituito su beni immobili (

articolo 2645-

ter

c.c.

).

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