L'efficacia (ir)retroattiva del privilegio generale di cui all'articolo 2783-ter c.c.

22 Aprile 2015

La materia dei privilegi è stata estesa attraverso l'inserimento nel Codice Civile di un nuovo articolo, il 2783-ter c.c., il quale attribuisce un privilegio generale mobiliare allo Stato per i crediti attinenti alle risorse proprie tradizionali di pertinenza del bilancio generale dell'Unione Europea, tra cui i dazi doganali. Crux interpretumè verificare se l'estensione del privilegio vada riconosciuta anche a crediti sorti anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 2783-ter c.c. Si tratta di una questione di grande interesse pratico, specie nelle procedure fallimentari e concorsuali, dato che l'Amministrazione Finanziaria chiede l'applicazione retroattiva del privilegio, mettendo – talora - a rischio il buon esito della proposta concordataria.
Premessa

La questione, che verte essenzialmente sulla natura sostanziale o – piuttosto - processuale dell'istituto del privilegio, si è resa più complicata dopo la sentenza della

Corte Costituzionale n. 170/2013

, la quale - nel negare portata retroattiva all'

art. 2752 c.c.

(il quale – allo stesso modo dell'art. 2783-ter - introduceva un'estensione del privilegio generale anche a imposte e sanzioni in materia di Iperf

, IRES e

Ilor

) - contiene un obiter dictum che potrebbe far dubitare sulla soluzione della questione.

In realtà, un attento esame della disciplina dei privilegi non può che condurre alla conclusione sulla loro natura sostanziale, e quindi a negare loro portata retroattiva, come sostenuto anche in un recente provvedimento del Tribunale di Padova.

I privilegi (brevi cenni)

I privilegi sono una garanzia patrimoniale accordata ad un determinato creditore per legge, per cui egli può legittimamente vedere soddisfatte le proprie pretese con preferenza rispetto agli altri creditori (

M. Bessone, Lineamenti di diritto privato, Torino, 2011

). I privilegi rappresentano, quindi, "limiti espliciti e diretti" (

V. Roppo, La responsabilità patrimoniale del debitore, in Tratt. Rescigno, 19, I, Torino, 1998, 530

) all'attuazione del principio della parità di posizione e di trattamento dei creditori, al pari delle altre cause legittime di prelazione (pegno ed ipoteca).

Derogando al principio della par condicio creditorum, le norme che prevedono i privilegi hanno carattere eccezionale e, come tali, non sono suscettibili di interpretazione analogica, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi.

Si ritiene che il creditore maturi un legittimo affidamento a vedersi soddisfatto prima degli altri soltanto dal momento dell'introduzione, nel nostro ordinamento, di nuove norme che prevedono il privilegio, sebbene la tutela accordata dal privilegio si estrinsechi materialmente solo in fase esecutiva ed in ipotesi di incapienza del patrimonio del debitore.

In altri termini - e ciò è importante per ciò che si dirà in seguito (a proposito della contestata retroattività delle norme estensive del privilegio) - l'esistenza di un privilegio a tutela del proprio credito incide sulla libera scelta del creditore/contraente fin dalla fase delle trattative, estrinsecandosi quale primaria garanzia dell'incasso del credito (

A. Ravazzoni, Privilegi, in Dig. Discip. Priv., sez. civ., Torino, 1996, 371 e ss.

).

Ai sensi dell'

art. 2746 c.c.

il privilegio si distingue tra generale e speciale. Mentre il privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili costituenti il patrimonio del debitore, ed è quindi riconosciuto con esclusivo riguardo alla causa del credito, indipendentemente da un rapporto con quei beni, il privilegio speciale, esercitandosi solo sopra determinati beni mobili o immobili, si giustifica in ragione del particolare rapporto di connessione fra il credito e la cosa che ne è gravata (

cfr. G.

Gaetano, Privilegi (diritto civile e tributario), in NN.D.I., XIII, Torino, 1966, 964; A. Ravazzoni, ivi, 378

).

Dato che la caratteristica fondamentale del privilegio speciale è l'identificazione della garanzia con un bene individuato o determinato, suscettibile di essere oggetto di un processo espropriativo, in caso di fallimento della società debitrice - nell'ipotesi di mancanza dei beni sui quali esercitare la prelazione ovvero qualora tali beni non siano univocamente identificabili - il privilegio speciale non è concretamente esercitabile e, conseguentemente, viene meno in luogo del comune diritto chirografo (

cfr. M. Ferro,

La legge fallimentare – commentario teorico e pratico

, Padova, 2011, 1326; G. Bozza, Privilegio del credito ed inesistenza del bene, ivi, 879 e ss.

). In caso di concordato preventivo la Corte di Cassazione (sent. n. 24970 del 6 novembre 2013), in relazione al credito di rivalsa per l'IVA spettante al cedente di beni o al prestatore di servizi, ha statuito che la mancanza nel patrimonio del debitore concordatario del bene gravato da privilegio speciale non impedirebbe, a differenza che nel fallimento, l'esercizio del privilegio stesso; con la conseguenza che il credito andrebbe soddisfatto integralmente, salva l'applicazione della previsione di cui all'

art. 160, comma 2, l.

f

all

. e, dunque, salva la produzione di una relazione giurata che dimostri l'incapienza del bene oggetto di garanzia e la contestuale presenza di una clausola concordataria che espressamente preveda la collocazione al chirografo.

Tuttavia questo decisum è stato da più parti criticato: riconoscere al credito per IVA da rivalsa un privilegio, nonostante l'inesistenza dei beni sui quali esercitare la prelazione ex art. 2758, primo comma,

l. fall

., significherebbe, in concreto, mutare il privilegio da speciale a generale, con evidente violazione del principio della par condicio creditorum ed ingiustificabile sacrificio che ne deriverebbe agli altri creditori privilegiati e chirografari (G.

Buffelli

, Il credito di rivalsa Iva nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it;

F. Di Marzio

, Credito assistito da privilegio speciale nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it:

G. Andreani

e A.

Tubelli

, Il trattamento del credito per Iva nel concordato preventivo, in Il Fisco, n. 20/2014, 1997; R.

Bonivento

, La Cassazione precisa le regole per l'Iva di rivalsa nei concordati preventivi, in questo portale; A.

Fabbro

, Il pagamento del credito per l'Iva di rivalsa nel concordato preventivo, in Fallimentiesocietà.it).

Dazi: Il privilegio generale di cui all'art. 2783-ter c.c. e la disciplina previgente

La norma di cui all'

art. 2783-

ter

c.c.

, introdotta dalla

legge 26 aprile 2012, n. 44

ed entrata in vigore il 29 aprile 12, prevede che “i crediti dello Stato attinenti alle risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, di pertinenza del bilancio generale dell'Unione europea sono equiparati, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo, ai crediti dello Stato per l'imposta sul valore aggiunto”.

Prima di tale novella, il trattamento dei dazi doganali era regolato dall'

art. 2758 c.c.

, che al primo comma dispone che: “I crediti dello Stato per i tributi indiretti hanno privilegio sui mobili ai quali i tributi si riferiscono e sugli altri beni indicati dalle leggi relative, con l'effetto da esse stabilito.”

I tributi indiretti comprendono anche i dazi doganali (

d

.

P

.

R

.

n. 43 del 23 gennaio 19

73

), per il soddisfacimento dei quali lo Stato ha, oltre al privilegio sopracitato, anche il diritto di ritenzione sulle merci che sono oggetto dell'imposta stessa; il privilegio è esteso ai beni ai quali il tributo si riferisce e agli altri beni indicati dalle leggi relative, “con l'effetto da esse stabilito”, ossia con una riserva di applicazione delle leggi speciali relativa sia agli effetti del privilegio che alla possibilità di estendere lo stesso ad oggetti ai quali il tributo non si riferisce direttamente.

Sui beni cui il tributo si riferisce spetta dunque un privilegio speciale, per cui lo Stato creditore può soddisfarsi sui beni medesimi, anche se questi fossero stati acquistati da terzi, purché siano stati acquistati quando il privilegio era già sorto (ossia nel momento in cui sorge per legge l'obbligazione doganale).

L'

art. 2758 c.c.

creava, con riferimento ai privilegi, un trattamento diverso tra crediti comunitari e nazionali, ragion per cui dalle istituzioni comunitarie venne chiesto al legislatore nazionale di riservare uguale trattamento ai crediti nazionali e ai crediti comunitari afferenti alle risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della Decisione del Consiglio del 7 giugno 2007, n.2007/436/CE, Euratom.

Ecco allora che l'

art. 2783

-ter

c.c.

, recependo le esigenze di cui sopra, ha disposto che anche i crediti sui dazi doganali

spetta un privilegio generale sui beni mobili del debitore, come spetta ai crediti dello Stato per l'imposta sul valore aggiunto.

Sull'applicazione retroattiva – o meno - dei privilegi

Nonostante l'

art. 2783-

ter

c.c

.

sia entrato in vigore il 29 aprile 12,

nelle procedure concorsuali l'Amministrazione Finanziaria è solita chiedere l'applicazione retroattiva del privilegio ai dazi, sostenendo la natura processuale dell'

art. 2783-

ter

c.c.

, ed affermando che il privilegio sorgerebbe nel momento in cui si fa valere il credito.

Non si condivide questa impostazione per le ragioni che seguono.

Partendo dai principi generali, si evidenzia che

il primo comma dell'art. 11 delle preleggi sancisce che “l

a legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Tale principio, tuttavia, in quanto privo di rango costituzionale, può essere discrezionalmente derogato dal legislatore, che può quindi estendere gli effetti di una legge anche al passato. Per

essere legittimamente esercitata, la scelta di regolare con efficacia retroattiva una determinata materia deve però rispettare un requisito minimo, ovvero trovare fondamento nella esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, mentre - all'opposto - la tutela espressa nei confronti di siffatti beni e valori è limitata dalla compressione che potrebbe verificarsi “nei confronti di altri beni e valori che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale” (

Corte Costituzionale n. 15 del 26.1.2012

).

In linea generale, la Corte Costituzionale ha tracciato i confini della potestà legislativa in materia civile, disponendo che il principio d'irretroattività è espressione di un principio giuridico di ragionevolezza e certezza dei diritti, che può essere disatteso soltanto laddove ciò trovi adeguata giustificazione sul piano dei suddetti principi e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (

Corte Cost. 17/12/1985, n. 349

).

Con riferimento specifico ai privilegi, l'eccezionalità dell'effetto retroattivo delle norme istitutrici di nuovi privilegi era stata confermato già dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 457 del 31 luglio 1944, laddove si precisava che, secondo la disciplina intertemporale prevista dal Codice Civile, i nuovi privilegi creati dal medesimo codice non si sarebbero dovuti estendere a crediti non privilegiati sorti sotto l'impero della cessata legge.

Riguardo la giurisprudenza di merito, intervenuta sul tema, va ricordata una recente pronunzia della Corte d'Appello di Milano (

15 dicembre 2009

), secondo cui la legge che estende la portata di un privilegio “non è applicabile a fattispecie anteriori all'entrata in vigore della novella, atteso che la predetta disposizione, al pari delle altre in tema di privilegi, non è destinata ad operare sul piano processuale, perché si limita a modificare il concorso sostanziale dei creditori sul patrimonio del debitore, in considerazione della causa del credito e perché, in quanto norma sostanziale, ed in mancanza di disposizioni transitorie, non dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo ai sensi dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale”.

La Corte d'Appello di Milano, escludendo quindi la natura processuale delle norme che creano nuovi privilegi a favore della loro natura sostanziale, ha ritenuto che il privilegio, quale accessorio del credito a cui dà il carattere di “privilegiato”, non possa essere modificato in assenza di una legge che lo preveda esplicitamente.

La recente giurisprudenza di legittimità ha finanche evidenziato che “è fuori luogo richiamare un preteso principio di retroazione dei privilegi sopravvenuti” e “che l'applicazione generalizzata d'un principio di retroazione del resto pregiudicherebbe la par condicio creditorum in relazione alla graduazione già formatasi del concorso del riparto già aperto, in violazione del principio di eccezionalità del privilegio e della insuscettibilità dell'analogia” (

Cass. n. 8683 del 10 aprile 2013

).

La sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 2013 e l'obiter dictum sulla natura dei privilegi

A seguito dell'ordinanza di rimessione del Tribunale di Firenze del 17 luglio 2012 (Trib. Firenze, 17 luglio 2012), con la sentenza n. 170 del 2013, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 37, ultimo periodo, e del comma 40 del D.L. del 6.7.2011, n. 98, nella parte in cui dispone l'applicazione retroattiva del nuovo testo dell'

art. 2752, comma 1, c.c.

, che estendeva il privilegio ai crediti erariali derivanti dall'imposta sui redditi delle società e da sanzioni tributarie relative a determinate imposte dirette anche in relazione a casi di definitività dello stato passivo.

Secondo la Corte, il principio di affidamento, che veniva sacrificato dall'introduzione retroattiva della disposizione, non era efficacemente controbilanciato dall'esigenza di tutela di altri principi e valori del medesimo rango, non esistendo alcun interesse “di rango costituzionale” che potesse giustificare la retroattività nell'attribuzione del privilegio ai crediti dell'Erario. La ratio del privilegio di cui all'

art. 2752 c.c.

è stata ravvisata nell'interesse esattivo dell'erario, quale creditore concorrente dei procedimenti concorsuali: tale interesse puramente economico-finanziario della norma è stato ritenuto inidoneo a legittimare un intervento normativo in senso retroattivo, determinante una disparità di trattamento a scapito dei creditori concorrenti con lo Stato, le cui aspettative di riparto del credito legittimamente maturate sarebbero state frustrate.

Ictu oculi

sembrerebbe, quindi, che anche tale ultimo intervento si collochi nel solco tracciato dai precedenti arresti giurisprudenziali, che si stagliavano contro l'irretroattività delle norme istitutrici di nuovi privilegi, ancorché parrebbe limitare la retroattività al momento in cui i crediti siano stati già accertati dal Giudice delegato con provvedimento avente efficacia di giudicato.

Tuttavia con tale sentenza la Corte ammetteva l'applicazione retroattiva anche a crediti sorti precedentemente, ma non oltre

quelli per i quali lo stato passivo esecutivo fosse già definitivo

(endo-fallimentare), e – con un obiter dictum destinato a suscitare molteplici discussioni (

cfr. A.

Solidoro, Parzialmente incostituzionale l'efficacia retroattiva dei privilegi sui crediti erariali, in questo portale

) - precisava: “secondo i principi generali delle procedure fallimentari, l'introduzione di un nuovo privilegio da parte del legislatore deve sempre ricevere immediata applicazione da parte del giudice delegato, dal momento che le norme processuali sulla gradazione dei crediti si individuano avendo riguardo al momento in cui il credito viene fatto valere” e non a quello in cui lo stesso è venuto ad esistenza.

La Corte è parsa quindi ammettere una relativa retroattività dei nuovi privilegi, ponendo come limite l'accertamento giudiziale del credito in sede fallimentare.

Al di là dell'ambigua valenza dell'obiter dictum, invero la Corte ha evidenziato come la retroattività non debba contrastare con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, tra i quali sono ricompresi “il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario”, precisando, altresì, che la tutela dell'interesse economico/finanziario dello Stato non può essere considerata come adeguato motivo che giustifica il riconoscimento retroattivo del privilegio nell'ambito di una procedura concorsuale.

 Per una interpretazione della sentenza n. 170/2013 e un recente caso concreto

In seguito a tale sentenza della Corte Costituzionale (anzi proprio poggiando sull'obiter dictum della Corte, Equitalia (per conto dell'Agenzia delle Dogane), in un recente caso relativo a dazi per importazione di banane, sottoposto al Tribunale patavino, ha sostenuto l'efficacia retroattiva della norma in commento, fondata sulla presunta natura di norma di natura processuale, la cui applicazione non si porrebbe in relazione con il momento in cui il credito è sorto, bensì con il momento in cui il credito viene fatto valere.

Su queste basi Equitalia si opponeva all'omologazione del concordato, atteso che nello stato passivo il credito per dazi (proprio per il mancato rinvenimento dei beni) era stato considerato in chirografo, degradando il privilegio speciale e considerando irretroattiva la norma in commento.

Con il provvedimento di omologa del concordato il

Tribunale di Padova (

19 giugno 2014

) ha precisato che “secondo i principi generali delle procedure fallimentari, l'introduzione di un nuovo privilegio da parte del legislatore deve sempre ricevere immediata applicazione da parte del giudice delegato, dal momento che le norme processuali sulla gradazione dei crediti si individuano avendo riguardo al momento in cui il credito viene fatto valere. Dunque una previsione come quella contenuta nel comma 37, non può avere altro significato che quello di estendere retroattivamente l'applicabilità della nuova regola, oltre ai casi consentiti in base ai principi generali e cioè a quelli in cui lo stato passivo esecutivo è già definitivo”. E, commentando la sentenza della

Corte Costituzionale n. 170 del 2013

, il Tribunale patavino ha rilevato che “questo passaggio contenuto della sentenza n. 170/2013 presuppone la retroattività della norma introduttiva del nuovo privilegio perché è in questo caso che nell'ambito delle norme procedurali del procedimento fallimentare il G.D., secondo il diritto vivente, avrebbe dovuto tenerne conto e farne applicazione in qualunque fase della procedura e quindi anche in sede di riparto nonostante la definitività dello stato passivo. Pertanto la tesi sostenuta dall'opponente secondo cui il privilegio generale mobiliare riconosciuto dall'

art. 2783

-ter

c.c.

al credito per dazi doganali dovrebbe trovare immediata applicazione anche per i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonostante il legislatore non abbia attribuito alla norma pacificamente efficacia retroattiva, diversamente per quanto è avvenuto per l'

art. 2752 comma 1 c.c.

ad opera delle norme dichiarate illegittime, non merita accoglimento”.

Il Tribunale di Padova si è posto, quindi, sulla linea interpretativa tracciata dalla Corte d'Appello meneghina (15 dicembre 2009, cit.), secondo cui, escludendo la natura processuale delle norme che creano nuovi privilegi a favore della loro natura sostanziale, ha così ritenuto che il carattere privilegiato di un credito non possa essere fatto valere retroattivamente, in assenza di una disposizione normativa che disponga in tal senso.

Considerazioni conclusive

Secondo gli scriventi l'inapplicabilità dell'art. 2783-ter ai crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore (2 marzo 2012) è un principio condivisibile.

Atteso che il sistema dei privilegi rappresenta una deroga – piuttosto marcata - al principio della par condicio creditorum, che viene accordata a determinati creditori in considerazione della causa del credito, definibile quale “giustificazione economica” del credito stesso, ancorare il privilegio alla causa del credito è indice di una natura sostanziale della causa di prelazione, in quanto l'effetto derogatorio (ossia l'essere preferiti rispetto ad altri creditori) sorge soltanto al momento della costituzione del rapporto debito/credito. Invero, solo dal momento dell'insorgenza del credito, il creditore privilegiato matura un legittimo affidamento a vedersi soddisfatto prima di altri creditori concorrenti (seppur il privilegio sia poi fatto valere nella sola fase di espropriazione), ma sforniti di privilegio o altra causa legittima di prelazione (cfr. Trib. Monza 24 marzo 2009; Trib. Monza 18 maggio 2009).

Certo il Legislatore può emanare norme con efficacia retroattiva, anche di interpretazione autentica, purché in casi eccezionali e particolarmente meritevoli sotto il profilo costituzionale, preoccupandosi altresì di dare contenuto specifico a valori e interessi nei confronti dei quali la retroattività di una determinata norma non deve mai porsi in contrasto. Tuttavia, in assenza di un'espressa previsione che stabilisce l'irretroattività della norma che introduce il privilegio, deve farsi riferimento al principio sancito dall'art. 11 delle preleggi, il quale, come ripetutamente ricordato dalla Corte Costituzionale, rappresenta una regola essenziale del sistema, cui il legislatore deve ragionevolmente attenersi, salvo un'effettiva causa giustificatrice (

Corte Cost. n. 78/2012

,

n. 209/10

,

n. 311/09

).

L'inapplicabilità dell'art. 2783-ter a crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore (2 marzo 2012) si ricava, finanche, considerando che la norma in questione certamente non tutela valori di rilievo costituzionale, limitandosi ad ampliare il novero dei crediti erariali assistiti da privilegio nell'ambito delle procedure fallimentari, al fine unico di tutelare l'interesse finanziario dell'esazione dei tributi di pertinenza dell'Unione Europea.

Posto che esigenze di certezza del diritto impongono che non si possa permettere alla parte pubblica di cambiare la legislazione in corso esercitando arbitrariamente ex post la propria posizione di vantaggio rispetto al creditore ordinario, i principi sopra esposti non possono mai soccombere davanti a mere esigenze esattive dello Stato.

In conclusione, dunque, all'introduzione di un nuovo privilegio non può accordarsi efficacia retroattiva, perché se l'avesse, in qualità di norma modificativa del concorso sostanziale dei creditori, violerebbe il legittimo affidamento maturato dai creditori sulla base della relativa causa del credito (

M.

Spadaro, Costituzionalmente illegittima la disciplina retroattiva dei nuovi privilegi erariali, in Il Fallimento, 2/2014, 151

).

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