Il pagamento dei crediti anteriori nel concordato preventivo

20 Ottobre 2015

Il presente contributo approfondisce il tema relativo alla possibilità per il debitore di procedere al pagamento di debiti soggetti al trattamento concordatario prima dell'omologazione, facoltà inizialmente non prevista dall'ordinamento, successivamente ammessa dalla dottrina e dagli orientamenti giurisprudenziali maggioritari ed infine normativamente introdotta con l'intervento del legislatore del 2012 (art. 182-quinquies, comma 4, l. fall.). L'indagine dell'Autore tocca diversi profili dell'istituto, dal pagamento dei crediti anteriori agli atti di straordinaria amministrazione, dai pagamenti non autorizzati al pagamento dei crediti posteriori in prededuzione, fino al pagamento dei crediti professionali.
Il sistema antecedente all'intervento legislativo del 2012

Nel vigore della previgente formulazione della

legge fallimentare

, si era da più parti esclusa la possibilità per il debitore di procedere, anteriormente alla omologazione, al pagamento di debiti soggetti al trattamento concordatario, nemmeno attraverso la compensazione con crediti sorti in pendenza della procedura stessa, reputando inefficace, e dunque ripetibile, il pagamento eseguito, in virtù di quanto disposto dagli

artt. 44

e

168

l

.

fall

. (cfr. D. Spagnuolo in Il Concordato Preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2014, 168).

Si osservava, infatti, che se il debitore durante la procedura concordataria era soggetto alla vigilanza del commissario giudiziale ed alla direzione del giudice delegato, l'intendimento del legislatore era evidentemente volto ad un'oculata amministrazione del patrimonio dell'imprenditore, in quanto destinato a garantire il soddisfacimento di tutte le obbligazioni concorsuali, secondo il principio della par condicio creditorum; pertanto, qualsiasi pagamento eseguito fuori dalle regole normative si sarebbe tradotto in un pregiudizio del patrimonio del debitore.

Inoltre, si rilevava che se ai creditori concorsuali è fatto divieto,

ex

art. 168, comma 1,

l

.

fall

. di esercitare le azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore concordatario, a maggior ragione doveva ritenersi negata la possibilità per quest'ultimo di compiere atti idonei a far conseguire spontaneamente ai creditori il medesimo risultato che essi non avrebbero potuto realizzare in via esecutiva; il pagamento dei creditori concorsuali nel corso della procedura di concordato preventivo sarebbe stato, per giunta, incompatibile con la disciplina dell'istituto, data l'obbligatorietà del concordato per tutti i crediti anteriori

ex art. 184

l

.

fall

. e la previsione di una fase di esecuzione (Cfr. T. E. Cassandro in AA.VV. Trattato di diritto delle procedure concorsuali, vol. III, Torino, 2011, 212. In giurisprudenza

Cass. 12 gennaio 2007, n. 578

).

Tale rigore, tuttavia, era apparso non in linea con la complessiva disciplina del concordato, con specifico riferimento alla naturale prosecuzione dei contratti in corso ed alla possibilità per il debitore di proseguire nella gestione dell'impresa e del proprio patrimonio.

In proposito, era stata sottolineata l'irragionevolezza del principio secondo cui nel concordato preventivo l'imprenditore potrebbe usufruire della controprestazione adempiendo la prestazione in percentuale concordataria, mentre nel fallimento, secondo il sistema dettato dagli

art 72 e seg.

l. fall

. il curatore, per ottenere la controprestazione, è obbligato all'adempimento integrale della controprestazione (Cfr. Maffei Alberti, in Diritto Fallimentare, 1994, I, 600 e ss.).

Del resto, altra parte della dottrina (Cfr. M. Fabiani, Il Concordato preventivo, Bologna, 2014, 416 e ss.) aveva evidenziato l'inconferenza del richiamo all'

art. 168, comma 1,

l

.

fall

., rilevando come al divieto di azioni esecutive imposto ai creditori non doveva, necessariamente, corrispondere il divieto del debitore di eseguire pagamenti spontaneamente.

Per cui, parte della giurisprudenza, valorizzando il mancato richiamo dell'

art. 44 l

.

fall

., era giunta a qualificare i suddetti pagamenti quali atti di ordinaria amministrazione, e dunque liberamente eseguibili da parte del debitore, sotto la vigilanza del commissario e salva la eventuale configurabilità dell'atto come in frode ai creditori (Cfr.

Cass. 1 marzo 2002, n. 3022

;

Cass. 29 novembre 2005, n. 26036

;

Cass. 2 ottobre 2008, n. 24476

).

Alternativamente, si era estesa ad essi la natura di atti di straordinaria amministrazione, così riconoscendone l'efficacia, se preventivamente autorizzati dal giudice delegato (Cfr.

Cass. 12.6.2007, n. 13759

).

Era stato, infatti, sottolineato che il pagamento di debiti sorti anteriormente alla procedura non era nullo, ma privo di efficacia, in quanto assumeva il contenuto di un atto solutorio effettuato in frode ai creditori, secondo la stessa previsione legislativa di cui all'

art. 173

l

.

fall

. ([1]

Cfr.

Cass. 28 agosto 1995, n. 9030

; G. Lo Cascio, Il Concordato Preventivo, Milano, 2011, 332).

Invero, la ratio del divieto dei pagamenti di crediti anteriori nel concordato non poteva che essere diversa rispetto al fallimento, in quanto non derivava da una limitazione soggettiva del potere di disporre (

ex

art. 42

e

44

l

.

fall

.), ma da una limitazione oggettiva inerente alla conservazione del vincolo di destinazione impresso al patrimonio segregato; difatti, se la causa del concordato consiste nell'assicurare il pagamento dei creditori nel miglior modo possibile e secondo le regole del concorso concordatario, il pagamento di crediti anteriori può essere sanzionato

ex

art. 173

l

.

fall

. solo se diretto a frodare le ragioni dei creditori.

Si era, pertanto, andato affermando l'orientamento secondo cui il divieto di pagare i creditori anteriori all'apertura della procedura fosse relativamente derogabile, previa autorizzazione del giudice delegato, ove il pagamento producesse effetti vantaggiosi nell'ambito dell'esercizio dell'impresa (qualora, per esempio, si fosse avuta la certezza che detti creditori sarebbero stati comunque soddisfatti in sede di attuazione della proposta ovvero risultasse certa l'utilità economica e sociale di tali pagamenti, come nel caso delle retribuzioni del lavoratori e dei contributi assistenziali e previdenziali, anche con riferimento alla misura di soddisfacimento dei crediti chirografari, come nel caso di pagamento anticipato dei crediti privilegiati, finalizzato ad un minore esborso per interessi, cfr.

Cass. 6 luglio 2000, n. 9016

).

Tuttavia, quale conseguenza del principio di inammissibilità del soddisfacimento dei crediti concorsuali nel corso della procedura, la Suprema Corte aveva escluso che dal loro mancato pagamento potessero conseguire effetti di tipo sanzionatorio, e ciò anche qualora tali crediti fossero stati previsti da norme di diritto pubblico, come nell'ipotesi di omesso versamento di IVA dovuta dall'imprenditore per cessioni eseguite nell'esercizio dell'impresa (cfr.

Cass., 24 febbraio 2006 n. 4234 e 15 giugno 2001

,

n. 8118

;

Trib. Roma, 5 dicembre 2014

).

La giurisprudenza aveva, altresì, avuto occasione di occuparsi della sorte dei pagamenti compiuti nel periodo intercorrente tra la data della presentazione della proposta di concordato e l'emanazione del decreto di ammissione, osservando che anche in questo caso sarebbe stata configurabile l'inefficacia degli atti solutori; in tale evenienza si era addirittura affermato che il debitore potesse ricorrere al procedimento monitorio per ottenere la loro restituzione (

Cass., 15 novembre 2007, n. 23638

).

All'esito dell'intervento riformatore del 2007, il quadro normativo non aveva subito sostanziali cambiamenti.

A chi riteneva assolutamente persistente, in conformità con l'opinione tradizionale, il divieto di pagamento dei creditori concorsuali prima dell'omologazione (cfr. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale, vol. XI, Padova, 95) si contrapponeva chi, in linea con l'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, riteneva il pagamento autorizzabile dal giudice delegato qualora ne fosse stata ravvisata l'utilità (G. Lo Cascio, Il Concordato preventivo, cit., 333; Audino, Sub art. 167, in Commentario Breve alla

legge fallimentare

, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2009, 968).

L'intervento legislativo del 2012: i pagamenti nella continuità aziendale

La recente disciplina dettata per le ipotesi di concordato con continuità aziendale, e cioè quando il piano di concordato “prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio, ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione” (

art. 186-

bis

l. fall

.) ha specificamente previsto, all'

art. 182-

quinquies,

comma 4,

l. fall

. che il debitore possa essere autorizzato dal Tribunale a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se sia attestato da un professionista che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

L'attestazione non è necessaria (ma lo è comunque l'autorizzazione del Tribunale) per quei pagamenti effettuati dal debitore utilizzando nuove risorse finanziarie apportate da terzi al debitore senza obbligo di restituzione, o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori.

La ratio dell'innovazione normativa è da individuarsi nella raggiunta consapevolezza, da parte del legislatore, del fatto che «la continuazione dell'attività si può risolvere nella necessità di conservare i rapporti commerciali già in essere e che per evitare di correre il rischio che gli interlocutori dell'impresa in concordato decidano di interrompere il loro rapporto a causa del mancato pagamento di crediti sorti anteriormente alla presentazione della domanda, non può più essere impedita l'effettuazione di tali pagamenti» (cfr. M. Fabiani, Il Concordato preventivo cit., 418).

In particolare, secondo un'opinione (cfr. R. Amatore – Jeantet, Il Nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 298), risulta evidente come la previsione normativa da ultimo richiamata costituisca una notevole deroga al principio della par condicio creditorum nell'ambito concordatario, giacché consente di pagare alcuni creditori concorsuali prima del tempo previsto ed al di fuori dei riparti; tale deroga si spiega proprio con la difficoltà di proseguire per altra via nell'attività di impresa se non si assicura il pagamento anche dei debiti anteriori per forniture di beni e servizi strategici, ossia di importanza cruciale per il mantenimento dell'azienda in esercizio.

La norma interviene, quindi, sotto un duplice profilo, da un lato limitando la possibilità di pagamento alle sole prestazioni essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori e, dall'altro, rendendo possibile il detto pagamento nel periodo intercorrente fra la presentazione della domanda ed il decreto di ammissione ed estendendo, peraltro, la possibilità di presentare la richiesta di autorizzazione anche nel caso in cui il debitore abbia depositato una domanda di ammissione con riserva.

Ne discende che la norma in esame deve essere interpretata ed applicata restrittivamente, considerato che, a stretto rigore normativo, potrà concedersi l'autorizzazione in discorso solo allorquando i crediti da soddisfare fuori concorso riguardino forniture e prestazioni strettamente necessarie per la prosecuzione dell'attività di impresa e difficilmente sostituibili con altre prestazioni. In concreto, l'attestatore dovrà valutare se sia tecnicamente e concretamente impossibile ovvero fortemente antieconomico ricorrere ad altri fornitori, senza che, rinunciando ad essi, possa risultarne compromessa la redditività dell'impresa (Cfr. R. Amatore - Jeantet, Il Nuovo concordato preventivo, cit., 299. Cfr., sul ruolo dell'attestatore, Trib. Bergamo, decreto del 6 febbraio 2014).

Va, tuttavia, osservato come il Tribunale non possa vedere limitato il suo potere di controllo dall'attestazione dell'esperto, nel senso che deve escludersi che esso debba limitarsi ad una verifica esterna dell'attestazione fornita dal professionista circa la essenzialità delle prestazioni generatrici del credito da soddisfarsi fuori dal concorso.

Invero, non può trascurarsi di considerare che viene attribuito dalla norma al Tribunale anche il potere di assumere sommarie informazioni, la cui presenza legittima una valutazione giudiziale di merito e di carattere contenutistico per scrutinare la essenzialità delle prestazioni e funzionalità dei pagamenti alla migliore soddisfazione dei creditori (Cfr. Lamanna, La

legge fallimentare dopo il decreto sviluppo

, Milano, 2012, 58, 64).

In altri termini, non avrebbe senso attribuire al Tribunale il potere di assumere sommarie informazioni, senza concedere a quest'ultimo la relativa facoltà di valutare autonomamente il contenuto dei mezzi istruttori diretti allo scopo di mettere in discussione le affermazioni valutative contenute nella attestazione del professionista (cfr. R. Amatore, Autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori, in ilFallimentarista.it).

Va, però, precisato che sebbene l'

art. 182-

quinquies

l. fall

. sia esplicito nell'estendere la possibilità di autorizzazione anche al c.d. preconcordato, tale estensione si rivela sostanzialmente inapplicabile, stante l'impossibilità di configurare un concordato in continuità aziendale anche nella procedura c.d. “con riserva” o “in bianco”.

Difatti, non può esistere un concordato in continuità in mancanza delle condizioni di cui all'

art. 186-

bis,

comma 1,

l. fall

. (e cioè: prosecuzione della attività di impresa da parte del debitore, cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, analitica indicazione nel piano dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività di impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura, attestazione

ex

art. 161 comma 3

l. fall

. che la prosecuzione della attività di impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori).

Non esiste, pertanto, un concordato che possa definirsi in continuità aziendale in mancanza di una o più di queste condizioni che, evidentemente, difettano nell'ipotesi di preconcordato, stante appunto la mancanza di un piano.

Ne deriva che, prima del deposito di una piano definitivo, non può configurarsi un concordato in continuità aziendale e che, quindi, i pagamenti di crediti anteriori potranno essere autorizzati, nella fase di preconcordato, solo se il debitore anticipi, almeno nelle linee generali, il contenuto del futuro piano, sia con riferimento alla natura di concordato in continuità sia con il dettaglio necessario e sufficiente a consentire all'esperto di attestare la sussistenza dell'ulteriore presupposto rappresentato dalla essenzialità delle prestazioni (Cfr. F. Lamanna Il divieto generale di pagamento dei crediti anteriori nel concordato preventivo e le sue tassative eccezioni (limitate ai soli casi di continuità aziendale) in ilFallimentarista.it; in termini sostanzialmente analoghi anche R. Amatore - Jeantet Il Nuovo concordato preventivo, cit., 300).

Orbene, la disposizione in commento, specificamente dettata per le sole ipotesi di concordato con continuità aziendale, e dunque con valore di norma speciale, potrebbe indurre ad escludere la possibilità del pagamento dei crediti anteriori alla pubblicazione della domanda al di fuori della specifica ipotesi ivi contemplata.

Difatti, secondo parte della dottrina, risulta evidente come la suddetta norma rappresenti una notevole deroga al principio della par condicio creditorum nell'ambito del concordato, giacché consente di pagare alcuni creditori concorsuali prima del tempo previsto ed al di fuori dei riparti.

Ebbene, tale deroga si spiega, come sopra esposto, proprio con la difficoltà di proseguire, per altra via, nella attività di impresa se non si assicura il pagamento anche dei debiti anteriori per forniture di beni e servizi strategici.

Ne discenderebbe che il regime autorizzativo per il pagamento dei crediti anteriori deve ritenersi ristretto entro i confini dell'

art. 182-

quinquies

, quarto comma,

l. fall

., senza che possa ritenersi elargibile tale autorizzazione ai sensi dell'

art. 167, comma 2,

l. fall

. ovvero, nel concordato prenotativo, ai sensi dell'

art. 161, comma 7,

l. fall

.

In particolare, secondo tale corrente dottrinale, a favore dell'opzione ermeneutica più restrittiva milita l'argomentazione secondo cui “sembrerebbe irragionevole che il legislatore abbia previsto un regime autorizzatorio più rigido, e con ciò la previsione della necessaria attestazione del professionista e se del caso con l'assunzione anche delle sommarie informazioni, proprio in relazione al concordato con continuità aziendale (laddove la esigenza di tutela dei creditori strategici per la prosecuzione della attività aziendale è più avvertita), rispetto a quello applicabile ad un concordato liquidatorio (eventualmente già ammesso) ove l'applicazione dell'

art. 167, comma 2,

l. fall

. lascia maggiori margini di opinabilità e discrezionalità al giudice delegato nella concessione della richiesta autorizzazione”.

Su opposto crinale si colloca altra corrente di pensiero (cfr. D. Spagnuolo in Il Concordato Preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 170), secondo la quale l'

art. 182-

quinquies

l. fall

. dovrebbe ritenersi espressione di un più generale principio, operante nel sistema del concordato preventivo, che permetterebbe di sovvertire anche l'ordine legale delle prelazioni, e così di adempiere al pagamento di debiti anteriori al di fuori del regime concorsuale, ove ciò sia “funzionale ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori”.

Il carattere speciale della norma, quindi, andrebbe ravvisato nel fatto che, per l'ipotesi di concordato con continuità aziendale, si consente il pagamento sin dal momento del deposito della domanda di concordato e, quindi, anche anteriormente all'ammissione (e così in deroga a quanto previsto dall'

art. 161, comma 7,

l. fall

. che permette al debitore in tale fase di compiere, con l'autorizzazione del Tribunale, solo gli atti di ordinaria e quelli “urgenti” di straordinaria amministrazione): il debitore, cioè, sarebbe abilitato ad incidere, anche prima dell'ammissione al concordato, sulla consistenza del patrimonio delineato nel piano, ed in modo molto più incisivo rispetto alla ipotesi generale, ma solo se vi sia una effettiva esigenza di assicurare il regolare funzionamento della attività di impresa, destinata a proseguire anche dopo l'omologazione del concordato.

Ciò giustificherebbe la competenza del Tribunale per la valutazione dell'utilità dell'atto solutorio rispetto all'interesse dei creditori, ed il maggior rigore procedimentale, essendo all'uopo richiesto l'intervento del professionista attestatore.

Per quanto riguarda, poi, l'ambito oggettivo della disciplina, la formula legislativa “prestazioni di beni o servizi” ha sollevato un acceso dibattito con particolare riferimento ai dipendenti i cui crediti non sarebbero riconducibili alla fattispecie “prestazioni di servizi” (cfr.

Trib. Modena, 15 dicembre 2012

).

In realtà, appare condivisibile quanto sostenuto da autorevole dottrina che, muovendo da una lettura della formula legislativa alla luce della normativa (anche speciale) che regola il fenomeno dell'impresa, apre ad una interpretazione in senso lato della disposizione in modo da ricomprendervi tutte le prestazioni di dare e fare (incluse, quindi, quelle lavorative), atteso che il discrimen ai fini dell'autorizzazione è presidiato dal criterio funzionale della prosecuzione dell'impresa e della migliore soddisfazione dei creditori (cfr. A. M. Leozappa, Sul pagamento dei crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi nel concordato preventivo, in questo portale).

Ulteriore questione è rappresentata dalla misura in cui questi creditori strategici debbano essere remunerati.

Ora, è indubbio che il pagamento abbia carattere preferenziale, giacché viene ad essere eseguito prima del momento in cui andrebbe effettuato alla stregua delle previsioni della proposta e del piano, avuto riguardo ai creditori di pari rango ovvero inclusi nella stessa classe.

Tuttavia, non è altrettanto certo che tale preferenzialità implichi anche la integrità del pagamento, come se il credito fosse sempre prededucibile (cfr. Lamanna, La legge fallimentare, cit., 66).

Nel silenzio della norma e stante la tassatività delle ipotesi di deroga alla par condicio creditorum, si ritiene che tali crediti – rispetto al quantum – dovranno essere soddisfatti nella stessa misura per essi prevista nella proposta e nel piano (Lamanna, ibidem; R. Amatore, Autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori, cit. In senso conforme anche M. Fabiani, Il Concordato preventivo, cit., 421).

Pagamenti di crediti anteriori ed atti di straordinaria amministrazione

Per quanto concerne il concordato liquidatorio, parte della giurisprudenza ritiene che la deroga al divieto generale di pagamento dei crediti anteriori sia possibile con l'intervento autorizzatorio del giudice sia

ex

art. 167

l. fall

. (cfr.

Trib. Modena, 24 febbraio 2014

) (che, come noto, sottopone a previa autorizzazione del giudice delegato la possibilità per il debitore in concordato di compiere atti di straordinaria amministrazione), sia

ex

art. 161, comma 7,

l. fall

. (cfr.

Trib. Monza 25 luglio 2014

) (che, a sua volta, prevede che analoga autorizzazione possa essere rilasciata dal Tribunale durante il procedimento di preconcordato). Sennonché autorevole dottrina ritiene tale impostazione non condivisibile, rilevando come sia l'

art. 161,

comma 7, che l'art.

167

l. fall

. sono norme finalizzate a tutelare l'integrità patrimoniale, come dimostrerebbe il fatto stesso che gli atti soggetti al divieto di carattere relativo (in quanto superabile con l'autorizzazione giudiziale) da essi previsto sono atti di straordinaria amministrazione, vale a dire atti di natura quasi sempre negoziale che possono incidere sensibilmente sull'assetto patrimoniale facendone fuoriuscire beni o creando nuove passività.

Tuttavia, sempre secondo tale Autore, il divieto di pagamenti dei crediti anteriori ha tutt'altra ratio, consistente nel fatto che i pagamenti, pur non essendo atti lesivi dell'integrità patrimoniale, sono comunque lesivi della par condicio creditorum; difatti, se essi fossero atti incidenti sul patrimonio finirebbero per essere eseguibili previa autorizzazione del Tribunale

ex

art. 161, comma 7,

l. fall

. o del giudice delegato

ex

art. 167

l. fall

., se considerabili quali atti di straordinaria amministrazione.

In realtà, con il pagamento il debitore non fa altro che adempiere ad un debito preesistente, un debito cioè già compreso nel patrimonio come posta passiva; effettuandolo, dunque, non si provoca alcuna modificazione nella dimensione del patrimonio poiché ad una posta passiva (il pagamento) corrisponde una posta attiva (l'eliminazione della preesistente e corrispondente passività); la legge, però, mira a tutelare non solo l'integrità del patrimonio quando il debitore è insolvente (o in crisi), vietandogli di compiere atti negoziali che possano diminuirlo, ma anche di effettuare pagamenti che, pur non diminuendo il patrimonio, ed anzi essendo atti dovuti di mero adempimento, abbiano nondimeno l'attitudine a determinare un trattamento disparitario tra i creditori.

Su opposto versante si collocava un'altra più risalente corrente di pensiero, secondo la quale il pagamento anticipato di debiti concorsuali ben potrebbe essere iscritto tra gli atti di straordinaria amministrazione, permettendo così al giudice delegato, e solo dopo che sia stato ammesso il concordato, di valutare in concreto la sussistenza delle condizioni che suggeriscono la deroga alla regola del concorso ed in particolare la vantaggiosità dello stesso pagamento per tutti gli altri creditori, lì dove esso sia finalizzato proprio a conseguire un minor onere a carico del patrimonio stesso o un possibile incremento (ad esempio, per evitare la maturazione di interessi per crediti privilegiati, Cfr. A. Bonsignori, Del concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca,

Legge fallimentare

, Bologna-Roma, 1979).

D'altra parte, la prosecuzione della gestione dell'impresa può ritenersi in sé compatibile anche con la natura liquidatoria del concordato, come pure riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, e potrebbe costituire proprio una delle modalità possibili ed essenziali per pervenire non già alla cessione dell'azienda in esercizio, ma alla alienazione dei beni che la compongono (ad esempio per attendere condizioni di mercato più favorevoli o per scongiurare il deperimento dei beni se inutilizzati); difatti, sembrerebbe irragionevole non permettere l'esecuzione di un atto che, pur incidendo sulla par condicio creditorum, determina comunque la possibilità per gli altri creditori di ottenere una migliore soddisfazione delle proprie ragioni in sede concorsuale ([1]

D. Spagnuolo in Il Concordato Preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 170 ss.).

Ad avviso di chi scrive, fermo restando il carattere speciale dell'

art. 182-

quinquies

l. fall

. (in quanto appositamente previsto per il concordato in continuità aziendale), la possibilità di eseguire pagamenti di crediti anteriori è da escludere nell'ipotesi di concordato puramente liquidatorio.

Difatti, come rilevato anche dalla Corte di Cassazione (

Cass., 24 febbraio 2006, n. 4234

), se del mancato pagamento dei debiti concorsuali non possono conseguire effetti di tipo sanzionatorio, e ciò anche qualora essi siano previsti da norme di diritto pubblico, non si riesce a rinvenire il presupposto (di fatto e di diritto) legittimante il rilascio del provvedimento autorizzatorio.

Del resto, l'eventuale riferimento, da parte dell'istante, alla necessità di evitare il maturare di interessi su crediti privilegiati potrà essere positivamente apprezzata solo nell'ipotesi in cui lo stesso abbia già proceduto al deposito del piano concordatario ed il pagamento si ponga in linea con la tempistica ivi delineata.

Ne discende, nell'ipotesi di concordato liquidatorio, la difficoltà di autorizzare il pagamento di un credito anteriore ai sensi dell'

art. 161, comma 7,

l. fall

. sia per l'improbabilità di ravvisare il requisito dell'urgenza (essendo, come detto, da escludere qualsiasi provvedimento sanzionatorio nell'ipotesi di inadempimento di un credito contemplato in una procedura concorsuale) che per l'ontologica mancanza del piano concordatario (con conseguente impossibilità di verificare il raccordo del richiesto pagamento con i tempi e le modalità di adempimento della proposta).

A conclusione diversa mi pare necessario, invece, pervenire nelle ipotesi in cui la proposta concordataria preveda una forma di continuazione della attività di impresa.

Ci si riferisce, in particolare, alle ipotesi di concordato contemplanti una continuità c.d. “di fatto” dell'impresa, vale a dire finalizzata alla cessione dell'intero patrimonio societario.

In tal caso ben potrà configurarsi la ineluttabilità di eseguire pagamenti di crediti anteriori in quanto essenziali alla prosecuzione della attività di impresa (si pensi alla necessità di pagare le utenze industriali per poter continuare ad usufruire dei relativi servizi,

Cass., 5 novembre 1990, n. 10620

).

In proposito, la norma di riferimento, per la fase post ammissione, non può che essere costituita dall'

art. 167

l. fall

., stante l'impossibilità di richiamo dell'

art. 182-

quinquies,

comma 4,

l. fall

.

Difatti, essendo detta ultima norma dettata con specifico riguardo ai concordati con continuità aziendale ed essendo tali solo i concordati caratterizzati dalla prosecuzione della attività di impresa nella fase di esecuzione (come confermato dal riferimento al “piano” contenuto nell'incipit dell'

art. 186-

bis

l. fall

.), è evidente l'impossibilità di una sua applicazione con riferimento alle fattispecie contemplanti la sola liquidazione dei beni dopo la omologazione.

Invero, la naturale incidenza del pagamento anticipato sulla par condicio creditorum comporta il doveroso inquadramento dello stesso tra gli atti di straordinaria amministrazione, in quanto potenzialmente incidenti in senso negativo sul patrimonio societario (poiché determinanti la fuoriuscita di liquidità destinata al soddisfacimento di crediti di rango poziore) (

Cass. 12 giugno 2007, n. 13759

¸ F. Caiafa, Le procedure concorsuali, Padova, 2011, 1332).

In tale evenienza, tuttavia, il pagamento potrà essere autorizzato qualora risulti la sua obiettiva vantaggiosità per il ceto creditorio.

Indubbiamente, tale giudizio sarà connotato da estrema difficoltà nell'ipotesi di pre-concordato, stante la mancanza della proposta e del piano.

Non appare, però, trattarsi di difficoltà insormontabile laddove si consideri che l'

art. 161, comma 7,

l. fall

. prevede espressamente la possibilità per il Tribunale di “assumere sommarie informazioni” che, nel caso, potranno anche consistere nell'invito rivolto al debitore ad anticipare, quanto meno nelle linee essenziali, il piano concordatario, onde verificare l'effettiva utilità, per la massa, del pagamento anticipato di cui è richiesta l'autorizzazione.

Pagamenti non autorizzati ed art. 173 l. fall.

È innegabile che l'esecuzione (sia nella fase di preconcordato che in quella post ammissione) di pagamenti non autorizzati rientra nella previsione del terzo comma dell'

art.

173 l. fall

. Si tratta, quindi, di stabilire se tale evenienza determini sempre la revoca del concordato preventivo. Un rigoroso indirizzo giurisprudenziale (cfr.

Trib. Roma, 4 giugno 2014

;

Trib. Milano 2 maggio 2013

; cfr. anche

Trib. Reggio Emilia 9 agosto 2013

) riconduce sempre e comunque nell'alveo della sanzione

ex

art. 173

l. fall

. l'ipotesi di pagamenti od altri atti di straordinaria amministrazione non autorizzati.

Altra parte della giurisprudenza ha, invece, affermato che la violazione del divieto contenuto nell'

art. 167, comma 2,

l. fall

. non può determinare ex se la revoca del concordato, dovendosi piuttosto verificare se il pagamento abbia determinato in concreto un pregiudizio ai creditori (Cfr.

Trib. Roma, 3 ottobre 2013

;

Trib. Latina, 2 settembre 2013

).

Il contrasto risulta essenzialmente determinato dalla lettura dell'

art. 173

l. fall

. come fattispecie di mero “pericolo” (con conseguente rilevanza di tutti i pagamenti non autorizzati) ovvero di “danno” (con conseguente rilevanza solo di quei pagamenti non autorizzati che ledano la par condicio creditorum) (cfr. F. Ridolfi, Sui rapporti tra i pagamenti non autorizzati e l'

art. 173 l. fall.

, in questo portale).

Le due diverse letture della norma, diffuse anche in dottrina, presentano prevedibili riflessi anche sulla efficacia del c.d. “ravvedimento operoso”.

Per alcuni, infatti, la ricostruzione della fattispecie in termini di sanzione della mera condotta del debitore in concordato non può che tradursi nella affermazione della irrilevanza delle successive condotte di neutralizzazione degli effetti economici dell'atto non autorizzato (Cfr., sul punto, anche F. Lamanna Il divieto generale di pagamento dei crediti anteriori nel concordato preventivo e le sue tassative eccezioni (limitate ai soli casi di continuità aziendale), cit.).

Per altri, invece, deve comunque essere valutata la potenzialità lesiva dell'atto, con conseguente impossibilità di applicazione dell'

art. 173

l. fall

. quante volte la condotta esuli, per le concrete modalità di esecuzione e per la qualità soggettiva dei beneficiari, da profili di manifesta frode nei confronti degli altri creditori concorsuali (cfr. C. Esposito, in Il Concordato Preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2014, 168).

In particolare, è stato osservato come «i fatti di frode successivi all'apertura del concordato sono tutti quei fatti che determinano una alterazione peggiorativa dell'interesse dei creditori. In questo senso, qui non ha tanto rilievo il fatto che l'atto compiuto sia connotato da disvalore soggettivo (cioè la volontà del debitore di danneggiare i creditori), quanto, invece, da un disvalore oggettivo rappresentato dall'esito del peggioramento del trattamento dei creditori. Questo spiega la ragione per la quale non può essere condiviso l'assioma secondo il quale il pagamento dei creditori pregressi è automaticamente qualificabile come atto di frode e ciò in quanto può verificarsi che un pagamento, in concreto, si riveli neutrale o persino migliorativo dell'interesse di tutti gli altri creditori» (Cfr. M. Fabiani, Il Concordato preventivo, cit., 350. Nello stesso senso pure T.E. Cassandro in AA.VV. Trattato di diritto delle procedure concorsuali, cit., vol. III, 317).

Ad avviso dello scrivente, a sostegno di tale impostazione milita anche un importante elemento di carattere letterale.

Difatti, l'

art. 173, comma 3,

l. fall

. stabilisce che “le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'

art. 167

l. fall

. o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori”.

Ne consegue che la esecuzione di un atto di straordinaria amministrazione, in difetto della preventiva autorizzazione del Giudice, può portare all'apertura del procedimento

ex

art. 173

l. fall

., essendo irrilevante che lo stesso sia o meno sorretto dalla volontà di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori (il che appare essere avvalorato, proprio sotto il profilo letterale, dall'utilizzo della congiunzione disgiuntiva).

Invero, ben potrebbe una determinata operazione, pur se compiuta in assoluta buona fede dal debitore, sortire effetti negativi per la procedura (causando, per esempio, il consolidamento o l'aumento di una passività), il che giustificherebbe il ricorso al procedimento di cui all'

art. 173

l. fall

.

In ogni caso, la gravità della sanzione prevista dalla suddetta norma (revoca del concordato e, in ipotesi, declaratoria di fallimento del proponente) induce ad escludere la necessità di attivazione del relativo procedimento laddove sia evidente la corrispondenza dell'atto rispetto al piano e, quindi, la sua utilità in funzione dell'obiettivo del soddisfacimento dei creditori (per esempio sotto forma di una riduzione del debito nei confronti di uno dei creditori e, quindi, del passivo concordatario).

È innegabile, però, come l'esecuzione di pagamenti anticipati collida con il principio della par condicio creditorum determinando, quanto meno sotto il profilo temporale, una alterazione delle cause di prelazione.

Altrettanto innegabile è l'inesistenza, nell'attuale sistema normativo, di un potere di ratifica del giudice delegato (o del Tribunale) prevedendo gli

artt. 161,

comma 7,

167,

comma 2,

182-

quinquies

, comma 4,

l. fall

. la necessità di una preventiva autorizzazione da parte dei suddetti organi.

In proposito, mette conto di evidenziare come, nell'attuale sistema normativo, sembra essere venuta meno la rigida separazione tra la fase anteriore e quella posteriore all'omologazione del concordato, sicché ben potrà il debitore apportare, in tal senso, modifiche al piano (prima del verificarsi della preclusione di cui all'

art. 175, comma 2,

l. fall

.), proponendo ai creditori forme di soddisfacimento degli stessi non legate a vincoli temporali e paritari, purché finalizzati alle migliori prospettive di superamento della crisi.

Ne deriva l'importanza che di tali pagamenti sia adeguatamente informato il ceto creditorio in modo da consentire ad esso di pronunciarsi in sede di approvazione della proposta ovvero mediante opposizione alla omologazione del concordato, qualora venga ad essere contestata la effettiva utilità dello stesso per la procedura.

Inoltre, trattandosi di questione incidente sulla fattibilità giuridica della proposta (in rapporto all'

art. 2740 c.c.

) e, quindi, rilevabile anche d'ufficio dal Tribunale in sede di omologazione, sarà onere del debitore illustrare compiutamente l'utilità della anticipazione di determinati pagamenti per la massa dei creditori.

Pertanto, non potrà che essere positivamente apprezzato dagli organi della procedura anche il c.d. “ravvedimento operoso”.

Invero, il versamento (senza alcun aggravio in termini di diminuzione dell'attivo) a favore della procedura di una somma di importo corrispondente a quella corrisposta ad alcuni creditori, permette di considerare quale atto neutro il pagamento anticipato e, come tale, inidoneo ad integrare la fattispecie di cui all'

art. 173, comma 1

, l. fall

.

Il pagamento dei crediti posteriori: la prededuzione nel concordato preventivo

Il debitore ammesso al concordato preventivo, conservando l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa, può liberamente assumere obbligazioni e porre in essere atti solutori delle stesse, nel rispetto delle prescrizioni di cui all'

art. 167

l. fall

. (

Cass. 3 dicembre 2002, n. 17162

; Trib. Firenze, 24 marzo 1984; T.E. Cassandro in AA.VV. Trattato di diritto delle procedure concorsuali, vol. III, cit. 215).

Di conseguenza, in ordine al pagamento di obbligazioni assunte per l'attuazione del procedimento di concordato preventivo non dovrebbe vigere alcun divieto (G. Lo Cascio, Il Concordato Preventivo, cit., 333).

In ordine alla configurabilità di crediti prededucibili nel corso della procedura di concordato preventivo, è stato affermato che il pagamento dei debiti sorti nel corso della procedura, osservati i controlli e le limitazioni previste dalla legge, non lede il principio della par condicio creditorum, poiché i creditori posteriori al decreto di ammissione non sono assoggettati alle regole del concorso (Audino, Sub art. 167, in Commentario Breve alla

legge fallimentare

, cit., 968); ed è stato altresì precisato che l'autorizzazione del giudice delegato può risultare necessaria per assumere obbligazioni, ove ineriscano ad atti di straordinaria amministrazione, ma non per eseguire il pagamento (Filocamo, Sub art. 179 in La

legge fallimentare

,

Decreto legislativo 12 settembre 2007 n. 169. Disposizioni integrative e correttive

, a cura di Ferro, Padova, 2008, 1255).

La giurisprudenza ha, quindi, riconosciuto natura prededucibile ai c.d. crediti di gestione, sorti tra il decreto di ammissione ed il decreto di omologazione, quali crediti conseguenti a negozi conclusi dal debitore per l'esercizio dell'impresa, autorizzati dal giudice delegato se rientranti nella straordinaria amministrazione, ovvero di crediti sorti per il funzionamento della procedura o per l'assistenza professionale del debitore durante la stessa (

Cass. 24 luglio 2007 n. 16387

;

Cass.25 luglio 2007, n. 16426

).

È stata, quindi, riconosciuta natura prededucibile al compenso del commissario giudiziale (Cass. 3 ottobre 1983, n. 5753), ai crediti previdenziali connessi con l'attività di impresa, al credito di un professionista nominato dall'imprenditore nel corso della procedura (

Cass. 25 giugno 2002, n. 9262

), nell'ambito del piano di risanamento dell'impresa e nel primario interesse dei creditori.

Tuttavia, parte della dottrina assume che la prededuzione nel concordato sia funzionale soltanto alla prededuzione nel fallimento e che i rapporti che sorgono nel concordato non debbono essere disciplinati dalla legge del concorso ma da quella del contratto, stante il mancato richiamo dell'

art. 111

l. fall

. (. Ferri, Classi di creditori e poteri del giudice nel giudizio di omologazione del “nuovo” concordato preventivo, in Giur. Comm., 2006, I, 559).

In realtà, il fenomeno della prededuzione non è tipico del fallimento, ma di ogni procedimento nel quale si attua la garanzia patrimoniale (Didone, Il controllo giudiziale sulla nuova prededuzione del finanziamento dei soci postergabile, in Soc, 2011, 1088).

Quando, per l'attuazione della garanzia patrimoniale, l'ordinamento appresta un particolare tipo di procedimento (quale, appunto, il concordato preventivo), le risorse destinate ai creditori sono quelle che si ricavano dalla liquidazione del bene, ma dopo che sono state soddisfatte le obbligazioni che sorgono durante il procedimento e che sono funzionali alla più proficua distribuzione; in questo contesto si può legittimamente assumere che esiste anche una prededuzione interna al concordato preventivo e che va realizzata a prescindere dal successivo fallimento (M. Fabiani, Il Concordato preventivo, cit., 476).

Occorre precisare, infine, che, una volta accertata la sua prededucibilità, il credito potrà essere soddisfatto dal debitore concordatario integralmente, e prioritariamente rispetto ai crediti concorsuali, sia nel corso della procedura sia nella fase di esecuzione del concordato; la natura di credito prededucibile, infatti, consentirà al liquidatore giudiziale dei beni ceduti di ritenersi non tenuto, per i crediti posteriori, a formare un progetto di graduazione nel rispetto del principio della proporzionalità e dell'ordine delle cause di prelazione (T.E. Cassandro in AA.VV. Trattato di diritto delle procedure concorsuali, vol. III, cit. 217).

Nondimeno, le parti del rapporto potranno certamente stabilire che il rimborso del debito prededucibile possa avvenire dopo altri pagamenti, ma questo non già perché non vi sia vera prededuzione, ma perché esse hanno piena disponibilità del rapporto e, quindi, possono convenire un trattamento meno favorevole per il creditore (Cfr.

Cass. 21 ottobre 2011, n. 21924

).

Il pagamento dei crediti professionali

Nella fase che precede il deposito del ricorso, non essendovi ancora una procedura concordataria, la società è libera sia di conferire incarichi professionali sia di corrispondere somme a titolo di acconto ovvero di saldo al professionista incaricato.

Laddove, tuttavia, l'incarico professionale sia esaurito (oppure sia stata eseguita la parte principale della prestazione) prima del deposito del ricorso “in bianco” (o anche del ricorso c.d. “pieno” qualora la procedura non conosca una fase con riserva) ed il professionista non abbia ricevuto, in tutto o in parte, il compenso, andrà inserito tra i creditori concordatari con il grado di privilegio (se del caso, in prededuzione) ad esso spettante.

Diverso, invece, è il caso del conferimento di incarico professionale che sia avvenuto antecedentemente al deposito del ricorso prenotativo, ma il cui espletamento non sia intervenuto prima del deposito del ricorso bensì in costanza di procedura concordataria.

È da ritenere che, trattandosi di rapporto pendente all'atto della presentazione della domanda di concordato, con conseguente obbligo per entrambe le parti di dare esecuzione al regolamento contrattuale (per quanto concerne sia l'adempimento della prestazione professionale che il pagamento di tale prestazione), il pagamento dovrà avvenire nei tempi e nei modi previsti dal contratto professionale, non trattandosi di credito anteriore originato da rapporto esaurito (il che porta ad escludere l'applicazione dell'

art. 168

l. fall

.).

Bisogna, però, precisare che mentre il pagamento delle prestazioni eseguite dopo il deposito del ricorso prenotativo potrà sempre avvenire quale atto esecutivo del contratto d'opera, la soddisfazione di quelle rese in data anteriore è possibile solo laddove non si tratti di prestazioni scindibili (quale invece è, per esempio, la consulenza affidata ad un commercialista per la tenuta della contabilità annuale); in tal caso, il pagamento del corrispettivo per le prestazioni rese anteriormente al deposito del ricorso non potrà avvenire se non nei tempi e nei modi previsti dalla proposta concordataria per i crediti aventi la medesima collocazione.

Per quanto riguarda, poi, il regime giuridico del conferimento degli incarichi professionali e del pagamento del professionista incaricato, qualora entrambi intervengano dopo il deposito del ricorso prenotativo, occorre far riferimento agli

art. 161, comma 7,

l. fall

. (per la fase c.d. “in bianco”) e 167, comma 2, l. fall. (nella fase post ammissione) a norma del quale sussiste la necessità di autorizzazione del Tribunale solo per gli atti di straordinaria amministrazione.

È necessario, allora, chiedersi se l'affidamento di incarichi professionali ed il loro successivo pagamento rientrino tra gli atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'affidamento di incarichi professionali (ed il consequenziale pagamento) rientra nell'ordinaria amministrazione e, pertanto, non occorre alcuna autorizzazione del Tribunale o del giudice delegato, purché gli stessi siano connotati dai requisiti di pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità perseguite dall'impresa (

Cass., 25 giugno 2002, n. 9262

;

Cass. 8 novembre 2006, n. 23796

).

Ne consegue che laddove l'incarico professionale sia utile e non eccedente le finalità di risanamento dell'impresa non dovrà essere sottoposto ad alcuna autorizzazione da parte del Tribunale (o del giudice delegato), né ai fini della sua stipulazione né ai fini del pagamento del compenso pattuito.

Va, infine, verificato se il pagamento di un credito professionale anteriore (cioè derivante da prestazione conclusasi prima della presentazione della domanda di concordato) in difetto di preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria, configuri atto in frode ai creditori, con conseguente rilevanza

ex

art. 173

l. fall

., anche nell'ipotesi di c.d. “prededucibilità sopravvenuta” con l'ammissione della società alla procedura di concordato preventivo.

In proposito, se una parte della giurisprudenza ha escluso che il pagamento di detto credito eseguito quando non si erano ancora integrati i presupposti per la prededucibilità possa, poi, risultare “sanato” dalla ammissione della impresa al concordato e dalla piena operatività dell'

art. 111

l. fall

. (

Trib. Roma, 4 giugno 2014

cit.), altra parte della giurisprudenza, dopo aver affermato il principio per cui il pagamento anticipato ai professionisti costituisce atto rientrante nella previsione dell'

art. 173

l. fall

., ha comunque omologato il concordato, proprio in considerazione del fatto che la successiva apertura della procedura aveva reso i crediti prededucibili e legittimato a posteriori il pagamento (

Trib. Modena, 10 dicembre 2013

).

È da ritenere, analogamente a quanto affermato sub § 4, che al fine di valutare la rilevanza del pagamento

ex

art. 173

l. fall

. occorrerà far riferimento alla utilità, in concreto, dell'atto solutorio per la procedura e garantire, al contempo, l'informazione del ceto creditorio in ordine a tale circostanza.

Tuttavia, data la particolare natura del credito soddisfatto, andrà pure valutata la pertinenza e proporzionalità del pagamento rispetto alle finalità della procedura, il che porterà necessariamente ad aprire il procedimento

ex

art. 173

l. fall

. qualora lo stesso appaia prima facie esorbitante anche in considerazione delle percentuali di soddisfacimento offerte agli altri creditori.

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