Anticipazioni bancarie e art. 169-bis l.fall.

08 Giugno 2015

Possono le operazioni di anticipazioni bancarie su crediti del debitore verso terzi anteriori alla domanda di concordato (o di preconcordato) ma non ancora concluse con la riscossione dei crediti anticipati ed il conseguente “rientro” dall'anticipazione, essere oggetto di sospensione o di scioglimento a sensi dell'art. 169-bisl. fall? Il quesito è una delle problematiche attualmente più discusse relativamente al preconcordato. L'Autore affronta detta tematica con una puntuale analisi disciplina dell'art. 169-bis, anche attraverso un confronto con il suo pendant in sede fallimentare: l'art. 72l. fall, propone, attraverso lo studio delle soluzioni giurisprudenziali, una sua conclusione.
Premessa

Il ricorso sempre più frequente allo strumento del concordato preventivo nelle situazioni di crisi d'impresa, oltretutto fortemente incrementato dalla possibilità, recentemente introdotta, del c.d. pre-concordato (cioè della domanda di concordato con riserva di presentazione del piano), ha accresciuto anche i problemi interpretativi, dopo che, alla fine dell'anno 2012, alle già esistenti misure di favore per le procedure concordatarie si è aggiunta quella dell'

art. 169-

bis

l.

fall

., che consente al debitore di chiedere una giudiziale autorizzazione (al Tribunale prima dell'ammissione al concordato, al Giudice Delegato successivamente all'ammissione) a sospendere l'esecuzione dei contratti pendenti, per la durata di 60 giorni prorogabile una sola volta, ed altresì a sciogliersi dai contratti; il contraente in bonis dovrà allora subire la sospensione o lo scioglimento, con la sola contropartita del diritto ad un indennizzo “da soddisfarsi come credito anteriore al concordato”.

Poiché molto già si è scritto sull'argomento (cfr. E. Staunovo Polacco,

Preconcordato: sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione in pendenza del termine per la presentazione del piano

, in ilFallimentarista.it)

, in queste note sarà posta l'attenzione solo su uno specifico interrogativo, che, come è ben noto agli operatori, si presenta ormai nella maggior parte delle richieste di accesso al concordato, e già nella fase del c.d. pre-concordato: l'interrogativo è se le operazioni di anticipazioni bancarie su crediti del debitore verso terzi anteriori alla domanda di concordato (o di pre-concordato) ma non ancora concluse con la riscossione dei crediti anticipati ed il conseguente “rientro” dall'anticipazione, possano formare oggetto di sospensione o di scioglimento a sensi dell'

art. 169-

bis

l.

fall

., o, invece, anche in pendenza del concordato (o del pre-concordato) debbano pervenire al loro “fisiologico” compimento, con il “rientro” della precorsa anticipazione mediante l'incasso da parte della banca dei crediti anticipati (

v. il commento di

V.

Cederle

ai decreti

4 novembre 2013 del Tribunale

di Genova e

10 febbraio 2014 della Corte d'Appello di Genova

in Fall. 2014, 798 nonché quello di A.

Patti

ai decreti

20 gennaio 2015 del Tribunale di Venezia

e 2 febbraio 2015 del Tribunale di Treviso, ivi 2015, 560

).

L'interrogativo si è posto, e continua a porsi, nelle procedure in questione, perché è ormai usuale che nei ricorsi per accedere ad esse il debitore chieda, da subito, dapprima la sospensione (con effetti cautelari) e poi lo scioglimento (con effetti sostanziali) dei contratti di anticipazione in corso, allo scopo di bloccare l'incasso da parte delle banche dei crediti anticipati, e devolvere quegli incassi al “finanziamento” delle procedure concordatarie, soprattutto se prospettate con la modalità della continuità aziendale.

Vi sono state, su questo tema, risposte giurisprudenziali fra loro divergenti, come più avanti si vedrà, ed è in ragione di ciò, oltreché in ragione della rilevanza che il tema riveste nelle procedure concordatarie e nei rapporti con le banche che avevano affiancato l'attività d'impresa, che qui si vuole offrire, sull'argomento, un contributo di riflessione.

Un preliminare raffronto fra l'oggetto della normativa di cui all'art. 72 (nel fallimento) e quella di cui all'art. 169-bis (nel concordato)

Il discorso deve iniziare dall'ambito di operatività della norma dell'art. 169-bis nel concordato e dal suo naturale raffronto (che, difatti, è stato subito compiuto) con quello dell'

art. 72 l.

fall

. nella procedura fallimentare.

Sull'

art. 72 l.

fall

., basterà brevemente ricordare che, prima della riforma, l'imprecisa rubrica di “rapporti giuridici preesistenti” nell'intitolazione della sezione terza della disciplina sugli “effetti del fallimento” era stata concordemente interpretata nel senso che essa andava riferita ai rapporti contrattuali preesistenti ancora non eseguiti; anche perché nei “rapporti giuridici preesistenti”, volendosi intendere alla lettera questa nozione, si sarebbero altrimenti dovuti comprendere anche i rapporti patrimoniali del fallito dei quali, invece, si occupavano le due antecedenti sezioni dedicate a quegli effetti, la prima sul versante attivo dei beni del fallito, la seconda sul versante passivo dei crediti nei suoi confronti.

Il legislatore della riforma si fece poi carico della improprietà di quella locuzione, e della necessità di una più puntuale indicazione dei “rapporti giuridici preesistenti” soggetti alla normativa di cui agli artt. 72 ss.; e perciò, pur senza modificare il titolo della sezione, nell'esordio dell'art. 72 ebbe a codificare il risultato interpretativo già raggiunto, quello cioè della riferibilità della disciplina a “contratti ancora ineseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti quando nei confronti di una di esse è dichiarato il fallimento”.

Va anche ricordato che nell'interpretare quella locuzione si era detto che la “bilaterale inesecuzione” dei contratti riguardava le prestazioni principali, non anche quelle marginali o accessorie (un esempio per tutti: nella compravendita la prestazione “principale” del venditore del trasferimento della proprietà del possesso, non anche quella accessoria della consegna di documenti relativi al diritto trasferito, o magari la riproduzione del contratto in atto pubblico, ecc.).

Introducendo, alcuni anni più tardi, la norma dell'art. 169-bis nella disciplina sul concordato preventivo, il legislatore ha riferito quella norma ai “contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso”, e raffrontando questa dizione con quella del riformato

art. 72 l.

fall

., dovrebbe de plano concludersi che le due norme si riferiscono alla medesima fattispecie: difatti, non potrebbe certamente dirsi “in corso di esecuzione” un contratto ove entrambe le parti abbiano già compiuto le rispettive e corrispettive prestazioni, e, se così è, vuol dire che i “contratti non compiutamente eseguiti da entrambe le parti”, secondo la locuzione dell'art. 72, ed i “contratti in corso di esecuzione”, secondo la locuzione dell'art. 169-bis, sono la stessa cosa.

La giurisprudenza anteriore all'introduzione dell'art. 169-bis sulla “chiusura” delle anticipazioni bancarie nel corso di un concordato preventivo (o di un'amministrazione controllata)

Senza indugiare su questa conclusione, che del resto risponde all'interpretazione largamente condivisa in giurisprudenza e dottrina, occorre portare l'attenzione sulla fattispecie contrattuale alla quale sono dedicate queste note.

Si può cominciare a ricordare che già a partire dagli anni '90 la giurisprudenza di legittimità ebbe a statuire che, nelle (frequenti) operazioni bancarie di “anticipazione” accompagnate dal mandato in rem propriam all'incasso dei crediti anticipati e dal patto di compensazione fra il credito per le anticipazioni ed il debito per la riscossione, tale patto avrebbe dovuto avere regolare esecuzione anche nel corso di un concordato preventivo (e di un un'amministrazione controllata): la Cassazione ebbe a dirlo più volte, con tre sentenze degli anni '90 (

sentenza 23 luglio 1994 n. 6870, cui fecero seguito le sentenze 5 agosto 1997 n. 7194, e 7 marzo 1998 n. 2539

), e da quest'orientamento non si è più discostata, anzi ribadendolo anche di recente (

sentenza

1 settembre 2011 n. 17997

).

Detto ciò, al fine di valutare l'applicabilità o meno dell'

art. 169-

bis

l.

fall

. alle operazioni bancarie qui in esame, nella loro più frequente tipologia delle anticipazioni il cui futuro “rientro” viene assicurato da un mandato all'incasso dei crediti con patto di compensazione (ove il patto assume la funzione di garanzia atipica del credito restitutorio della banca), la domanda è, dunque, se il sopravvenire di una procedura di concordato preventivo (o anche di pre-concordato) dopo l'anticipazione, ma prima dell'incasso dei crediti anticipati, trovi un “contratto in corso di esecuzione” nel senso che sopra si è detto, ovvero un contratto nel quale non restano da compiere “prestazioni ulteriori” da parte di uno dei contraenti, cioè da parte del contraente-banca.

Le anticipazioni bancarie in corso e l'art. 169-bis l. fall.

Queste operazioni creditizie danno solitamente luogo, all'inizio, ad un contratto-quadro (talora denominato contratto di castelletto), che prevede la possibilità di future anticipazioni contro mandato in rem propriam al loro incasso con patto di compensazione, e ciò a tempo determinato o indeterminato, e fino ad un certo massimale, utilizzabile in modo rotativo.

Se il contratto-quadro è ancora in corso allorquando l'affidato chiede ed ottiene l'ammissione ad una procedura di concordato preventivo, ben può ipotizzarsi una sua sospensione o scioglimento ai sensi dell'

art. 169-

bis

l.

fall

., che, rispettivamente, sospenda o faccia definitivamente venir meno la possibilità di presentazione alla banca di ulteriori crediti per la loro anticipazione, dunque di ulteriori “prestazioni” da parte della banca, consistenti appunto nell'anticipazione di crediti contro ricevimento dall'affidato del mandato in rem propriam ad incassarli.

Ma il conflitto che in più occasioni si è riscontrato dopo l'introduzione dell'art. 169-bis riguarda non tanto la prosecuzione o meno del contratto-quadro, e quindi della presentazione da parte dell'affidato di nuovi crediti da anticipare, quanto la conclusione delle precorse operazioni, cioè la possibilità della banca di trattenere le riscossioni post concordato a copertura delle anticipazioni effettuate ante concordato.

Al riguardo appare particolarmente esaustivo, fra le recenti pronunce giurisprudenziali, quello che si legge nel decreto

23 dicembre 2014 della Corte d'Appello di Venezia

(pronunciato in sede di reclamo

ex

art. 26 l.

fall

. contro una pronuncia del Tribunale di Treviso): dopo avere ricordato l'orientamento giurisprudenziale di cui sopra si è detto sulla perdurante operatività del pactum de compensando nella procedura di concordato preventivo, citando al riguardo la più recente sentenza della

Cassazione, cioè la sentenza n. 17999/2011

(che, come si è detto, faceva seguito a vari precedenti conformi), quel decreto ha osservato che “la banca ha esaurito la propria prestazione mediante l'anticipazione dei crediti, così che l'unica prestazione residua concerne il pagamento da parte del debitore”, ha poi soggiunto che non persuade la tesi secondo cui la sospensione verrebbe ad incidere non tanto sul patto di compensazione quanto piuttosto sull'esecuzione del mandato all'incasso, perché “nell'ambito del programma contrattuale convenuto fra le parti la funzione della riscossione dei crediti verso terzi è mera attuazione del rientro della banca dall'anticipazione concessa, in altri termini la banca viene legittimata dal debitore ad incassare i crediti di quest'ultimo verso terzi esclusivamente ai fini dell'estinzione dell'unica prestazione che resta ineseguita dopo l'anticipazione di credito, quella di pagamento da parte del debitore”, ed ha infine concluso che non si può “operare una scissione fra la residua prestazione ineseguita alla quale è tenuto il debitore ed il mandato della banca alla riscossione dei crediti di quest'ultimo, considerando l'incasso dei crediti verso terzi alla stregua di prestazioni ulteriori della banca piuttosto che modalità di pagamento da parte del debitore” (

Trib

.

Bergamo 11 marzo 2015

decreto; App. Venezia decreto in pari data

).

Una conferma della condivisibilità della citata risposta giurisprudenziale

Questa risposta giurisprudenziale appare condivisibile, considerando anche che le prestazioni da eseguire nei contratti bilaterali, ai quali si riferiscono le norme sia dell'

art. 72 l.

fall

. che dell'

art. 169-

bis

l.

fall

., sono quelle dovute da ciascuno dei contraenti all'altro (e sono le prestazioni “principali”, non anche quelle “accessorie”, che possono esistere in tutti i contratti traslativi).

Ora, nell'ambito dei contratti di credito, nessuno dubiterebbe che, ad esempio, in un mutuo il mutuante esaurisca la propria prestazione con la consegna della somma mutuata, cui si contrappone la prestazione dovuta dal mutuatario consistente nella restituzione di quella somma, sicché, se dovesse sopravvenire l'ammissione del mutuatario ad una procedura di concordato preventivo, quel contratto sarebbe ancora “in corso” se il mutuante non avesse ancora erogato per intero la somma mutuata (come può accadere nelle fattispecie di erogazioni a tranches dilazionate nel tempo), ma non sarebbe più “in corso” se l'erogazione fosse stata già completata; né questa conclusione cambia se a tutela dell'obbligazione restitutoria ancora in attesa di adempimento da parte del mutuatario il mutuante disponga di una garanzia tipica o atipica, che potrebbe consentirgli di conseguire la restituzione da un terzo anziché dal mutuatario.

La situazione è identica se, anziché di un mutuo, si tratti di uno sconto o di una anticipazione: perché anche qui la prestazione del contraente che eroga denaro alla controparte contro cessione di un credito o contro mandato ad incassarlo si esaurisce con l'erogazione, e resterà solo da eseguire la controprestazione restitutoria, sia o non sia essa assistita da una garanzia che, come già detto, potrebbe far conseguire la controprestazione da un terzo, anziché dal debitore principale.

Una considerazione conclusiva sulla possibilità che un “eccesso di tutela” conduca al risultato opposto di quello voluto

L'idea di “finanziare” un piano concordatario, o magari una temporanea prosecuzione di attività imprenditoriale nell'attesa di quel piano, attraverso lo strumento dell'

art. 169-

bis

l.

fall

. applicato alle anticipazioni bancarie in corso di esecuzione, appare, dunque, giuridicamente scorretta, per le ragioni dette.

Si può aggiungere, con una notazione finale che esula dalle considerazioni di stretto diritto (alle quali ovviamente è affidata la risposta all'interrogativo qui esaminato), che, per quanto apprezzabile sia l'intento di favorire i tentativi di superamento della crisi d'impresa con soluzioni concordatarie evitando la liquidazione fallimentare, quel superamento dovrebbe avvenire individuando le ragioni della crisi (che, come si sa, possono essere della più varia natura, vuoi in un'errata organizzazione imprenditoriale, vuoi nel disallineamento dell'attività imprenditoriale rispetto alle esigenze del mercato, vuoi in un utilizzo non corretto delle fonti di finanziamento, ecc. ecc.), e cercando di porvi rimedio, ma non certamente tentando la facile quanto abnorme strada della duplicazione del proprio monte crediti verso la clientela, ricorrendo all'

art. 169-

bis

l.fall

. per aggiungere, alla già avvenuta riscossione “anticipata” di quei crediti, una seconda riscossione degli stessi.

E si dovrebbe anche riflettere che, siccome il sostegno creditizio delle imprese notoriamente avviene in larga prevalenza mediante lo “smobilizzo” dei crediti dell'imprenditore verso terzi, il consolidarsi di una risposta contraria a quella qui espressa sul tema preso in esame andrebbe, fatalmente, a risolversi in una restrizione delle concessioni creditizie per smobilizzo dei crediti, magari alla loro chiusura non appena l'impresa mostri qualche segno di difficoltà; con ciò accentuando, e rendendo alla fine irreversibile, proprio la crisi che l'imprenditore si proponeva di superare, dunque conducendo al risultato opposto rispetto a quello che, con molteplici disposizioni di favore per le soluzioni concordatarie, fra le quali si annoverano quelle dell'art. 169-bis, il legislatore ha inteso perseguire.

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