I poteri del giudice delegato nell'amministrazione straordinaria

15 Gennaio 2013

Il provvedimento adottato dai giudici delegati alle società del “Gruppo Alitalia”, in considerazione dell'unicità del programma di cessione dei complessi aziendali e delle correlate problematiche la cui risoluzione è volta al raggiungimento dell'obiettivo di una gestione unitaria della procedura, impone una attenta riflessione in ordine alla effettiva possibilità di considerare l'intervento di tale organo, di raccordo tra il tribunale ed il commissario straordinario, necessario quante volte vengono individuate criticità in relazione al corretto andamento della procedura, ovvero se non debba riconoscersi al giudice delegato un ben più limitato potere di prendere atto di quegli accadimenti collegati alla predisposizione del programma - redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati dell'art.27, comma 2, d.lgs. n.270/1999 - per quel che attiene agli adempimenti conseguenti la trasmissione dello stesso al tribunale, per l'adozione, da parte del giudice delegato, del decreto volto ad assicurare il deposito dello stesso in cancelleria, con esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza, a norma dell'art.50, comma 1, d.lgs. n. 270/1999.

Il provvedimento adottato dai giudici delegati alle società del “Gruppo Alitalia, in considerazione dell'unicità del programma di cessione dei complessi aziendali e delle correlate problematiche la cui risoluzione è volta al raggiungimento dell'obiettivo di una gestione unitaria della procedura, impone una attenta riflessione in ordine alla effettiva possibilità di considerare l'intervento di tale organo, di “….raccordo tra il tribunale ed il commissario straordinario”, necessario quante volte vengono individuate criticità in relazione al corretto andamento della procedura, ovvero se non debba riconoscersi al giudice delegato un ben più limitato potere di prendere atto di quegli accadimenti collegati alla predisposizione del programma - redatto secondo uno degli indirizzi alternativi indicati dell'

art.

27, comma

2

, d.lgs.

n.

270/

1999

- per quel che attiene agli adempimenti conseguenti la trasmissione dello stesso al tribunale, per l'adozione, da parte del giudice delegato, del decreto volto ad assicurare il deposito dello stesso in cancelleria, con esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza, a norma dell'

art.

50, comma

1

, d.

lgs. n.

270/

1999

.

Non vi è dubbio che nell'ambito della disegnata procedura, diretta a regolare l'insolvenza delle imprese di maggiori dimensioni, vi è un arretramento evidente dei poteri riconosciuti al giudice delegato, in quanto privato, soprattutto nella fase amministrativa, del compito di proseguire nell'accertamento del passivo (

art. 53 d.

lgs. n.

270/

1999

), affidato al commissario straordinario, destinato a riespandersi, a seguito di conversione in fallimento, quante volte venga dichiarato con decreto (art. 71), allorchè la cessione dei complessi aziendali non sia avvenuta nel termine stabilito, ovvero quando, nonostante il programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le pregresse obbligazioni alla scadenza del programma.

La legge, peraltro, tende a salvaguardare molteplici interessi che non possono identificarsi, in via esclusiva, nella mera rappresentazione del programma, quanto, piuttosto, nella piena realizzazione delle finalità che, attraverso questo, si intendono raggiungere, essendo la disciplina dettata non solo per realizzare la salvaguardia delle unità produttive, ma volta anche, e comunque, alla par condicio creditorum.

In tal senso va anche inteso il compito delicato assegnato al giudice delegato nel momento del deposito, da parte del commissario straordinario, presso la cancelleria del tribunale, del programma autorizzato dal Ministero, soprattutto laddove questo contenga notizie la cui divulgazione potrebbe pregiudicarne l'attuazione, sicché con il deposito è il giudice delegato che dispone la esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza e, dunque, segregazione, al pari di quanto ha poi stabilito la legge di riforma delle procedure concorsuali, con la previsione della formazione del fascicolo della procedura (

art. 90 d.lgs. n.

5/

2006

), consentendo al comitato dei creditori, in ogni suo componente, di prenderne visione, con la sola eccezione, per l'appunto, della relazione del curatore, ovvero degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice delegato, potere questo che per il comitato si aggiunge a quello contenuto nell'

art. 41, comma

5

, l.

f

all

., di ispezionare “in qualunque tempo le scritture contabili ed i documenti della procedura…” e, altresì, “…di chiedere notizie e chiarimenti (MAFFEI ALBERTI, Sub art.45, Commentario breve alla

legge fallimentare,

Padova, 2009, 1476; CAIAFA A.-D'ORAZIO, in Le procedure concorsuali, a cura di CAIAFA A., II, Padova, 2011, 1509).

Ed ancora, sempre al giudice delegato è riservato il potere, in fase di ripartizione dell'attivo, di ordinare il deposito in cancelleria del progetto predisposto disponendo che i creditori ne siano informati, competendo a questi l'autorizzazione alla distribuzione dell'attivo, cui – come si sottolinea nel provvedimento – è inevitabilmente correlata la verifica della correttezza formale e sostanziale delle operazioni di ripartizione stesse.

Nell'adottato decreto si sottolinea, dunque, giustamente, che sussistendo l'obbligo, ai sensi dell'art. 61 ultimo comma, del deposito in cancelleria delle relazioni informative, concernenti l'esecuzione del programma, tale adempimento non può che importare anche, necessariamente, l'analisi dello stesso da parte del giudice delegato che, per l'appunto, in funzione di quel “raccordo che deve esservi tra organi della procedura e, in particolare, tra il tribunale ed il commissario straordinario, non può che risolversi nel riconosciuto controllo di legalità relativamente al corretto andamento della procedura, che - si sottolinea sempre nel provvedimento - non può non essere ispirata “ai canoni della trasparenza, della economicità, nonché ai valori costituzionali di imparzialità e di buon andamento dell'amministrazione pubblica (

art.

97 Cost.

)”.

Ed allora, deve ritenersi rientrare tra i compiti del giudice delegato anche quello di “….segnalazioni di eventuali incompletezze informative e/o di eventuali incongruenze, anche giuridiche, nella informazione”, che, peraltro, viene svolto a beneficio di tutti i soggetti interessati alla procedura e della stessa Autorità amministrativa, con la inevitabile conseguenza di poter sollecitare quelle integrazioni indispensabili, con riferimento alle relazioni predisposte dall'organo commissariale, perché venga assicurata la corretta informazione in favore di quei soggetti che, necessariamente, hanno un interesse al raggiungimento degli obiettivi cui è diretta la procedura.

Se certamente rientra tra i principali compiti del commissario straordinario la predisposizione del programma di riequilibrio secondo uno degli indirizzi indicati dall'

art. 27

,

d.lgs. n.

270/

1999

, nonchè di dare esecuzione ad esso, attraverso l'amministrazione del patrimonio e la gestione dell'impresa (art. 40), e seppure il legislatore ha inteso riconoscere un controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario, senza operare alcuna distinzione a seconda della natura ordinaria o straordinaria degli stessi, richiedendo, tuttavia, l'autorizzazione del Ministero, sentito il parere del comitato di sorveglianza, per quelli che sono diretti a realizzare il programma o che ne costituiscono il presupposto, ancorchè non vi sia corrispondenza fra la elencazione contenuta nell'

art. 42 d.lgs. n.270

/

1999

e quella operata dall'

art.

35 l

.

f

all

., a dimostrazione della diversità dei criteri in base ai quali viene valutata la importanza degli atti nella procedura liquidatoria ed in quella conservativa, tuttavia, un potere-dovere di controllo non può essere negato al giudice delegato, soprattutto qualora tale organo rilevi, attraverso le relazioni informative, che si sia inteso modificare, in modo sensibile, il precedente indirizzo enunciato per la proposizione delle azioni revocatorie e di responsabilità, atteso che il risultato economico discendente dall'esito delle azioni stesse viene ad incidere sul diritto dei creditori di soddisfare le loro ragioni.

Si sottolinea, per l'appunto, nel provvedimento, che tale potere-dovere di corretta individuazione ed il necessario approfondimento dei problemi giuridici connessi all'esercizio di tali azioni non può essere negato in ragione della rilevanza e portata economica e per gli effetti che dall'esito discendono sulla ripartizione dell'attivo recuperato.

Il legislatore ha, d'altronde, previsto che la fase di liquidazione dell'attivo sia semplificata e razionalizzata attraverso la predisposizione del programma finalizzato alla migliore realizzazione dell'obiettivo, individuato attraverso le due ipotesi considerate, rispettivamente, dall'art. 27, lettera a) e b), in ragione del recupero dell'equilibrio economico finanziario, mediante la ristrutturazione, per mezzo di un apposito piano di risanamento (art. 27, lett. b), ovvero garantendo la prosecuzione e, dunque, la conservazione, mediante la cessione (art. 27, lett. a), in funzione liquidatoria, e che deve prevalere sulla prima quante volte non sia consentita la ristrutturazione e, attraverso questa, il recupero dell'equilibrio economico finanziario (CAIAFA A., La definizione dell'esecuzione del programma, in L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs. 12.9.2007, n.169,

a cura di COSTA, Torino, 2008, 516).

In conseguenza di ciò, qualora durante l'esecuzione del programma la soluzione prescelta risulti non più attuabile, è possibile operarne la conversione e, quindi, passare dalla ipotesi della ristrutturazione a quella della cessione, così come possono essere apportate le variazioni o integrazioni rese indispensabili da accadimenti che hanno condizionato quanto era stato previsto.

Se il commissario straordinario è espressione dell'autorità amministrativa, in quanto solo formalmente nominato dal tribunale, è tuttavia riservata a tale organo, ove sia stata disposta, ai sensi dell'art.19, la gestione commissariale, la delicata funzione di integrarne i poteri, con la facoltà di stabilire quei limiti ritenuti indispensabili qualora sino all'apertura dell'amministrazione straordinaria, o della eventuale dichiarazione di fallimento, l'imprenditore sia stato privato dei poteri gestori.

Nel corso della procedura, dunque, non è certamente ridimensionato il potere del giudice delegato, cui è rimesso il compito di vigilare sui diritti del debitore e dei creditori e, pertanto, di valutare se, ed in qual misura, l'esercizio del potere del commissario straordinario risulti non essere conforme agli obiettivi che, attraverso la continuazione della gestione dell'impresa o la fase liquidatoria, la procedura è diretta a realizzare.

Seppure il giudice delegato non interviene nella redazione ovvero nella fase di esecuzione del programma prescelto, trattandosi di compiti dei quali è investito in via esclusiva il commissario straordinario, tuttavia è chiamato a vagliarne la realizzabilità ed a controllarne la esecuzione (PACCHI, Gli organi della procedura di amministrazione straordinaria, in L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dopo il d.lgs.12.9.2007, n.169, a cura di COSTA , Padova, 2008, 277).

L'assenza di una elencazione, da parte della disciplina normativa della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, dei poteri riservati all'autorità giudiziaria e, in particolare, al giudice delegato, non può far supporre che questi operi in funzione ancillare rispetto al commissario straordinario e non possa, dunque, intervenire anche quando ravvisi nel comportamento tenuto, ovvero nelle successive decisioni da questi assunte, preoccupanti scostamenti rispetto al programma predisposto, sia esso di ristrutturazione ovvero conservazione attraverso la cessione delle unità produttive (CASTAGNOLA-SACCHI, La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Torino, 2000, 83; COLESANTI, Amministrazione e giurisdizione nella nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria, in Riv.dir.priv., 2001, 36).

Ed infatti, al pari di quello che poi è avvenuto con la legge di riforma delle procedure concorsuali, che ha privato il giudice delegato del potere di direzione dell'amministrazione del patrimonio del debitore, rimessa ora in via esclusiva al curatore, previa valutazione del relativo programma liquidatorio da parte del comitato dei creditori, nell'amministrazione straordinaria già era limitato tale potere di intervento, risultando consentita la presenza del giudice delegato nella regolamentazione dei diritti (art. 53) ovvero nell'approvazione dei progetti di riparto o nell'autorizzazione alla distribuzione di acconti ai creditori (artt. 67-68), con conseguente possibilità, per quanti avessero interesse ad impugnare i relativi decreti, di farlo ora attraverso il procedimento ridisegnato dall'

art.

26 l

.

f

all

., in ragione del richiamo effettuato dall'

art. 14

d.lgs.n.270/

1999

(COSTA, cit.).

Come, però, ritenuto nel decreto, non possono considerarsi incise le funzioni di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura e, per l'effetto, limitato il potere di intervento tutte le volte che vengano individuate criticità in relazione al corretto andamento nella fase di esecuzione del programma, che, se rimesso all'approvazione dell'autorità amministrativa, legittima, tuttavia, l'intervento di quella giudiziaria, che sarebbe assurdo dover ritenere ingessato sì da dover essa prendere atto, passivamente, di una esecuzione non conforme attraverso l'adozione di un provvedimento volto ad assicurare, in via esclusiva, il deposito delle relazioni informative in cancelleria, quando vengono riscontrate “…incompletezze e/o incongruenze in grado di incidere sulla successiva distribuzione dell'attivo e sulle azioni recuperatorie ovvero risarcitorie hanno la finalità di incrementare”.

Attraverso l'art. 60 il legislatore si è preoccupato di regolamentare le ipotesi di possibile modifica o sostituzione del programma, già autorizzato, riconoscendo al commissario il potere di chiedere al Ministero la relativa autorizzazione qualora la complessità del processo di risanamento abbia reso necessaria una articolazione del programma in diverse fasi, che, seppure schematicamente già previste, hanno tuttavia un ordine solo approssimativamente sequenziale, e che, ove risulti essere inadeguato, legittima la richiesta di interventi successivi in sede di attuazione e controllo del piano.

Modifiche e sostituzioni possono essere rese indispensabili da situazioni originariamente non previste, ovvero non prevedibili,

sino al punto di consentire lo stesso mutamento dell'indirizzo ordinariamente prescelto e, per l'effetto, il passaggio dalla ristrutturazione alla cessione o viceversa, anche se, invero, sembra più probabile la prima delle ipotesi, la cui ricorrenza può essere determinata dal verificarsi di situazioni di mercato sfavorevoli e recessive tali da lasciar ritenere improbabile il raggiungimento dell'obiettivo del recupero dell'equilibrio economico finanziario, ma, al tempo stesso, possibile la sopravvivenza dell'impresa attraverso la sua cessione (FERRO, La definizione e l'esecuzione del programma, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, a cura di PANZANI, Torino, 2002, 309; CAIAFA A., La definizione all'esecuzione del programma nell'amministrazione straordinaria, cit.).

Non può, tuttavia, ignorarsi che l'art. 60, al comma 2, espressamente prevede che non vi può essere modifica o sostituzione una volta scaduto il termine del programma che è stato autorizzato, ovvero allorchè sia trascorso un anno dalla data di autorizzazione di esso.

L'iter procedurale è, dunque, scandito in termini ben precisi, al fine di evitare abusi ed allo scopo di impedire che le iniziative di modificazione o sostituzione si traducano in un allungamento ingiustificato dei tempi della procedura che, al contrario, deve rimanere ancorata a quelli previsti per l'attuazione del programma adottato con riferimento all'indirizzo prescelto.

L'analisi sin qui svolta sulla redazione del programma, sull'individuazione del suo contenuto, e la descrizione della relativa fase procedurale, così come scandita dalle norme del capo V, dedicate, rispettivamente, alla predisposizione (art. 54), ai criteri di definizione (art. 55), al contenuto (art. 56), all'autorizzazione all'esecuzione in via generale (art. 57), alla comunicazione di esso (art. 59), alla esecuzione che può portare alla possibile modificazione o sostituzione di quello autorizzato (artt. 60 e 61), non fanno venir meno il potere di intervento del giudice delegato che, al contrario, è doveroso qualora individui, attraverso le relazioni informative, elementi nuovi ovvero mutamenti di scelta nell'attuazione del programma che risultino non essere coerenti con le iniziative fino al quel momento assunte, non avendo certamente il legislatore inteso ridurne la funzione ad un potere certificatorio, di mera trasmissione e conservazione delle relazioni agli atti della procedura.

Conclusivamente, il provvedimento adottato appare essere pienamente condivisibile nel contenuto e nelle motivazioni che lo hanno originato.

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