La durevolezza nella revocatoria delle rimesse bancarie: ipotesi applicative

Federico Clemente
30 Aprile 2013

si ha durevolezza quando il versamento consistente non viene utilizzato integralmente in un lasso di tempo successivo. Tale lasso di tempo potrebbe essere determinato, come richiamato, avuto riguardo all'andamento dello specifico rapporto tra banca e cliente in un periodo di ordinaria attività, o comunque antecedente il periodo sospetto;si ha durevolezza quando il versamento consistente non viene utilizzato per un importo tale da ricondurlo al di sotto della soglia di consistenza, per il periodo di tempo predeterminato;si ha durevolezza quando non vi è utilizzo, nelle distinte ipotesi sub a e b, per un lasso di tempo superiore alla media di giorni senza prelievi nel periodo sospetto.
Premessa

L'

art.

67 l

.

f

all

., al comma 3, prevede che non sono soggette all'azione revocatoria le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, "purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca".

Ad esso si accompagna la previsione di cui all'

art.

70 l

.

f

all

., comma 3, secondo cui "qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario... il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo in cui provata la conoscenza dello stato di insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso".

È parso subito evidente agli interpreti ed agli operatori che l'applicazione dell'esenzione di cui all'articolo 67 l. fall. sarebbe stata foriera di incertezze sia in termini di diritto che nella traduzione pratica.

Pare di poter affermare che la norma apre ad un tale grado di soggettività da rendersi di fatto inapplicabile. De jure condendo, ne sarebbe opportuna la abrogazione, per lasciare al principio limitativo dell'

articolo

70 l

.

f

all

. il compito di valutare il rientro degli istituti di credito nel periodo sospetto, e quindi l'importo azionabile in revoca nei confronti degli stessi (cfr. Rebecca, Revocatoria delle rimesse bancarie: la durevolezza-particolarità, in IlFallimentarista.it).

Molteplici sono le proposte dottrinali, come pure gli interventi giurisprudenziali, in ordine alla determinazione sia della consistenza, che della durevolezza (Rebecca, cit.).

A quest'ultimo riguardo, l'indirizzo prevalente pare volto all'esame della durevolezza in rapporto alle singole rimesse, con la fissazione di un arco di tempo di permanenza delle rimesse sul conto corrente.

In quest'ottica, due sono i temi che si pongono, quanto meno sotto un profilo applicativo:

  • come determinare l'arco temporale;

  • quando ci sia la permanenza della rimessa.

L'arco temporale

La determinazione del periodo idoneo a qualificare come durevole una rimessa comporta la necessità di fissare un numero di giorni di permanenza della rimessa sul conto, in funzione del normale andamento del conto.

Tutt'altro che agevole peraltro è individuare la "tempistica usuale", da cui muovere per determinare i casi che da essa si differenzino.

In giurisprudenza e in dottrina pare godere di maggior credito l'ipotesi di calcolo che determina la media rapportando il numero di giorni del periodo sospetto (di norma 180, pari ai sei mesi) al numero delle rimesse.

Tuttavia, a parere di chi scrive, dovendosi ragionare in termini di normale andamento del conto (e quindi di regolare successione di accrediti e addebiti), sembra più corretto valutare la frequenza degli addebiti (in quanto sono questi ad erodere od annullare gli effetti delle rimesse consistenti), o quanto meno la frequenza dei "movimenti" (Tribunale di Milano, 27 marzo 2008). La media degli addebiti, inoltre, dovrà essere estrapolata da un periodo di ordinaria gestione, quindi antecedente al momento a partire dal quale si ritiene provata la conoscenza dello stato di insolvenza.

Disposta la media degli addebiti, le rimesse in prima battuta saranno durevoli quando la loro permanenza sul conto si protrarrà oltre tale media.

Anche questo approccio peraltro non manca di esprimere possibili contraddizioni.

Si osserva infatti come la media potrebbe essere influenzata dal ripetersi di addebiti di modestissimo importo che, pur del tutto irrilevanti in termini di consistenza, possono determinare una compressione significativa della media in esame. Come pure, la media può essere influenzata dai diversi metodi di rilevamento contabile delle operazioni. Ed ancora, la media può essere condizionata da addebiti di insoluti, più frequenti in periodi di crisi, anziché da prelievi volontari o comunque correlati all'ordinaria gestione.

Una soluzione, ancorchè parziale, potrebbe essere quella di non considerare, ai fini della media, gli addebiti di modesta entità, fissando a tal fine un valore di riferimento parametrato all'andamento del conto. Tuttavia, anche l'individuazione di addebiti modesti si configura, necessariamente, quale operazione connotata da un elevato grado di soggettività. Si possono ipotizzare svariati metodi: una cifra fissa, un importo inferiore all'entità media degli addebiti o ad una percentuale della stessa, un valore corrispondente a quello della consistenza delle rimesse.

Si può anche supporre di aggiungere alla media un certo numero predeterminato di giorni per quanto, come sottolineato in dottrina (cfr. Rebecca, cit.), talvolta l'incremento del periodo di riferimento per la durevolezza comporta l'aumento, anziché la diminuzione, delle rimesse revocabili.

In ogni caso, pare di poter affermare che sia impossibile fissare un metodo numerico di determinazione dell'insolvenza che possa essere immune da censure, esente da influenze soggettive, adattabile alle differenti situazioni. Metodi tecnico-matematici, in definitiva, potranno solo essere di supporto nell'enucleazione, caso per caso, di un valore della durevolezza in termini di numero di giorni di permanenza di una rimessa consistente sul conto.

D'altro canto, come già evidenziato sia in dottrina che in giurisprudenza e come sottolineato in apertura, a connotare la durevolezza di una rimessa è l'apprezzabile stabilità nel tempo dell'effetto solutorio.

Conseguentemente, l'analisi non può che essere condotta caso per caso, muovendo dall'andamento del conto in un periodo di normale operatività. In definitiva, la determinazione di un lasso temporale cui riferire la durevolezza non va tanto affidata a metodi matematici, quanto al motivato "colpo d'occhio" sulla specifica situazione.

La permanenza della rimessa

La durevolezza va indubbiamente accompagnata alla consistenza; pertanto, solo per le rimesse consistenti va verificata la durevolezza, che si traduce nella permanenza della rimessa sul conto per un determinato lasso di tempo, e quindi nell'assenza di prelievi atti a vanificare gli effetti della rimessa stessa.

Questo indirizzo, peraltro, apre ad ulteriori ipotesi, ossia:

La soluzione sub a), imponendo l'utilizzo integrale della rimessa, assoggetta a revocatoria tutte le rimesse consistenti che, anche solo in misura molto modesta, siano rimaste nella disponibilità del correntista per il periodo di tempo prefissato.

Nel caso sub c), come già evidenziato, la media può essere influenzata in chiave negativa per la banca da molti prelievi di modesto importo, tali da ridurre notevolmente il lasso temporale di riferimento.

Tra i casi proposti, quello sub b) pare più consono ad una soluzione equa, in quanto prende in considerazione il permanere della consistenza per un periodo significativo, in relazione all'andamento del conto (ovvero, se non determinabile, in relazione all'id quod plerumque accidit).

Si pone a questo punto un ulteriore problema, nel caso in cui nel periodo di tempo in base al quale viene vagliata la durevolezza, si registrino sia rimesse consistenti che rimesse non consistenti, seguite da addebiti atti a ridurre sotto la soglia di consistenza il rientro determinato dalla rimessa consistente.

Un esempio può meglio chiarire la fattispecie.

Si ipotizzi che le rimesse siano ritenute consistenti ove maggiori o uguali a 100, che la durevolezza sia rapportata ad un lasso di tempo pari o superiore a 10 giorni di permanenza delle rimesse consistenti sul conto, e che la sequenza delle operazioni riportata sul conto sia la seguente:

data importo descrizione saldo progressivo

1/1

- 650

2/1

+ 150 rimessa consistente - 500

3/1

+ 50 rimessa non consistente - 450

4/1

+ 30 rimessa non consistente - 420

5/1

- 90 addebito - 510

Al termine dei dieci giorni, il saldo permane il medesimo del 5/1, ossia - 510.

Ove l'addebito di 90, avvenuto nei 10 giorni, venga imputato alla rimessa consistente di 150, questa si ridurrebbe al di sotto della soglia di consistenza, e diverrebbe per tale via esente da revocatoria.

Si verificherebbe pertanto a favore dell'istituto di credito un rientro di 140 esente da revocatoria, il che francamente pare contrario allo spirito della norma.

Si ipotizza pertanto, quale soluzione logica, che l'addebito di 90 venga imputato in primo luogo alle rimesse non consistenti (50 e 30), e in secondo luogo (per il residuo 10) a quella consistente, che quindi non perde la qualifica della consistenza.

L'impostazione permette di superare le problematiche, riscontrate nel caso di specie, relative a molteplici accrediti e addebiti successivi all'accredito della rimessa consistente, ed alla loro imputazione. Si pensi, ad ulteriore integrazione della riflessione, al caso di una rimessa consistente seguita da una operazione bilanciata. Se l'addebito di cui a quest'ultima operazione venisse imputato a decurtazione della rimessa consistente, facendolo divenire irrevocabile, il risultato non rispecchierebbe assolutamente la circostanza per cui la banca era rientrata con la rimessa consistente, ed ha poi evitato grazie ad una operazione bilanciata di aggravare nuovamente l'esposizione.

Analoga riflessione può valere anche allorché gli accrediti non consistenti seguano l'addebito, anziché precederlo.

Mutuando l'esempio che precede:

data importo descrizione saldo progressivo

1/1

- 650

2/1

+ 150 rimessa consistente - 500

3/1

- 90 addebito - 590

4/1

+ 30 rimessa non consistente - 560

5/1

+ 50 rimessa non consistente - 510

In altri termini, ove vi sia una rimessa consistente e, a far data da questa, al termine del lasso temporale fissato per la durevolezza, lo scoperto del conto sia diminuito per un importo superiore al limite della consistenza, la rimessa consistente permane revocabile. Perdono quindi di rilevanza gli accrediti e gli addebiti intermedi, che si neutralizzano reciprocamente.

Si consideri, quale metodo alternativo, che ogni addebito venga imputato alla prima rimessa consistente, fino al limite della sua riduzione al di sotto del limite di consistenza, e in seguito alle successive rimesse

consistenti, di volta in volta fino al limite di riduzione delle stesse al di sotto del limite di consistenza.

Con un esempio:

limite consistenza 35

data importo descrizione saldo progressivo

1/1

- 200

2/1

+ 50 rimessa consistente - 150

3/1

+ 40 rimessa consistente - 110

4/1

- 22 addebito - 132

Si ipotizzi che in seguito il conto non abbia più avuto movimenti, e quindi permanga un saldo negativo di 132.

Se l'addebito di 22 viene imputato quanto a 16 all'accredito di 50 e quanto a 6 all'accredito di 40, secondo l'ipotesi formulata tali accrediti perderebbero la consistenza e non sarebbero revocabili, nonostante il conto sia rientrato di 68 in pochi giorni.

Con il metodo sopra proposto, al contrario, posto che nell'arco temporale previsto per la durevolezza permane un rientro dell'esposizione in misura consistente, la prima rimessa di 50 mantiene la propria caratteristica di consistenza e diviene quindi revocabile.

Sempre a titolo di opinione personale, peraltro, vi è forse una ulteriore ipotesi, che viene ad affrancarsi dal tema dei tempi di "durata".

Nel caso di conto di fatto congelato nella propria operatività, in cui non figurano se non in misura estremamente modesta addebiti su ordine del correntista (bonifici di terzi, assegni, ritiro di ricevute bancarie di fornitori eccetera), e quindi di conto posto all'evidenza al rientro, si può ritenere che il concetto di durevolezza venga a perdere di incisività (e forse anche quello di consistenza).

Ogni accredito, infatti, è evidentemente finalizzato al rientro, e diviene quindi durevole, ancorché sul conto figurino addebiti (di norma di spettanze della banca, quali interessi, commissioni, insoluti).

Ove si applichi tale teoria, si dovrà guardare alla sola consistenza.

Conclusioni

Le soluzioni prospettate nel presente contributo costituiscono solo un tentativo di superare le difficoltà di un'applicazione tecnica delle disposizioni di esenzione di cui all'

artico

lo 67, comma 3, lettera b), l. fall

.

Tuttavia, la loro stessa articolazione sta a testimoniare come, di fatto, i possibili approcci alla norma siano estremamente variegati e connotati pur sempre da marcata soggettività ed elevata difformità di risultati tra le soluzioni proposte.

Si ribadisce che l'applicazione del solo

articolo 70 l.

f

all

. sarebbe ad avviso di chi scrive sufficiente a conseguire la finalità pratica dell'azione revocatoria, ossia la restituzione da parte del creditore delle somme percepite e che gli hanno consentito una diminuzione dell'esposizione, con una contestuale limitazione dei noti effetti distorsivi che le azioni revocatorie comportavano prima che fosse introdotta la limitazione dello stesso

articolo 70, comma 3, l.

f

all

.

Per tale via, gli istituti di credito si troverebbero sullo stesso piano dei fornitori e in generale di tutti coloro che intrattengono rapporti continuativi o reiterati, e si consentirebbe anche un superamento dei dubbi di incostituzionalità che, non senza fondatezza, sorgono con riferimento all'esenzione delle rimesse per disparità di trattamento con gli altri fornitori.

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