Il Decreto del “Fare” e le nuove misure di controllo contro l'abuso del preconcordato

Filippo Lamanna
21 Giugno 2013

Con il decreto cd. del “Fare”, (d.l. 21 giugno 2013, n. 69), pubblicato il 21 giugno sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 (Suppl. Ord. n. 50), il Governo “Letta”, mostrando di aver preso finalmente coscienza dei rischi ripetutamente segnalati, anche e per primo da chi scrive, sulle crescenti forme di abusodella procedura prenotativa disciplinata dall'art. 161, commi da sesto a decimo, l.fall. (cd. “preconcordato” o “concordato in bianco” o “concordato con riserva”), ha conseguentemente introdotto, ponendosi sotto certi aspetti, in verità, a metà strada tra il “disfare” e lo “strafare”, anche alcune modifiche alla suddetta disciplina, finalizzate a conferire al Tribunale maggiori poteri di controllo e di intervento.
Premessa

Con il decreto cd. delFare”, (

d.l. 21 giugno 2013, n. 69

), pubblicato il 21 giugno sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 (Suppl. Ord. n. 50), il Governo “Letta”, mostrando di aver preso finalmente coscienza dei rischi ripetutamente segnalati, anche e per primo da chi scrive, sulle crescenti forme di abusodella procedura prenotativa disciplinata dall'art. 161, commi da sesto a decimo, l. fall. (cd. “preconcordato” o “concordato in bianco” o “concordato con riserva”), ha conseguentemente introdotto, ponendosi sotto certi aspetti, in verità, a metà strada tra il “disfare” e lo “strafare”, anche alcune modifiche alla suddetta disciplina, finalizzate a conferire al Tribunale maggiori poteri di controllo e di intervento.

Esse sono contenute nel Capo VI (Disposizioni in materia di concordato preventivo) che contiene, per il momento (vedremo poi che cosa accadrà lungo l'iter di conversione in legge), il solo art. 82.

Tale norma modifica i commi sesto, settimo ed ottavo dell'art. 161, da un lato ampliando il novero dei documenti che il debitore deve produrre subito ed estendendo poi gli obblighi informativi cui egli è tenuto; dall'altro conferendo al Tribunale la facoltà di nominare in via anticipata un commissario giudiziale quale organo di supporto alla vigilanza, di sanzionare con l'improcedibilità (ed eventualmente con il fallimento) alcune ipotesi di abuso del preconcordato, e di abbreviare il termine già concesso al debitore quando l'attività da lui compiuta si riveli manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano.

Mancando una qualunque indicazione normativa di carattere intertemporale, è ragionevole reputare che le norme in oggetto siano - in linea di principio - di immediata applicazione a partire dalla pubblicazione del D.L., anche con riferimento ai procedimenti di preconcordato già pendenti, salva verifica di compatibilità da compiere in relazione a quelle disposizioni che possono considerarsi inattuabili in quanto afferenti al momento stesso - già decorso - di presentazione della domanda.

Ma esaminiamo più in dettaglio le nuove disposizioni.

La necessità di produrre subito anche l'elenco nominativo dei creditori

D'ora in poi, quando l'imprenditore depositerà un ricorso prenotativo, dovrà allegare ad esso non solo i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, ma anche l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti.

In tal modo si amplia il corredo documentale da produrre subito, restringendosi in pari misura l'oggetto della riserva di successiva produzione, che prima si estendeva, appunto, anche ai documenti indicati nel comma 2, lettera b), dell'art. 161, e dunque anche all'elenco dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti.

È tuttavia da segnalare che la riserva andrà poi sciolta riproducendo comunque un elenco dei creditori, questa volta completo di tutte le indicazioni del comma 2, lettera b), poiché tale disposizione richiede che l'elenco indichi non solo i creditori e i rispettivi crediti, ma anche le cause di prelazione, laddove non si richiede invece che queste ultime siano indicate subito con l'elenco da produrre ora con la domanda prenotativa.

L'obbligo di depositare l'elenco dei creditori va naturalmente assolto a pena d'inammissibilità della domanda, trattandosi di requisito in difetto del quale non si verifica una semplice ipotesi di irregolarità, ma di nullità della stessa, come del resto si desume dal tenore dell'art. 162, comma 2, che considera come ragione d'inammissibilità della domanda di concordato preventivo anche il difetto di uno qualunque dei presupposti di cui all'

art. 161 l.

fall.

Ad ogni modo, proprio perché la mancanza dell'elenco dei creditori gioca come causa di inammissibilità originaria, la nuova disposizione non sembra suscettibile di applicazione immediata anche alle domande di preconcordato già presentate, poiché per esse tale ragione di inammissibilità non esisteva al momento in cui furono depositate.

Non può dunque né ipotizzarsi un'applicazione sanzionatoria retroattiva per il fatto che il debitore non abbia presentato già prima tale documento, perché si tratterebbe di un'interpretazione della norma chiaramente incostituzionale; né un'applicazione che per i procedimenti già pendenti faccia scattare l'obbligo ex nunc, perché si darebbe efficacia comunque ad un'eventuale ragione d'inammissibilità sopravvenuta ex post con riferimento ad un requisito che dovrebbe esistere già al momento di presentazione della domanda.

Resta da chiedersi, sul piano motivazionale, quale sia la ratio della nuova prescrizione.

Evidentemente il Governo ha ritenuto che la presentazione dell'elenco dei creditori possa contribuire a conferire maggiore serietà alla domanda in bianco, quanto meno perché dovrebbe responsabilizzare il debitore nell'indicazione veritiera delle passività da soddisfare.

Peraltro il debitore, in quanto tenuto ad una contabilità regolare, ben dovrebbe essere al corrente di tali passività già al momento di presentazione del ricorso di preconcordato, il che lascia comprendere come la riserva di produzione successiva anche di tale documento non avesse, alla stregua del testo originario della norma ora modificata, un valido fondamento razionale.

Tuttavia è da osservare che, sul piano pratico, la nuova prescrizione riveste un'utilità marginale, non giocando alcun ruolo di particolare rilievo ai fini del giudizio che il Tribunale deve esprimere al momento in cui è chiamato a concedere il termine (quanto allo specifico

punto, deve reputarsi, di accertamento preliminare dello stato di crisi), già potendo contare sui bilanci degli ultimi tre esercizi e, all'occorrenza, su una situazione patrimoniale aggiornata; ma potendo servire più che altro come dato conoscitivo per poter individuare i creditori e procedere alla loro eventuale audizione, secondo una facoltà che, come vedremo più avanti, è stata ora esplicitamente attribuita al Tribunale.

La facoltà di nomina di un commissario giudiziale

Emanando il decreto con cui assegna al ricorrente un termine per il deposito della proposta, del piano e dell'ulteriore documentazione (di cui ai commi secondo e terzo),

il Tribunale potrà subito nominare un commissario giudiziale.

Si applica, soggiunge la norma, l'art. 170, comma 2, e dunque il ricorrente, giusta quando dispone tale norma, dovrà tenere a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale i libri contabili.

Il senso della disposizione su quest'ultimo punto è però, a causa del mero ed integrale rinvio all'art. 170, comma 2, alquanto dubbio. Non è chiaro, cioè, se l'obbligo di tenere i libri a disposizione sussista sempre, o solo quando il Tribunale decida di nominare il commissario giudiziale quale attribuzione a questi del potere di verifica sulle scritture contabili.

A ben vedere l'obbligo avrebbe motivo di essere imposto sempre, poiché il Tribunale potrebbe avere in diversi casi (quando ad esempio è chiamato a pronunciarsi sulle istanze di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione et similia) la necessità di acquisire sommarie informazioni, e queste a loro volta potrebbero in primo luogo trarsi dalla documentazione contabile dell'impresa. Tuttavia, tenuto conto che la norma richiamata prevede che i libri contabili debbano restare a disposizione solo di due soggetti ben precisi, il giudice delegato ed il commissario giudiziale, l'interpretazione restrittiva sembrerebbe quella più congrua e coerente, tenuto conto, da un lato, che nel preconcordato non esiste ancora la figura del giudice delegato (il quale viene infatti nominato solo con il decreto di ammissione al concordato), e, dall'altro, che anche il commissario giudiziale può mancare se il Tribunale non decida di nominarlo sin da subito. Tale decisione, infatti, è - a tenore delle norma - meramente facoltativa (“il tribunale può nominare…), come confermato anche dalla modifica apportata al successivo comma settimo (“se nominato…”). In alternativa dovrebbe ipotizzarsi che l'obbligo del debitore sussista verso il Tribunale anche se tale organo non è menzionato affatto nell'art. 170, comma 2, il che non sembra facilmente sostenibile.

Naturalmente il commissario giudiziale, stante il non equivoco richiamo all'art. 163, secondo comma, n. 3, è proprio il commissario giudiziale che viene nominato nel concordato preventivo, e non è un semplice C.T.U.. Si tratta dunque di una nomina del commissario giudiziale effettuata in via anticipata. Egli, di conseguenza, può essere scelto solo tra i soggetti idonei a svolgere la funzione di curatore ex

art.

28 l

.

f

all.

, è soggetto all'obbligo di tempestiva accettazione dell'incarico ex

art.

29 l

. f

all

. ed assolve le sue funzioni in qualità di pubblico ufficiale ex

art. 165 l.

f

all

. (con la correlata applicazione degli artt. 36, 37, 38 e 39 l. fall., quanto a reclamabilità dei suoi atti, soggezione a revoca, responsabilità e criteri di calcolo del compenso).

Anche l'applicazione di tale disposizione alle procedure già in corso non è sicura.

Da un lato, infatti, la nuova norma precisa espressamente che il commissario giudiziale viene nominato "con il decreto" mediante il quale il Tribunale assegna il termine al debitore, e ciò indurrebbe a ritenere che, una volta pronunciato tale decreto (che in passato non poteva contemplare la nomina del commissario giudiziale), la nomina non sia più possibile. Dall'altro, però, occorre considerare che in realtà nessun divieto espresso esclude la nomina successiva, la quale, peraltro, avrebbe anche ragione di essere disposta autonomamente, ad esempio quando il debitore chiedesse la proroga del termine, poiché allora più che mai sarebbe necessario valutare se il debitore sia stato inerte e si serva abusivamente del procedimento, o invece abbia solo la necessità di disporre di un po' più di tempo per presentare la proposta definitiva. A maggior ragione dunque il Tribunale potrebbe concedere la proroga solo previa assicurazione che vi sia un organo di vigilanza idoneo a svolgere un controllo sull'eventuale inerzia del debitore.

Pertanto la soluzione dell'immediata applicabilità sembra in tal caso la più corretta.

Stante la facoltatività della nomina, vi è da chiedersi sulla base di quali criteri si regolerà il Tribunale.

Probabilmente nella prassi la nomina diventerà progressivamente una costante, tenuto conto del fatto che il Tribunale in questo modo potrà svolgere in modo più efficace la sua attività di controllo (è noto, del resto, che alcuni Tribunali avevano già cominciato ad avvalersi di consulenti tecnici per le attività di vigilanza sui debitori ricorrenti, prassi che ora trova più che una mera conferma, addirittura un'imprevista superfetazione nell'intervento normativo, tenuto conto che si è passati dalla figura del semplice C.T.U.

a quella del commissario giudiziale pubblico ufficiale, la cui nomina è destinata probabilmente a perdurare anche nel successivo concordato preventivo, se la proposta definitiva segua effettivamente e sia considerata ammissibile).

In effetti non c'è miglior mezzo di controllo sull'operato del debitore, per reprimere e fors'anche per prevenire l'eventuale compimento di atti abusivi o fraudolenti, di quello costituito dall'attività di vigilanza svolta da un ausiliario del Giudice con un'adeguata specializzazione in materia contabile, la cui garanzia di indipendenza e imparzialità non è solo frutto di una irrealizzabile aspirazione (come è a dirsi per la figura dell'esperto attestatore, di cui è prevista la nomina da parte dello stesso debitore), ma è adeguatamente garantita dalla nomina effettuata dal Tribunale (inteso, nella specie, come collegio decidente).

Tuttavia deve anche considerarsi che una prassi che si realizzasse in tal senso non sarebbe del tutto coerente né con tante situazioni concrete, né con la complessiva impalcatura del procedimento prenotativo.

Non con le prime, perché l'attività del commissario giudiziale costituisce comunque un costo aggiuntivo che finirebbe per pesare ulteriormente sempre e comunque sulle finanze, spesso già completamente esauste, del debitore ricorrente, sì che da questo punto di vista l'introduzione di questa figura in via anticipata rispetto al momento della vera e propria ammissione al concordato potrebbe tradursi in una forma indiretta di disincentivazione, pur in mancanza di una correlata anticipazione dell'obbligo di deposito della cauzione per le spese di procedura previsto dall'

art. 163, comma

2

, n.

4, l

.

f

all

. (inutile dire che se fosse stato previsto anche tale obbligo in via anticipata la disincentivazione sarebbe stata anche maggiore perchè avrebbe fatto da filtro selettivo la situazione di attuale illiquidità che quasi sempre caratterizza le imprese che accedono al preconcordato). Inoltre in molti casi il ricorrente è una impresa di assai piccole dimensioni, o che ha già cessato completamente l'attività, e la presenza di un commissario giudiziale potrebbe apparire allora esorbitante rispetto allo scopo perseguito.

Né con la seconda, perché se perdura, come per il momento perdura, non avendo il D.L. del “Fare” modificato nulla su tale aspetto, la possibilità per il debitore di presentare nel termine concessogli dal Tribunale non necessariamente una proposta di concordato preventivo, bensì un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

., la figura del commissario giudiziale (che, stante l'espresso richiamo all'art. 163, sarebbe anche nel preconcordato proprio e comunque quella del commissario giudiziale che svolge i suoi compiti nel concordato preventivo)

finirebbe per risultare retrospettivamente ultronea ed incompatibile, e dunque anche di difficile giustificabilità sul piano dei costi che invariabilmente comporterebbe.

D'altra parte non può nemmeno suggerirsi al Tribunale di astenersi dall'effettuare la nomina del commissario giudiziale le volte in cui il ricorrente, ad esempio, anticipasse con il ricorso l'intenzione di presentare un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all.

Infatti tale espressione di volontà potrebbe anche troppo facilmente tradursi in un mezzo per evitare la nomina del commissario giudiziale, e quindi lo svolgimento di un'attività di controllo, ben potendo poi il debitore cambiare direzione e proporre un concordato preventivo vero e proprio, comportamento che non potrebbe in effetti né considerarsi abusivo, né per altra ragione vietato o illegittimo, atteso che lo stesso art. 161, comma 6, consente l'esercizio di tale facoltà.

Forse sarebbe allora il caso di eliminare del tutto, in sede di conversione in legge, il secondo periodo del comma sesto dell'art. 161, escludendo in radice la possibilità della cd. passerella split, ossia la possibilità di presentare non più la proposta di concordato, ma un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

. (ma anche l'analoga e simmetrica facoltà prevista nell'ipotesi inversa dall'art. 182-bis, ultimo comma), che costituisce una facoltà obiettivamente esorbitante, se si considera che già l'art. 182-bis consente la presentazione di un preaccordo che garantisce effetti protettivi contro aggressioni esecutive ed azioni cautelari analoghi a quelli previsti per il preconcordato.

L'eliminazione di tale possibilità si rivelerebbe peraltro idonea a sistematizzare più coerentemente la disciplina del preconcordato, che ora soffre di inevitabili limitazioni applicative in ragione dell'impossibilità di predeterminare con certezza l'esito del procedimento. Non potendosi sapere con certezza, infatti, se poi il debitore presenterà una proposta definitiva di concordato preventivo o invece un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

., molti Tribunali negano la possibilità di sciogliere i contratti pendenti, alla luce del fatto - tra l'altro - che tale scioglimento si rivelerebbe, da un lato, definitivo ed irretrattabile, ma dall'altro incompatibile con una figura - quella dell'accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

. - cui non soltanto non trova applicazione l'art. 169-bis, ma che nemmeno potrebbe mai risultare compatibile con tale disposizione, atteso che l'accordo de quo - per la maggior parte degli interpreti - ancor oggi non ha natura concorsuale, ma contrattuale, ed esige dunque l'ordinario adempimento dei contratti anteriormente stipulati (pacta sunt servanda).

Eliminata la possibilità della passerella, il debitore non potrebbe dunque nemmeno cercare di eludere la nomina del commissario giudiziale dichiarando la (falsa) intenzione di presentare poi un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

.

e il Tribunale resterebbe dunque libero di valutare in concreto, caso per caso, se ed in che misura la figura del commissario giudiziale sia opportuna o necessaria sin da subito, o possa invece, per le dimensioni, i caratteri e le attuali condizioni, dell'impresa, considerarsi ultronea.

(Segue) Gli obblighi e i poteri del commissario giudiziale

Quando il commissario giudiziale venga nominato, dovrà assolvere non solo - si suppone - agli obblighi di vigilanza previsti in via generale ed ordinaria dal primo comma dell'

art. 167 l.

f

all

. in relazione all'amministrazione dei beni da parte del debitore (obblighi di vigilanza che si esprimeranno poi, più in particolare, anche nella vigilanza ai fini della predisposizione della proposta definitiva, come previsto ora dal modificato ottavo comma), ma anche ad un nuovo specifico obbligo: se accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall'

articolo 173 l.

f

all

., ossia atti di frode o atti soggetti ad autorizzazione e non autorizzati, deve

riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento prefallimentare di cui all'

articolo 15 l.

f

all

., verificata l'effettiva sussistenza delle condotte censurate, potrà, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli

articoli 1

e

5 l.

f

all

., dichiarare il fallimento del debitore con sentenza contestuale (reclamabile a norma dell'

articolo 18 l.

f

all

.).

In tal modo la nuova disposizione normativizza un'interpretazione giurisprudenziale ormai già assai diffusa, che ha considerato possibile dichiarare inammissibile o improcedibile

la domanda in forza dell'applicazione analogica dell'

art.

173 l

.

f

all

. o dei principi generali in tema di abuso del diritto.

In presenza di atti fraudolenti o non autorizzati, l'applicazione dell'art. 173 è stata più volte considerata non immediata e diretta, ma di carattere indiretto, ossia analogico, perché l'art. 173 prevede la revoca o la sopravvenuta inammissibilità di un concordato già ammesso, ipotesi evidentemente non ricorrente in caso di preconcordato.

La legittimità di tale interpretazione analogica poteva peraltro considerarsi confermata anche dal fatto che lo stesso art. 173 viene reputato norma che fa semplice applicazione, a sua volta, in partede qua, dei principi generali in tema di abuso del diritto, che la S. Corte a sua volta reputa utilizzabili anche in tema di concordato preventivo (e di preconcordato).

Con le nuove modifiche il richiamo all'art. 173 diventa espresso, ma non va inteso, tuttavia, nella sua assoluta letteralità, quanto meno perché non sembrerebbe congruente applicare in caso di preconcordato la fattispecie di cui all'ultimo periodo dell'ultimo comma del suddetto art. 173 (“se in qualunque modo risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato”), tenuto conto, per un verso, che nella fase di preconcordato ancora mancano, per definizione, gli elementi integrativi della più gran parte dei presupposti di ammissibilità al concordato (quanto meno quelli diversi dal presupposto soggettivo e dal presupposto oggettivo, vale a dire la qualità di imprenditore fallibile del ricorrente e lo stato di crisi, che devono sussistere sin da subito) e, per l'altro, che addirittura il debitore è libero, come già detto, di depositare entro il termine assegnato dal Tribunale non una proposta di concordato preventivo, ma un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis

l.

f

all

., il che per definizione esclude che possano avere attuale rilievo, e comunque prima di tale momento, i (soli) presupposti di ammissibilità al concordato (non potendo avere rilevanza comunque anche quelli di omologabilità dell'accordo di ristrutturazione).

Parimenti, gli atti soggetti ad autorizzazione e non autorizzati che possono determinare la declaratoria di improcedibilità della domanda e l'eventuale conseguente fallimento non sono soltanto quelli di cui all'art. 167, richiamato nell'ultimo comma dell'art. 173, sia perché l'art. 167 contempla solo atti di straordinaria amministrazione soggetti ad autorizzazione del giudice delegato, figura che, come già detto, manca del tutto nel preconcordato; sia perché in tale ultimo procedimento sono soggetti ad autorizzazione (del Tribunale) anche atti speciali non necessariamente riconducibili all'art. 167, siano essi da considerare o meno - quoad naturam - quali atti di straordinaria amministrazione (si tratta dei pagamenti di crediti anteriori per prestazioni essenziali e dei finanziamenti interinali

ex

art. 182-quinquies l.

f

all

., nonché dello scioglimento o sospensione dei contratti pendenti

ex

art. 169-

bis

l.

f

all

.), atti che, dunque, potranno, se a loro volta compiuti in difetto di autorizzazione, dar luogo alla sanzione di improcedibilità in applicazione estensiva dell'art. 167, come richiamato dall'art. 173, a sua volta evocato dal nuovo sesto comma dell'art. 161.

Un problema pratico si porrà poi quanto al pagamento del compenso del commissario giudiziale. Esso, stanti i rinvii normativi già prima indicati, andrà calcolato secondo i criteri propri del compenso dovuto al commissario giudiziale del concordato preventivo, ma naturalmente ragguagliato alla sola attività di vigilanza svolta interinalmente.

Se poi seguirà il concordato preventivo, potrebbe procedersi ad una liquidazione finale unica e complessiva che comprenda sia l'attività svolta durante il preconcordato, sia quella svolta durante il concordato preventivo.

Se invece il procedimento preconcordatario si fermi prima, o comunque non sfoci in una procedura concordataria, o sfoci piuttosto in una procedura di omologa di accordi di ristrutturazione, il compenso del commissario giudiziale andrà liquidato in quel momento. Fatto si è che in occasione della nomina del commissario giudiziale il Tribunale dovrà accertarsi che dalla contabilità emerga una situazione attiva tale almeno da garantire la possibilità concreta di pagamento del compenso, perché altrimenti o dovrà astenersi dal nominare il commissario giudiziale o dovrà comunque imporre al debitore una cauzione pro expensis, sebbene nemmeno la disciplina ora modificata preveda che il Tribunale debba fissare sempre quella contemplata dall'art. 163, comma 2, n. 4). Si tratta infatti di una necessità imposta dal diritto non virtuale, ma effettivo, spettante al commissario giudiziale, di

percepire il compenso per l'opera da svolgere.

Il parere e l'audizione del commissario giudiziale. Tipizzazione del contenuto e della periodicità degli obblighi informativi. Conseguenze dell'inadempimento

In via consequenziale il Tribunale d'ora in poi non solo potrà assumere, quando è chiamato a pronunciarsi su richieste di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione, “sommarie informazioni”, ma “dovrà” in tal caso anche acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato.

L'acquisizione del parere del commissario giudiziale, dunque, sempre che questi sia stato nominato, è obbligatoria, anche se il parere - ovviamente - non è vincolante.

La norma tace quanto alla necessità del parere in caso di autorizzazioni riguardante gli altri atti soggetti a speciale controllo (finanziamenti interinali e pagamenti di crediti anteriori ex artt. 182-quinquies, scioglimento di contratti

ex art. 169-

bis

l.

f

all

.), ma sarei propenso a ritenere che, stante la generale attività di vigilanza svolta dal commissario giudiziale, la sua previa audizione sia normalmente possibile e consigliabile, anche se non obbligatoria.

Si consideri del resto che costituisce oggetto di un obbligo l'analoga, anche se non identica, attività di audizione (non si tratta più infatti di acquisire il parere del commissario giudiziale, ma di sentirlo previamente, laddove tale audizione può risultare finalizzata a ricevere non necessariamente pareri, quanto piuttosto dati informativi) prevista quando l'attività compiuta dal debitore si riveli manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano. Da ciò la conclusione che il commissario giudiziale sia organo referente in ogni possibile situazione decisoria.

Quanto alla speciale ipotesi di audizione in oggetto, ossia quella in cui l'attività compiuta dal debitore si riveli manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, essa va correlata alla previsione secondo cui il Tribunale, con il decreto di assegnazione del termine, “dovrà” d'ora innanzi sempre disporre gli obblighi informativi periodici (mentre prima la norma non era formulata espressamente nel senso della doverosità), non solo relativamente alla gestione finanziaria dell'impresa (anche se non sono stati indicati nemmeno ora i criteri con cui va esposta), ma anche riguardo all'attività compiuta dal debitore ai fini della predisposizione della proposta e del piano.

Il debitore dovrà assolvere tali obblighi con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, se nominato, sino alla scadenza del termine fissato.

Ebbene, quando l'attività compiuta dal debitore si riveli manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il che potrà emergere non solo su espressa denuncia del commissario giudiziale, ma - tenuto conto che costui non sempre verrà nominato - anche dal tenore delle informazioni fornite dallo stesso debitore o acquisite

aliunde

, il tribunale, anche d'ufficio, sentito il debitore (per evidenti necessità di rispetto del contraddittorio) e il commissario giudiziale, se nominato, procederà ad abbreviare il termine già fissato.

Anche tale nuova previsione almeno in parte normativizza un'interpretazione ormai invalsa nella prassi, laddove estende gli obblighi informativi, come molti Tribunali già facevano, anche ai progressi compiuti dal debitore nel predisporre proposta e piano, e nel prevederne inoltre una periodicità almeno mensile.

Da un lato, infatti, è evidente che il termine concesso dal Tribunale deve risultare funzionale allo scopo, che è quello dell'effettiva ed utile predisposizione di proposta e piano, e non può risolversi invece in un semplice termine di grazia per il debitore o un premio per l'inerzia che gli consenta semplicemente di non pagare medio tempore i creditori senza subirne le conseguenze. Ciò spiega appunto la tendenza dei Tribunali, ora divenuta regola di legge, a vigilare anche su tale aspetto.

Dall'altro, è di pari intuitiva evidenza che il periodo di attività soggetto ad informativa deve essere calibrato, rispetto al termine finale assegnato dal Tribunale, in modo da non essere né troppo lungo, né troppo breve. Non troppo lungo, perché altrimenti l'informativa, arrivando troppo tardi, finirebbe molto spesso per essere inutile, non dando la possibilità al Tribunale di effettuare un intervento sanzionatorio tempestivo. Non troppo breve, sia perché altrimenti si intaserebbero i Tribunali ancor di più di quanto già non lo siano, sia perché non ne deriverebbe un dato conoscitivo adeguatamente rappresentativo dell'attività compiuta rispetto ad un arco temporale significativo. Tenuto conto della durata media dei termini finora concessi dai Tribunali, la periodicità mensile sembra essere in effetti quella più gettonata.

Non può invece considerarsi quale trasposizione di una prassi già invalsa la previsione secondo cui il Tribunale, quando risulta che l'attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, procede ad abbreviare il termine già fissato.

Si reputava, infatti, dai più, che tale abbreviazione non fosse possibile una volta concesso il termine, anche tenuto conto che l'inidoneità dell'attività compiuta alla predisposizione della proposta e del piano non sempre può considerarsi oggetto di inerzia o di abuso (ma magari effetto semplicemente di una situazione di speciale difficoltà economica o operativa).

Ora è la norma che concede tale possibilità, anche se, in verità, più che di possibilità sembra più esatto parlare di necessità, poiché, per il modo in cui la norma si esprime, sembra quasi che l'abbreviazione del termine sia un atto dovuto.

I Tribunali probabilmente in tali casi abbrevieranno il termine fino a renderlo di immediata, imminente scadenza, non avendo senso, una volta acquisita la convinzione che l'attività compiuta dal debitore sia inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, attendere oltre, creando - potenzialmente - ulteriori danni ai creditori. Si sarebbe potuto quindi consentire più semplicemente al Tribunale, anziché solo di abbreviare il termine, di applicare direttamente, in via alternativa, l'

art.

162 l

.

f

all

. ai fini della declaratoria immediata d'improcedibilità.

La nuova disposizione soggiunge, ancora una volta con un periodare apparentemente slegato dal contesto cui fa seguito,

che il tribunale può in ogni momento sentire i creditori.

Tale facoltà, è da credere, il Tribunale possa svolgere non solo quando intenda abbreviare il termine già concesso, caso in cui in effetti vi sarebbe un'utilità specifica nel valutare se i creditori siano o meno propensi ad accordare credito al debitore ricorrente quale ragione per non abbreviare necessariamente tale termine, ma, appunto, “sempre”, in tal modo fruendo, in ultima analisi, con riferimento ad ogni e qualunque circostanza decisoria, di una fonte informativa utile ed aggiuntiva. L'esercizio di tale potere di audizione è reso possibile o comunque più agevole dal ricordato obbligo imposto al ricorrente di presentazione immediata dell'elenco dei creditori.

Infine, il decreto del “Fare” ha previsto che il debitore, con periodicità che, questa volta, è stata prevista come mensile in via predeterminata, depositi una situazione finanziaria dell'impresa; tale situazione deve essere pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere entro il giorno successivo al deposito. La nuova norma conferma anche la sanzione già anteriormente prevista, secondo cui, in caso di violazione di uno qualunque degli obblighi informativi da parte del debitore, il Tribunale può convocarlo in camera di consiglio e dichiarare l'improcedibilità della domanda.

A tale riguardo deve osservarsi come la situazione finanziaria mensile potrebbe duplicare, di fatto, gli obblighi informativi, tenuto conto, per un verso, che questi ultimi prevedono una relazione (anche) sulla gestione finanziaria dell'impresa, che è però formalmente cosa diversa dalla situazione finanziaria, la quale è la mera rappresentazione contabile delle attività finanziarie fotografate in un determinato momento, e, per l'altro, che mentre la situazione finanziaria va depositata con periodicità mensile fissa, le relazioni con cui il debitore assolve agli obblighi informativi possono avere una periodicità anche inferiore al mese (“con periodicità almeno mensile…”). Sarà dunque il caso che i Tribunali, per evitare tale duplicazione, fissino sempre obblighi mensili anche per le relazioni informative.

In ogni caso appare francamente esorbitante la prevista necessità di pubblicazione sul Registro delle imprese da parte del cancelliere della situazione finanziaria entro il giorno successivo al deposito (si noti che tale obbligo riguarda solo la situazione finanziaria e non la normale relazione informativa, che avrà dunque l'onore della pubblicazione solo se redatta contestualmente alla situazione finanziaria). Le cancellerie sono infatti già oberate da una miriade si adempimenti connessi ai procedimenti di preconcordato e certo non giova alla efficienza del loro lavoro la previsione di un ennesimo incombente.

Per comprendere quanto e come possa incidere tale nuovo adempimento, si può fare come esempio il flusso di domande che pervengono al Tribunale di Milano. Attualmente le proiezioni danno come cifra attendibile per il 2013 circa 400 preconcordati. Come ha già calcolato qualche giudice delegato milanese, se si assume come durata media del procedimento in base ai termini usualmente concessi e/o prorogati quella di 120 giorni, la conseguenza è che, stante la periodicità mensile del deposito della situazione finanziaria aggiornata, ve ne sarebbero circa 1.600 da pubblicare ogni anno (e dunque quasi 5 al giorno) entro il termine di 24 ore dal deposito. Esse andrebbero poi a sommarsi alla pubblicazione del ricorso ex art. 161, comma 6, nonché alla pubblicazione della proposta definitiva con il piano. Dunque una montagna di attività aggiuntive.

L'incombente, peraltro, nemmeno sembra di particolare utilità, se si tien conto che la pubblicità della situazione finanziaria disposta (sembra solo per trasparenza) a vantaggio dei creditori non può certo produrre, una volta conosciuta dai creditori, un'utilità maggiore di quella che deriva già dalla conoscenza che ne abbiano il Tribunale ed il commissario giudiziale per effetto del deposito della situazione stessa in cancelleria.

Più in generale, peraltro, deve evidenziarsi che il Governo ha imposto al Tribunale di prescrivere sempre gli obblighi informativi periodici pur facoltizzandolo a nominare un commissario giudiziale. L'unico modo per evitare che il Tribunale debba continuare a svolgere una miriade di controlli sulle relazioni periodiche nonostante la nomina del commissario giudiziale, che dovrebbe servire proprio per sollevare il Tribunale da questi incombenti, è disporre, nei decreti di fissazione del termine con gli obblighi informativi e di nomina del commissario giudiziale, che le relazioni periodiche vengano trasmesse direttamente al commissario giudiziale, in modo che sia il commissario giudiziale a poter svolgere direttamente ed efficacemente la vigilanza sull'attività oggetto delle relazioni informative, che la stessa norma prevede espressamente come suo compito (“obblighi informativi periodici, …. che il debitore deve assolvere, … sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato”). Il commissario giudiziale riferirà poi al Tribunale solo in presenza di situazioni anomale, dando motivate spiegazioni al riguardo, in modo da attivare i poteri officiosi per le eventuali declaratorie di improcedibilità o di abbreviazione del termine.

La possibilità che le relazioni periodiche, anziché essere depositate in cancelleria a disposizione del Tribunale, siano inviate direttamente al commissario giudiziale (o anche al commissario giudiziale) deriva anche dal confronto letterale con la previsione riguardante l'obbligo mensile di predisposizione di una situazione finanziaria, della quale è espressamente previsto il “deposito”, laddove invece la indicazione delle modalità di assolvimento degli obblighi informativi è lasciata alla discrezionalità del Tribunale.

Valutazioni conclusive

Volendo esprimere qualche valutazione conclusiva sul nuovo intervento normativo, si può osservare come l'intenzione del legislatore sia apprezzabile, ma il modo per realizzarla sia stato alquanto rozzo e sommario.

Se si intendeva evitare gli abusi del preconcordato, si poteva eliminare, come già detto, la possibilità di traslazione dalla domanda di concordato alla domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

., rendendo il procedimento un pre-concordato in senso proprio, al tempo stesso consentendo al Tribunale di effettuare - quando viene chiamato ad autorizzare atti interinali - una valutazione sulla loro reale funzionalità rispetto alla domanda definitiva di concordato.

In via alternativa, si poteva quanto meno esigere che il ricorrente esprimesse in modo comunque impegnativo l'intenzione di proporre poi un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l.

f

all

., subendone le conseguenze (in termini di improcedibilità) in caso di inadempimento .

Più in generale, avrebbe potuto assegnarsi al Tribunale un potere più generale di valutazione sulla concedibilità o meno del termine, con possibilità di applicare de plano

l'

art.

162 l

.

f

all

. quando emergesse ictu oculi già l'inidoneità dell'attività connessa e funzionale alla presentazione della domanda, sulla scia di una giurisprudenza non solo di merito, ma anche di legittimità, che si va decisamente orientando a ritenere che il Tribunale debba comunque compiere un vaglio preventivo sulla abusività o strumentalità della domanda, anche di preconcordato, quanto meno nei casi di contemporanea pendenza di istanze di fallimento.

Prevedendosi poi la nomina anticipata di quell'ausiliario qualificato del Tribunale che è il

commissario giudiziale, si è persa l'occasione per eliminare finalmente quell'ambigua ed ultronea figura dell'esperto attestatore, che viene nominato dal debitore ancorchè pur esso, stando alla ineccepibile qualificazione che ne ha dato la S. Corte a SS.UU., sia al postutto un ausiliario del Tribunale.

Tale figura, infatti, fu pensata in origine per garantire un minimo di imparzialità a vantaggio dei creditori ai fini dell'espressione di un voto informato e a supporto del Tribunale al fine della valutazione sulla fattibilità del piano in una situazione pre-procedimentale, ossia sul presupposto che ancora non vi fosse un procedimento in atto. Essa, però, appare ormai del tutto inutile e contraddittoria in una situazione procedimentale già in atto e nella contemporanea

presenza di un ausiliario del Tribunale veramente indipendente qual è il commissario giudiziale, che ben potrebbe svolgere con più affidabilità la stessa attività di controllo sul piano concordatario demandata ora all'attestatore.

Infine, sarebbe stato opportuno eliminare l'aporia che ora rende inattuabili nel preconcordato le misure previste a beneficio delle imprese che intendono accedere al concordato con continuità aziendale, atteso che la qualificazione di tale forma di concordato attualmente presuppone l'esistenza di una proposta e di un piano definitivi, oltre che di una relazione dell'esperto che attesti la funzionalità della prosecuzione dell'attività prevista nel piano al miglior soddisfacimento dei creditori, tutti elementi condizionanti e qualificanti che, per definizione, mancano nella fase preconcordataria.

È dunque lecito sperare che in sede di conversione del decreto del “Fare” in legge almeno una parte di questi possibili miglioramenti venga attuata.

È invece davvero troppo, forse, sperare che l'iter di conversione venga utilizzato per realizzare gli ulteriori necessari perfezionamenti della disciplina concordataria, anche attraverso vere e proprie

correzioni di rotta. Ad esempio ripristinando modalità di voto e quorum più seri ed effettivi per la formazione della maggioranza necessaria all'approvazione della proposta di concordato; o ripristinando l'obbligo di pagamento integrale dei creditori muniti di privilegio generale ed almeno una non irrisoria percentuale dei creditori chirografari (come ha del resto proposto di recente anche il Presidente della Confindustria); o accompagnando più in generale ai procedimenti di composizione concordata anche misure di allerta e prevenzione in grado di anticipare effettivamente l'ostensione o l'emersione della crisi, in modo da porre in atto le precondizioni per effettuare tentativi di salvataggio e di conservazione delle imprese in crisi non più meramente virtuali ed ipotetici, ma concreti e realistici.

Ma sarebbero davvero tante le cose migliorabili. E non è il caso di farsi illusioni.

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