I creditori privilegiati e il diritto di voto nel concordato preventivo

Marco Nicolai
06 Agosto 2013

L'emanazione del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, ha posto all'attenzione della dottrina e della giurisprudenza il problema del trattamento dei creditori privilegiati nel concordato preventivo poiché nessuna disposizione, diversamente da quelle sul concordato fallimentare, consentiva la falcidia ovvero il trattamento differenziato degli stessi. L'art. 177, comma 3, ante-correttivo 2007, disponeva che: “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed accessori”.
Il contesto normativo

L'emanazione del

d.lgs.

9 gennaio 2006

, n.

5

, ha posto all'attenzione della dottrina e della giurisprudenza il problema del trattamento dei creditori privilegiati (Audino, Sub art. 160, in Commentario breve alla

legge fallimentare

; Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 47 ss.; di recente Peracin, Concordato preventivo e cessio bonorum con classi: trattamento dei creditori privilegiati generali e inquadramento giuridico del «vantaggio differenziale, in Dir. fall., 2011, 41 ss) nel concordato preventivo poiché nessuna disposizione, diversamente da quelle sul concordato fallimentare (Bertacchini, Sub art. 124, in Commentario breve alla

legge fallimentare

, cit., 728 ss.; La Malfa, Sub art. 124. Proposta di concordato, in Commentario alla

legge fallimentare. Artt. 124 - 215 e Disposizioni transitorie

, cit., 48.), consentiva la falcidia ovvero il trattamento differenziato degli stessi (Demarchi, Quella svolta nel concordato preventivo. Creditori privilegiati verso la deminutio, in Dir. e giust., 2006, 97 ss). L'art. 177, comma 3, ante-correttivo 2007, disponeva che: “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed accessori”.

Il dibattito vedeva contrapposti coloro i quali non ritenevano ammissibile una proposta di concordato che prevedesse un trattamento differenziato e/o falcidiato dei privilegiati in quanto questi ultimi avevano diritto all'integrale pagamento e ciò giustificava e giustifica tuttora la loro indifferenza rispetto alla proposta concordataria. Di contro si collocavano coloro i quali ipotizzavano, sulla base di diverse argomentazioni, un trattamento deteriore anche dei privilegiati a fronte del riconoscimento del diritto di vot (C.

Ferri, I crediti privilegiati nel nuovo concordato preventivo, in Fall., 2006, 695 ss.;

Id.

, Classi di creditori e poteri del giudice nel giudizio di omologazione del «nuovo» concordato preventivo, in Giur. comm., 2006, II, 556 ss.;

Sciuto

, La classificazione dei creditori nel concordato preventivo, in Giur. comm., 2007, 585;

Caffi

, Il concordato preventivo, in Il diritto fallimentare riformato, Commentario sistematico a cura di Schiano di Pepe, Padova 2007, 636 ss.).

Il

d.l

gs. 12 settembre 2007, n.

169

, ha adeguato le disposizioni sul concordato preventivo a quelle sul concordato fallimentare di cui agli

artt. 124, comma 3 e 127, commi 2 e

3, l

. fall

. (JORIO, Sub art. 160. Presupposti per l'ammissione alla procedura, in La

legge fallimentare

dopo la riforma, cit., 2046 ss.; S. PACCHI, Il concordato preventivo, cit., 1792 ss.; ZANICHELLI., I concordati giudiziali, Torino 2010, 166;

Cass. 22 marzo 2010 n. 6901

, in Fall., 2010, 653). L'art. 160, comma 2,

l

. fall

., ora dispone, fra l'altro, che “la proposta [di concordato preventivo, n.d.r.] può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione …”. Inoltre, l'

art. 177, comma

2, l

. fall

., stabilisce che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto di voto se non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione. Infine, secondo il comma 3 dello stesso articolo “i creditori muniti di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'art. 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”.

Sebbene la

legge fallimentare

sia stata oggetto di numerose modificazioni, anche recenti, il dibattito sul trattamento dei privilegiati non può considerarsi concluso. I nuovi cambiamenti introdotti con

d.l.

22 giugno 2012

, n. 83

, poi convertito con modificazioni nella

l.

11 agosto 2012

, n. 134

, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, nonché con

d.l.

21 giugno 2013

, n. 69

, “Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia”, non affrontano la problematica nonostante la sua rilevanza. Infatti, l'assoluta intangibilità delle pretese dei creditori privilegiati può rappresentare una causa di insuccesso della proposta concordataria.

Gli orientamenti sul trattamento dei creditori privilegiati

I creditori privilegiati, secondo una parte della dottrina, non potrebbero, oltre alle ipotesi di incapienza del bene o di rinuncia alla prelazione, essere falcidiati o trattati diversamente. La disciplina del concordato preventivo implicherebbe quindi un obbligo di pagamento integrale dei privilegiati (Arato, La domanda di concordato preventivo dopo il d .lgs. 12 settembre 2007 n. 169, in Dir. fall., 2008, 68 ss.; Demarchi, Il concordato preventivo alla luce del «correttivo», in Le nuove procedure concorsuali. Dalla riforma «organica» al decreto «correttivo», a cura di Ambrosini, Bologna 2008, 493 s.; in giurisprudenza

Trib. Roma,

29 luglio

2010

) posto che, senza il loro espresso consenso, si addiverrebbe a un'espropriazione del credito per volontà unilaterale del debitore. L'

art. 182-

ter

, l. fall

., sulla transazione fiscale, consente poi il pagamento parziale o dilazionato dei soli privilegi speciali e non anche di quelli generali facendo dubitare che questi ultimi possano subire falcidie e/o trattamenti differenziati.

In realtà, l'opinione di chi ritiene che il debitore può proporre un parziale sacrificio delle pretese dei privilegiati con la conseguente facoltà di costituire classi distinte per omogeneità di posizione giuridica e di interessi economici (Nisivoccia, Concordato preventivo e continuazione dell'attività aziendale: due decisioni dal contenuto vario e molteplice, 232 s.) sembra preferibile.

Tale ultima ricostruzione trovava, anteriormente al correttivo del 2007, il proprio fondamento sia nella disposizione di cui all'

art. 182-

ter

l. fall

. (Cfr. Peracin, Concordato preventivo e cessio bonorum con classi: trattamento dei creditori privilegiati generali e inquadramento giuridico del «vantaggio differenziale», cit., 48; Trib. Asti, 3 febbraio 2010), sia in un difetto di coordinamento tra l'

art. 160

e l'art.

177, l

. fall

., che, fra l'altro, non prescriveva né un pagamento integrale dei creditori privilegiati né escludeva una soddisfazione in modo difforme rispetto al pagamento integrale (Ferri, I crediti privilegiati nel nuovo concordato preventivo, cit., 695 ss.; Id.

, La suddivisione dei creditori in classi, in Fall., 2006, 1031 s.;

Id.

, Classi di creditori e poteri del giudice nel giudizio di omologazione del «nuovo» concordato preventivo, in Giur. comm., 2006, II, 556 ss.). Secondo altra parte della dottrina, successivamente al correttivo del 2007, le ragioni vanno principalmente ricercate nella disciplina della transazione fiscale di cui all'

art. 182-

ter

, l. fall

., e in un'aporia tra quest'ultima disposizione e l'

art. 177, comma

2, l

. fall

. (Ambrosini, Concordato preventivo: profili generali e limiti del controllo giudiziario, in AA.VV., La riforma del diritto fallimentare, Torino 2007, 275; Id.

, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 51 ss.), secondo cui “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato”.

La nuova finalità del concordato preventivo, tesa non più alla sola liquidazione del patrimonio e all'esclusivo adempimento in denaro delle obbligazioni ma alla ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei crediti mediante qualsiasi forma, e la flessibilità del contenuto del piano concordatario non escludono la possibilità di prevedere pagamenti, sia in percentuale sia differenziati, anche per i creditori privilegiati. In questa prospettiva, può valutarsi l'

art. 161, comma 2, lett. e), l. fall

., introdotto con

d.l.

22 giugno 2012

, n. 83

, poi convertito con modificazioni nella

l.

11 agosto 2012

, n. 134

, ove è stabilito che “il debitore deve presentare un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta” (

Trib. Terni,

2 aprile 2013

). L'ampia formulazione e l'omessa precisazione dei destinatari della proposta concordataria costituisce un argomento per sostenere che il debitore può prospettare ai creditori privilegiati un trattamento difforme rispetto al pagamento integrale specificando nel piano concordatario le modalità e i tempi di adempimento anche delle loro pretese. L'unico limite è rappresentato dall'impossibilità di sovvertire l'ordine delle cause legittime di prelazione (Peracin, Concordato preventivo e cessio bonorum con classi: trattamento dei creditori privilegiati generali e inquadramento giuridico del «vantaggio differenziale», cit., 45 s.; nello stesso ordine di idee del testo App. Torino 14 ottobre 2010).

In senso contrario, coloro i quali sostengono che il principio di corrispondenza tra l'esclusione dal voto dei privilegiati e l'intangibilità dei loro diritti, enunciato dall'

art. 177, comma

2, l

. fall

. (

Trib. Roma,

29 luglio 2010

), non trova deroga né nella disciplina dell'

art.

182-

ter

, l. fall

., sulla transazione fiscale (

Trib. Roma,

4 maggio 2011

, cit., 2387), né nell'ipotesi di falcidia per incapienza dei beni di cui all'

art. 160, comma

2, l

. fall

., ove è stabilito che “la proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”. Tuttavia, siffatta impostazione, secondo l'orientamento più elastico e permissivo, depotenzierebbe il contenuto fortemente innovativo del concordato preventivo riformato.

Il trattamento dei creditori privilegiati costituisce un problema aperto e controverso. Tuttavia, non può ritenersi l'

art. 177, comma

2, l

. fall

., una disposizione idonea a precludere al debitore la facoltà di proporre un mutamento delle pretese dei privilegiati con l'eventuale riconoscimento del diritto voto. Infatti, quest'ultimo è escluso solo nel caso in cui i creditori privilegiati vengono pagati in modo esatto, per intero e immediatamente ovvero alla scadenza, con la conseguenza che possono essere ammessi al voto in tutti i casi di pagamento difforme rispetto a quello integrale (Trib. Catania 27 luglio 2007).

La proposta di pagamento dilazionato dei privilegiati

La domanda di concordato con cui il debitore in crisi sovente propone ai creditori privilegiati un pagamento ripartito nel tempo integra un'ipotesi di pagamento diverso rispetto a quello integrale. Il differimento dell'adempimento della prestazione comporta una valutazione in ordine all'opportunità di riconoscere o meno il voto ai privilegiati.

Anteriormente alla riforma fallimentare era indiscusso che sia nel caso di concordato preventivo con garanzia sia in quello con cessione dei beni il debitore dovesse assicurare il pagamento integrale dei privilegiati. Non sussistevano invece soluzioni univoche con riferimento al contenuto dilatorio della proposta. Infatti, nel concordato con garanzia si riteneva necessario il pagamento dei privilegiati immediatamente dopo l'omologazione, salvo il caso in cui il debitore avesse pattuito la dilazione nella proposta concordataria. In quello con cessione dei beni, invece, essendo la liquidazione patrimoniale una necessità non sottoponibile a vincoli temporali, doveva escludersi un diritto dei privilegiati all'immediato pagamento.

La riformata disciplina del concordato preventivo, pur non disponendo nulla all'

art.

160, l

. fall

., stabilisce ora, alla lett. e) dell'

art. 161, comma

2, l

. fall

., che il debitore deve presentare “un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”. Non può quindi escludersi a priori che un piano contenga una dilazione di pagamento anche delle pretese dei creditori privilegiati. In questo modo, si realizzerebbe compiutamente la privatizzazione della procedura consentendo al debitore margini più ampi di formulazione della proposta di concordato e di attuazione della medesima attraverso il piano.

Al riguardo, però, parte della dottrina sostiene che un trattamento di questo genere rappresenterebbe una lesione della posizione giuridica del privilegiato dilazionato non potendo quest'ultimo esprimere il voto su una proposta di modificazione dell'originario rapporto obbligatorio. L'assunto si basa sull'

art. 177, comma

2, l

. fall

., secondo cui “i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato”.

La giurisprudenza, invece, è divisa. Una parte ritiene che, sebbene sia ammissibile un trattamento di questo genere, la proposta concordataria deve prevedere la corresponsione, in favore dei privilegiati, degli interessi compensativi (Trib. Milano 30 ottobre 2005;

Trib. Catania 29 dicembre 2005

; Palermo 18 maggio 2007; Trib. Sulmona, 2 novembre 2010). Secondo un'altra opinione giurisprudenziale di merito e un'altra parte della dottrina, la proposta di modifica sotto il profilo temporale può costituire oggetto del piano concordatario, ma deve attribuire la possibilità di votare ai privilegiati.

La modificazione del rapporto obbligatorio tra debitore e creditore privilegiato, anche soltanto sotto il profilo temporale, può ritenersi ammissibile sia in forza delle precedenti considerazioni sia dell'

art. 177, comma

3, l

. fall

., secondo cui “i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'articolo 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”. Tale ultima disposizione non costituisce una condizione di ammissibilità della proposta concordataria (Penta, Obbligatorietà o facoltatività nel «classamento» dei creditori e carattere autonomo o dipendente della transazione fiscale, in Fall., 2010, 238) e l'eventualità di una soddisfazione non integrale dei creditori muniti di diritto di prelazione non può limitarsi alle ipotesi del comma 2 dell'

art. 160

e dei commi 2 e 3 dell'art.

177, l

. fall

. In questa prospettiva, la dilazione di pagamento delle pretese dei privilegiati, quale forma di soddisfazione dei medesimi, intervenendo sulle modalità e sui tempi dell'adempimento della prestazione può essere presentata dal debitore nella proposta di concordato e attuata con il relativo piano.

Pagamento e soddisfazione integrale

Il riconoscimento del diritto di voto ai creditori privilegiati appare invece più problematico. L'esame del significato della locuzione “soddisfazione non integrale” ex

art. 177, comma

3, l

. fall

., e di quello di “soddisfazione dei crediti” di cui all'

art. 160, comma 1, lett. a), l. fall

., rappresenta la premessa logica per accertare se esiste una distinzione fra “integrale pagamento” e “soddisfazione non integrale” di cui all'

art. 177, comma 2 e comma

3, l

. fall

., ovvero se le due locuzioni, pur avendo ad oggetto la medesima attività posta in essere dal debitore, indichino in realtà due profili diversi del rapporto obbligatorio.

La soddisfazione determina la realizzazione del diritto del creditore. Il pagamento attiene al profilo dell'attuazione dell'oggetto dell'obbligazione, in seno alla quale rilevano, ai fini che qui interessano, le modalità esecutive della stessa e precisamente il tempo dell'adempimento. Ne consegue che, pur riferendosi entrambi all'obbligazione e costituendo l'essenza del rapporto obbligatorio (Rescigno, voce «Obbligazioni (nozioni)», cit., 182), fra le due espressioni non vi è equazione (Nicolò, voce «Adempimento», in Enc. dir., I, Milano 1958, 555; M. Giorgianni

, voce «Pagamento (diritto civile)», in Noviss. Dig. It., XII, Torino 1965, 321). Infatti, il pagamento deve, fra l'altro, consistere nell'esatta esecuzione della prestazione dovuta che può considerarsi tale quando viene effettuata «in numerario, per intero e immediatamente» (

Trib. Roma, 4 maggio 2011

). Pertanto, la non corrispondenza fra come si intende adempiere nella proposta di concordato e come si sarebbe dovuto adempiere in forza del rapporto originario, modificando la modalità attuativa della prestazione e incidendo sulla pretesa creditoria, comporta la legittimazione al voto del privilegiato.

Il soddisfacimento integrale, invece, attenendo alla concretizzazione del diritto, ha ad oggetto un momento successivo rispetto all'esecuzione dell'obbligazione (Nicolò, voce «Adempimento», cit., 556). Infatti, non riguarda più il profilo relativo al modo in cui si dovrebbe adempiere, bensì quello della cristallizzazione del credito e, quindi, il momento conclusivo dell'esecuzione che, di regola, provoca la realizzazione del diritto e dell'interesse del creditore.

Da ciò discende che la soddisfazione non integrale del creditore, di cui agli

artt. 177, comma 3, e 160, comma

2, l

. fall

., rappresenta qualcosa di diverso rispetto al pagamento non integrale. La prima consiste in una modificazione della pretesa creditoria che, riflettendosi sull'interesse del creditore, comporta una falcidia del credito di cui l'incapienza del bene rappresenta un'esemplificazione. Il pagamento non integrale, invece, implicando un'esecuzione della prestazione difforme rispetto a quella pattuita, determina una modificazione della modalità attuativa della prestazione (C.M. Bianca

, L'obbligazione, 4, in Diritto civile, Milano 2004, 209).

Sebbene vi sia differenza tra i due momenti dell'esecuzione del rapporto obbligatorio, al punto che i due fenomeni hanno una propria autonomia, tra i medesimi sussiste comunque una relazione. Infatti, sia il pagamento non integrale sia la soddisfazione non integrale configurano un inadempimento. Tuttavia, diversa è la sfera di operatività.

Infatti, mentre la soddisfazione non integrale determina un inadempimento sulla quantità del credito là dove venga eseguito in modo parziale

ex

art. 1181 c.c.

ovvero sulla qualità dello stesso qualora venga adempiuto per mezzo di datio in solutum; il pagamento non integrale, invece, pur attenendo al profilo meramente esecutivo può incidere sulla realizzazione della pretesa creditoria come nell'ipotesi di pagamento dilazionato. Infatti, il credito viene soddisfatto integralmente, ma in un lasso temporale difforme rispetto a quello iniziale al punto da incidere sull'interesse del creditore a un pagamento effettuato alla scadenza ovvero per intero, in numerario e immediato. Ne consegue che sia nel caso di soddisfazione non integrale sia in quello di pagamento non integrale è necessario che il creditore, pur privilegiato, manifesti il proprio consenso. Pertanto, il mutamento della pretesa creditoria e la modificazione della modalità attuativa della stessa comportano un trattamento difforme rispetto a quello originario.

Non pare quindi del tutto condivisibile quell'orientamento che nega l'attribuzione del voto in caso di pagamento non integrale, come quello dilazionato. La ragione di tale opinione è stata rinvenuta nel fatto che la modificazione della prestazione, essendo solo esecutiva e non incidendo, diversamente dalla soddisfazione non integrale, sulla concretizzazione del diritto di credito, non determina un trattamento peggiorativo né tanto meno un soddisfacimento parziale.

In realtà, il disposto di cui all'

art. 177, comma

2, l

. fall

., deve essere coordinato con il successivo comma 3 e deve essere interpretato nel senso che l'integrale pagamento non comporta l'attribuzione del voto solo là dove la proposta concordataria preveda una modificazione attuativa della prestazione che non incida sul diritto e/o sull'interesse del creditore. In caso contrario, la manifestazione del consenso del creditore diviene necessaria se si intende mutare sia l'attuazione sia il contenuto del diritto.

Pertanto, l'ipotesi di pagamento dei privilegiati al cento per cento, in un arco temporale predeterminato ovvero con pagamento dilazionato, oltre interessi compensativi, pur configurando una realizzazione del diritto del creditore allo scadere della dilazione, non può comportare un'automatica esclusione del privilegiato dall'esercizio del voto nell'adunanza dei creditori (

Trib. Pescara 16 ottobre 2008

, in Giur. mer., 2009, 1, 125 e in Fall., 2009, 1212 ss., con nota di Genoviva. In dottrina MACRÌ, nota a Trib. Catania 27 luglio 2007, in Giur. comm., 2008, II, 667; Filocamo, Sub art. 177, in La

legge fallimentare. Disposizioni correttive. Commentario teorico-pratico

, 332 ss.; C. Ferri, I crediti privilegiati nel nuovo concordato preventivo, in Fall., 2006, 696; Stanghellini, L'approvazione dei creditori nel concordato preventivo: legittimazione al voto, maggioranze e voto per classi, in Fall., 2006, 1061 s.).

Diversamente opinando, il debitore sarebbe legittimato a imporre un'esecuzione della prestazione, consistente in una dilazione di pagamento idonea ad incidere sull'attualità e sull'integrità della pretesa creditoria (C.M. Bianca

, L'obbligazione, 4, cit., 209), difforme rispetto a quella originaria. Il creditore privilegiato, non essendo ammesso al voto, dovrebbe subire gli effetti di una proposta modificativa dell'esecuzione del rapporto obbligatorio lesiva del proprio interesse.

Non possono condividersi le ultime considerazioni e non può nemmeno aderirsi a quell'orientamento giurisprudenziale (Trib. Milano 30 ottobre 2005;

Trib. Palermo 18 maggio 2007

; Trib. Sulmona, 2 novembre 2010, in Fall., 2011, 616, con nota di Bottai, Crediti prelatizi dilazionati e diritto di voto nel concordato: un falso problema) che ritiene la corresponsione degli interessi compensativi un bilanciamento proporzionato al sacrificio imposto dall'attesa per l'effettiva concretizzazione del credito.

Conclusioni

In questo ordine di idee sembra significativa una pronuncia del Tribunale di Roma con cui si è condivisibilmente statuito che «il diritto al voto è liberamente esercitabile dal creditore, ma non è disponibile dal debitore, e non può pertanto venire coattivamente attribuito al creditore dal proponente». Pertanto, l'imprenditore può prospettare una soddisfazione ovvero un pagamento non integrale dei privilegiati, ma non può decidere se concedere o meno il voto agli stessi. In caso contrario, il debitore avrebbe il potere di modificare la pretesa creditoria incidendo sulla quantità ovvero sulla qualità dell'obbligazione del rapporto offrendo in corrispettivo il voto nell'adunanza dei creditori. L'attribuzione di tale diritto è disposta dalla legge nel caso di incapienza del bene e di rinuncia alla prelazione. Può però ragionevolmente riconoscersi anche in quelle ipotesi in cui i privilegiati manifestano il proprio consenso a un trattamento deteriore rispetto a quello «per intero, in numerario e immediato», anche là dove viene esclusivamente mutata la modalità di adempimento della prestazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.