Alcuni spunti per la scelta dello strumento di composizione della crisi aziendale dopo il Decreto Sviluppo

Riccardo Ranalli
04 Aprile 2013

Nell'attuale quadro normativo, come modificato dal c.d. Decreto Sviluppo, il debitore in crisi può ricorrere a strumenti di risanamento diversi tra loro per disciplina, effetti e peculiarità. La scelta dello strumento più adeguato al caso concreto riveste, pertanto, un ruolo cruciale per il buon esito dell'iter di risanamento.L'Autore analizza i criteri di scelta dello strumento, con riferimento tanto alle azioni per il superamento della crisi finanziaria, quanto alle azioni per il superamento delle cause economiche della crisi, esaminando anche gli ulteriori elementi che incidono sulla scelta.
Premessa

Le modifiche apportate alla

Legge Fallimentare

dal

D.L. 22 giugno 2012, n. 83

(c.d. “Decreto Sviluppo”), convertito con modificazioni, dalla

L. 7 agosto 2012, n. 134

, come noto e già autorevolmente commentato su questa Rivista, hanno ampliato e innovato il ventaglio di strumenti di risanamento di cui il debitore in crisi può avvalersi.

La semplificazione all'accesso alla procedura concordataria con la domanda prenotativa in bianco (il c.d. concordato in bianco), la flessibilità nella scelta differita tra concordato preventivo e accordi di ristrutturazione

ex

art. 182-

bis

l. fall

. sia nell'ambito del pre-concordato sia in quello del c.d. pre-accordo di ristrutturazione, la possibilità di ottenere, ai sensi dell'

art. 182-

quinquies

l. fall

., la prededuzione della nuova finanza anche in pendenza del giudizio di omologazione, il nuovo concordato con continuità con prosecuzione dei contratti in corso di esecuzione (anche in presenza di patti contrari o divieto normativo, cfr.

Lamanna F

.

, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il Civilista, 2012, 66

) che fa salva anche la facoltà di partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, la previsione di una moratoria ex lege per il pagamento dei creditori estranei negli accordi di ristrutturazione, la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione per perdite di cui all'

art. 182-

sexies

l. fall

., il trattamento fiscale di sopravvenienze attive e perdite derivanti da remissione dei crediti: basta una panoramica delle ultime modifiche per cogliere quanto si siano ampliati - e complicati - gli scenari possibili rispetto al passato.

Nell'attuale contesto normativo, l'adeguatezza della procedura intrapresa riveste un ruolo cruciale per il buon esito dell'iter di risanamento e la relativa scelta non deve essere operata solo in relazione alla gravità dello stato di crisi, ma - come si tenterà di illustrare nel presente intervento - all'esito di un percorso razionale:

  • di individuazione delle condizioni di superamento della crisi e

  • avuto riguardo alla situazione “di partenza” del debitore,

con la precisazione che è probabile che la legittima speranza di individuare uno strumento perfetto e privo di (potenziali) controindicazioni per il caso concreto risulti utopica: occorre, di conseguenza, tenere conto dei pro e dei contra di ciascun istituto.

Numerosi sono i profili sotto i quali operare tali verifiche: ci si propone, senza velleità di completezza, di esaminarne alcuni che appaiono tra i più rilevanti.

La scelta dello strumento avendo riguardo alle azioni per il superamento della crisi finanziaria

Ricorrendo al linguaggio medico, la scelta dello strumento di composizione della crisi passa necessariamente per l' “anamnesi” dell'impresa, la “diagnosi” della crisi e delle relative cause e la conseguente individuazione della “terapia” o delle “terapie” di risanamento.

Come in medicina, infatti, la “patologia” che affligge l'impresa può dipendere da una molteplicità di cause e concause: fattori di natura finanziaria (sovraindebitamento; sbilanciamento delle posizioni debitorie di breve termine rispetto a quelle sul medio/lungo periodo; etc.) possono accompagnarsi a - e/o derivare da - fattori di natura industriale (capacità produttiva divenuta eccedente a seguito del calo dei volumi; livello di marginalità inadeguato; carenze organizzative e di pianificazione della produzione; inefficienze industriali e commerciali; errato posizionamento sul mercato; etc.) o reputazionale (crisi del marchio; figure apicali inadeguate; appartenenza ad un gruppo in crisi; etc.) con conseguenze sul merito creditizio, il cui deterioramento conduce alla conclamazione dello stato di crisi; rilevano, non da ultimo, la tipologia del business e le dinamiche in cui l'impresa opera.

Dovrà, quindi, essere individuata la “terapia” adatta ad un quadro multifattoriale con il corretto “dosaggio” degli interventi esperibili e funzionali all'obiettivo ultimo di risanamento: la scelta dello strumento non può essere casuale, ma deve essere ponderata alla luce degli elementi caratterizzanti la specifica realtà.

La riduzione dell'indebitamento: lo stralcio

In caso di indebitamento insostenibile, la riduzione dello stesso diviene un prerequisito per la fattibilità del piano. Il riequilibrio finanziario, quando non possa essere raggiunto attraverso la dismissione in tempi brevi di beni no core o di un'operazione di “debt for equity swap”, in una delle sue diverse configurazioni, necessita dello stralcio di parte del debito. Tale obiettivo può essere raggiunto, in via particolare, attraverso accordi (bilaterali o multilaterali) con taluni creditori, di norma bancari, o, in via generale, attraverso un concordato preventivo anche per classi. La scelta dello strumento giuridico può essere quindi risolvente in relazione all'entità dello stralcio occorrente e al frazionamento del debito, segnatamente di quello bancario.

Nella scelta dello strumento, si deve, pertanto, tenere conto del grado di concentrazione delle posizioni debitorie da assoggettare a stralcio.

Su un estremo

, la concentrazione del debito in pochi soggetti (tipicamente, il ceto bancario) avvantaggia il ricorso alla negoziazione di un accordo di c.d. write-off da assoggettarsi alla procedura di omologazione ai sensi dell'

art. 182-

bis

l. fall

. ovvero accompagnato da un piano attestato ai sensi dell'

art. 67, co

mma

3, lett. d), l. fall

.. Tuttavia, sotto il profilo fiscale, se nell'ambito della procedura concordataria la riduzione del debito sarebbe interamente detassata ai sensi dell'

art. 84, co

mma

4, 1° periodo, D.P.R. 917/1986

(

TUIR

), nel caso degli accordi di ristrutturazione e dei piani attestati (questi ultimi purché sottoposti a volontaria pubblicazione) il regime della non imponibilità sarebbe limitato alla sola parte eccedente rispetto alle perdite fiscali, pregresse e di periodo, di cui all'

art. 84 TUIR

. Ne deriva che, in presenza di perdite fiscali di esercizio o pregresse (oggi riportabili a nuovo a tempo indeterminato) e di concomitante esdebitazione, nel confronto tra i diversi strumenti di risanamento il concordato preventivo con continuità diretta (che consente la piena e incondizionata fruibilità delle perdite fiscali) appare vincente (anche rispetto a quello con continuità indiretta, che pregiudica in parte o in toto la fruibilità delle perdite fiscali pregresse).

Sull'estremo opposto

, la frammentazione del debito su una moltitudine di controparti rende di fatto impercorribile la definizione extra-concorsuale dello stralcio (propria degli accordi omologati e di quelli sottostanti al piano

ex

art.

67 l

. fall

.) e avvantaggia il ricorso allo strumento del concordato con continuità

ex art. 186-

bis

l. fall

. con eventuale classamento, atteso, peraltro, che l'ottenimento del consenso del ceto creditorio sulla proposta concordataria è ora semplificato per effetto dell'introduzione del meccanismo di voto per silenzio-assenso.

Ad analoghe conclusioni si potrebbe, poi, pervenire nel caso in cui il debito sia concentrato nel ceto bancario, ma con elevata frammentazione al suo interno: anche in un caso simile, se la prima soluzione (di negoziazione extra-concorsuale dello stralcio) non risultasse praticabile o richiedesse un eccessivo differimento nella tempistica, non resterebbe che ricorrere alla via del concordato con continuità, eventualmente associata all' “automatic stay” di cui all'

art. 161, comma

6, l

. fall

.

Segue: la variabile fiscale

In ogni ipotesi di stralcio la variabile fiscale, costituita dal regime di tassazione della sopravvenienza attiva da stralcio e dal riporto a nuovo delle perdite fiscali pregresse, assume un'importanza estrema. Il quadro normativo è stato profondamente inciso dal D.L. Sviluppo, che ha esteso il regime agevolativo della non imponibilità dello stralcio anche agli accordi di ristrutturazione omologati e ai piani

ex art. 67

l. fall

. se pubblicati presso il registro delle imprese. Peraltro, a differenza del concordato preventivo, l'estensione dell'agevolazione è stata solo parziale ed è limitata alla “parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'

art.

84

TUIR

.

Nella scelta dello strumento si deve pertanto tenere conto dell'entità, in termini assoluti e in relazione all'ammontare dello stralcio, delle perdite fiscali di periodo e pregresse (che oggi, in seguito alle modifiche portate dal

D.L. 98/2011

, sono riportabili a nuovo a tempo indeterminato). Possono verificarsi, in via di larga massima, fattispecie diverse:

Invero, occorre osservare che la norma sulle riportabilità delle perdite pregresse ne consente la compensazione nei limiti dell'80% del reddito imponibile. Ci si domanda pertanto se, ai fini dell'agevolazione in questione, il limite oltre il quale operi il regime di esenzione sia quello del 100% delle perdite utilizzabili o invece quello, inferiore e pari all'80%, delle perdite concretamente utilizzabili.

Con la prima interpretazione emergerebbe una base imponibile pari al 20% dello stralcio con un evidente svantaggio, sotto questo profilo, di tutti gli strumenti diversi dal concordato preventivo. Con la seconda interpretazione, pur restando, per le considerazioni anzi esposte, il vantaggio del concordato preventivo, il piano pubblicato e l'accordo di ristrutturazione eviterebbero l'esborso di imposta, che si verificherebbe nel piano non pubblicato, che può arrivare sino al 20% dello stralcio.

La riduzione dell'indebitamento: debt for equity swap

In caso di insostenibilità del debito, come anticipato, ben può essere adottata l'azione dello swap tra debiti ed equity (ipotesi, questa, maggiormente “appetibile” per il ceto creditorio nel caso in cui debitore sia una società quotata, attesa la negoziabilitá dei titoli sul mercato finanziario) che contribuirebbe anche al superamento dell'eventuale inadeguatezza patrimoniale. Si tratta di azione per la quale non vi sono circostanze che indirizzino obbligatoriamente la scelta tra uno dei diversi strumenti di componimento della crisi, potendo in astratto essere gestita all'interno di ciascuno di essi.

Nel caso in cui, tuttavia, la funzione della conversione sia anche, o principalmente, quella di superare una situazione rilevante ai sensi dell'

art. 2447 c.c.

, si renderebbe preferibile il ricorso a una procedura che azioni la deroga prevista dall'

art. 182-

sexies

l. fall

. e precisamente il concordato preventivo con continuità o l'accordo di ristrutturazione di cui all'

art. 182-

bis

l. fall

., salve, ovviamente, le considerazioni già svolte sulla frammentazione del ceto creditorio.

L'adesione degli istituti bancari alla manovra dipenderà da una valutazione di convenienza, in termini economici, delle soluzioni proposte rispetto alle soluzioni liquidatorie. La centralità del parametro della convenienza emerge anche nelle disposizioni di vigilanza, laddove, con specifico riferimento alla conversione di crediti in azioni, si precisa che (cfr. Banca d'Italia, Istruzioni di Vigilanza, Titolo IV, capitolo 4, sezione IV, paragrafo 2 - Partecipazioni in imprese in temporanea difficoltà finanziaria): «l'acquisizione di partecipazioni in imprese in temporanea difficoltà finanziaria, mediante conversione dei crediti e al fine di consentirne il riequilibrio, deve essere valutata con estrema cautela per la complessità e l'elevato grado di incertezza che caratterizzano tali operazioni. In particolare deve essere attentamente verificata la sussistenza di una convenienza economica di tali operazioni».

L'indifferenza tra i diversi strumenti viene meno però, almeno in parte, se si considerano i profili contabili e le connesse implicazioni fiscali:

  • per le imprese non IAS (cfr. Principio Contabile OIC 6, § 6.2.3), l'operazione è fiscalmente neutrale in quanto il debitore non rileva alcun utile o perdita dalla ristrutturazione;

  • per le imprese IAS adopter (cfr. Principio Contabile Internazionale IFRIC 19), l'eventuale differenza tra il valore nominale della passività convertite e il fair value degli strumenti finanziari ricevuti in conversione deve essere rilevata tra le sopravvenienze attive di conto economico del debitore. La rilevanza fiscale, o meno, di tale componente non è pacifica e l'Amministrazione non ha fornito specifici chiarimenti, tuttavia sia Assonime (Guida all'Applicazione dell'IRES e dell'IRAP per le imprese IAS adopter, documento 1, maggio 2011, 81, nt. 117) sia il Consorzio studi e ricerche fiscali del gruppo Intesa Sanpaolo (nella già citata Circolare Informativa n. 4/2012) propendono per la tesi della non imponibilità ai sensi dell'

    art. 88, comma

    4, del TUIR

    .

Sul fronte del creditore - per il quale pure la variabile fiscale può costituire un elemento di valutazione ai fini dell'adesione alla proposta del debitore - il novellato

art. 101, comma

5, TUIR

, che ha esteso agli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis (e non già ai piani attestati ai sensi dell'

art. 67 l. fall

.), la deducibilità delle perdite su crediti per il caso di debitore assoggettato a procedure concorsuali, prevede che il momento a partire dal quale il debitore che abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti si considera assoggettato a procedura concorsuale”, e quindi la perdita subita assuma rilevanza fiscale, corrisponda alla “data del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione”, mentre, per il caso di debitore che abbia scelto l'istituto del concordato preventivo, tale momento si realizza alla data del “decreto di ammissione alla procedura.

Il consolidamento dell'esposizione debitoria a breve termine

Nel caso in cui lo squilibrio finanziario del debitore non dipenda dalla insostenibilità del debito, ma unicamente dallo sbilanciamento delle fonti di finanziamento di breve termine rispetto a quelle di medio/lungo periodo, occorre tentare di concordare il consolidamento di tutta o parte l'esposizione a breve termine in una forma di finanziamento a medio/lungo. Si consideri, ad esempio, il caso di una società, il cui attivo è composto, per la più parte, da investimenti con ritorno atteso a medio/lungo termine, ma interamente finanziati con fonti a breve termine. In un siffatto caso, è necessario riequilibrare la struttura delle fonti di finanziamento attraverso il loro consolidamento sul medio/lungo termine, perseguendo l'obiettivo di equilibrare la durata delle stesse con quella degli investimenti.

A tal fine, non ricorrendo l'esigenza di incentivare il sistema bancario, attraverso il beneficio della prededuzione, ad accordare nuove linee di credito, potrebbe essere sufficiente il ricorso ad un piano di risanamento

ex art. 67 l. fall

., che ben si potrebbe accompagnare ad un accordo con taluni creditori non assoggettato alla procedura di omologazione ai sensi dell'

art. 182-

bis

l.fall

.

Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui occorra il riscadenziamento di fonti di finanziamento di medio/lungo termine, nel caso in cui esse non siano coerenti con il timing dei flussi generati dalla gestione.

La realizzazione di operazioni in discontinuità di dismissione di rami di azienda

Laddove la fattibilità del piano dipenda dalla dismissione di rami di azienda, le direttrici che possono guidare la scelta sono il timing dell'operazione ed il relativo impatto fiscale.

Quanto ai profili temporali, il ricorso al concordato preventivo subordinerebbe l'attuazione della dismissione all'omologazione della procedura. Di norma gli effetti di tale differimento temporale vengono mitigati tramite la temporanea concessione in affitto del ramo di azienda destino ad essere dismesso, “espediente” che, tuttavia, potrebbe risultare inapplicabile in presenza di contratti pubblici. Ai sensi dell'

art. 186-

bis

, comma

3, l. fall

., infatti, la continuazione degli stessi nell'ambito della procedura concordataria è resa possibile solo nei casi di continuità diretta, di conferimento o di cessione dell'azienda e non anche, stando al tenore letterale della norma, nel caso di affitto della stessa.

Sotto il profilo fiscale, e nel più ampio ambito delle operazioni di dismissioni di immobilizzazioni, permane la preferibilità fiscale del concordato preventivo a cui è accordata l'integrale esclusione da imposizione diretta delle plusvalenze da cessione dei beni

ex art. 86, comma

5, del TUIR

, agevolazione quest'ultima che il D.L. Sviluppo ha lasciato fuori dall'intervento correttivo per gli accordi omologati e i piani attestati con una disparità di trattamento che, se non pare giustificabile a fronte della sostanziale identità funzionale tra gli istituti, trova una ratio nell'assenza di un controllo giudiziale sulla effettiva destinazione del provento da dismissione in conformità al piano.

La scelta dello strumento avendo riguardo alle azioni per il superamento delle cause economiche della crisi: Ridimensionamento dell'impresa

Le cause della crisi possono dipendere da una capacità produttiva divenuta eccedente a seguito del calo della domanda. In tal caso occorre attivare azioni volte, da una parte, al raggiungimento di una maggiore flessibilità della struttura dei costi e, sotto altro profilo, ad una crescita, anche per linee esterne o tramite aggregazioni, dei volumi venduti.

L'efficacia di tali azioni dipende anche dallo strumento di composizione della crisi adottato.

Il che vale per i piani sociali, volti al ridimensionamento della forza lavoro, ma anche per le operazioni di crescita per linee esterne il cui perseguimento è reso più complesso dall'iter della procedura concordataria, mentre, per contro, la possibilità dello scioglimento dai contratti in corso di esecuzione, di cui più oltre, prevista dall'art. 169-bis per i concordati preventivi, costituisce una opportunità talvolta determinante nei processi di ridimensionamento dell'impresa.

(Segue) Lo scioglimento dai contratti in corso di esecuzione

Se, al momento di avvio della procedura di risanamento, pendono contratti rilevanti antieconomici (in quanto caratterizzati da una redditività marginale negativa) o non vantaggiosi (in quanto di ostacolo all'impiego della capacità produttiva esistente a condizioni più favorevoli) o ancora forieri di rischi eccessivi (potendo compromettere la fattibilità del piano e la sua attestazione quanto meno in un ottica di prove di resistenza), a differenza degli altri istituti, il concordato preventivo prevede oggi la possibilità, con l'

art. 169-

bis

l.fall

., di sciogliersi dagli stessi o di sospenderli su autorizzazione del Tribunale, in deroga alla regola generale di automatica prosecuzione con il conseguente obbligo, in capo al debitore, di adempiere alle obbligazioni derivanti dagli stessi. Sotto questo profilo, la procedura concordataria reca un vantaggio rispetto ai piani di risanamento attestati

ex art. 67 l. fall

. e agli accordi di ristrutturazione del debito

ex art. 182-

bis

l. fall

..

Lo scioglimento dai contratti in essere, deve, tuttavia, essere attentamente valutato in considerazione (i) del relativo costo opportunità (da individuarsi, nell'esempio dei contratti di fornitura, nella possibilità di individuare una controparte alternativa sul mercato) e (ii) del diritto indennitario che l'

art. 169-

bis

l. fall

. stabilisce a favore della controparte da quantificarsi secondo criteri generali di risarcimento del danno (

Lamanna F.

, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit.

).

Quanto all'applicabilità della norma in ipotesi di pre-concordato, anteriormente al deposito della proposta e del piano sottostante, si registrano, in giurisprudenza, orientamenti contrastanti:

  • in base alla tesi allo stato prevalente, il debitore può essere autorizzato a sospendere l'esecuzione di contratti in corso, ma non a sciogliersi dagli stessi e questo per ragioni testuali (in mancanza di un richiamo espresso al sesto comma dell'

    art. 161 l. fall

    .) e sistematiche (per l'incidenza dello scioglimento sullo statuto dell'altro contraente, giustificabile solo se funzionale rispetto ad una effettiva proposta concordataria, e per la natura dell'istituto del concordato con riserva, suscettibile di evolvere anche in un accordo di ristrutturazione

    ex art. 182-

    bis

    l. fall

    ., alla cui disciplina normativa è estraneo l'art. 169-bis in commento, cfr.

    Trib. Milano 18 ottobre 2012

    ;

    Trib. Milano 4 dicembre 2012

    ;

    Trib. Pistoia 30 ottobre 2012

    ;

    Trib. La Spezia, decr. 25 ottobre 2012

    )

  • in senso contrario, si registra una singolare pronuncia, con la quale è stato sostenuto che l'autorizzazione giudiziale per lo scioglimento dai contratti in corso (nel caso di specie, un contratto di affitto di ramo d'azienda) costituisce una mera presa d'atto di un diritto potestativo del debitore che sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell'ambito di un proprio disegno imprenditoriale, che, peraltro, nel caso del pre-concordato, non è obbligatorio comunicare al Tribunale chiamato ad attendere il deposito del piano (

    Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, decr., commentato da

    R. Amatore

    , Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, in ilFallimentarista.it

    ).

(Segue) Le operazioni straordinarie previste

Un ulteriore momento rilevante per la scelta dello strumento è costituito dalle operazioni che si prevede che l'impresa sia chiamata a porre in essere in pendenza della procedura di composizione della crisi.

In caso di ricorso agli istituti di cui agli

artt. 67

e

182-

bis

l. fall

., il debitore rimane in possesso dell'azienda nel corso di tutta la procedura, mentre, nel caso di concordato preventivo, ciò si verifica in misura più attenuata.

A tal riguardo, occorre in primo luogo considerare che nel periodo che va dal deposito del ricorso per concordato preventivo, anche ai sensi dell'

art. 161, comma 6, l. fall

. all'ammissione alla procedura, il debitore può porre in essere, con l'autorizzazione del tribunale, gli atti di straordinaria amministrazione solo se caratterizzati da urgenza (Lamanna F.

, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del tribunale, in ilFallimentarista.it).

Ebbene, le cause industriali della crisi possono risiedere, e frequentemente risiedono, in un livello di marginalità inadeguato (ad esempio, in situazione di obsolescenza del prodotto e/o degli impianti), che richiede un miglioramento dei livelli di efficienza tramite l'ammodernamento degli impianti ovvero la ridefinizione delle strategie aziendali, o in carenze organizzative e di pianificazione della produzione che richiedono interventi sull'assetto organizzativo, o nella rigidità dei costi di struttura che impone la ricerca di forme di flessibilità degli stessi. Si tratta di azioni di intervento non necessariamente caratterizzate dall'urgenza, ma che espongono comunque ad un aumento del fabbisogno finanziario e, dunque, ad un astratto aggravamento dell'indebitamento complessivo. Tale ultimo elemento, in assenza di un piano compiutamente declinato, rischia di rendere incerto l'esito del percorso autorizzativo.

Anche successivamente all'ammissione alla procedura, la gestione dell'impresa resta comunque soggetta a rigidità e a controlli giudiziari che, nei comparti più dinamici e maggiormente esposti alla concorrenza, potrebbero costituire un ostacolo ove, tenuto conto del contesto competitivo di riferimento, si renda necessaria una rapida ed efficace risposta al mercato (mediante, ad esempio, acquisizioni o accordi commerciali e di partnership). In altri termini - nei casi in cui impedimenti ad una rapida risposta al mercato possano compromettere le prospettive di risanamento - la procedura del concordato preventivo con continuità “diretta” non appare uno strumento efficacemente adottabile.

In ogni caso, occorre essere consapevoli che la presenza di un controllo giudiziario può comportare un rallentamento nell'assunzione di decisioni strategiche, arrivando addirittura a precluderne, in talune situazioni, l'adozione. Si pensi, ad esempio, al caso di un investimento significativo non previsto a piano: è assai improbabile che, ancorché industrialmente opportuno, esso venga autorizzato in tempi brevi e in assenza di approfonditi vagli.

Ulteriori elementi che incidono sulla scelta dello strumento, riconducibili alle peculiarità dell'impresa e del business. Presenza di un gruppo

In ragione dell'attività svolta, può essere auspicabile una gestione in via riservata della crisi. La sola sua notizia, infatti, potrebbe pregiudicare, da una parte, la capacità di approvvigionamento dell'impresa (in particolare in presenza di fornitori strategici che godono di una posizione dominante nei confronti del debitore, anche alla luce delle considerazioni anzi svolte) e, dalla parte opposta, la propensione della clientela a contrarre con l'impresa (in particolare, nel caso di imprese operanti su commessa con tempi di realizzazione medio/lunghi).

In un simile contesto, lo strumento meno indicato pare essere quello del concordato preventivo conservativo, a causa dei tempi della procedura (peraltro, sottoposta all'alea dell'approvazione da parte della maggioranza dei creditori e all'esito del giudizio di omologa da parte del tribunale).

Altresì penalizzante, sotto questo profilo, risulterebbe un accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l. fall

. preceduto dal c.d. “preaccordo”, tenuto conto dei relativi obblighi pubblicitari. Infatti, la norma dispone che “l'istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l'effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione”. Con il che viene data notizia pubblica dello stato di crisi e dell'incertezza nel raggiungimento di un accordo e della sua omologa da parte del tribunale, inducendo a particolare cautela le controparti tutte dell'impresa.

Sotto il profilo della riservatezza, a parità di altre condizioni, la soluzione ottimale risulterebbe quindi essere il ricorso ad un piano di risanamento

ex art. 67, comma

3, lett. d), l. fall

., potenzialmente “al riparo” da qualsiasi forma pubblicitaria in sede di predisposizione.

Tuttavia, s'impone un'avvertenza: la scelta dello strumento giuridico dovrebbe essere sempre oggetto di una valutazione comparativa tra la tutela delle esigenze di riservatezza necessarie nel caso di specie e la tempestività dell'effetto protettivo da azioni cautelari o esecutive (ad esempio, in caso di ricorso al “preaccordo” ex art. 182-bis, comma 6, o al preconcordato di cui all'

art. 161, comma

6, l. fall

., che - sia pur palesando entrambi uno stato di crisi irrisolto - sono in grado di fornire l'inibizione delle azioni cautelari pressoché immediata).

(Segue) Fabbisogno finanziario a breve termine

La scelta dell'istituto di gestione della crisi, ove l'impresa appartenga a un gruppo, necessita di ulteriori considerazioni anche in ragione della ubicazione geografica delle società che ne fanno parte, posto che il Legislatore non ha, allo stato, ritenuto di approntare, con riferimento agli strumenti di composizione della crisi previsti dalla

Legge Fallimentare

, disposizioni specifiche in materia di gruppi di società.

Come sottolineato dalle Linee Guida per il finanziamento delle imprese in crisi, rilasciate dall'Università degli Studi di Firenze, dal CNDCEC e da Assonime, è da ritenersi “assai improbabile che la crisi non coinvolga altre imprese del gruppo”, con la precisazione che in tal caso “è evidente che la strategia di risanamento deve coinvolgere l'intero gruppo. L'autonomia giuridica di ciascuna società, con la conseguente necessità di tenere distinti i relativi patrimoni, impone tuttavia che ciascuna società predisponga il proprio strumento di risanamento …. Ne consegue che: (a) ogni società può adottare lo strumento che per essa è più adatto, e dunque nulla osta a che società del medesimo gruppo adottino strumenti diversi, e persino a che un piano di ristrutturazione complessiva a livello di gruppo contempli, per alcune società, strumenti di composizione stragiudiziale, e per altre l'accesso a procedure concorsuali di concordato preventivo o di fallimento (o amministrazione straordinaria); (b) per le società che adottino strumenti stragiudiziali, la ragionevolezza del piano di risanamento attestato e l'idoneità dell'accordo di ristrutturazione al pagamento dei creditori estranei devono sussistere in relazione alla specifica situazione di ciascuna, tenendo ovviamente conto dell'influenza della sorte delle altre società del gruppo; (c) non sembra che vi siano, tuttavia, ragioni ostative alla redazione di un unico documento fisico che comprenda il piano di risanamento o l'accordo di ristrutturazione di tutte le società che abbiano scelto di ricorrere a questi strumenti; (d) non sembrano infine esservi ragioni contrarie a che il professionista formuli un giudizio che, pur dovendo valutare la situazione di ciascuna società, abbia una motivazione incentrata principalmente sulla ristrutturazione della capogruppo”.

Ciò posto, un profilo di criticità potrebbe emergere laddove le società del gruppo interessate dal processo di risanamento abbiano sede in circoscrizioni diverse e, pertanto, le singole procedure delle società appartenenti all'unico gruppo vengano valutate, con possibili disomogeneità, dai diversi fori competenti. Sul punto, giova sottolineare che, ai fini dell'individuazione del foro competente, l'

art. 161, comma 1, l. fall

. dispone l'irrilevanza degli spostamenti delle sedi sociali avvenuti nell'ultimo anno dalla presentazione della domanda di concordato, mentre in tema di accordi di ristrutturazione, le citate Linee Guida hanno precisato che è opinione prevalente che sia competente all'omologazione il tribunale presso cui l'impresa ha la propria sede al tempo del procedimento, non essendo applicabile la norma dell'

art. 9 comma 2 l. fall

., che rende privo di effetto il trasferimento della sede avvenuto nell'anno anteriore all'iniziativa fallimentare o alla presentazione della domanda di concordato preventivo. Ciò da un lato consente la concentrazione delle sedi delle società nel circondario di un unico tribunale, dall'altro lato, tuttavia, non consente la riunione dei procedimenti di omologazione con gli eventuali procedimenti prefallimentari avviati nei confronti di singole società del gruppo la cui sede è stata trasferita da meno di un anno”.

Occorre poi precisare che, ai sensi dell'

art. 9 l. fall

., la competenza è stabilita in base al luogo in cui il debitore ha la propria sede principale, che ben potrebbe distinguersi dalla sede legale. Elementi che concorrono ad individuare la sede principale di competenza sono, a titolo esemplificativo: la collocazione della maggior parte dei dirigenti apicali, delle funzioni direttive e dei dipendenti del debitore; la tenuta della contabilità sociale e la conservazione dei libri e delle scritture contabili; la funzione di sede di riferimento per i rapporti con il pubblico (clienti e fornitori); la collocazione dei principali istituti finanziari con cui il debitore intrattiene rapporti. Peraltro, anche nel caso in cui i ricorsi delle diverse società del Gruppo potessero essere presentati avanti al medesimo foro, nulla esclude, trattandosi di autonome procedure, la nomina di giudici diversi.

In un simile contesto e a parità di altre condizioni, il piano di risanamento

ex

art. 67, comma 3, lett. d) l. fall

., in quanto non soggetto al vaglio giudiziario, non presenterebbe criticità.

(Segue) Esigenza del sostegno finanziario di fornitori strategici

Un elemento di estrema rilevanza ai fini della scelta è rappresentato dal fabbisogno finanziario nel breve termine e dalla sua copertura. In caso di concordato preventivo, di pre-concordato, di preaccordo o di accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis, il fabbisogno finanziario sino all'omologa può necessitare di sostegno finanziario costituito dai c.d. finanziamenti interinali soggetti al regime dell'art. 182-quinquies.

L'entità del fabbisogno non soddisfatto dipende anche dalla sorte degli affidamenti bancari concessi non ancora utilizzati. In particolare, ci si deve domandare se l'utilizzo di tali linee costituisca un atto di ordinaria amministrazione, ovvero un atto di straordinaria amministrazione che necessita di autorizzazione del tribunale, o se il tribunale possa ritenere tale autorizzazione soggetta al particolare regime di cui all'art. 182-qunquies, con il che, in pendenza di un pre-concordato, e quindi in assenza di un'attestazione generale di fattibilità, il rilascio della attestazione integrativa imporrà la disamina del piano, che comunque dovrà comunque essere rassegnato all'attestatore in tempo utile e dovrà recare un grado di dettaglio sufficiente. Occorre peraltro osservare che possono sussistere situazioni particolari nelle quali la nuova finanza non è tanto destinata in via generica alla prosecuzione dell'attività quanto specificamente ad evitare violazioni contrattuali dalle quali deriverebbe nocumento alla massa dei creditori. Si pensi al caso della nuova finanza destinata al mero completamento di un appalto nel periodo interinale dal cui ritardo o interruzione deriverebbero penali contrattuali, risarcimenti del danno alla stazione appaltante e financo la impossibilità di riscuotere i crediti derivanti dagli stati avanzamento lavori liquidati, e ciò a prescindere dalla continuità aziendale. In tali situazione, l'attestatore, per esprimere il proprio giudizio circa la miglior soddisfazione dei creditori, più che riferirsi al piano nella sua interezza, una volta verificato il fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, potrà limitarsi a valutazioni comparative delle conseguenze derivanti dalla prosecuzione degli appalti e dalla loro interruzione.

Il sistema bancario, in considerazione della limitazione del riconoscimento della prededuzione ai soli crediti derivanti da atti legalmente compiuti prima dell'ammissione ex art. 163, tende ad assumere un atteggiamento estremamente cauto, ad esempio sospendendo o revocando gli affidamenti (pur con perplessità sulla legittimità di tale comportamento in considerazione della continuazione ex lege dei contratti corso) fino all'acquisizione della documentazione sufficiente per la valutazione di merito, ovvero subordinando il mantenimento degli affidamenti alla richiesta, in via quanto meno cautelativa, di autorizzazione del Tribunale

ex art. 1

61, comma

7, l. fall

. e ciò sul presupposto che l'utilizzo degli stessi è comunque idoneo ad incidere sulla consistenza del patrimonio del debitore e, così, sulla capacità di soddisfacimento dei creditori. A dimostrazione della delicatezza del tema basti osservare che sino ad ora i tribunali si sono pronunciati sia ritenendo l'atto di ordinaria amministrazione (

Trib. Milano 6 dicembre 2012

; Trib. Modena 5 ottobre 2012) sia ritenendolo di straordinaria amministrazione (

Trib. Piacenza 30 ottobre 2012

).

Diverso è invece il caso dell'utilizzo delle linee di credito autoliquidanti nei limiti degli utilizzi già in essere al momento della pubblicazione sul registro imprese della domanda prenotativa.

Altro elemento di estrema rilevanza al fine di valutare, in relazione ai singoli strumenti, la concreta possibilità di fronteggiare il fabbisogno finanziario a breve termine, è costituito dalla regolarità contributiva risultante dai DURC in presenza di appalti pubblici. In pendenza di preconcordato o di concordato preventivo, il divieto ad eseguire il pagamento dei creditori pregressi comporta una irregolarità contributiva che impedisce al committenti di eseguire pagamenti a favore dell'impresa sottraendo così risorse per fronteggiare i fabbisogni finanziari interinali. In risposta ad un recente interpello (n. 41/2012), il Ministero del Lavoro ha precisato che la regolarità contributiva nei concordati con continuità si intende ripristinata solo con l'omologa del concordato preventivo sulla base di un piano che prevede l'integrale soddisfazione delle situazioni debitorie previdenziali ed assistenziali, non ostando comunque al rilascio la sospensione dei pagamenti dipendente dalla moratoria ex lege.

(Segue) Profili reputazionali e impatto sul mercato della notizia di un risanamento in corso

Non deve essere trascurata la struttura del modello produttivo al punto che, in tutte le realtà che dipendano da fornitori strategici, occorre domandarsi se il differimento del loro pagamento possa pregiudicarne lo stato di salute finanziaria con conseguenze letali sulla loro continuità aziendale.

E' ben vero che l'art. 182-quinquies prevede espressamente l'autorizzazione ad eseguire il pagamento dei creditori pregressi anche in pendenza del preconcordato, ma è altrettanto vero che - secondo l'indirizzo del tribunale di Milano che verrà probabilmente recepito da altri fori - tale autorizzazione, anche in presenza di un piano articolato e quasi definitivo comunque indispensabile all'attestatore per esprimere il giudizio di funzionalità ad assicurare il miglior soddisfacimento dei credito richiesto dalla norma, non potrà essere concessa sino a quando non verranno presentate le proposte che consentano di configurare un concordato con continuità aziendale (Lamanna F.,

La problematica relazione, cit.); di talché, o il sostegno finanziario della filiera dei fornitori strategici viene assicurato dal pagamento a pronta cassa delle nuove forniture rese dal momento della pubblicazione del domanda prenotativa del concordato, o allo strumento di protezione proprio dell'art. 161, comma 6, deve essere preferito quello del preaccordo di cui all'

art. 182-

bis,

comma

6, l. fall

.

A tal riguardo è stato, infatti, osservato (Lamanna F.

, Il c.d. decreto Sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilFallimentarista.it) che l'estensione all'art. 182-bis prevista dall'ultimo comma dell'art. 182-quinquies sembrerebbe superflua, non trattandosi di procedura concorsuale e non essendo vietata l'esecuzione di atti dovuti quali i pagamenti dei crediti scaduti, divieto posto nell'ottica della par condicio creditorum. È stato, peraltro, osservato come la protezione del patrimonio del debitore collegata al deposito del preaccordo o alla pubblicazione dell'accordo comporti implicitamente, anche negli accordi di ristrutturazione, il divieto di pagamento dei creditori pregressi “perché sarebbe incongruo che ciò che il creditore non può ottenere in via di esecuzione forzata, possa conseguire in virtù di spontaneo adempimento” (Nardecchia G. B., Commento art. 182-quinquies, in Codice Commentato del Fallimento diretto da G. LO CASCIO, Milano, 2013, 2235).

(Segue) Rilevanza delle posizioni debitorie nei confronti dell'erario

La scelta dello strumento di composizione della crisi può essere operata anche in funzione della natura e delle dimensioni del debito tributario. Infatti, a fronte di una posizione debitoria rilevante nei confronti dell'Erario, i percorsi ai quali si può accedere sono essenzialmente i seguenti:

a) la rateazione del debito fiscale in un massimo di 20 rate trimestrali, a seguito di controllo formale, la dilazione dei debiti contributivi e la rateazione degli importi iscritti a ruolo e affidati all'Agente della Riscossione ai sensi dell'art. 19 D.P.R. 602/1973 in un massimo di 72 rate mensili;

b) la transazione fiscale, che può avere ad oggetto il differimento del pagamento o anche lo stralcio, quest'ultimo solo per i tributi diversi dall'IVA, dagli altri tributi comunitari e dalle ritenute fiscali operate e non versate. Quello della transazione fiscale è peraltro uno strumento che può essere attivato unicamente nell'ambito di un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis o di un concordato preventivo;

c) la falcidia del debito, diverso da IVA, dagli altri tributi comunitari e dalle ritenute fiscali operate e non versate (in tal senso Cass. 4 novembre 2011, n. 22931) in un'operazione di concordato preventivo anche in presenza della mancata adesione ad una proposta di transazione fiscale.

Con particolare riferimento al concordato, il ricorso o meno alla transazione fiscale comporta conseguenze non irrilevanti delle quali gli operatori devono tenere conto:

in presenza di transazione fiscale - che consentirebbe il consolidamento del debito tributario e la definizione delle controversie pendenti senza possibilità di contestare l'ammontare del petitum - se non è comunque possibile un trattamento deteriore dei crediti privilegiati dell'erario e degli enti previdenziali rispetto a creditori prelatizi inferiori di grado, la transazione potrebbe prevedere un termine di pagamento più ampio rispetto a quello di moratoria introdotto dal comma 2 dell'art. 186-bis l. fall. ed escluderebbe il rischio di opposizione degli Enti “transati” alla proposta concordataria.

In assenza di transazione fiscale, deve essere riconosciuto un trattamento non inferiore a quanto dagli stessi ritraibile dalla cessione dei beni oggetto di prelazione e l'impresa resta esposta alle eventuali maggiori imposte e contributi derivanti da accertamenti, ma con possibilità di contestare le pretese tributarie (esponendo tra le passività una congrua riserva).

(Segue) La carenza di flussi informativi adeguati ad assicurare un monitoraggio in continuo dell'andamento aziendale

Nel concordato con continuità il Tribunale deve provvedere a revocare l'ammissione alla procedura ai sensi dell'

art. 173

l. fall

. quando la prosecuzione dell'attività risulti manifestamente dannosa per i creditori. L'esercizio di poteri di controllo, in tal senso, da parte del tribunale volti ad intercettare eventuali danni gravi ed evidenti per i creditori presuppone l'esistenza di flussi informativi in grado di rilevare in continuo l'andamento della gestione rispetto a quanto prognosticato e alle prove di resistenza (stress test della analisi di sensitività) condotte dall'attestatore.

Laddove l'assetto organizzativo dell'impresa non consenta tale monitoraggio in continuo, il ricorso allo strumento del concordato preventivo con continuità potrebbe essere inopportuno, in quanto da flussi informativi inadeguati potrebbero derivare falsi segnali di allarme di manifesta dannosità per i creditori. Il monitoraggio dell'andamento dell'esercizio dell'impresa discende, infatti, da una pluralità di indicatori che debbono essere letti nel loro insieme; qualora alcuni di essi non siano disponibili, potrebbe essere data soverchia valenza ai restanti, pervenendo così a conclusioni non necessariamente coerenti con l'effettivo stato di fatto.

(Segue) La presenza di rischi di difficile apprezzamento nella realizzazione del piano

Posto che ogni azione e valutazione prognostica è esposta a rischi e che l'insuccesso di un piano di risanamento o di un accordo di ristrutturazione può sfociare anche nel fallimento dell'ente, diverse sono, a seconda dell'istituto prescelto, le conseguenze in termini di tenuta della protezione dell'attestazione.

Al riguardo, per i piani non omologati

ex art. 67, comma

3, lett. d) l. fall

., la verifica del tribunale sarà solamente successiva, a seguito di azioni revocatorie o nel corso di procedimenti penali; di fatto, il tribunale verificherà ex post, ancorché in logica prognostica, se il giudizio espresso dall'attestatore fosse a suo tempo motivato e fondato, e potrà escludere la valenza di un'attestazione che risulti i) visibilmente incoerente con la situazione di fatto; ii) apodittica in quanto priva di apparenti percorsi logico-argomentativi; iii) sottoposta a riserve o indicazioni cautelative che ne limitano la ragionevolezza. In presenza di fatti sopravvenuti che hanno cagionato l'insuccesso del piano, il tribunale tenderà a negare la relativa efficacia protettiva qualora tali fatti fossero prevedibili da colui che eccepisce l'impedimento alla revocatoria e, al contempo, se l'attestatore non avesse valutato i rischi ai quali andava soggetta la realizzazione del piano.

Diverso è invece il caso dell'accordo di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l. fall

. per il quale il vaglio ex ante del tribunale, ai fini dell'omologa, conferisce indubitabilmente maggiore forza all'esenzione da revocatoria. Il vaglio preventivo del tribunale attribuisce, infatti, agli accordi di ristrutturazione

ex art. 182-

bis

l. fall

. ben altra tenuta, al punto che si è (

Nardecchia G.B., “Modifica o novazione dell'accordo omologato”, in atti convegno Paradigma, Milano, 15 dicembre 2011, 2

) parlato di un'esenzione da revocatoria “forte” nella misura in cui essa riguarda tutti gli atti posti in essere in esecuzione dell'accordo senza alcuna esclusione, ivi comprese tutte le garanzie che il debitore vorrà creare a favore dei creditori, con il solo limite della buona fede.

A maggior ragione, la procedura concordataria con continuità, essendo caratterizzata da un vaglio del tribunale anche nella fase di esecuzione successiva all'omologazione, offre una protezione incommensurabilmente più elevata nell'ottica di cui sopra.

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