Il sindacato giurisdizionale sulla proposta concordataria nella fase preventiva di ammissibilità (in attesa delle Sezioni Unite)

30 Luglio 2012

Al tribunale non spetta solo il controllo formale della completezza della documentazione, dovendo garantire il rispetto di una esigenza di carattere fondamentale alla quale è ispirata la disciplina del concordato preventivo: garantire che i creditori siano messi in condizione di presentare il loro consenso con cognizione di causa, ossia un consenso pienamente informato e non viziato da una falsa rappresentazione della realtà. Per soddisfare tale finalità il tribunale deve accertare che la documentazione prodotta dal debitore sia completa e che possa essere inquadrata nel tipo richiesto come indicato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 25/10/2010, n. 21860.
Massima

Al tribunale non spetta solo il controllo formale della completezza della documentazione, dovendo garantire il rispetto di una esigenza di carattere fondamentale alla quale è ispirata la disciplina del concordato preventivo: garantire che i creditori siano messi in condizione di presentare il loro consenso con cognizione di causa, ossia un consenso pienamente informato e non viziato da una falsa rappresentazione della realtà. Per soddisfare tale finalità il tribunale deve accertare che la documentazione prodotta dal debitore sia completa e che possa essere inquadrata nel tipo richiesto come indicato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 25/10/2010, n. 21860.

La proposta di concordato deve indicare la percentuale di soddisfacimento quale obbligo derivante dalla disciplina del contratto ed in particolare dalla regola di determinatezza dell'oggetto del contratto che impone, nel caso di specie, l'indicazione della percentuale di pagamento offerta anche al fine di consentire la valutazione dell'importanza dell'inadempimento per richiedere la risoluzione del concordato e per valutare la fattibilità della proposta. Diversamente operando verrebbe precluso il diritto dei creditori di ottenere la risoluzione del concordato e la causa del concordato si configurerebbe come aleatoria.
Nell'ipotesi in cui il debitore non sia in grado di garantire una percentuale minima di soddisfacimento deve allora esplicitarlo nella proposta affinché i creditori possano valutare in modo pienamente consapevole il rischio di essere soddisfatti in misura corrispondente a quella che sarà la liquidazione dell'attivo.

L'avverbio “pagamento” indicato nell'art. 177, comma 2, l. fall. ai fini della delimitazione dei creditori privilegiati ammessi al voto ed il sostantivo “soddisfazione” indicato nell'art. 177, comma 3, l. fall. ai fini della determinazione della misura di partecipazione al voto da parte dei creditori privilegiati, devono ritenersi equivalenti.

Tra i crediti prededucibili vanno esclusi quelli dei professionisti che hanno prestato assistenza al debitore nella presentazione della domanda di concordato, posto che l'art. 182-quater l. fall. limita tale qualificazione al solo credito maturato dal professionista attestatore ex art. 161 l. fall. a condizione che lo stesso venga indicato come tale nel decreto di apertura della procedura.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Reggio Calabria è stato presentato un ricorso per concordato preventivo che, a seguito delle integrazioni richieste dal Collegio ex art. 162, comma 1, l. fall., prevedeva: a) pagamento integrale delle spese di procedura; b) pagamento integrale dei creditori privilegiati (compresi interessi e rivalutazione monetaria); c) soddisfacimento dei creditori chirografari in misura pari al 33,39% e comunque non inferiore al 12,5%.

La proposta non prevedeva la suddivisione in classi dei creditori.
Il ricorso per concordato prevedeva che il reperimento delle risorse necessarie per adempiere alla proposta derivassero dalla cessione ai creditori dei beni e dei crediti della società debitrice.
A seguito della richiesta del Collegio, il ricorrente ha integrato la domanda, confermando che sulla base delle stime dei beni e dei crediti la liquidazione degli stessi avrebbe consentito il pagamento dei creditori chirografari in misura pari al 33,39% e, comunque, garantendo una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori chirografari pari al 12,5%.
Sempre a seguito della richiesta di integrazioni formulata dal Collegio, il ricorrente ha indicato tra i crediti privilegiati anche gli interessi, inizialmente collocati in chirografo e, per i crediti da lavoro dipendente, la rivalutazione monetaria. Così operando il debitore ha offerto il pagamento integrale ai creditori assistiti da prelazione, superando la inammissibilità derivante dalla mancata osservanza dell'art. 160, comma 2, l. fall. e la loro esclusione dal voto ai sensi dell'art. 177, comma 2, l. fall..
La relazione del professionista attestatore è stata ritenuta corrispondente al “tipo” previsto dall'art. 161, comma 3, l. fall. “contenendo la motivazione sostanziale ed oggettiva delle attestazioni di veridicità dei dati e - anche attraverso l'adesione alle stime operate da altri professionisti - di fattibilità del piano”.
Su indicazione del Collegio, il ricorrente ha infine escluso dai crediti prededucibili i compensi dei professionisti che hanno assistito la debitrice nella redazione e presentazione della proposta di concordato, limitando tale beneficio al solo professionista attestatore secondo quanto disposto dall'art. 182-quater l. fall.

Il controllo del Tribunale in sede di apertura della procedura di concordato preventivo

Con la decisione in commento il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto che, nel regime conseguente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 169 del 2007 caratterizzato da una prevalente natura contrattuale e, dunque, incentrato sul consenso informato dei creditori, al tribunale spetti, in primo luogo, il compito di accertare la sussistenza dei requisiti di legge previsti dagli artt. 1, 160 e 161 l. fall., precisando di non poter svolgere valutazioni di merito sulla fattibilità e sui contenuti della proposta, ma di dover verificare che la documentazione allegata al ricorso sia completa ed inquadrabile nel tipo richiesto dal legislatore. Ciò al fine di garantire ai creditori una conoscenza piena ed effettiva della proposta che consenta loro di poter esprimere un voto pienamente consapevole. L'organo deputato a garantire che i dati sottoposti alla valutazione dei creditori siano completi, attendibili e veritieri è il commissario giudiziale e non anche il tribunale. Per poter garantire ai creditori chiamati al voto di esprimersi in modo pienamente consapevole, il commissario giudiziale ha bisogno che la documentazione allegata al piano di concordato sia completa e, soprattutto, che possa essere inquadrata effettivamente nel tipo richiesto dal legislatore. Tale controllo spetta al tribunale in sede di apertura della procedura e consiste, più in particolare, nel “verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione della situazione sia patrimoniale, sia economica, sia finanziaria dell'impresa; che lo stato analitico ed estimativo delle attività possa considerarsi tale e che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano sia adeguatamente motivata indicando le verifiche effettuate, nonché la metodologia e i criteri seguiti per pervenire alla attestazione di veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano”. (Cass. 25 ottobre 2010, n. 21860).
Il Tribunale di Reggio Calabria esclude quindi che, secondo quanto disposto dagli artt. 162 e 163 l. fall., in sede di ammissibilità, il tribunale possa svolgere valutazioni che investano l'adeguatezza della proposta sotto il profilo del merito, dovendosi invece limitare al controllo dei requisiti di legge previsti dagli artt. 1, 160 e 161 l. fall., nonché della completezza e della regolarità della documentazione allegata alla domanda.
Sulla base di tali considerazioni consegue che, quanto all'attestazione del professionista circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, il tribunale si deve limitare al riscontro di quegli elementi necessari a far sì che detta relazione sia inquadrabile nel tipo richiesto dal legislatore; che sia quanto più possibile aggiornata; che dia conto delle verifiche effettuate, della metodologia e dei criteri seguiti. Ciò al fine di poterne accertare il perseguimento della sua funzione principale che è quella di fornire elementi di valutazione per i creditori, dovendo il giudice astenersi da un'indagine di merito, in quanto riservata, da un lato, alla fase successiva ed ai compiti del commissario giudiziale e, dall'altro, ai poteri di cui è investito lo stesso tribunale, nella fase dell'omologazione, in presenza di un'opposizione, alle condizioni di cui all'art. 180 l. fall..
L'orientamento espresso dal Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza in esame si allinea a quello adottato in misura largamente prevalente dalla Corte di Cassazione, contrario alla sindacabilità nel merito della proposta di concordato e quindi alla sindacabilità della fattibilità del piano tanto in sede di giudizio di ammissione alla procedura, quanto nella successiva fase del giudizio di omologazione, salvo che, in quest'ultimo caso, un creditore a ciò legittimato abbia proposto opposizione proprio al fine di sollecitare un siffatto giudizio di merito (cfr. Cass. n. 21860/10, Cass. n. 3274/11, Cass. n. 3586/11, Cass. n. 13817/11 e Cass. n. 18987/11).
Il tema della sindacabilità della fattibilità del piano di concordato registra una netta frattura tra i giudici di legittimità e larga parte dei giudici di merito (ai quali evidentemente non si è allineato il Tribunale di Reggio Calabria con la decisione in commento). La stessa Corte di Cassazione ha poi seguito, con la sentenza n. 18864/11, una linea motivazionale non del tutto in linea con l'orientamento assunto sino ad allora (sopra indicato), riconoscendo al tribunale un ruolo di controllo anche sostanziale sui requisiti di fattibilità del piano, sin dalla fase dell'ammissione. Ruolo che troverebbe conferma nella disposizione dell'art. 162, comma 1, l. fall. la quale, come è noto, legittima il tribunale a concedere un termine al debitore per apportare integrazioni al piano di concordato (l. fall., art. 162, comma 1). Tale ultima sentenza ha senz'altro rafforzato la tesi favorevole al sindacato sulla fattibilità del piano, ancorché non sembrerebbe in aperto contrasto con le altre sentenze sopra menzionate (cfr. Cass. n. 21860/10, Cass. n. 3274/11, Cass. n. 3586/11, Cass. n. 13817/11 e Cass. n. 18987/11), traendo origine da una fattispecie del tutto particolare nella quale, a causa di una passività sopravvenuta in corso di procedura, ai creditori chirografari non sarebbe stato corrisposto alcun pagamento e, pertanto, la Suprema Corte ha dovuto rilevare d'ufficio la sussistenza di una causa di nullità assoluta per impossibilità dell'oggetto. La sentenza di Cassazione da ultimo citata, nel riconoscere al tribunale il potere di sindacare il piano di concordato, sembrerebbe sollevare una ulteriore ragione di distonia in ordine alla rilevanza della indicazione della percentuale dei creditori che si prevede possano essere soddisfatti.
Sul punto, la dottrina prevalente attribuisce al tribunale solo un controllo di legittimità, salvo il controllo di merito in caso di suddivisione dei creditori in classi distinte secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei.
La dottrina minoritaria ritiene invece che persista uno spazio di discrezionalità del tribunale sia nel sindacare la serietà, la completezza e la complessiva attendibilità della relazione del professionista, nonché la concreta fattibilità del piano, in sede di ammissione alla procedura, sia nel valutare quanto meno la concreta fattibilità del piano di concordato al momento della sua omologazione.
La questione in esame è dunque ampiamente dibattuta sia in giurisprudenza che in dottrina, tanto da indurre la stessa Corte di Cassazione, con ordinanza del 15 dicembre 2011, a rimettere la questione al Primo presidente affinché valuti l'opportunità di sottoporla alle Sezioni Unite.

Sull'indicazione della percentuale di pagamento

Con la decisione in commento il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto che nell'ambito di un ricorso per concordato preventivo di tipo liquidatorio la proposta di concordato debba garantire una percentuale minima di pagamento oppure il debitore deve dichiarare espressamente di non poter garantire la percentuale indicata, ciò affinché i creditori accettino consapevolmente il rischio di un qualunque possibile esito satisfattivo. L'esigenza di garantire la percentuale minima di pagamento troverebbe fondamento nel rispetto della regola di determinatezza dell'oggetto del contratto la quale impone al proponente la specifica indicazione della percentuale di pagamento offerta, ciò anche al fine di consentire la formulazione del giudizio di fattibilità e la valutazione in concreto dell'importanza dell'inadempimento ai fini della risoluzione del concordato. Diversamente, il debitore finirebbe col trasferire il rischio della liquidazione sic et simpliciter ed interamente in capo ai creditori in violazione della norma imperativa che ammette il diritto dei creditori, in caso di grave inadempimento, a chiedere ed ottenere la risoluzione del concordato e la causa del concordato si configurerebbe in termini di assoluta aleatorietà.
Nel caso di specie, il Tribunale di Reggio Calabria a fronte di una indicazione iniziale di pagamento “nella misura consentita da quel che si ricaverà dalla liquidazione integrale dell'attivo”, stimando, ma non assicurando, il pagamento nella misura del 33,7%-35%, su indicazione del Collegio, il debitore ha poi integrato la domanda garantendo il pagamento dei creditori chirografari nella percentuale minima del 12,5%.
Da quanto si riesce a comprendere dalla sola lettura della sentenza in commento, il debitore avrebbe integrato la proposta di concordato indicando una percentuale di pagamento minima garantita rispetto ad una iniziale percentuale stimata sulla base di quello che si sarebbe ricavato dalla liquidazione integrale dell'attivo. Se così è stato, però, ciò significa che il Tribunale di Reggio Calabria ha sindacato il merito della proposta sotto il profilo della fattibilità, avendo valutato la determinatezza dell'oggetto del contratto di concordato proposto dal debitore ai creditori e ritenendone l'oggetto indeterminato. Ciò appare, in qualche modo, contraddittorio rispetto ai principi di diritto enunciati in tema di sindacato del tribunale in sede di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Coerenza avrebbe voluto che il Tribunale non avesse formulato alcun rilievo sulla percentuale di pagamento dei creditori indicata dal debitore nella proposta di concordato, spettando poi al commissario giudiziale effettuare tutte le verifiche del caso ed informare i creditori dell'esito di tali accertamenti e quindi della eventuale percentuale di pagamento minima garantita che si potesse ottenere dalla liquidazione dell'attivo (si pensi all'ipotesi di una proposta di concordato che preveda la cessione dell'azienda ad un determinato prezzo e che sulla base di tale liquidazione la procedura sarebbe in grado di pagare i creditori in una determinata percentuale e che tuttavia prima di cederla al promissario acquirente propone di venderla sul mercato ad un corrispettivo maggiore di quello già offerto).
L'interpretazione adottata dal Tribunale di Reggio Calabria in tema di determinatezza dell'oggetto tradisce il rigoroso orientamento al quale lo stesso Tribunale sembra aver aderito in tema di sindacato sulla fattibilità del piano di concordato e si avvicina molto alla interpretazione adottata dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 18864/11 laddove è stata confermata la sentenza di rigetto della omologazione per impossibilità dell'oggetto (v. per la giurisprudenza di merito su questi temi il decreto del Tribunale di Milano 28 ottobre 2011, Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, in ilfallimentarista.it).
La questione in esame segna il forte contrasto in giurisprudenza sia sul tema della sindacabilità della fattibilità e dunque del merito della proposta di concordato, sia sul tema del rapporto tra fattibilità e impossibilità dell'oggetto del contratto di concordato, sia, infine, sulla indicazione della percentuale di pagamento dei creditori quale elemento necessario e vincolante sempre sotto il profilo della determinatezza dell'oggetto del contratto di concordato.
Si tratta di questioni che, come sopra già indicato, con l'ordinanza 27063 del 15/12/2011 la Corte di Cassazione ha rimesso al Primo presidente affinché valuti l'opportunità di rimetterle eventualmente alle Sezioni Unite.

Pagamento e soddisfazione del creditore privilegiato ed effetti sul voto

Nella sentenza in esame il Tribunale di Reggio Calabria si è occupato anche dell'art. 177 l. fall. nella parte in cui (secondo e terzo comma) tratta del voto dei creditori privilegiati, prendendo in esame le due diverse interpretazioni che si fronteggiano in tema di voto ai creditori privilegiati e che si fondano sostanzialmente sulla differenza o meno che possa essere ravvisata tra l'ipotesi del pagamento integrale richiamata dal secondo comma dell'art. 177 l. fall. e l'ipotesi di soddisfazione richiamata dal terzo comma dell'art. 177 l. fall..
La questione prende piede dal rilievo mosso dal Collegio ai sensi dell'art. 162, comma 1, l. fall. al debitore che aveva allocato in chirografo gli interessi sui crediti privilegiati proponendo così un pagamento non integrale.
Tale integrazione è stata sollecitata dal Tribunale al fine di eliminare un profilo di illegittimità della proposta di concordato, atteso che, avendo previsto il pagamento in misura non integrale di un credito privilegiato (quale gli interessi sul credito privilegiato), il debitore avrebbe dovuto motivare tale soluzione, nonché depositare una perizia giurata ai sensi dell'art. 160, comma 2, l. fall. che attestasse la incapienza dei beni sui quali insisteva il privilegio.
Il pagamento integrale successivamente proposto dal debitore ai creditori privilegiati, in forza della integrazione al ricorso sollecitata dal Tribunale, ha determinato la esclusione dal voto dei creditori privilegiati ai sensi dell'art. 177, comma 2, l. fall..
Il tema del diritto di voto dei creditori privilegiati pagati o soddisfatti nasce dalla diversa qualificazione indicata dal legislatore nell'art. 177 l. fall., laddove al secondo comma precisa che "i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l'integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione" ed equipara poi i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncianti in tutto o in parte alla prelazione ai creditori chirografari "per la parte del credito non coperta dalla garanzia".
Il terzo comma dell'art. 177 l. fall. dispone che "i creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell'art. 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito".
Al riguardo, parte della giurisprudenza ha ritenuto che il termine pagamento avesse una portata giuridica diversa dal termine soddisfazione e che “l'integrale pagamento” richiamato dal secondo comma dell'art. 177 l. fall. debba essere inteso come adempimento effettuato con denaro, per l'intera entità del capitale e degli interessi maturati e senza eccessiva dilazione rispetto alla scadenza naturale. Per tale ultima ipotesi il creditore non avrebbe diritto al voto, mentre in difetto di una qualsiasi di tali ultime condizioni (adempimento eseguito a mezzo denaro, per capitale ed interessi e senza eccessiva dilazione) non sarebbe ravvisabile un “pagamento”, ma solo una “soddisfazione” e quindi il creditore, seppure privilegiato, avrebbe diritto al voto.
Tale interpretazione si fonda sul presupposto che il secondo ed il terzo comma dell'art. 177 l. fall. abbiano finalità diverse: disciplinare il diritto di voto dei creditori privilegiati il secondo comma; disciplinare il trattamento dei crediti privilegiati soddisfatti non integralmente il terzo comma.
Secondo la interpretazione adottata da una parte della giurisprudenza hanno, pertanto, diritto di voto, oltre ai creditori chirografari in quanto tali ed ai creditori privilegiati che rinuncino alla prelazione (e nei limiti in cui vi rinuncino), anche i creditori in senso lato privilegiati che, per effetto del piano concordatario, subirebbero (e nei limiti in cui la subirebbero) una qualsiasi alterazione quantitativa o qualitativa del proprio diritto di credito (in tal senso Trib. Pescara 16 ottobre 2008; Filocamo, La legge fallimentare, Milano, 2008, 334).
A fronte di tale ultima interpretazione ve ne è un'altra di segno opposto, che ritiene equivalenti le due espressioni letterali (pagamento e soddisfazione) contenute nel secondo e nel terzo comma dell'art. 177 l. fall.; pertanto, i creditori dei quali non è previsto l'integrale pagamento coinciderebbero con i creditori dei quali non è prevista la soddisfazione integrale. Rimarrebbero esclusi dal voto tutti i creditori privilegiati che il piano prevede di soddisfare per l'intero, sia pure con forme diverse dal pagamento in denaro ovvero con dilazioni temporali di qualsiasi entità (in tal senso Trib. Sulmona 2 novembre 2010). Secondo tale ultima interpretazione il comma 2 dell'art. 177 disciplina l'ambito dei creditori privilegiati ammessi al voto, mentre il comma 3 definisce la misura della partecipazione al voto.
A fronte di tale contrasto, ben argomentato nella sentenza in esame, il Tribunale di Reggio Calabria ritiene che sia da preferire la seconda interpretazione e ciò seguendo una argomentazione per esclusione ovvero non ritenendo condivisibile la prima interpretazione, perché di difficile applicazione pratica ai fini della individuazione della misura della partecipazione al voto del creditore privilegiato interamente soddisfatto. In altri termini, la seconda soluzione viene ritenuta preferibile rispetto alla prima perché quest'ultima pone una difficoltà oggettiva: individuare la misura della partecipazione al voto per i creditori privilegiati “interamente soddisfatti ma non interamente pagati”.
Il Tribunale di Reggio Calabria poi prosegue nella sua analisi evidenziando che il creditore privilegiato soddisfatto ma non pagato, seguendo la tesi che distingue tali forme di adempimento, dovrebbe aver diritto al voto per l'intero ammontare del suo credito mentre tale soluzione non troverebbe riscontro nell'art. 177 l. fall.. Così operando il Tribunale di Reggio Calabria pone anche un dubbio di legittimità costituzionale suggerito dalla disparità di trattamento che si verrebbe a creare tra i creditori privilegiati non interamente soddisfatti (i quali sarebbero chiamati a partecipare al voto, ai sensi del comma 3 dell'art. 177, in misura corrispondente al credito degradato a chirografo) ed i creditori privilegiati interamente soddisfatti (e dunque in posizione di vantaggio rispetto ai primi), ma non integralmente pagati (i quali sarebbero invece chiamati a partecipare al voto per l'intero credito).
La questione in esame è evidentemente dibattuta e merita la seguente riflessione. Se è vero che la distinzione tra soddisfazione e pagamento condurrebbe alla oggettiva difficoltà di non poter determinare quale sia l'entità del credito chiamato a votare e, per ciò solo, non risulta condivisibile, è altrettanto vero che non si può privare di ogni tutela il creditore privilegiato lasciandolo alla più libera discrezionalità del debitore sul come e quando adempiere alla propria obbligazione negandogli il diritto di esprimersi al riguardo; perché se così fosse si verrebbe a creare una disparità di trattamento sotto altro profilo. Si avrebbe cioè una situazione in cui il creditore privilegiato interamente soddisfatto, ma non integralmente pagato non partecipa al voto (venendo così a subire la decisione unilaterale del debitore sul come e quando adempiere alla obbligazione), mentre il creditore chirografario che fosse eventualmente interamente soddisfatto, ma non integralmente pagato sarebbe chiamato a partecipare al voto e quindi ad esprimendosi sulle modalità di adempimento offerte dal debitore, ossia sul come e sul quando ottenere il soddisfacimento.
Entrambe le soluzioni prospettate non appaiono dunque condivisibili per motivi diversi. Bisogna allora interrogarci sul se sia possibile applicare il disposto dettato dall'art. 160, comma 1, lett. a) anche ai creditori privilegiati, ovvero se sia consentito adempiere ad una obbligazione pecuniaria nei confronti di un creditore privilegiato con mezzi diversi dal denaro e/o con dilazioni temporali consistenti.
Secondo una parte della dottrina (in tal senso si veda Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 166; Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Fauceglia e Panzani, Torino, 2009, 3, 1606) ciò non sarebbe consentito: il creditore privilegiato andrebbe pagato per intero (dunque sorte ed interessi) con il denaro o con mezzi ad esso equivalenti e senza dilazioni temporali. Tale interpretazione troverebbe il proprio appiglio normativo negli artt. 1197 e 1227 c.c. dai quali emerge che il debitore non possa liberarsi della propria obbligazione eseguendo una prestazione diversa rispetto a quella dovuta, salvo che il creditore non vi consenta e che le obbligazioni pecuniarie debbano essere adempiute mediante il versamento di denaro.
Pertanto, il quadro normativo che emerge sembrerebbe non consentire, in difetto del consenso del creditore, l'adempimento di obbligazioni pecuniarie con mezzi alternativi al denaro. Considerato però che l'art. 177 l. fall. non consente al creditore privilegiato di partecipare al voto almeno fintantoché il suo credito è assistito da prelazione (diverso sarebbe se fosse chirografo a causa di una esplicita rinuncia al privilegio o di degradazione per incapienza dei beni sui quali insiste il privilegio) appare condivisibile la soluzione ermeneutica offerta dalla predetta dottrina secondo la quale non sarebbe consentito soddisfare il creditore privilegiato con mezzi alternativi al denaro e/o con dilazioni temporali eccessive.
Pertanto, le conclusioni che si possono trarre sull'argomento sono le seguenti:
- i creditori privilegiati, in difetto di una rinuncia espressa al privilegio ed in difetto di incapienza del valore dei beni sui quali insiste il privilegio, non partecipano al voto;
- il creditore privilegiato deve ritenersi estraneo alla disposizione dettata dall'art. 160 lett. a) l. fall. che prevede la possibilità per il debitore di proporre “la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma…”.


La natura prededucibile del compenso spettante al professionista attestatore

La sentenza in esame affronta anche il tema della prededuzione nel concordato preventivo, allineandosi all'orientamento oramai largamente prevalente in giurisprudenza (cfr. Tribunale Milano 26 maggio 2011 con nota di F. Di Marzio in ilfallimentarista.it) secondo il quale è possibile qualificare come prededucibile il solo credito maturato dal professionista attestatore del piano ex art. 161 l. fall., a condizione però che detto credito sia qualificato come tale nel decreto di apertura della procedura.
Nel caso di specie, il debitore che inizialmente aveva appostato tra i crediti prededucibili tutti i compensi dei professionisti che avevano assistito la società nella redazione del ricorso, a seguito delle osservazioni formulate dal Collegio ai sensi dell'art. 162, comma 1, l. fall., ha escluso dai crediti prededucibili i crediti dei professionisti lasciando il solo credito del professionista attestatore ex art. 161 l. fall..
Sul punto, come è noto, vi sono due disposizioni della legge fallimentare che disciplinano la prededuzione. Si tratta dell'art. 111 l. fall. e dell'art. 182-quater l. fall.. Il primo detta una disposizione generale secondo la quale dovrebbero essere qualificati come prededucibili tutti i crediti sorti in occasione o in funzione di una procedura concorsuale disciplinata nella legge fallimentare. L'art. 111, comma 2, l. fall. offre, pertanto, una definizione molto estesa e dai contorni non particolarmente nitidi, ritenendo prededucibile qualsiasi credito che possa argomentarsi come funzionale all'apertura di un concordato preventivo, di una liquidazione coatta amministrativa, di un fallimento. L'art. 182-quater l. fall., introdotto con il d.l. 31/5/2010, n. 78 e convertito in legge 30/07/2010, n. 122, rubricato “Disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, da un lato amplia il campo di applicazione della prededuzione, aggiungendo i crediti funzionali agli accordi di ristrutturazione dei debiti, mentre dall'altro lato restringe il campo di applicazione a determinate tipologie di crediti finanziari ed al credito professionale dell'attestatore a condizione che sia espressamente indicato come tale nel decreto di apertura della procedura di concordato preventivo o nel decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione.
Le due norme in esame si pongono in evidente conflitto disciplinando la stessa materia in modo difforme. Si tratta allora di capire quale delle due norme debba avere prevalenza sull'altra senza perdere di vista quale sia la ratio della disciplina dei crediti prededucibili, posto che l'obiettivo principale del legislatore della riforma, nonché il principio ispiratore di tutte le riforme che si sono susseguite dal 2005 ad oggi, è stato quello di anticipare il ricorso alle procedure concorsuali al fine di poter intervenire in una situazione patrimoniale, economica e finanziaria non ancora irreversibile. Tale obiettivo è stato perseguito dal legislatore anche attraverso il riconoscimento di un trattamento di favore ai crediti sorti “in occasione ed in funzione” di tali rimedi gestori alla crisi d'impresa così come disposto con il secondo comma dell'art. 111 l. fall..
In senso diametralmente opposto appare invece dirigersi la disposizione dell'art. 182-quater l. fall. la quale, restringendo il campo di applicazione della prededuzione, potrebbe disincentivare il ricorso alle procedure concorsuali ed agli accordi di ristrutturazione.
A rigore, sembrerebbe condivisibile l'interpretazione adottata dal Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza in esame, in quanto più aderente al dato normativo; tuttavia, al fine di dare maggiore coerenza al sistema concorsuale ed ai principi ispiratori della riforma fallimentare, andrebbe ripensata la disciplina della prededuzione in un ottica di favor per l'anticipazione della crisi.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In tema di concordato preventivo la dottrina e la giurisprudenza è molto vasta. Ne viene di seguito segnalata solo una parte, scusandoci con coloro che non verranno indicati.
In giurisprudenza Cass. 15 dicembre 2011, n. 27063, ord., in ilfallimentarista.it, con nota di Lamanna; Cass. 15 settembre 2011, 18864 in ilfallimentarista.it, con nota di Lamanna; Cass. 23 giugno 2011 n. 13817; Cass. 25 ottobre 2010, n. 21860; Cass. 10 febbraio 2011, n. 3274; Cass., 4 settembre 2009, n. 19214; Trib. Roma 6 luglio 2011 in questa rivista con nota di G. Di Marzio; Trib. Milano 16 gennaio 2007, in Fall., 2007, 974; App. Bologna, 30 giugno 2006, in Fall., 2007, 471; Trib. Salerno, 3 giugno 2005, ivi, 2005, 1297; Trib. Sulmona, 6 giugno 2005, ivi, 2005, 793; Trib. La Spezia, 4 agosto 2005, in Giur. merito, 2006, 683; Trib. Firenze, 23 novembre 2005, in Foro Toscano, 1, 2006, 59; Trib. Bologna, 17 novembre 2005, in Giur. merito, 2006, 658; Trib. Monza, 28 settembre 2005, in Fall., 2005, 1406; Trib. Torino, 12 dicembre 2006, in Fall., 2007, 685; Trib. Pescara, 20 ottobre 2005, in Foro it., 2006, I, 912; Trib. Torino 17 novembre 2005, in Foro it., 2006, I, 911; Trib. Milano, 2 ottobre 2006, in Fall., 2007, 331.
In dottrina: AMBROSINI, Il sindacato sulla fattibilità del piano concordatario e la nozione evolutiva degli atti in frode nella sentenza 15 giugno 2011 della Cassazione, in Dottrina ed opinioni, 1 e ss.; AMATORE, Il giudizio di fattibilità del piano nel concordato preventivo, in Dir. fall., 2012; GUGLIELMUCCI, Diritto fallimentare, Torino 2011; BUONAURA, Concordato preventivo, in Enc. Dir. Annali, II, 2, Milano, 2008; JACHIA, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da Fauceglia e Panzani, Torino, 2009, 3; BONFATTI-CENSONI, La riforma della disciplina dell'azione revocatoria fallimentare del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova 2006; ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino 2010; LO CASCIO, Il Concordato preventivo, Milano 2011, 95; BOZZA, Il sindacato del tribunale sulla fattibilità del concordato preventivo, in Fall., 2011, 182; MANDRIOLI, Concordato preventivo: la verifica del tribunale in ordine alla relazione del professionista, in Fall., 2007, 1218 .

Sull'art. 182-quater l. fall. si veda Trib. Milano 26 maggio 2011 pubblicato in questo portale con nota di F. Di Marzio, ove sono stati indicati i seguenti riferimenti giurisprudenziali e di dottrina: Trib. Terni, decr., 13 giugno 2011, in Fall., 2011, 1339; in dottrina: Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 e art. 182-quater l. fall., in Fall., 1340; Ambrosini, Profili civili e penali delle soluzioni negoziate nella l. n. 122/2010, ivi, 646; Stanghellini, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, ivi, 2010, 1352.

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