Azioni collegate e strettamente connesse ad una procedura di insolvenza: una nuova nozione europea autonoma

23 Luglio 2012

L'articolo 1, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev'essere interpretato nel senso che l'azione proposta nei confronti di un terzo da parte di un ricorrente che agisce sulla base di una cessione di credito effettuata dal curatore fallimentare designato nell'ambito di una procedura d'insolvenza, avente ad oggetto il diritto di revoca che deriva a tale curatore fallimentare dalla legge nazionale applicabile a detta procedura, rientra nella nozione di materia civile e commerciale ai sensi di tale disposizione.
Massima

L'articolo 1, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev'essere interpretato nel senso che l'azione proposta nei confronti di un terzo da parte di un ricorrente che agisce sulla base di una cessione di credito effettuata dal curatore fallimentare designato nell'ambito di una procedura d'insolvenza, avente ad oggetto il diritto di revoca che deriva a tale curatore fallimentare dalla legge nazionale applicabile a detta procedura, rientra nella nozione di materia civile e commerciale ai sensi di tale disposizione.

Il caso

Il curatore di un fallimento (Neo Personal Light Clothing GmbH), aperto in Germania ai sensi dell'art. 3, par. 1, del regolamento (CE) 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza, aveva ceduto una azione revocatoria nei confronti di una società con sede in Lituana (Jadecloud-Vilma) ad una società terza, la F-Tex con sede in Lettonia, tra l'altro unico creditore di detta procedura concorsuale. La F-Tex non era obbligata ad agire per il recupero del credito ottenuto in virtù della cessione, ma qualora avesse deciso di procedere in tal senso, era stato concordato che essa versasse al curatore del fallimento il 33% del ricavato così ottenuto. F-Tex aveva promosso la causa nei confronti della Jadecloud Vilma, volta a richiedere la restituzione della somma, avanti il Tribunale di Vilnius (Lituania), città nella quale la convenuta aveva la propria sede. Detto tribunale però rigettava la domanda attrice dichiarandosi non competente in quanto la competenza sarebbe spettata ai giudici tedeschi, considerato che il fallimento era stato aperto in Germania. La causa giungeva infine avanti alla Corte suprema della Lituania che sospendeva il procedimento e proponeva ricorso pregiudiziale avanti la Corte di giustizia dell'Unione europea la quale decideva con la sentenza in commento.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso oggetto della sentenza 19 aprile 2012, nella causa C-213/10 F-Tex SIA c. Lietuvos-Anglijos UAB Jadecloud-Vilma, ha dato l'opportunità alla Corte di giustizia di analizzare alcuni delicati profili concernenti l'azione revocatoria con riguardo ai rispettivi ambiti di applicazione dei regolamenti (CE) n. 1346 del 29 maggio 2000 e 44/2001 del 22 dicembre 2000, quest'ultimo in materia civile e commerciale.
Il Giudice del rinvio, richiamata l'interpretazione che la Corte ha dato del regolamento n. 1346/2000 nella decisione del 12 febbraio 2009 nel caso Seagon c. Deko Marty Belgium NV, vale a dire che il suo art. 3, par. 1, va interpretato nel senso che un giudice nazionale adito in una siffatta procedura ha competenza esclusiva anche per un'azione pauliana che emana direttamente da detta procedura o è ad essa strettamente connessa, chiedeva se un'azione revocatoria, non ancora avviata, ceduta dal curatore ad un creditore concorsuale e proposta da quest'ultimo nei confronti di un terzo, dovesse essere qualificata come materia di diritto civile e commerciale e dunque ascrivibile al campo di applicazione del regolamento 44/2001 oppure rientrare nella materia dell'insolvenza e, di conseguenza, nel perimetro del regolamento 1346/2000.
Rammentiamo che il regolamento 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza, in vigore dal 31 maggio 2002 tra tutti gli Stati membri dell'Unione ad eccezione della Danimarca, disciplina la competenza internazionale in materia di procedure di insolvenza, la legge applicabile a dette procedure e il riconoscimento delle decisioni concernenti l'apertura, lo svolgimento e la chiusura delle procedure stesse. Il regolamento ripartisce tra i vari Stati membri la competenza internazionale ad aprire una procedura di insolvenza utilizzando il criterio del centro degli interessi principali del debitore e, per le società e le persone giuridiche, pone la presunzione che tale centro coincida, fino a prova contraria, con il luogo ove si trova la sede statutaria (art. 3, par. 1).
Il regolamento 44/2001, in vigore dal 10 marzo 2002, nel quale è stato trasfuso il contenuto della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, disciplina invece la competenza internazionale dei giudici dei Paesi membri dell'Unione europea, nonché il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni pronunciate in tali Stati. Si tratta di uno strumento legislativo che riguarda tutta la materia civile e commerciale con una serie di eccezioni e tra queste: “i fallimenti, i concordati e le procedure affini” (art. 1, par. 1).
Il regolamento sulle procedure di insolvenza nulla prevede in tema di competenza internazionale con riguardo alle azioni accessorie che derivano direttamente dalla procedura. Questo silenzio ha suscitato incertezze interpretative e dubbi sui quali la Corte di giustizia si è già espressa con la richiamata significativa decisione nel caso Seagon concernente un'azione revocatoria.
Nella pronuncia F-Tex, qui in commento, la Corte ha in primo luogo confermato quanto da essa deciso in quel caso, vale a dire che l'art. 3, par. 1, del regolamento sulle procedure di insolvenza deve essere interpretato nel senso che esso attribuisce ai giudici dello Stato membro competente ad aprire una procedura di insolvenza anche la competenza internazionale a conoscere delle azioni che derivino direttamente da detta procedura e che vi siano strettamente connesse e tra queste rientra senza dubbio l'azione revocatoria.
Ma più interessante, giacché si tratta di una questione del tutto nuova affrontata dalla Corte, è quanto dalla stessa deciso in merito al problema dell'attribuzione della competenza internazionale nel caso in cui un'azione revocatoria venga ceduta da parte del curatore ad un terzo.
Anche se la formulazione della decisione della Corte non è di facile lettura, in sostanza essa ritiene che, nel caso di un'azione pauliana ceduta ad un terzo dal curatore di una procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro, la causa poi promossa dal cessionario non ricadrebbe nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1346/2000 sulle procedure di insolvenza, ma sarebbe soggetta al regolamento n. 44/2001 relativo alla materia civile e commerciale.
Il terzo cessionario di un'azione revocatoria, pertanto, non potrebbe agire in forza del regolamento 1346/2000, e quindi avviare la causa avanti al tribunale del luogo di apertura del fallimento, ma questi dovrebbe invece rivolgersi al tribunale stabilito dal regolamento n. 44/2001 che prevede, quale criterio generale per chiamare in giudizio una società o altra persona giuridica, quello della sede del convenuto (artt. 2, par. 1, e 60, par. 1).
Le argomentazioni dei giudici di Lussemburgo partono dall'esclusione dall'ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 della materia relativa ai fallimenti, ai concordati e alle procedure affini, nonché dalla delimitazione della portata di tale esclusione. La Corte rammenta che nella nota sentenza del 22 febbraio 1979 nel caso Gourdain c. Nadler, interpretativa della Convenzione di Bruxelles, al punto 4 essa ha dichiarato che: “affinché le decisioni relative ad un fallimento siano escluse dal campo di applicazione della convenzione di Bruxelles, è necessario che esse derivino direttamente dal fallimento e che si inseriscano strettamente nell'ambito del procedimento fallimentare o di amministrazione controllata”, ma ha anche richiamato la sua decisione del 2 luglio 2009 SCT Industri AB i likvidation c. Alpenbume AB, ove essa ha precisato che è “l'intensità del legame esistente” tra un'azione giurisdizionale e la procedura di insolvenza, ai sensi della giurisprudenza elaborata nella sentenza Gourdain vs. Nadler, che è determinante ai fini del decidere se trovi applicazione l'esclusione anzidetta (par. 25).

Osservazioni

Appare significativo osservare che nella decisione in commento viene utilizzata una espressione diversa da quelle appena richiamate, delle quali la Corte si è servita per stabilire il legame tra le procedure di insolvenza e le azioni da esse derivanti. Qui si ritiene infatti che occorra esaminare se l'azione proposta nel caso F-Tex abbia o meno un legame diretto con l'insolvibilità del debitore e sia strettamente connessa alla procedura di insolvenza. La Corte al riguardo sembra concludere che un'azione ancillare, pur derivante da una procedura, ma mancante di “legame diretto” con l'insolvenza del debitore, debba essere sottratta dal campo di applicazione del regolamento 1346/2000.
In conclusione, un'azione revocatoria, una volta entrata a far parte del patrimonio del cessionario, perderebbe il legame diretto con l'insolvenza del debitore e dunque non sarebbe più strettamente connessa con la procedura (parr. 37, 40 e 47). Di conseguenza, detta azione cambierebbe la propria natura a seconda del soggetto che la promuove: se direttamente dal curatore, sarebbe attratta sotto la competenza del tribunale fallimentare, mentre, se avviata dal cessionario, ricadrebbe sotto quella del tribunale del domicilio o della sede del convenuto.
A sostegno della propria interpretazione, la Corte adduce una serie di argomentazioni e, in particolare, essa evidenzia che, a differenza del curatore fallimentare, il cessionario obbedisce ad altre regole rispetto a quelle applicabili in una procedura di insolvenza: in primo luogo non agisce in qualità di curatore fallimentare, e cioè in quanto organo di una procedura, bensì in qualità di “cessionario di un diritto” (par. 36), neppure agisce nell'interesse dei creditori, ma nel proprio interesse e per il proprio beneficio personale, mentre l'azione revocatoria proposta dal curatore va a vantaggio della massa (par. 44), inoltre il cessionario è libero di esercitare o meno il diritto acquisito e di esercitarlo anche dopo la chiusura della procedura (par 43).
Le ragioni apportate dalla Corte sembrano convincenti, come anche convincente è l'intento di delimitare i campi di applicazione dei due regolamenti per assicurare maggiore certezza del diritto. Non convincono però le conseguenze della decisione per la discrezionalità del parametro del legame diretto.
Non è chiaro poi nella decisione se vi siano ricadute anche sotto il profilo della legge applicabile. La Corte non si esprime in proposito, lasciando permanere qualche incertezza soprattutto per la qualificazione di “materia civile e commerciale” che essa attribuisce all'azione del ricorrente che agisce sulla base di una cessione di credito effettuata dal curatore (par. 49).
Non c'è dubbio infatti che, se l'azione revocatoria è considerata di competenza del tribunale dello Stato di apertura della procedura di fallimento, essa viene regolata dalla legge di tale Stato, come è previsto dal regolamento 1346/2000 all'art. 4, par. 2, punto m, con l'esenzione dell'art. 13.
Ci si può invece chiedere se, nel caso in cui siffatta azione non ricada nella competenza dello Stato di avvio del fallimento, essa continui ad essere comunque disciplinata dalle norme appena richiamate oppure viceversa venga regolata da un'altra legge prevista dalle norme di diritto internazionale privato dello Stato in cui si svolge il processo. Probabilmente la Corte non intendeva accogliere quest'ultima soluzione che avrebbe come conseguenza l'applicazione di differenti leggi nazionali che tra di loro mancano del tutto di uniformità in tema di revocatoria pregiudicando la prevedibilità del diritto applicabile, che è invece il fine che le norme del regolamento 1346/2000 vogliono assicurare. Qualche chiarimento al riguardo sarà pertanto necessario.

Conclusioni

Con l'impostazione adottata nella decisione F-Tex, i giudici europei sembrano propendere per un'interpretazione restrittiva del regolamento 1346/2000, come d'altronde risultava già evidente sia nella decisione del 2 luglio 2009 nel caso SCT Industry, concernente un'azione di rivendicazione della proprietà delle quote sociali vendute da un curatore, sia nella sentenza German Graphics, nella quale, la Corte aveva escluso l'applicabilità del regolamento nel caso di un'azione fondata sulla riserva di proprietà. In tale ultima pronuncia, i giudici di Lussemburgo avevano affermato che l'anzidetta azione mancava di un nesso “sufficientemente diretto” e “sufficientemente stretto” con la procedura di insolvenza, costituendo un'azione autonoma che non trova fondamento nel diritto concorsuale e non richiede l'apertura di una procedura di insolvenza né l'intervento di un curatore fallimentare (parr. 29-34).
Occorre infine osservare che la Corte nel caso F-Tex sembra far riferimento ad una nozione autonoma di azione ancillare, derivante da una procedura di insolvenza, ceduta da parte del curatore e, dunque, ritenere che detta nozione, quando si è nel campo di applicazione del regolamento 1346/2000, vada intesa, qualificata ed interpretata alla luce non del diritto interno dei singoli Stati, bensì secondo il significato europeo proprio della nozione.
Rammentiamo che nell'ambito dell'Unione è fondamentale assicurare l'applicazione uniforme del diritto europeo in modo da evitare soluzioni unilateralistiche, nel senso di rinviare al diritto nazionale di questo o quello Stato. Si garantisce, così, per quanto possibile, la parità e l'uniformità dei diritti e degli obblighi che derivano dalle norme europee. Siffatto obiettivo viene perseguito proprio attraverso un'opera di qualificazione autonoma dei concetti sul versante legislativo, ma soprattutto giurisprudenziale, svolta in modo particolare per mezzo della procedura di interpretazione pregiudiziale da parte della Corte di giustizia.
Detta impostazione, che pare trarsi dalla decisione in commento, porta ad una conseguenza anche per il diritto italiano. Quando un'azione revocatoria, autorizzata nell'ambito della procedura, ma non ancora avviata, sia oggetto di cessione all'interno di un concordato fallimentare (art. 124, comma 3, l. fall.), essa rientrerà nell'ambito di applicazione più generale del regolamento n. 44/2001 e non in quello del regolamento 1346/2000, pur essendo la materia regolata dalla legge fallimentare italiana. Tale azione pertanto non sarà più attratta dal tribunale che ha aperto la procedura e per essa si renderanno applicabili i criteri di giurisdizione stabiliti dal regolamento n. 44/2001. Di conseguenza, il giudice internazionalmente competente dovrà essere individuato in forza del criterio del domicilio o della sede del convenuto oppure attraverso gli altri criteri stabiliti in materia civile e commerciale.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sulla giurisdizione in tema di azioni relative ad una procedura di insolvenza, nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, si vedano: 22 febbraio 1979, C 133/78, Gourdain c. Nadler, in Raccolta della giurisprudenza della Corte, 1979, 733; 12 febbraio 2009, C-339/07, Christopher Seagon c. Deko Marty Belgium, in Raccolta 2009, I-767; 2 luglio 2009, C-111/08, SCT Industri AB i likvidation c. Alpenbume AB, in Raccolta 2009, I-05655; 10 settembre 2009, C- 292/08, German Graphics Graphische Maschinen GmbH c. Alice van der Schee, in Raccolta 2009, I-08421. Tutte dette sentenze sono reperibili anche al sito curia.europa.eu.
Nella giurisprudenza italiana, in tema di giurisdizione con riguardo all'azione revocatoria fallimentare, v.: Cass. 4 agosto 2006, n. 17706; Cass. sez. un., 7 febbraio 2007, n. 2692; Trib. Milano, 27 marzo 2007, in Fall., 2007, 931 ss. con commento di V. SANGIOVANNI, L'azione revocatoria internazionale tra giurisdizione e legge applicabile; con riferimento ad un'azione revocatoria ordinaria, v. Cass. sez. un. 14 aprile 2008, n. 9745. Si segnala inoltre Cass., sez. un., 27 marzo 2009, n. 7428, che ha considerato esclusa dal campo di applicazione del regolamento n. 1346/2000 un'azione di indebito promossa dal curatore fallimentare perché priva dei caratteri richiesti dalla giurisprudenza Gourdain, consistenti, afferma la Corte, nel cumulo della «diretta derivazione» e «stretta connessione» rispetto alla procedura di insolvenza.
In dottrina, v. P. De Cesari, La revocatoria fallimentare tra diritto interno e diritto comunitario in Riv. dir. int. priv. proc., 2008, 994 ss; P. De Cesari, G. Montella, Insolvenza transfrontaliera e giurisdizione italiana, Milano, 2009, 110; L. Carballo Pineiro, La vis attractiva concursus nel diritto concorsuale europeo, in Dir. fall., 2011, 360 ss.; P. CATALLOZZI, Giurisdizione e legge applicabile nelle revocatorie fallimentari transnazionali, in Fall., 2007, 635 ss.; F. CORSINI, Revocatoria fallimentare e giurisdizione nelle fonti comunitarie: la parola passa alla Corte di giustizia, in Riv. dir.int. priv. proc., 2008, 429 ss.; L. PANZANI, Azione revocatoria nei confronti dello straniero e giurisdizione del giudice che ha dichiarato il fallimento secondo il diritto comunitario. Note minime a seguito della decisione del Bundesgerichtshof, in Fall., 2008, 394 ss.; S. Bariatti, Filling in the Gaps of EC conflicts of Laws Instruments: The Case of Jurisdiction over Actions Related to Insolvency Proceedings, in G. Venturini, S. Bariatti (ed.), Liber Fausto Pocar, Milano, Giuffré 2009, 23ss.
Per i commenti sulla sentenza Deko Marty, v. P. De Cesari G. Montella, Una vis attractiva comunitaria sulla revocatoria fallimentare, in Foro it., 2009, IV, 398; A. Leandro, La giurisdizione sulle revocatorie fallimentari: riflessioni sulla sentenza Deko Marty, in Dir. Un. eur., 2009, 607 ss.
I riferimenti normativi sono: regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, in GUCE n. L 160 del 30 giugno 2000; regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, in GUCE, n. L 12 del 16 gennaio 2001; art. 124, comma 3, l. fall..

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario