Il TFR nel fallimento dopo la riforma dei versamenti al fondo di tesoreria gestito dall'INPS: gli adempimenti del curatore

Ignazio Arcuri
01 Agosto 2013

Il legislatore, nel disciplinare il trattamento di fine rapporto maturato dai lavoratori dipendenti, non ha previsto norme di coordinamento specificamente destinate all'ipotesi di fallimento del datore di lavoro. L'Autore analizza, quindi, la disciplina vigente, alla luce dei ripetuti interventi dell'Inps che, con una serie di circolari e messaggi interpretativi, ha fornito alcune linee operative da adottare in caso di insolvenza, ponendo una serie di adempimenti, non previsti dalla legge, a carico del curatore fallimentare.
Le principali fonti normative e circolari applicative

In via preliminare si riassumono le principali fonti normative e circolari applicative della materia in commento:

  • legge n. 297 del 1982

    (Fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto);

  • legge n. 296 del 27 dicembre 2006

    e D.M. 30 gennaio 2007 (Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'

    articolo 212 del codice civile

    );
  • direttiva

    80/987/CEE

    del 20 ottobre 1980

    attuata tramite il

    d.l

    gs. n. 80 del 1992

    (Garanzia dei crediti di lavoro);

  • circolare INPS n. 53 del 7 marzo 2007

    , sostituita dalla

    circolare n.74 del 15.7.2008

    (Intervento del fondo di garanzia istituito per la liquidazione del TFR e dei crediti di lavoro diversi dal TFR ,in caso di insolvenza del datore di lavoro. Riepilogo delle disposizioni vigenti ed orientamenti giurisprudenziali);

  • circolare INPS n. 70 del 3 aprile 2007

    (

    Legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1,

    commi 755 e seguenti. Decreti del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze 30 gennaio 2007. Istituzione del “Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'

    articolo 2120 del codice civile

    ”);
  • messaggio n. 17020 del 19 ottobre 2012

    (Erogazione diretta del TFR a carico del Fondo di Tesoreria);

  • messaggio n. 27770 del 12 dicembre 2008

    (Erogazione diretta del TFR a carico del Fondo di Tesoreria);

  • circolare INPS n. 21 del 7 febbraio 2013

    (Fondo di Tesoreria – Telematizzazione della domanda delle aziende per l'intervento diretto di pagamento ai lavoratori del TFR dal Fondo).

  • circolare INPS n. 74 del 15 luglio 2008

    (

    Intervento del Fondo di Garanzia istituito per la liquidazione del TFR in caso d'insolvenza del datore di lavoro).

L'

articolo 1, commi 755 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296

(legge Finanziaria 2007) ha istituito il Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'

articolo 2120 del codice civile

”, gestito dall'INPS per conto dello Stato.

In detto fondo devono necessariamente confluire - mensilmente - le quote di TFR maturate dai dipendenti di imprese con più di 50 lavoratori che non abbiano effettuato scelte alternative circa la destinazione del proprio TFR maturando.

Tuttavia, la

L.

27 dicembre 2006, n. 296

ed il successivo D.M. attuativo 30 gennaio 2007, che disciplinano appunto il Fondo di Tesoreria, nulla di specifico prevedono per il caso di fallimento del datore di lavoro. Pertanto, detta nuova normativa deve, necessariamente, essere coordinata con la Direttiva CE n. 80/987 che ha imposto agli stati membri l'adozione di appositi “organismi” di garanzia che assicurino il pagamento dei “diritti” non pagati dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Come è noto, la suddetta direttiva è stata recepita in Italia con il

D.lgs. n. 80 del 1992

, ma fin dalla

legge 29 maggio 1982, n. 297

l'Italia aveva comunque istituto un proprio fondo di garanzia, che con il decreto delegato ivi richiamato era stata opportunamente armonizzata con le disposizioni comunitarie.

La prassi dell'INPS e gli adempimenti del curatore

Non avendo il Legislatore provveduto a dettare opportune norme di coordinamento, l'INPS, con una serie di circolari e messaggi interpretativi, i più importanti dei quali sono stati elencati nella parte iniziale della presente trattazione, ha fornito le linee operative da adottarsi in caso di fallimento, ponendo, di fatto, una serie di adempimenti non previsti dalla legge a carico del curatore fallimentare.

In primis

, l'Istituto ha precisato che il Fondo di Tesoreria (e non quello di garanzia) interviene direttamente anche in caso di fallimento di datori di lavoro che abbiano omesso, in tutto o in parte, il versamento delle quote di TFR che, per legge, hanno natura di obbligazione contributiva.

Da ciò consegue che, alle prestazioni erogate dal Fondo si applicherebbe il principio generale di automaticità di cui all'

art. 2116 c.c.

per cui le prestazioni previdenziali ed assistenziali sono dovute al lavoratore dipendente anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi. Ciò con la logica conseguenza che quello che normalmente l'Istituto fa quando accredita i contributi pensionistici indipendentemente dal loro versamento, dovrebbe fare ugualmente nella materia del trattamento di fine rapporto.

Ed invero, come anche indicato nella

circolare INPS n. 70 del 3 aprile 2007

che fornisce le istruzioni sulla materia, le somme versate a titolo di TFR al Fondo di Tesoreria sono depositate direttamente presso l'INPS e le stesse vengono erogate direttamente dall'Ente previdenziale al lavoratore. In siffatta situazione, l'impresa (in bonis) si configura essenzialmente come un tramite tra il lavoratore e l'ente previdenziale.

Inoltre, in ragione del fatto che l'accantonamento per TFR assume la natura di contribuzione previdenziale, equiparata ai fini dell'accertamento e della riscossione a quella obbligatoria, e che tale accantonamento è effettuato presso l'INPS, che a sua volta si configura come gestore del Fondo per conto dello Stato, lo stesso è il solo soggetto legittimato a richiedere l'ammissione al passivo per le somme relative ai contributi TFR non versati. Ed infatti lo stesso Ente nelle proprie circolari e messaggi ha invitato i curatori e non effettuare più ammissioni al passivo per TFR al fine di evitare duplicazioni nei pagamenti e quindi frodi.

Pertanto, gli importi a titolo di TFR depositati presso il Fondo di Tesoreria, che maturano a favore del dipendente indipendentemente dal fatto che l'impresa li versi, rappresentano, a tutti gli effetti, una partita debitoria dell'INPS verso il lavoratore alla stregua di una vera e propria partita previdenziale.

L'impresa fallita è il soggetto presso il quale l'INPS, per il tramite dell'insinuazione al passivo, provvede a recuperare gli omessi versamenti in moneta fallimentare, mentre il dipendente rimane del tutto estraneo al fallimento non avendo alcun titolo per effettuare l'insinuazione, nemmeno potendo identificare l'impresa fallita quale soggetto coobbligato al pagamento.

I

casi possibili sono dunque due:

a) se l'impresa fallita ha regolarmente provveduto a versare i “contributi per TFR”, è chiaro che la procedura fallimentare è un soggetto del tutto estraneo. In tale caso l'INPS dovrà provvedere al pagamento dell'importo del TFR a favore del dipendente dietro semplice richiesta;

b) quando, invece, detti versamenti siano stati omessi, il fallimento riceve l'accertamento e l'iscrizione a ruolo degli stessi, alla stregua di normali debiti che partecipano al concorso, ma nuovamente, il curatore, nulla dovrebbe essere chiamato a fare nell'interesse dell'uno (INPS) o dell'altro soggetto (lavoratore).

Tali considerazioni valgono per le somme versate a partire dal 1° gennaio 2007 che, a seguito della precedente scelta dei lavoratori di mantenere in azienda il TFR, siano automaticamente confluite nel Fondo di Tesoreria presso l'INPS.

Per quanto riguarda invece il TFR maturato sino al 31 dicembre 2006, esso continuerà ad essere liquidato dal Fondo di Garanzia di cui all'

art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297

, secondo le modalità previste e previa ammissione al passivo da parte del curatore fallimentare, sempreché il fallimento non abbia fondi sufficienti per ripartire le somme ai lavoratori senza che si renda necessario attivare il suddetto fondo.

La Circolare Inps n. 21/2013 sulla trasmissione in modalità telematica della domanda delle aziende per il pagamento diretto del TFR ai lavoratori

Chiarita la natura degli accantonamenti al Fondo di Tesoreria, con la Circolare INPS n.21 del 7 febbraio 2013, emanata per chiarire le modalità di attuazione del

decreto legge n.78 del 31 maggio 2010

, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 luglio 2010, n. 122

recante all'art. 38, comma 5, il potenziamento dei servizi telematici, l'Istituto ha fornito le istruzioni per la trasmissione in modalità telematica della domanda delle aziende per l'intervento diretto di pagamento ai lavoratori del TFR dal Fondo di Tesoreria, con l'unificazione dei dati precedentemente riportati nei modelli cartacei FTES01 e FTES02. Tra i soggetti individuati dall'Istituto per la presentazione della dichiarazione in oggetto, figurano i responsabili delle procedure concorsuali e i responsabili della gestione dell'azienda in sostituzione del datore del lavoro”.

Pertanto, se prima tale adempimento, ancorché non previsto da alcuna fonte normativa, gravava in misura eguale tra il lavoratore (tenuto alla compilazione della richiesta di erogazione al Fondo mediante il modello FTES_02) e il curatore fallimentare (investito dell'onere di presentare la domanda di liquidazione tramite il modello FTES_01 contenente i dati analitici relativi ai lavoratori interessati), all'indomani del decreto legge per il potenziamento dei servizi telematici della Pubblica Amministrazione, secondo l'interpretazione dell'INPS, un ulteriore onere graverebbe sui responsabili delle procedure, ancora una volta non previsto dalla legge ed estraneo per definizione alla stessa procedura concorsuale.

Tuttavia, il curatore fallimentare non può essere il destinatario della telematizzazione della Pubblica Amministrazione, in quanto non ne fa parte, bensì dovrebbe esserne il fruitore.

Si consideri inoltre che le informazioni che il curatore dovrebbe trasmettere tramite la comunicazione telematica in commento sicuramente sono già in possesso dell'Istituto, in quanto comunicate dalla società in bonis, atteso inoltre che la curatela nella maggior parte dei casi non dispone di documentazione sociale e contabile sufficiente a ricostruire completamente il quadro societario e, men che meno, la situazione dei lavoratori subordinati.

Invero, non è detto che il curatore, che rimane terzo, condivida le risultanze contabili della società fallita che ben potrebbero essere inattendibili o comunque potendosi verificare che tra le stesse e le risultanze della verifica non vi sia corrispondenza.

A tale carenza documentale un tempo sopperiva la verifica dei crediti, nella quale il lavoratore produceva, spesso ricostruendo la propria situazione creditoria verso l'impresa fallita tramite l'apporto e l'esperienza delle organizzazioni sindacali, documentazione sufficiente a chiarificare il proprio credito per retribuzioni e TFR.

Oggi, dal momento che il TFR non rappresenta più un credito concorsuale, detta chiarificazione non potrà più esserci, con la conseguenza che il curatore potrebbe essere chiamato ad attestare circostanze che non passano più per il vaglio giurisdizionale operato dalla verifica dei crediti.

Se da un lato quindi, l'Istituto stesso rimarca l'estraneità del debito che lo stesso ha nei confronti del lavoratore sia dal lato dell'automaticità dell'erogazione, sia per il meccanismo dell'accertamento del passivo, sia ancora della liquidazione dell'intera quota in favore del lavoratore anche in caso di insolvenza del datore di lavoro, dall'altro, con le varie circolari, pone progressivamente adempimenti sempre maggiori a carico del responsabile della procedura proprio nel momento in cui l'istituzione del Fondo di tesoreria ne ha fatto venir meno la centralità.

Chiarito ciò, non si può nemmeno pensare che tali obblighi derivino dalle norme istitutive del Fondo di Garanzia, strumento di tutela dei lavoratori in caso d'insolvenza del datore di lavoro, che ora meno frequentemente trova la sua applicazione nell'ambito delle procedure concorsuali. Il

d.l

gs. n.5 del 2006

(anche nelle sue modificazioni), infatti, non prevede tra i compiti del pubblico ufficiale né l'attestazione di valori né l'obbligo di fornire le relative informazioni che sono già nelle disponibilità dei lavoratori o dello stesso Istituto.

Inoltre, sull'obiezione sollevata dall'Istituto nella

Circolare n. 74 del 15 luglio 2008

,

circa la non riferibilità all'ente previdenziale dell'obbligo di provvedere d'ufficio all'acquisizione dei dati necessari per la liquidazione del dovuto, si può facilmente constatare come tali informazioni possano essere fornite dal lavoratore beneficiario in qualità di soggetto legittimato alla richiesta, esattamente come accadeva quando il debito era scrutinato dal curatore e poi da Giudice nell'ambito della verifica dei crediti.

Analoghe riflessioni possono svolgersi sulla tesi, sostenuta più volte dall'Ente, secondo la quale nella

legge n. 248 del 2006

(conversione del

D.L. 4 luglio 2006, n. 223

) sia contenuta la previsione dell'obbligo del responsabile della procedura alla compilazione dei modelli in trattazione in quanto “sostituto d'imposta”: tale disposizione si ritiene abbia semplicemente previsto l'applicazione al responsabile della procedura degli obblighi di cui al

d.P.R. 600 del 1973

allorquando lo stesso provveda ad erogare compensi soggetti a ritenuta alla fonte. Le due fattispecie sono così differenti, che ogni ulteriore approfondimento pare del tutto ultroneo ed inconferente nella materia in trattazione.

Non da ultimo, va considerato che, ai sensi della L. n. 445/2000, il lavoratore, come ogni altro cittadino italiano nell'ambito della presentazione di documentazione amministrativa, può redigere una dichiarazione sostitutiva a mezzo di autocertificazione che non può in alcun modo essere disattesa dall'Istituto, il quale, sulla base della documentazione in suo possesso è posto nelle condizioni di effettuare tutti i calcoli ed i controlli del caso sull'entità del TFR maturato dal lavoratore.

Sul punto, come indicato nella

circolare INPS n. 74 del 15 luglio 2008

recante disposizioni sull' intervento del Fondo di Garanzia istituito per la liquidazione del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro,

l'Istituto stesso prevede che “nel caso eccezionale di comprovato rifiuto da parte del responsabile della procedura concorsuale, le informazioni utili alla liquidazione potranno essere fornite direttamente dal lavoratore interessato tramite la produzione di idonea documentazione e del modello TFR/3bis SOST oppure disponendo accertamenti ispettivi o di reparto presso il responsabile della procedura”.

In definitiva, la scelta legislativamente operata di far evolvere il TFR a contributo in spregio alla sua iniziale natura di retribuzione differita al momento della fine del rapporto di lavoro, esonera l'impresa dissolta per insolvenza da ogni onere verso il lavoratore e verso l'INPS, se non quello di ammettere al passivo gli eventuali oneri contributivi il cui versamento sia stato omesso. Ma mentre l'impresa in continuità, allorquando cessi un rapporto di lavoro, provvede ad erogare per conto dell'INPS il TFR trattenendolo dai versamenti mensili che effettua a tale titolo, con la dichiarazione di fallimento il curatore ha titolo a comunicare all'INPS di essere incapiente al versamento del TFR, con il che ogni obbligo di erogazione risorge in capo all'Istituto, che dovrà provvedervi in proprio con le modalità sin qui descritte, e senza che il curatore sia chiamato a particolari adempimenti.

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