Amministrazione straordinaria e domanda (prenotativa) di concordato preventivo: inapplicabilità dell'art. 161, ult. comma, l. fall.

22 Febbraio 2013

Le considerazioni che seguono si riferiscono al caso in cui, pendente una procedura per la dichiarazione dello stato di insolvenza ai sensi dell'art. 3, D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270, l'impresa in odore di essere sottoposta alla fase preliminare della procedura di amministrazione straordinaria chieda di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, eventualmente presentando una domanda predisposta ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall.
Domanda di concordato preventivo in pendenza di un procedimento ex art. 3 d.lgs. n. 270/1999

Le considerazioni che seguono si riferiscono al caso in cui, pendente una procedura per la dichiarazione dello stato di insolvenza ai sensi dell'

art. 3

,

D

.lgs. 8 luglio 1999, n. 270

, l'impresa in odore di essere sottoposta alla fase preliminare della procedura di amministrazione straordinaria chieda di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, eventualmente presentando una domanda predisposta ai sensi dell'

art. 161, comma

6

,

l. fall

.

Una simile ipotesi induce infatti a chiedersi come risolvere il rapporto fra concordato preventivo ed amministrazione straordinaria e quale delle due procedure ritenere prevalente quando, come nel caso che qui si ipotizza, il primo procedimento (ovverosia quello volto all'ammissione al concordato preventivo) venga instaurato allorché il secondo sia già iniziato.

Ora, è ben vero che nel regime precedente alle recenti (quando non recentissime) riforme che hanno cambiato la pelle alla disciplina del concordato preventivo, la dottrina si era a lungo interrogata sul rapporto fra le procedure predette (S

. PACCHI, L'alternativa tra concordato preventivo ed amministrazione straordinaria, in Diritto Fallimentare, II, 2009, 212 ss.; A. NIGRO, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese. Lineamenti generali, in Trattato Bessone, XXV, Torino, 2012, 280-284; M. BIANCA, La dichiarazione dello stato di insolvenza nell'amministrazione straordinaria, in L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Milano, 2008, 49 ss.. Per un'esaustiva rassegna sullo stato del dibattito sviluppatosi nel vigore della

Legge 95/1979

si veda La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, Commentario al D.lgs. 270/1999 a cura di A. CASTAGNOLA, R. SACCHI, Torino, 2000, 39 ss

); tuttavia, forse a ragione dell'ancora attuale assenza (

F. LAMANNA, Pre-concordato e procedura prefallimentare pendente: il termine minimo e l'oscuro riferimento al decreto di rigetto dell'istanza di fallimento, in ilFallimentarista.it; L. PANZANI, Il concordato in bianco, in Il Fallimentarista.it; DE SANTIS, Il processo per la dichiarazione di fallimento, LXIII, in Trattato di diritto, Padova, 2012, 211 ss.;

Cass. Civ. 8 febbraio 2011, n. 3059

in Dir. Fall., 2011, II, 453 ss., con nota di P. FARINA, Il deposito di istanza di concordato preventivo non dà luogo a sospensione dell'istruttoria prefallimentare. Si segnala

Trib. Torre Annunziata, 2 maggio 2012

, in ilFallimentarista.it, con nota critica di M. RANIELI)

di qualsivoglia esplicito riferimento normativo che consenta di dare alla questione una soluzione immediata, la stessa mantiene, pure nell'odierno contesto normativo, una stringente attualità.

Proprio per l'assenza di sicuri appigli testuali, onde (cercare di) dare risposta ai quesiti di cui sopra, non si può che muovere dalle finalità che le due procedure - concordato preventivo ed amministrazione straordinaria - perseguono, allo scopo di individuare e valorizzare gli specifici interessi alla cui soddisfazione esse paiono legalmente preordinate.

In questo senso si reputa (da sempre e generalmente) che la procedura di amministrazione straordinaria si caratterizzi per perseguire “finalità conservative del patrimonio produttivo” (

art. 1 D.lgs. 270/1999

) (

R. MARRAFFA, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e tutela dei creditori, Torino, 2011, 15 ss.

) di tutte quelle grandi imprese che, trovandosi in stato di insolvenza, presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle loro attività (

art. 27 D.lgs. 270/1999

); finalità che, ex lege, possono essere conseguite vuoi mediante la ristrutturazione ed il recupero delle attività imprenditoriali, vuoi attraverso l'unitaria cessione del complesso aziendale dell'impresa in crisi.

Quanto al concordato preventivo, il quadro appare un po' più complesso.

Infatti, nella versione antecedente alle modifiche legislative che si sono succedute dal 2005 in poi, questo istituto (coerentemente con le sue applicazioni pratiche) conservava una certa connotazione di stampo liquidatorio, quanto meno nel senso che la disciplina allora vigente, se non negava espressamente la strada della continuità aziendale (ravvisabile in taluni concordati per garanzia, ovvero in concordati simil-liquidatori, in cui la liquidazione si caratterizzava cioè per la cessione del compendio aziendale, successivo ad un suo affitto volto a preservarne l'efficienza) certamente comunque non la incoraggiava.

Sembra tuttavia nel giusto chi ritiene che un motivo comune a tutte le riforme che hanno negli ultimi anni interessato l'istituto concordatario (e più in generale l'intera materia regolata dal

R.D. 267/1942

) sia quello della crescente attenzione che il Legislatore ha dedicato alla sorte dell'azienda, intesa appunto (si potrebbe dire secondo tradizione) quale complesso unitario di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività di impresa.

In altre parole, oggi pare obiettivamente potersi sostenere che la conservazione dell'integrità dell'azienda e dei valori che la stessa incorpora (rispetto ad una liquidazione frammentata del patrimonio dell'imprenditore in crisi, quand'anche orientata alla efficiente soddisfazione degli interessi dei creditori) costituisca uno dei principi ispiratori delle numerose scelte di politica legislativa poste alla base delle modifiche - anche recenti - apportate alla disciplina concorsuale e che pertanto il pubblico interesse alla ricerca di soluzioni non liquidatorie possa considerarsi oggigiorno alla stregua di un principio immanente nel nostro sistema positivo dedicato alla crisi d'impresa.

A testimonianza di tale mutato orientamento, anche a prescindere dal più recente intervento legislativo in materia di concordato preventivo, si collocano numerose disposizioni che - ora introducendo ex novo (cfr. ad esempio l'

art. 104-

bis

l. fall

. in tema di affitto di azienda), ora comunque privilegiando (cfr. ad esempio l'

art. 105, comma

1

,

l. fall

.) soluzioni della crisi dell'impresa volte a contemperare l'interesse alla salvaguardia delle strutture produttive (ed alla loro integrità) e quello alla soddisfazione delle pretese creditorie - intendono assicurare che la realizzazione concorsuale di quest'ultime non debba necessariamente passare attraverso una pregiudizievole disgregazione delle prime (ed appunto della loro predetta integrità).

Il Legislatore pare dunque avere assunto piena consapevolezza della non necessaria conflittualità - ed anzi della necessità di salvaguardare la coesistenza - tra queste due categorie di interessi.

Ed avendo riguardo anche all'ultimo intervento, in ordine di tempo, sulle disposizioni dedicate al concordato preventivo, appare certamente non casuale che si assista ad un rafforzamento dell'immagine dell'istituto come strumento privilegiato di composizione delle crisi d'impresa, che trovi luogo tramite la prosecuzione dell'iniziativa imprenditoriale e la salvaguardia dell'integrità di quel bene - ovvero l'azienda - che di quella prosecuzione rappresenta allo stesso tempo elemento pressoché indefettibile e garanzia di mantenimento.

Conferma di quanto appena detto si ricava dalla piana lettura sia dell'

art. 186-

bis

l. fall

. (

M. ARATO, Il concordato con continuità aziendale, in ilFallimentarista.it; P. BALDASSARRE, M. PERENO, Prime riflessioni in tema di concordato preventivo in continuità aziendale, in ilFallimentarista.it; A. VALENTINI, M. BADELLINO, G. GOFFI, Riflessioni su rapporto di lavoro subordinato e nuove norme fallimentari in tema di continuità aziendale, in ilFallimentarista.it

) - che recepisce appunto una nozione di continuità ben più ampia di quella comunemente intesa ed invalsa nella prassi, non tanto riconnessa a parametri soggettivi (ovvero focalizzata sulla figura dell'imprenditore in crisi), quanto, appunto, basata su di un parametro oggettivo, ovverosia l'azienda quale bene unitario necessario alla continuazione dell'attività, incurante del soggetto che lo impiega a fini imprenditoriali - sia dell'

art. 182-

quinquies

, comma

4

,

l

.

fall

. il quale - ancorché nel limite segnato dalla “migliore soddisfazione dei creditori” - prevede una possibilità di deroga al principio della par condicio creditorum essenzialmente giustificata dalla preminente finalità conservativa della continuità aziendale, consentendo (ove ricorra detta continuità nel senso tracciato dall'

art. 186-

bis

l. fall

.), il pagamento - alle condizioni previste dalla norma - di creditori concorsuali, per prestazioni di beni e servizi che risultino “essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa”.

Se dunque anche nel concordato sono riconoscibili “finalità conservative del patrimonio produttivo” in una prospettiva di recupero dell'equilibrio economico finanziario, sembra doversi condividere quell'interpretazione, peraltro già prospettata in dottrina (

S. PACCHI, L'alternativa tra concordato preventivo ed amministrazione straordinaria cit., 216; V. ZANICHELLI, L'amministrazione straordinaria, in Fallimento e altre procedure concorsuali, III, Padova, 2009, 2020-2021; A. MELUCCO, L'amministrazione straordinaria, in Le altre procedure concorsuali, reati fallimentari, problematiche comunitarie e trasversali. Fallimento e fisco, III, Torino, 2011, 788-789, il quale parla espressamente di prevalenza del concordato preventivo sull'amministrazione straordinaria; A. CAFIA, L. D'ORAZIO, L'amministrazione straordinaria, in Le procedure concorsuali, a cura di A. CAFIA, Padova, 2011, 1494-1495. Argomenta nel senso dell'assenza di qualsivoglia motivazione di ordine logico nel ritenere necessariamente prevalente l'opzione dell'amministrazione straordinaria V. ZANICHELLI, L'amministrazione straordinaria, in Trattato delle procedure concorsuali diretto da L. GHIA, C. PICCININI, F. SEVERINI, 5, Padova, 2011, 176-178

), secondo cui, nel rapporto fra le due procedure (concordato preventivo versus amministrazione straordinaria), la preferenza non possa che essere data al primo istituto, residuando semmai, in nome della perdurante preminenza dell'interesse pubblico alla conservazione del complesso produttivo aziendale, uno spazio per la soluzione contraria soltanto laddove la fattispecie concreta presenti un'ipotesi di concordato fondata su un piano meramente liquidatorio, capace - se si vuole - in sé di soddisfare i creditori, ma idoneo a disgregare, parcellizzandolo, il complesso aziendale produttivo (o profili di abusività).

Laddove la proposta concordataria preveda invece di addivenire al risanamento dell'esposizione debitoria del ricorrente attraverso la continuità dell'attività produttiva in capo al medesimo imprenditore in crisi, ma anche, come si diceva, mediante la cessione od il conferimento dell'azienda in blocco a soggetti terzi affinché costoro la utilizzino per continuare l'attività predetta, allora la soluzione concordataria, sommandosi in essa la tutela degli interessi dei creditori a quella degli interessi conservativi del patrimonio produttivo, non potrà che preferirsi.

E ciò perché essa consente di soddisfare, in uno con un significativo risparmio di tempo e di costi procedurali, una molteplicità di interessi (

B. QUATRARO, Manuale delle procedure concorsuali minori, Milano, 1981, 739-741

)

, pubblici e privati, che viceversa troverebbero, nelcontestopiùmarcatamente conservativo dell'amministrazione straordinaria, in taluni casi solo una parziale tutela e, in altri, nessuna salvaguardia.

In conclusione, anche senza voler porre mente all'evidente favor con il quale il Legislatore pare guardare al concordato preventivo quale strumento di composizione della crisi d'impresa, è possibile ragionevolmente concludere che, in caso di contemporanea pendenza della procedura di amministrazione straordinaria e di concordato preventivo con continuità aziendale - ove tale continuità va intesa in senso lato, avendo cioè riguardo alla continuazione dell'attività produttiva mediante il complesso aziendale già utilizzato dall'imprenditore in crisi - dovrà essereprioritariamente vagliata dal Tribunale l'ammissibilità della soluzione pattizia, in sé idonea a dare, in modo astrattamente più efficiente, soddisfazione ad una più vasta gamma di interessi, onde eventualmente addivenire a quella “pubblicistica” solo in caso di esito negativo della prima.

Non sembra poi vi sia ragione di credere che tale considerazione possa mutare, allorché la domanda concordataria sia presentata ai sensi dell'

art. 161, comma

6

,

l. f

all

. (

F. ROLFI, La generale intensificazione dell'automatic stay, in

IlFallimentarista.it

.

).

La norma infatti assegna alla domanda di cui tratta un effetto prenotativo del futuro concordato, introducendo - almeno così a chi scrive pare di capire - una fase processuale preliminare (

Contra

Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012

), che, per la sua finalità (e sebbene non senza talune peculiarità) non resterà scoordinata rispetto al concordato preventivo se il procedimento di concordato - per così dire continui -, con il deposito della domanda definitiva, sriconnettendosi sotto molti aspetti alla domanda originariamente proposta.

Sull'inapplicabilità dell'ultimo comma dell'art. 161 l. fall. in caso di contemporanea pendenza delle procedure

Chiarito il rapporto esistente fra concordato preventivo ed amministrazione straordinaria diviene poi relativamente più semplice affrontare il problema dell'applicabilità o meno dell'ultimo comma dell'

art. 161

l.

fal

l

. allorché la domanda di concordato sia presentata ai sensi del sesto comma di quest'ultima norma e nella pendenza di un procedimento volto alla dichiarazione di insolvenza rilevante ai fini della sottoposizione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria.

Si può a questo riguardo cominciare dalla fine: affermando cioè che sembra ragionevolmente possibile ritenere inapplicabile l'

art. 161, ultimo comma, l. fall.

nell'ipotesi di contemporanea pendenza delle procedure di concordato preventivo e di amministrazione straordinaria, con la conseguenza che il concorso tra le stesse non può (e a ben vedere neppure deve) obbligatoriamente risolversi nella necessaria concessione al ricorrente da parte del Tribunale del termine minimo previsto dalla legge per la presentazione del piano e della proposta concordataria.

Le argomentazioni che depongono a sostegno di tale conclusione paiono essere, per la verità, differenti e di diverso ordine.

La prima

, di carattere lessicale, si incentra sul cristallino tenore letterale della richiamata disposizione. L'

art. 161, ultimo comma,

l. fall

., riferendosi infatti al solo “procedimento per la dichiarazione di fallimento”, non lascia spazio a dubbi interpretativi di sorta.

La seconda

è viceversa connessa ai canoni ermeneutici prescritti legalmente per l'interpretazione della legge.

La disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'

art. 161 l. fall.

, infatti, introduce un'evidente eccezione alla regola generale enunciata ai commi 2 e 3 del medesimo

art. 161

l. fall

.; circostanza questa che le attribuisce un'altrettanto evidente natura eccezionale.

Con la conseguenza che essa, ai sensi di quanto prescritto dall'art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale, non può trovare applicazione “oltre i casi [i.e. il procedimento per la dichiarazione di fallimento] da essa considerati”.

Giova osservare peraltro che nel caso di specie apparirebbe comunque difficile individuare una eadem ratio che possa giustificare l'applicazione analogica della norma al di là dei suoi confini testuali.

Se è vero infatti che concordato preventivo e amministrazione straordinaria sono istituti che mirano alla tutela di interessi fra loro compatibili, giacché in parte sovrapponibili (residuando a favore del primo un maggior ambito di protezione) tutti riconducibili alla tutela della continuazione della attività mediante la salvaguardia dell'apparato aziendale produttivo, altrettanto non può dirsi per la procedura fallimentare, la quale, risulta ancora oggi caratterizzata da una connotazione essenzialmente liquidatoria, coerente - nonostante le significative novità introdotte - con quella tradizionale impostazione che vede nella tutela dell'interesse creditorio il punto focale dell'intera sua disciplina.

Se dunque una diversità di disciplina (mediante, appunto, l'eccezione di cui all'ultimo comma dell'

art. 161

l. fall

.) può forse giustificarsi per non tradire le legittime aspettative di creditori che, chiedendo il fallimento del loro debitore, abbiano già - come dire - messo in conto che la loro soddisfazione possa avvenire anche con la vendita frammentata del patrimonio di quest'ultimo, la medesima esigenza di certo non sussiste in ipotesi, quale quella in esame, in cui la procedura (amministrazione straordinaria) - la cui esistenza menomerebbe il diritto (o meglio l'aspettativa) dell'imprenditore ad ottenere un termine coerente con la previsione di cui al sesto comma dell'

art. 161

l. fall

. - persegue in realtà interessi (ed in maggior misura ove la stessa abbia preso l'abbrivio da un'iniziativa officiosa) che risultano ugualmente soddisfatti da quella (diversa procedura) - ovvero quella concordataria - prescelta dal medesimo imprenditore come mezzo di risoluzione della sua crisi.

Conclusione questa che peraltro, a sua volta, trova indiretta conferma nella radicale diversità che oggi, ancor più che in passato, pare potersi rinvenire - in termini oggettivi - tra la procedura fallimentare e quella concordataria, quest'ultima sempre più declinata come strumento, vocato per legge e privilegiato nella prassi concorsuale, di composizione delle crisi tramite la conservazione dell'azienda in funzione della prosecuzione dell'attività d'impresa.

Infine, ma non meno importante, ad escludere l'applicabilità dell'ultimo comma dell'

art. 161

l. fall

. al caso di specie ricorre anche un'ulteriore considerazione di ordine sostanziale.

Se infatti si vuole vedere il fondamento della disposizione in commento nell'esigenza di evitare che siano oltremodo dilatati i tempi nei quali le istanze di fallimento (già depositate) trovino riscontro da parte dell'Autorità Giudiziaria adita, non appare allora possibile non considerare l'eventuale e del tutto peculiare carattere officioso dell'amministrazione straordinaria (

ZANICHELLI, L'amministrazione straordinaria, in Trattato delle procedure concorsuali cit.

).

Esso infatti, per un verso, traccia una profonda differenza di disciplina fra quest'ultima procedura e quella fallimentare, che può giustificarsi soltanto in funzione della natura più marcatamente pubblicistica degli interessi tutelati dalla prima (riconducibili, come chiarito, in via prioritaria alla salvaguardia dei complessi produttivi) e, per altro verso, proprio in relazione alla tutela di questi interessi, consente di ipotizzare diverse soluzioni - rispetto a quella prevista dall'ultimo comma dell'

art. 161

l. fall

. - almeno tutte le volte in cui la domanda di concordato depositata nella pendenza di un procedimento

ex

art. 3 d.lgs.

n. 270/1999

, sia dichiaratamente rivolta a soluzioni capaci di soddisfare interessi analoghi.

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