Ristrutturazione del debito e crisi dell'impresa. Brevi considerazioni sull'OIC 6

19 Marzo 2013

Il principio contabile OIC n. 6, dedicato alla contabilizzazione delle operazioni di ristrutturazione del debito, affronta il tema della crisi d'impresa dalla prospettiva del debitore. Il presupposto logico è quello della continuazione dell'attività aziendale.L'Autore analizza il contenuto del documento OIC, che distingue tra operazioni di ristrutturazione in senso stretto e rinegoziazioni, e con riferimento ai bilanci di debitore e creditori, si sofferma sul tema della ristrutturazione dei crediti (forbearance).
Sintesi del contenuto dell'OIC 6

Il principio contabile OIC n. 6 si rivolge alle imprese italiane che redigono il bilancio secondo le disposizioni del codice civile e i principi contabili nazionali. Sono dunque escluse le imprese che applicano i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) e le compagnie di assicurazione, soggette alle disposizioni di settore (

Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 173

).

Il documento OIC tratta la contabilizzazione delle operazioni di ristrutturazione del debito, affrontando il tema della crisi d'impresa dalla prospettiva del debitore.

Esso si basa su un assunto fondamentale: il bilancio dell'impresa che procede alla ristrutturazione del debito viene redatto nella prospettiva della continuazione dell'attività aziendale (going concern). Quindi il presupposto logico è che la crisi dell'impresa non sia tale da comprometterne la permanenza sul mercato. Deve presumersi pertanto che le difficoltà nascano essenzialmente dal lato finanziario della gestione aziendale (ossia da una politica di approvvigionamento dei fondi errata o non più adeguata al processo/ciclo produttivo) e non da quello economico (coincidente con la capacità dell'impresa di generare adeguati ricavi dalla propria attività tipica). Ove questo assunto non fosse verificato, si dovrebbe fare riferimento alle norme riguardanti la redazione dei bilanci straordinari.

Ciò detto, l'OIC 6 opera una fondamentale distinzione fra le operazioni di ristrutturazione in senso stretto e le rinegoziazioni.

Le ristrutturazioni del debito sono operazioni poste in essere per consentire all'impresa debitrice di superare una situazione di difficoltà finanziaria e di recuperare il proprio equilibrio. In particolare, il documento OIC stabilisce che: “per ristrutturazione del debito s'intende un'operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore” (

Banca d'Italia, Circolare n. 272 del 30.7.2008

).

Lo standard contabile fissa pertanto due requisiti costitutivi della fattispecie: a) l'impresa deve trovarsi in una situazione di difficoltà finanziaria; b) il creditore, a causa di tale situazione, acconsente a rivedere le condizioni originarie del prestito in senso favorevole al debitore, sopportando una perdita economica.

Le rinegoziazioni del debito sono invece operazioni di modifica dei termini originari dei prestiti che non si configurano come ristrutturazioni in senso stretto. Si tratta, in altri termini, di operazioni che non soddisfano, singolarmente o congiuntamente, i due requisiti sopra richiamati. Ad esempio, operazioni di rinegoziazione sono quelle effettuate nei confronti di clienti performing, in cui le clausole contrattuali del prestito (durata, piano d'ammortamento, tasso d'interesse applicato ecc.) sono riviste al solo scopo di non perdere la relazione commerciale con il cliente. Vi può anche essere una perdita, ma si tratta di una perdita subita per ragioni riconducibili alle pressioni competitive. Rinegoziazioni sono pure quelle realizzate nei confronti di debitori in difficoltà, nelle quali però le modifiche contrattuali non generano alcuna perdita per il creditore (es. allungamento della durata del prestito senza alcuna rinuncia agli interessi). In tali circostanze il beneficio della rinegoziazione ha, per il debitore, solo natura finanziaria e si manifesta sotto forma di riduzione dei flussi di cassa pagati negli esercizi interessati.

Chiarito l'ambito oggettivo di applicazione dello standard, l'OIC 6 offre una breve ricognizione delle diverse tipologie di operazioni di ristrutturazione disciplinate dall'ordinamento nazionale e, in particolare, dalla

legge fallimentare

(

l.fall

.):

  • concordato preventivo, disciplinato dagli

    artt. 160 e segg.

    l.fall

    .;

  • accordo di ristrutturazione del debito di cui all'

    art. 182-

    bis

    l.fall

    .;

  • piano di risanamento attestato di cui all'

    art. 67, comma 3, lettera d),

    l.fall

    .;

  • altre forme di ristrutturazione del debito diverse rispetto a quelle individuate dagli istituti della

    legge fallimentare

    sopracitati.

Naturalmente, il ricorso ai singoli istituti regolati dal diritto fallimentare è destinato a produrre effetti sostanziali (diritti, responsabilità, rischi, poteri gestionali ecc.) differenti nei confronti delle parti interessate. Tuttavia, ai fini del corretto trattamento contabile, ciò che rileva sono alcuni aspetti “economici” delle diverse tipologie di operazioni di ristrutturazione. In particolare occorre avere riguardo a:

  • i tempi della ristrutturazione

    : il raggiungimento di un accordo per la ristrutturazione del debito può richiedere molto tempo. Occorre pertanto distinguere: a) la fase delle trattative, che può interessare uno o più esercizi; b) la data di perfezionamento dei nuovi accordi, da cui discendono i suddetti effetti sostanziali (c.d. “data della ristrutturazione”); c) i periodi successivi, cioè il l'arco temporale nel quale gli effetti economico-patrimoniali attesi dalla ristrutturazione sono destinati a realizzarsi;

  • le modalità della ristrutturazione

    : la ristrutturazione può essere effettuata seguendo differenti modalità. In estrema sintesi, essa può avvenire sotto forma di: a) revisione delle originarie condizioni del prestito; b) trasferimento di attività o beni dal debitore al creditore, con estinzione parziale o totale del debito; c) aumenti di capitale dell'impresa a favore del creditore, con estinzione totale o parziale del debito; d) una combinazione delle precedenti modalità. A sua volta, la revisione delle originarie condizioni del prestito può concretizzarsi in un/una: 1) riduzione del capitale da rimborsare; 2) abbattimento degli interessi maturati e non ancora riscossi; 3) riduzione del tasso di interesse per gli interessi maturandi (lungo la vita residua del prestito); 4) dilazione dei pagamenti, in linea capitale e/o interessi, quando tale dilazione sia infruttifera o negoziata a condizioni inferiori a quelle stabilite nel contratto originario.

Nella fase delle trattative

, cioè prima della data di ristrutturazione, l'impresa è chiamata a fornire, in un'apposita sezione della nota integrativa, una informativa nella quale rende nota la sussistenza di uno stato di difficoltà finanziaria, indicando le relative cause, l'esistenza di un negoziato in atto con il creditore (o i creditori) nonché l'ammontare dell'esposizione debitoria totale e di quella “ristrutturanda”. E' importante che l'impresa chiarisca se il perfezionamento della ristrutturazione è necessario per assicurare il rispetto del presupposto della continuità aziendale (going concern) e illustri i potenziali effetti che deriverebbero dal suo mancato realizzo.

A partire dalla data di ristrutturazione

diviene necessario contabilizzare gli effetti della ristrutturazione. Poiché questo è un discrimine temporale fondamentale, occorre prestare particolare attenzione alla sua corretta identificazione. In genere, la data di ristrutturazione coincide con l'omologa del concordato da parte del Tribunale (concordato preventivo), con la pubblicazione sul registro delle imprese dell'accordo concluso con i creditori (accordo di ristrutturazione), con il perfezionamento dei nuovi contratti (altri casi). Nell'identificare la data di ristrutturazione, occorre tener conto di eventuali clausole sospensive. Inoltre, se la ristrutturazione viene realizzata combinando diverse modalità (revisione delle condizioni del prestito, cessione di attività, emissione di capitale ecc.), per ciascuna di esse occorre considerare la relativa data di decorrenza.

Ciò detto, l'OIC 6 distingue due tipologie di operazioni, in relazione all'impatto prodotto sul conto economico alla data di ristrutturazione:

  1. operazioni con impatto immediato sul conto economico

    . Si tratta di operazioni nelle quali il sacrificio economico del creditore - e il correlativo beneficio per il debitore - assumono la veste di una riduzione del debito in linea capitale e/o di un abbuono degli interessi già maturati. Rientrano in tale categoria anche le operazioni che prevedono l'estinzione (parziale o totale) del debito mediante la cessione, al creditore o a terzi, di attività dell'impresa ovvero l'emissione di un prestito obbligazionario convertibile in sostituzione di quello esistente. In questi casi occorre procedere alla iscrizione nel conto economico di un provento straordinario. L'OIC 6 chiarisce che: a) nel caso di riduzione del debito in linea capitale e/o degli interessi già maturati il provento è pari alla riduzione operata; b) nel caso di trasferimento di attività al creditore, il provento è pari alla differenza fra il valore contabile dell'attivo ceduto e il (maggior) valore contabile del debito estinto; c) nel caso di emissione di un prestito obbligazionario convertibile non si determina in genere alcun effetto sul conto economico perché l'emissione avviene solitamente a un valore pari al valore contabile del debito ristrutturato. L'iscrizione del provento straordinario non è contraria al principio di prudenza, in quanto si tratta di un provento “realizzato”. Poiché le ristrutturazioni sono spesso operazioni complesse nelle quali si combinano più contratti, è necessario quantificare correttamente la plusvalenza realizzata. E' per tale ragione che l'OIC 6 specifica che nel calcolo di tale provento occorre tener conto di tutti gli eventuali altri accordi “laterali” (ad esempio, la sottoscrizione di un derivato) che possano incidere, positivamente o negativamente, sulla misura del beneficio complessivo accordato all'impresa;

  2. operazioni con impatto differito sul conto economico

    . Si tratta di operazioni nelle quali il beneficio per l'impresa è destinato a manifestarsi negli esercizi futuri. Ciò si verifica, ad esempio, quando la ristrutturazione prevede il ribasso del tasso di interesse per la durata residua del finanziamento ovvero quando le scadenze originarie dei pagamenti (in linea capitale e interessi) sono differite nel tempo in modo infruttifero o applicando un tasso inferiore a quello contrattuale. In tutti questi casi, in ossequio al principio di prudenza, alla data di ristrutturazione non si rileva alcun provento. Il beneficio apparirà negli esercizi futuri sotto forma di minori costi della provvista. Tuttavia, l'impresa ha l'obbligo di illustrare al lettore del bilancio i benefici attesi dalla ristrutturazione. In particolare, a partire dalla data di ristrutturazione l'impresa deve fornire in nota integrativa un'informativa sul “valore economico del debito” post-ristrutturazione. Questo valore è pari al valore attuale dei flussi di cassa (in linea capitale e in linea interessi) che in base ai nuovi accordi essa dovrà pagare, scontato al tasso di interesse originario del debito ante-ristrutturazione. La differenza tra il valore economico del debito, così calcolato, e il valore del debito riportato in bilancio rappresenta la plusvalenza “potenziale” che, in virtù del principio di prudenza, non è stata iscritta nel conto economico.

Per entrambe le categorie di operazioni l'OIC 6 prevede l'obbligo di iscrivere immediatamente nel conto economico i costi connessi con la ristrutturazione (consulenze professionali, servizi finanziari ecc.), senza possibilità di capitalizzazione. Diversamente dai costi di transazione sostenuti per acquisire i mezzi finanziari necessari allo svolgimento dell'attività d'impresa, di regola incorporati nel calcolo del tasso di interesse effettivo, i costi in questione devono essere registrati in conto economico “nell'esercizio del loro sostenimento e/o maturazione”, in quanto è assai difficile dimostrare - data la precaria situazione dell'impresa - la loro effettiva capacità di produrre futuri benefici economici.

L'OIC 6 si preoccupa anche di fornire indicazioni sul trattamento di eventuali derivati di copertura del debito che, per effetto dell'operazione di ristrutturazione, potrebbero non essere più qualificabili come strumenti di copertura. In particolare, è chiarito che, quando si determina una situazione di sovra-copertura (over-hedge), nel senso che il valore nozionale del derivato diventa superiore al valore capitale del debito post-ristrutturazione, occorre procedere alla valutazione al fair value del derivato stesso e alla iscrizione della eventuale minusvalenza a conto economico.

Completa il quadro delle regole la parte dell'OIC 6 riguardante la disclosure. La prima informazione da rendere in nota integrativa è se l'operazione di ristrutturazione è considerata come necessaria per garantire il rispetto del principio di continuità aziendale.

Oggetto di disclosure sono inoltre: l'esposizione debitoria complessiva e quella oggetto di ristrutturazione, la sua composizione (per controparti, quota garantita, quota scaduta ecc.), la descrizione dei principali aspetti degli accordi di ristrutturazione, la posizione finanziaria netta ante e post-ristrutturazione, l'impatto sul conto economico, i costi della ristrutturazione, eventuali garanzie e/o impegni che assistono i nuovi accordi, lo stato d'avanzamento del piano di ristrutturazione (rispetto, mancato rispetto, necessità di correzioni in corsa degli accordi ecc.).

Il peso della disciplina sostanziale della crisi di impresa

Nella crisi d'impresa gli interessi privati dell'imprenditore e dei suoi creditori non esauriscono lo spettro degli interessi coinvolti. Vi è anche l'interesse pubblico alla conservazione dell'impresa come valore economico per la collettività. Per tale ragione gli istituti del diritto fallimentare prevedono l'intervento, con varie modalità, del Tribunale nella delicata fase in cui l'impresa debitrice e i suoi creditori rivedono i termini originari del debito. Ovviamente l'intervento pubblico non entra nel merito della fissazione delle nuove condizioni dell'accordo né impone ai soggetti coinvolti l'adesione alle stesse. Questo aspetto resta nella piena autonomia privata delle parti, che sono libere di formulare nuove proposte e di accettarle o rifiutarle. L'intervento pubblico ha piuttosto l'obiettivo di assicurare l'affidabilità e la trasparenza delle valutazioni poste a base del piano di ristrutturazione, la generale correttezza dei comportamenti delle parti in causa, la par condicio creditorum e, su un piano più generale, il mantenimento delle imprese in grado di recuperare livelli sufficienti di profittabilità. Le procedure prevedono un diverso grado di formalizzazione: più incisivo è l'intervento pubblico, maggiore è il grado di protezione e di certezza riconosciuto ai comportamenti dei soggetti interessati (esenzione dalla revocatoria, tutela della c.d. finanza-ponte, congelamento delle azioni esecutive dei creditori ecc.).

Ciò detto, sul piano economico le ristrutturazioni possono comportare solamente una ripartizione su base nuova, fra azionisti e creditori, delle perdite aziendali (ciò accade, ad esempio, quando si rinegoziano le condizioni di un prestito) oppure anche un cambiamento dell'assetto proprietario (ciò accade, ad esempio, quando la ristrutturazione comporta la conversione del debito in capitale). In quest'ultimo caso, la transazione si fa più complessa perché, oltre all'assunzione di una quota delle perdite da parte dei creditori, si realizza anche il passaggio del controllo azionario o una sua diluizione.

Il principio OIC 6 si focalizza essenzialmente sulla prima tipologia di ristrutturazioni, quelle in cui i creditori restano creditori, anche se a condizioni economiche peggiori rispetto a quelle di partenza. Come detto, i creditori accettano la perdita perché, così facendo, pensano di evitare una perdita maggiore (liquidazione dell'impresa). Anche il debitore (cioè l'imprenditore-azionista) fa' la sua parte, in parte contribuendo con ulteriori apporti di patrimonio o aggiunta di garanzie, in parte accettando una parziale riduzione dei propri poteri gestionali e, in alcuni casi, la sorveglianza degli organi giudiziari.

Condizione necessaria perché il sacrificio del creditore produca gli effetti sperati - in termini di recupero in bonis dell'impresa debitrice - è che il beneficio concesso alla stessa non sia vanificato da comportamenti imprudenti dell'imprenditore, sul piano sia gestionale sia delle politiche contabili. Altrimenti si produrrebbe un effetto perverso, opposto a quello atteso dall'operazione di ristrutturazione, che deve restare coerente con il naturale ordine di subordinazione che vige sul passivo: le perdite aziendali devono essere sopportate prima, e in misura maggiore, dagli azionisti e poi dai creditori.

La correttezza e la trasparenza dei comportamenti gestionali sono tutelate - come detto - dalle disposizioni della

legge fallimentare

e più in generale dell'ordinamento. Con riferimento alle regole contabili, la prudenza e la trasparenza delle politiche contabili sono assicurate dal rispetto delle norme del codice civile e dei principi contabili nazionali. A tale proposito, il principio OIC 6 dispone che:

  • gli effetti della ristrutturazione si rilevano solo a partire dal momento in cui l'operazione diventa efficace fra le parti; non è consentito operare politiche di window dressing facendo leva su “effetti annuncio”, cioè prima del perfezionamento dell'operazione;

  • i benefici attesi possono essere iscritti subito nel conto economico solo quando “realizzati”; negli altri casi vanno rilevati pro-rata temporis, sotto forma di minori costi della provvista;

  • i costi della ristrutturazione, in genere corrispondenti ai compensi corrisposti a consulenti specializzati, vanno subito registrati nel conto economico, senza possibilità di capitalizzazione;

  • eventuali oneri connessi con operazioni economicamente collegate al debito oggetto di ristrutturazione (ad esempio, i derivati di copertura) vanno rilevati subito.

Alcune considerazioni sull'OIC 6

La filosofia che ispira l'OIC 6 è orientata all'obiettivo fondamentale - mutuato dalla

legge fallimentare

- di evitare comportamenti dell'imprenditore che, nel momento della crisi dell'impresa, possano recare ulteriore danno ai creditori.

Vero è che l'ordinamento - pur confermando quell'obiettivo fondamentale - potrebbe trattare in modo diverso la crisi dell'impresa, creando i presupposti/incentivi per l'adozione di scelte economiche che massimizzino il valore dell'impresa e dunque le probabilità di recupero dei crediti da parte dei creditori.

Evidentemente, in questo campo la disciplina sostanziale della crisi di impresa gioca il ruolo più importante, perché si occupa di quell'area delicata della contrattazione fra le parti che affronta il tema della ripartizione delle perdite aziendali fra azionisti e creditori. A ben guardare, infatti, la ristrutturazione del debito è un momento nel quale il ranking del passivo, fra debiti e patrimonio netto, viene - come dire - ridiscusso, con l'obiettivo di ripristinare le condizioni di equilibrio finanziario. Ciò spesso si accompagna ad interventi sulla governance aziendale.

Tuttavia, anche la normativa contabile può contribuire al raggiungimento dell'obiettivo dato. Infatti, nei calcoli di convenienza effettuati tanto dal debitore quanto dal creditore rientra anche quello riguardante gli effetti prodotti sul bilancio dalla soluzione contrattuale prescelta. Perché la rappresentazione contabile condiziona a sua volta altri aspetti della vita societaria (distribuzione degli utili, rispetto delle norme civilistiche in materia di integrità patrimoniale, carico fiscale, ecc.), una valutazione complessiva circa il modo in cui i principi contabili promuovono una soluzione efficiente della crisi d'impresa non può che essere fatta guardando al trattamento contabile delle poste in gioco tanto dal lato del debitore quanto da quello del debitore. Che cosa emerge dall'esame congiunto di queste due prospettive, considerando la vigente normativa contabile nazionale?

  • Prospettiva del debitore

    : l'applicazione del principio di prudenza conduce a discriminare le operazioni in base alla loro natura contrattuale piuttosto che al loro contenuto economico. Ad esempio, la riduzione del debito in linea capitale genera l'iscrizione di un immediato provento straordinario; viceversa, l'abbassamento del tasso d'interesse - a parità di capitale nominale - produce un beneficio differito che può essere rilevato solo negli esercizi futuri. Eppure, sul piano economico le due soluzioni sono equivalenti. Non è che qui si voglia criticare tale impostazione - che è assolutamente coerente con la filosofia della prudenza - quanto piuttosto richiamare l'attenzione sul fatto che la previsione di due trattamenti contabili diversi può incentivare il ricorso a soluzioni contrattuali piuttosto che ad altre;

  • Prospettiva del creditore

    : qui l'applicazione del principio di prudenza esige che i crediti oggetto di ristrutturazione vengano immediatamente svalutati al loro presumibile valore di realizzo. Tale valore dovrebbe tener conto del time value e dunque delle perdite in conto interessi. Nell'esempio sopra indicato, le rettifiche di valore sarebbero identiche in entrambi i casi. Quindi, dal lato del creditore, non vi sarebbero trattamenti contabili differenti in relazione alle diverse modalità di realizzazione delle ristrutturazioni.

Il tema della forbearance

Il tema del trattamento contabile delle operazioni di ristrutturazione dei debiti d'impresa non può essere affrontato senza considerare anche quanto previsto dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), che vengono applicati dalle imprese di maggiori dimensioni e dunque con un peso sistemico maggiore.

Con riferimento al bilancio del debitore, lo IAS 39 Financial Instruments: Recognition and Measurement stabilisce (parr. 39 - 41, AG62) che, quando un debito viene rinegoziato, se la differenza tra il relativo valore contabile e il valore economico del nuovo debito è sostanziale (cioè supera il 10 per cento), occorre contabilizzare l'intera operazione come estinzione del vecchio debito e iscrizione di una nuova passività (da rilevare in base al suo fair value al momento della transazione). Ciò comporta l'immediata iscrizione di una plusvalenza a conto economico, indipendentemente dalla forma contrattuale della ristrutturazione.

Con riferimento al bilancio del creditore, lo IAS 39, par. 59(c), considera come un'obiettiva evidenza di deterioramento (objective evidence of impairment) il caso in cui l'impresa, per ragioni economiche o legali riconducibili alle difficoltà finanziarie del debitore, concede allo stesso un'agevolazione che altrimenti non avrebbe dato. Da qui fa discendere l'obbligo di rilevare una impairment loss, pari alla differenza fra il valore contabile del credito e il suo valore corrente (pari al valore attuale dei flussi di cassa attesi scontati sulla base del tasso di interesse effettivo originario del credito).

L'attuale crisi economica e finanziaria ha posto in primo piano il problema della corretta valutazione dei rischi creditizi da parte degli intermediari bancari e finanziari e, in particolare, di come le ristrutturazioni dei crediti (forbearance) vengono rappresentate nei loro bilanci redatti secondo gli IAS/IFRS. Sull'argomento sono stati pubblicati recentemente diversi documenti, da parte dello European Systemic Risk Board (

ESRB, Forbearance, resolution and deposit insurance, luglio 2012

), della European Securities and Market Authority (

ESMA, Public Statement - Treatment of Forbearance Practices in IFRS Financial Statements of Financial Institutions, dicembre 2012

), della Financial Services Authority (

FSA, Forbearance and Impairment Provisions - Mortgages, ottobre 2011

).

In particolare, il documento dell'ESRB sottolinea che la ristrutturazione, da un lato, è una pratica che non pone problemi quando è il frutto di valutazioni imprenditoriali che considerano la pazienza (del creditore) alla fine remunerativa; dall'altro, può essere strumentalizzata per mascherare i rischi creditizi, per differire nel tempo le svalutazioni e per giocare d'azzardo cogli investitori e le autorità di vigilanza.

Raccogliendo tale preoccupazione, l'ESMA ha condotto una indagine sui bilanci 2011 di un campione di banche europee, giungendo alla conclusione che: nel concetto di forbearance le società fanno attualmente ricadere diverse fattispecie; in alcuni casi, dall'esame della nota integrativa non si riesce a capire se le ristrutturazioni siano state considerate come un'evidenza obiettiva di deterioramento del credito e se abbiano dato luogo a svalutazioni di bilancio. Sulla scorta dei risultati di tale indagine, l'ESMA raccomanda alle società quotate di applicare in modo rigoroso le regole dello IAS 39 e di fornire in nota integrativa un'adeguata disclosure sul fenomeno.

Anche la European Banking Authority (EBA) ha evidenziato come l'applicazione di approcci eterogenei nella rilevazione delle ristrutturazioni renda alquanto ardua la comparabilità dei dati provenienti dai sistemi bancari nazionali e sicuramente poco affidabile l'analisi del profilo di rischio degli impieghi bancari. Per tale ragione ha avviato, insieme all'ESMA, un progetto per fissare una definizione condivisa di forbearance e di crediti non performing (

EBA, Risk Assessment of the European Banking System, gennaio 2013

).

Data la dimensione del fenomeno e il protrarsi della crisi, è altamente probabile che il tema della forbearance resterà a lungo in primo piano e stimolerà una attenta riflessione - da parte degli standard setter e delle autorità di vigilanza - su come definire e rappresentare in bilancio e nelle statistiche le attuali pratiche di ristrutturazione.

Qualsiasi riflessione sulla disciplina della crisi di impresa e sui riflessi sul bilancio dovrebbe partire dalle seguenti considerazioni/premesse:

  • la ristrutturazione del debito è una fattispecie assolutamente particolare in quanto si caratterizza per la contemporanea presenza di due elementi antinomici: la situazione di crisi dell'impresa e la contemporanea affermazione che vi è la prospettiva della continuazione dell'attività aziendale. Ciò emerge in tutta evidenza nei casi in cui la ristrutturazione è condizione necessaria per il rispetto del going concern;

  • le modalità con cui si effettuano in concreto le ristrutturazioni - e i conseguenti effetti sui bilanci - sono fortemente condizionate dalla forma dei contratti di finanziamento esistenti. Oggi la ristrutturazione del debito è un evento di finanza straordinaria che interviene quando la crisi si è già ampiamente manifestata. Il ritardo con cui il debitore agisce può dipendere dalla mancanza dei giusti meccanismi contrattuali (o incentivi nell'ordinamento) ad affrontare prima i problemi finanziari. Ad esempio, ove le imprese si finanziassero con una quota maggiore di prestiti partecipativi e/o di prestiti le cui condizioni potessero essere periodicamente adeguate alla performance economica o alla rischiosità corrente dell'impresa, il costo della provvista si aggiusterebbe nel continuo. Le ristrutturazioni in senso stretto sarebbero meno frequenti e presumibilmente il loro impatto contabile sarebbe più contenuto;

  • il grado della leva finanziaria incide, tendenzialmente in modo diretto, sulla maggiore o minore rigidità della normativa relativa alle ristrutturazioni dei debiti d'impresa. Una elevata leva finanziaria - cui corrisponde un insufficiente grado di patrimonializzazione dell'impresa - espone surrettiziamente i creditori a rischi simili a quelli normalmente assunti dagli azionisti. Fra l'altro, questa maggiore rischiosità effettiva mal si concilia con il ruolo, di regola, riconosciuto ai creditori nella governance aziendale e con la remunerazione loro promessa. In questi casi, poiché qualsiasi intervento straordinario sulla struttura del passivo è suscettibile di produrre perdite in assoluto maggiori per creditori rispetto agli azionisti, ci si attende che la normativa sulla gestione della crisi d'impresa sia particolarmente cautelativa per i primi;

  • l'impatto di una ristrutturazione sul conto economico del creditore dipende anche dalle regole di valutazione dei crediti. Se il creditore valuta i crediti sulla base di un incurred losses model, è presumibile che l'impatto di una ristrutturazione sarà maggiore rispetto al caso di un creditore che applica un expected losses model. Un secondo aspetto da considerare è la tempestività con cui il creditore registra nel proprio bilancio i cambiamenti nel merito creditizio dei propri debitori. Se le svalutazioni fossero tempestive e dunque anticipassero la ristrutturazione, al momento della ristrutturazione si avrebbe una rappresentazione di bilancio opposta a quella che in genere si osserva: invece di rilevare una svalutazione (considerando la ristrutturazione come una prova del deterioramento del credito), si registrerebbe una ripresa di valore. Infatti la ristrutturazione, aumentando le probabilità di ritorno in bonis dell'impresa debitrice e rafforzando indirettamente il suo patrimonio, dovrebbe incrementare il valore di recupero del credito;

  • un altro aspetto che può incidere sulla disponibilità degli enti finanziatori ad accedere a forme di ristrutturazione dei crediti è la durata imposta alla classificazione degli stessi fra i crediti “deteriorati”. Al riguardo si pongono domande semplici, ma rilevanti. Nel bilancio del creditore, quanto deve durare la classificazione negativa (credito deteriorato)? La ristrutturazione può essere considerata come un modo per ripristinare un equilibrio economico-finanziario, ancorché caratterizzato da una redditività ridotta?

  • vi dovrebbe essere, per quanto possibile, una coerenza logica fra le regole di contabilizzazione delle ristrutturazioni dal lato del creditore e le regole di contabilizzazione delle ristrutturazioni dal lato del debitore;

  • la disciplina contabile non dovrebbe introdurre incentivi esogeni e ulteriori nei calcoli di convenienza degli operatori, a favore o a sfavore di determinate tipologie di ristrutturazioni. Eventuali differenziazioni potrebbero essere previste al di fuori delle regole contabili. Ad esempio, un supplemento di prudenza rispetto alle regole ordinarie - richiesto dalla peculiarità della situazione trattata - potrebbe essere assicurato dalle norme sulla distribuzione degli utili.

(*) Nel presente articolo l'Autore esprime idee e opinioni strettamente personali, che non impegnano in alcun modo né la Banca d'Italia né l'OIC

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario