Ristrutturazione del debito e crisi dell'impresa. Brevi considerazioni sull'OIC 6
19 Marzo 2013
Il principio contabile OIC n. 6 si rivolge alle imprese italiane che redigono il bilancio secondo le disposizioni del codice civile e i principi contabili nazionali. Sono dunque escluse le imprese che applicano i principi contabili internazionali (IAS/IFRS) e le compagnie di assicurazione, soggette alle disposizioni di settore ( Decreto Legislativo 26 maggio 1997, n. 173 ).
Il documento OIC tratta la contabilizzazione delle operazioni di ristrutturazione del debito, affrontando il tema della crisi d'impresa dalla prospettiva del debitore.
Esso si basa su un assunto fondamentale: il bilancio dell'impresa che procede alla ristrutturazione del debito viene redatto nella prospettiva della continuazione dell'attività aziendale (going concern). Quindi il presupposto logico è che la crisi dell'impresa non sia tale da comprometterne la permanenza sul mercato. Deve presumersi pertanto che le difficoltà nascano essenzialmente dal lato finanziario della gestione aziendale (ossia da una politica di approvvigionamento dei fondi errata o non più adeguata al processo/ciclo produttivo) e non da quello economico (coincidente con la capacità dell'impresa di generare adeguati ricavi dalla propria attività tipica). Ove questo assunto non fosse verificato, si dovrebbe fare riferimento alle norme riguardanti la redazione dei bilanci straordinari.
Ciò detto, l'OIC 6 opera una fondamentale distinzione fra le operazioni di ristrutturazione in senso stretto e le rinegoziazioni.
Le ristrutturazioni del debito sono operazioni poste in essere per consentire all'impresa debitrice di superare una situazione di difficoltà finanziaria e di recuperare il proprio equilibrio. In particolare, il documento OIC stabilisce che: “per ristrutturazione del debito s'intende un'operazione mediante la quale il creditore (o un gruppo di creditori), per ragioni economiche, effettua una concessione al debitore in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, concessione che altrimenti non avrebbe accordato. Per tali ragioni, il creditore è disposto ad accettare una ristrutturazione del debito che comporti modalità di adempimento più favorevoli al debitore” ( Banca d'Italia, Circolare n. 272 del 30.7.2008 ).
Lo standard contabile fissa pertanto due requisiti costitutivi della fattispecie: a) l'impresa deve trovarsi in una situazione di difficoltà finanziaria; b) il creditore, a causa di tale situazione, acconsente a rivedere le condizioni originarie del prestito in senso favorevole al debitore, sopportando una perdita economica.
Le rinegoziazioni del debito sono invece operazioni di modifica dei termini originari dei prestiti che non si configurano come ristrutturazioni in senso stretto. Si tratta, in altri termini, di operazioni che non soddisfano, singolarmente o congiuntamente, i due requisiti sopra richiamati. Ad esempio, operazioni di rinegoziazione sono quelle effettuate nei confronti di clienti performing, in cui le clausole contrattuali del prestito (durata, piano d'ammortamento, tasso d'interesse applicato ecc.) sono riviste al solo scopo di non perdere la relazione commerciale con il cliente. Vi può anche essere una perdita, ma si tratta di una perdita subita per ragioni riconducibili alle pressioni competitive. Rinegoziazioni sono pure quelle realizzate nei confronti di debitori in difficoltà, nelle quali però le modifiche contrattuali non generano alcuna perdita per il creditore (es. allungamento della durata del prestito senza alcuna rinuncia agli interessi). In tali circostanze il beneficio della rinegoziazione ha, per il debitore, solo natura finanziaria e si manifesta sotto forma di riduzione dei flussi di cassa pagati negli esercizi interessati.
Chiarito l'ambito oggettivo di applicazione dello standard, l'OIC 6 offre una breve ricognizione delle diverse tipologie di operazioni di ristrutturazione disciplinate dall'ordinamento nazionale e, in particolare, dalla legge fallimentare ( l.fall .):
Naturalmente, il ricorso ai singoli istituti regolati dal diritto fallimentare è destinato a produrre effetti sostanziali (diritti, responsabilità, rischi, poteri gestionali ecc.) differenti nei confronti delle parti interessate. Tuttavia, ai fini del corretto trattamento contabile, ciò che rileva sono alcuni aspetti “economici” delle diverse tipologie di operazioni di ristrutturazione. In particolare occorre avere riguardo a:
Nella fase delle trattative , cioè prima della data di ristrutturazione, l'impresa è chiamata a fornire, in un'apposita sezione della nota integrativa, una informativa nella quale rende nota la sussistenza di uno stato di difficoltà finanziaria, indicando le relative cause, l'esistenza di un negoziato in atto con il creditore (o i creditori) nonché l'ammontare dell'esposizione debitoria totale e di quella “ristrutturanda”. E' importante che l'impresa chiarisca se il perfezionamento della ristrutturazione è necessario per assicurare il rispetto del presupposto della continuità aziendale (going concern) e illustri i potenziali effetti che deriverebbero dal suo mancato realizzo. A partire dalla data di ristrutturazione diviene necessario contabilizzare gli effetti della ristrutturazione. Poiché questo è un discrimine temporale fondamentale, occorre prestare particolare attenzione alla sua corretta identificazione. In genere, la data di ristrutturazione coincide con l'omologa del concordato da parte del Tribunale (concordato preventivo), con la pubblicazione sul registro delle imprese dell'accordo concluso con i creditori (accordo di ristrutturazione), con il perfezionamento dei nuovi contratti (altri casi). Nell'identificare la data di ristrutturazione, occorre tener conto di eventuali clausole sospensive. Inoltre, se la ristrutturazione viene realizzata combinando diverse modalità (revisione delle condizioni del prestito, cessione di attività, emissione di capitale ecc.), per ciascuna di esse occorre considerare la relativa data di decorrenza. Ciò detto, l'OIC 6 distingue due tipologie di operazioni, in relazione all'impatto prodotto sul conto economico alla data di ristrutturazione:
Per entrambe le categorie di operazioni l'OIC 6 prevede l'obbligo di iscrivere immediatamente nel conto economico i costi connessi con la ristrutturazione (consulenze professionali, servizi finanziari ecc.), senza possibilità di capitalizzazione. Diversamente dai costi di transazione sostenuti per acquisire i mezzi finanziari necessari allo svolgimento dell'attività d'impresa, di regola incorporati nel calcolo del tasso di interesse effettivo, i costi in questione devono essere registrati in conto economico “nell'esercizio del loro sostenimento e/o maturazione”, in quanto è assai difficile dimostrare - data la precaria situazione dell'impresa - la loro effettiva capacità di produrre futuri benefici economici.
L'OIC 6 si preoccupa anche di fornire indicazioni sul trattamento di eventuali derivati di copertura del debito che, per effetto dell'operazione di ristrutturazione, potrebbero non essere più qualificabili come strumenti di copertura. In particolare, è chiarito che, quando si determina una situazione di sovra-copertura (over-hedge), nel senso che il valore nozionale del derivato diventa superiore al valore capitale del debito post-ristrutturazione, occorre procedere alla valutazione al fair value del derivato stesso e alla iscrizione della eventuale minusvalenza a conto economico.
Completa il quadro delle regole la parte dell'OIC 6 riguardante la disclosure. La prima informazione da rendere in nota integrativa è se l'operazione di ristrutturazione è considerata come necessaria per garantire il rispetto del principio di continuità aziendale.
Oggetto di disclosure sono inoltre: l'esposizione debitoria complessiva e quella oggetto di ristrutturazione, la sua composizione (per controparti, quota garantita, quota scaduta ecc.), la descrizione dei principali aspetti degli accordi di ristrutturazione, la posizione finanziaria netta ante e post-ristrutturazione, l'impatto sul conto economico, i costi della ristrutturazione, eventuali garanzie e/o impegni che assistono i nuovi accordi, lo stato d'avanzamento del piano di ristrutturazione (rispetto, mancato rispetto, necessità di correzioni in corsa degli accordi ecc.). Il peso della disciplina sostanziale della crisi di impresa
Nella crisi d'impresa gli interessi privati dell'imprenditore e dei suoi creditori non esauriscono lo spettro degli interessi coinvolti. Vi è anche l'interesse pubblico alla conservazione dell'impresa come valore economico per la collettività. Per tale ragione gli istituti del diritto fallimentare prevedono l'intervento, con varie modalità, del Tribunale nella delicata fase in cui l'impresa debitrice e i suoi creditori rivedono i termini originari del debito. Ovviamente l'intervento pubblico non entra nel merito della fissazione delle nuove condizioni dell'accordo né impone ai soggetti coinvolti l'adesione alle stesse. Questo aspetto resta nella piena autonomia privata delle parti, che sono libere di formulare nuove proposte e di accettarle o rifiutarle. L'intervento pubblico ha piuttosto l'obiettivo di assicurare l'affidabilità e la trasparenza delle valutazioni poste a base del piano di ristrutturazione, la generale correttezza dei comportamenti delle parti in causa, la par condicio creditorum e, su un piano più generale, il mantenimento delle imprese in grado di recuperare livelli sufficienti di profittabilità. Le procedure prevedono un diverso grado di formalizzazione: più incisivo è l'intervento pubblico, maggiore è il grado di protezione e di certezza riconosciuto ai comportamenti dei soggetti interessati (esenzione dalla revocatoria, tutela della c.d. finanza-ponte, congelamento delle azioni esecutive dei creditori ecc.).
Ciò detto, sul piano economico le ristrutturazioni possono comportare solamente una ripartizione su base nuova, fra azionisti e creditori, delle perdite aziendali (ciò accade, ad esempio, quando si rinegoziano le condizioni di un prestito) oppure anche un cambiamento dell'assetto proprietario (ciò accade, ad esempio, quando la ristrutturazione comporta la conversione del debito in capitale). In quest'ultimo caso, la transazione si fa più complessa perché, oltre all'assunzione di una quota delle perdite da parte dei creditori, si realizza anche il passaggio del controllo azionario o una sua diluizione.
Il principio OIC 6 si focalizza essenzialmente sulla prima tipologia di ristrutturazioni, quelle in cui i creditori restano creditori, anche se a condizioni economiche peggiori rispetto a quelle di partenza. Come detto, i creditori accettano la perdita perché, così facendo, pensano di evitare una perdita maggiore (liquidazione dell'impresa). Anche il debitore (cioè l'imprenditore-azionista) fa' la sua parte, in parte contribuendo con ulteriori apporti di patrimonio o aggiunta di garanzie, in parte accettando una parziale riduzione dei propri poteri gestionali e, in alcuni casi, la sorveglianza degli organi giudiziari.
Condizione necessaria perché il sacrificio del creditore produca gli effetti sperati - in termini di recupero in bonis dell'impresa debitrice - è che il beneficio concesso alla stessa non sia vanificato da comportamenti imprudenti dell'imprenditore, sul piano sia gestionale sia delle politiche contabili. Altrimenti si produrrebbe un effetto perverso, opposto a quello atteso dall'operazione di ristrutturazione, che deve restare coerente con il naturale ordine di subordinazione che vige sul passivo: le perdite aziendali devono essere sopportate prima, e in misura maggiore, dagli azionisti e poi dai creditori.
La correttezza e la trasparenza dei comportamenti gestionali sono tutelate - come detto - dalle disposizioni della legge fallimentare e più in generale dell'ordinamento. Con riferimento alle regole contabili, la prudenza e la trasparenza delle politiche contabili sono assicurate dal rispetto delle norme del codice civile e dei principi contabili nazionali. A tale proposito, il principio OIC 6 dispone che:
La filosofia che ispira l'OIC 6 è orientata all'obiettivo fondamentale - mutuato dalla legge fallimentare - di evitare comportamenti dell'imprenditore che, nel momento della crisi dell'impresa, possano recare ulteriore danno ai creditori.
Vero è che l'ordinamento - pur confermando quell'obiettivo fondamentale - potrebbe trattare in modo diverso la crisi dell'impresa, creando i presupposti/incentivi per l'adozione di scelte economiche che massimizzino il valore dell'impresa e dunque le probabilità di recupero dei crediti da parte dei creditori.
Evidentemente, in questo campo la disciplina sostanziale della crisi di impresa gioca il ruolo più importante, perché si occupa di quell'area delicata della contrattazione fra le parti che affronta il tema della ripartizione delle perdite aziendali fra azionisti e creditori. A ben guardare, infatti, la ristrutturazione del debito è un momento nel quale il ranking del passivo, fra debiti e patrimonio netto, viene - come dire - ridiscusso, con l'obiettivo di ripristinare le condizioni di equilibrio finanziario. Ciò spesso si accompagna ad interventi sulla governance aziendale.
Tuttavia, anche la normativa contabile può contribuire al raggiungimento dell'obiettivo dato. Infatti, nei calcoli di convenienza effettuati tanto dal debitore quanto dal creditore rientra anche quello riguardante gli effetti prodotti sul bilancio dalla soluzione contrattuale prescelta. Perché la rappresentazione contabile condiziona a sua volta altri aspetti della vita societaria (distribuzione degli utili, rispetto delle norme civilistiche in materia di integrità patrimoniale, carico fiscale, ecc.), una valutazione complessiva circa il modo in cui i principi contabili promuovono una soluzione efficiente della crisi d'impresa non può che essere fatta guardando al trattamento contabile delle poste in gioco tanto dal lato del debitore quanto da quello del debitore. Che cosa emerge dall'esame congiunto di queste due prospettive, considerando la vigente normativa contabile nazionale?
Il tema della forbearance
Il tema del trattamento contabile delle operazioni di ristrutturazione dei debiti d'impresa non può essere affrontato senza considerare anche quanto previsto dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), che vengono applicati dalle imprese di maggiori dimensioni e dunque con un peso sistemico maggiore.
Con riferimento al bilancio del debitore, lo IAS 39 Financial Instruments: Recognition and Measurement stabilisce (parr. 39 - 41, AG62) che, quando un debito viene rinegoziato, se la differenza tra il relativo valore contabile e il valore economico del nuovo debito è sostanziale (cioè supera il 10 per cento), occorre contabilizzare l'intera operazione come estinzione del vecchio debito e iscrizione di una nuova passività (da rilevare in base al suo fair value al momento della transazione). Ciò comporta l'immediata iscrizione di una plusvalenza a conto economico, indipendentemente dalla forma contrattuale della ristrutturazione.
Con riferimento al bilancio del creditore, lo IAS 39, par. 59(c), considera come un'obiettiva evidenza di deterioramento (objective evidence of impairment) il caso in cui l'impresa, per ragioni economiche o legali riconducibili alle difficoltà finanziarie del debitore, concede allo stesso un'agevolazione che altrimenti non avrebbe dato. Da qui fa discendere l'obbligo di rilevare una impairment loss, pari alla differenza fra il valore contabile del credito e il suo valore corrente (pari al valore attuale dei flussi di cassa attesi scontati sulla base del tasso di interesse effettivo originario del credito).
L'attuale crisi economica e finanziaria ha posto in primo piano il problema della corretta valutazione dei rischi creditizi da parte degli intermediari bancari e finanziari e, in particolare, di come le ristrutturazioni dei crediti (forbearance) vengono rappresentate nei loro bilanci redatti secondo gli IAS/IFRS. Sull'argomento sono stati pubblicati recentemente diversi documenti, da parte dello European Systemic Risk Board ( ESRB, Forbearance, resolution and deposit insurance, luglio 2012 ), della European Securities and Market Authority ( ESMA, Public Statement - Treatment of Forbearance Practices in IFRS Financial Statements of Financial Institutions, dicembre 2012 ), della Financial Services Authority ( FSA, Forbearance and Impairment Provisions - Mortgages, ottobre 2011 ).
In particolare, il documento dell'ESRB sottolinea che la ristrutturazione, da un lato, è una pratica che non pone problemi quando è il frutto di valutazioni imprenditoriali che considerano la pazienza (del creditore) alla fine remunerativa; dall'altro, può essere strumentalizzata per mascherare i rischi creditizi, per differire nel tempo le svalutazioni e per giocare d'azzardo cogli investitori e le autorità di vigilanza.
Raccogliendo tale preoccupazione, l'ESMA ha condotto una indagine sui bilanci 2011 di un campione di banche europee, giungendo alla conclusione che: nel concetto di forbearance le società fanno attualmente ricadere diverse fattispecie; in alcuni casi, dall'esame della nota integrativa non si riesce a capire se le ristrutturazioni siano state considerate come un'evidenza obiettiva di deterioramento del credito e se abbiano dato luogo a svalutazioni di bilancio. Sulla scorta dei risultati di tale indagine, l'ESMA raccomanda alle società quotate di applicare in modo rigoroso le regole dello IAS 39 e di fornire in nota integrativa un'adeguata disclosure sul fenomeno.
Anche la European Banking Authority (EBA) ha evidenziato come l'applicazione di approcci eterogenei nella rilevazione delle ristrutturazioni renda alquanto ardua la comparabilità dei dati provenienti dai sistemi bancari nazionali e sicuramente poco affidabile l'analisi del profilo di rischio degli impieghi bancari. Per tale ragione ha avviato, insieme all'ESMA, un progetto per fissare una definizione condivisa di forbearance e di crediti non performing ( EBA, Risk Assessment of the European Banking System, gennaio 2013 ).
Data la dimensione del fenomeno e il protrarsi della crisi, è altamente probabile che il tema della forbearance resterà a lungo in primo piano e stimolerà una attenta riflessione - da parte degli standard setter e delle autorità di vigilanza - su come definire e rappresentare in bilancio e nelle statistiche le attuali pratiche di ristrutturazione.
Qualsiasi riflessione sulla disciplina della crisi di impresa e sui riflessi sul bilancio dovrebbe partire dalle seguenti considerazioni/premesse:
(*) Nel presente articolo l'Autore esprime idee e opinioni strettamente personali, che non impegnano in alcun modo né la Banca d'Italia né l'OIC |